RI-COMINCIARE. Da dove ?
(12 cose da cui
ripartire)
Di Fabrizio Falconi
1
UMILTA'.
Ripetersi
ogni giorno, almeno 1 volta al giorno che non si
è speciali, non si
è indispensabili, non si
è migliori.
Anche
se l’intera nostra vita sembra costruita sulla presunzione - o sulla
rassicurante certezza - che noi siamo speciali, che il nostro amore è
speciale, che il nostro lavoro è speciale, che quello che noi diciamo, pensiamo
o facciamo, è speciale. E implicitamente, migliore.
Ripetersi
che la storia umana è il procedere di miliardi di esseri umani come me. Che la
loro traccia lasciata nella storia esteriore dell’umanità è praticamente nulla, nella
stra-grandissima maggioranza dei casi.
Ripetersi
che – se anche abbiamo un disperato
bisogno che qualcuno ci dica che noi siamo speciali – in
realtà speciali non lo siamo affatto.
Se il
cammino del mondo ha un senso, lo ha solo nella VERA umiltà, che è quello di
una profondaconsapevolezza che
noi siamo ‘humus’, (da cui ‘humilis’).
L’umiltà
è quando non pensi a ciò che ti verrà riconosciuto, ma a ciò che tu potrai
riconoscere ad un altro, anche semplicemente per il suo ‘grazie’.
L’umiltà
è per questo la virtù umana più difficile, rara e preziosa.
L’umilità, come
scrisse Mario Soldati, è
quella virtù che, quando la si ha, si crede di non averla.
(C) Fabrizio Falconi - 2011 (continua).
2 DOMANDE
Dovrò
ricordarmi di non smettere
mai di farmi domande.
Dovrò
ricordarmi che ogni crescita, ogni apprendimento, ogni saggezza, nasce da una domanda.
Dovrò
ricordarmi che i bambini crescono facendo domande, e possono crescere solo e soltanto se
qualcuno risponde alle loro domande, e soprattutto le prende in considerazione.
Il
silenzio dopo una domanda può ferire, ma la domanda va posta lo stesso.
E le
domande, sono, spesso – se sincere – più
importanti delle risposte.
Quando
si smette di farsi domande, si
perde umanità. Quando si smette di farsi domande
l’uomo diventa dis-umano.
Non è
un caso, forse, che le domande sono del tutto assenti nei discorsi degli uomini
di governo, e nei dogmatici di ogni credo o bandiera, capaci di fornire solo
risposte.
Invece
le domande servono per ‘allenare’ la coscienza a riconoscere sempre cosa è bene
e cosa è male.
Come
scriveva Don Giussani, “La
domanda è già un miracolo. È il primo modo della coerenza, del compimento di
sé, della propria libertà… E se è vera (cioè sincera) aggiunge bellezza anche
alla bellezza più grande.”
3. NATURA.
Devo
essere consapevole del momento storico, sempre. La mia vita è inserita nella storia del mondo.
E
la storia del mondo – lo dicono i fatti che solo i ciechi non vogliono
vedere – è a un punto
cruciale: l’uomo, che ha colonizzato tutta terra, la sta
barbaramente sfruttando fino alla fine, rischiando didistruggerla definitivamente.
Il
tempo rimasto è pochissimo.
Il
seminario di Oxford di aprile ha constatato che per gli oceani e i mari del
mondo è iniziata una estinzione di animali senza precedenti.
Inquinamento, acidificazione, pesca selvaggia, riscaldamento.
Sulla
terraferma non va molto meglio, anzi. Cementificazione, deforestazione,
distruzione degli ecosistemi, megalopoli, povertà diffusa, mancanza di materie
prime, fame.
Cosa
potrò mai fare io per tutto questo, contro l’avidità sfrenata e l’ingiustizia ?
Dovrò
soltanto assistere ?
No, la
mia parte di mondo – che è il mio materiale
biologico e il mio spirito,
cioè la parte di me che non è visibile - mi spinge e mi spingerà
continuamente a fare il possibile, l’umanamente possibile ora, e nel futuro,
per salvare il salvabile. Per salvare e proteggere la meravigliosa bellezza
della terra.
Debbo
farlo per consegnare un futuro ai miei figli e alle generazioni che verranno
dopo di me, che hanno diritto
a vivere in un pianeta abitabile, e bello.
Per far
questo, so già che non basterà migliorare me stesso. Dovrò uscire fuori, unirmi
ad altre persone, comprendere insieme quanto tutto ciò è importante. Non potrò
più stare fermo.
Come
scrive James Hillman ne Il linguaggio della vita, credo che lavorare solo su se stessi,
o al massimo sui rapporti personali, non sia affatto sufficiente. Se le
stanze in cui viviamo hanno una forma sbagliata e sono costruite con materiali
scadenti; se indossiamo vestiti sintetici e respiriamo aria inquinata, con un
contenuto ionico sbagliato; se dormiamo tra lenzuola sintetiche studiate per
non doverle stirare invece che per aiutarci a dormire bene, e i cibi sono
alterati, le conversazioni insulse e le città rumorose... Se il mondo intero è
ammalato, non possiamo illuderci di guarirlo instaurando un buon dialogo
terapeutico e andando in cerca dei significati profondi. Non è più una
questione di significato, ma di sopravvivenza.
4. AMORE
Ricomincerò
ogni giorno dall’inizio.
E
l’inizio è il primo sorriso ricevuto sepolto nella mia infanzia. Ogni inizio è
un sorriso di infanzia e se non saprò ritrovarlo nei giorni che vivo, il mio
tempo sarà del tutto sprecato.
Un no
non è uguale a un sì, e un concedersi non è uguale a un negarsi.
Quel
che ho imparato potrò restituirlo in forma d’amore soltanto se avrò imparato a
stare da
solo.
Il
silenzio e la prudenza sono le costellazioni che mi guideranno da te.
Quando
arriverà la notte, forse saremo pronti.
E lo
saremo soltanto se il mio fuoco avrà bruciato quel che c’è da bruciare ed io
sarò pronto a ricominciare con te.
Dovrò
ricordare che ogni amore, in questa vita, nascerà dall’essere svegli.
La
situazione paradossale per un gran numero di persone, oggi, scriveva
Erich Fromm, è quella
di essere mezzo addormentate quando sono sveglie e mezzo sveglie quando
vogliono dormire. Essere ben desti è condizione indispensabile per
non annoiarsi e in verità, non annoiarsi e non annoiare è una delle condizioni
principali per amare. Essere attivi nel pensiero, nel sentimento, con gli
occhi e con gli orecche, durante tutto il giorno, evitare di perdere tempo, è
condizione indispensabile per la pratica d’amare.
Amore è
interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo.
5. RESPONSABILITA’
Dovrò
ricordare che niente
nasce e cresce senza responsabilità.
La cura è ciò
che mi distingue dall’indistinto essere.
Curare
vuol dire vivere due vite: la mia e quella ci ciò che curo. Non potrò mai
farmi scudo della stanchezza, né cercherò di obiettare ‘così fan tutti.’
Cercherò
di dimostrare che la mia vita ha un senso, non sperperando il mio talento,
ricco o misero che sia.
C’è un
filo rosso che lega la presenza della mia vita a quella dei miei predecessori:
senza di loro io non sarei esistito, senza la loro cura io nemmeno avrei mosso
un piede su questa terra.
La
stessa cura io la eserciterò fino alla fine per ciò che ha diritto a crescere e
prosperare grazie alla mia esistenza.
Non
dirò ‘non mi riguarda’, ‘non mi appartiene’, ‘non mi interessa’.
Non
butterò via il ramo con il frutto. Senza curare il ramo,nessun frutto potrà mai crescere.
Io
invecchierò portando il peso del mondo, e questo peso, nel confine della mia
ombra terrestre, cercherò di alleggerire. Incontrando, visitando,
ascoltando.
Ognuno, come
scrisse Saint-Exupéry – è
responsabile di tutti. Ognuno da solo è responsabile di tutti. Ognuno è l’unico
responsabile di tutti.
6.
CONVERSAZIONE
Siccome, come
appare del tutto evidente e come aveva già intuito il saggio Epicuro 300 anni
prima di Cristo, dalla pòlis (cioè da tutto ciò che è pubblico,
istituzione pubblica, struttura pubblica) non potrò aspettarmi il perseguimento
della causa della felicità umana, e quindi della mia personale
felicità, so già che io dovrò assumermi in prima persona la responsabilità
della mia felicità.
Per
essere felice e offrire una vita degna alla mia anima, dovrò ricordarmi
dell’importanza della conversazione.
Un
uomo incapace di conversare con un amico difficilmente potrà essere
felice.
La
conversazione tra amici che sappiano ascoltarsi e trarre
ispirazione, imparando gli uni dagli altri è ciò che di meglio la vita ha da
offrirmi.
Per
fare questo dovrò imparare ad ascoltare.
Le
conversazioni migliori sono quelle in cui c’è uno scambio di idee e in cui si
mette alla prova la verità.
Una
conversazione intelligente e aperta nel cuore con una persona amica è
l’antidoto contro qualsiasi dolore,
l’incoraggiamento
per qualsiasi impresa, la spinta a migliorarsi e a crescere, a comprendere
qualcosa in più del grande mistero in cui sono calato.
Nella
conversazione intelligente, proficua e piacevole tra amici ritroverò sempre il
senso della mia natura veramente umana.
Come
diceva Blaise Pascal sono solo le conversazioni che formano l’intelletto.
7. FEDELTA’
Non dovrò sforzarmi per essere fedele.
La fedeltà come costrizione non ha senso. La fedeltà è una
scelta libera. Perché libero
sono io che vivo, e solo vivendo libero posso scegliere di essere fedele.
Sarò soprattutto fedele ai ricordi. Non li
lascerò appassire come germogli che nessuno ha curato. Senza questa prima
fedeltà, non sarò in grado nemmeno di riconoscermi e di sapere chi sono.
Fedele a ciò che gli altri hanno fatto di me, con
l’istinto umano dell’amore e della crescita. Non li dimenticherò, li
porterò in ogni giorno in forme traslucide di pensiero, in ombre misteriose di
gesti e di sapienza.
Sarò poi fedele a me stesso e a quel che ho scoperto di me. Ma
sarò fedele anche ad ogni nuova scoperta. Non la tradirò, voltandomi,
nascondendomi.
Soltanto così potrò crescere, sviluppare i miei rami, le mie
foglie, radicarmi e protendermi verso l’alto: questa è la missione di ogni
essere vivente.
Sarò fedele all’amore. Non penserò di possederlo, non penserò
di vantarlo: sarò semplicementefedele
nella cura.
Sarò fedele alla mia anima. La ascolterò,
la starò a sentire, la chiamerò, mi risponderà, parleremo. Anche quando sarà
difficile. Questo sarà, in fin dei conti, vivere.
Credo in te, anima mia, scriveva
Walt Whitman, l’altro che io sono non deve umiliarsi di fronte a te, e
tu non devi umiliarti di fronte a lui.
8. BENE E
MALE.
Non resterò confuso, non mi farò
trascinare dalla corrente mai.
Sarà questo uno dei punti fondamentali. Il flusso della
corrente non permette di fermarsi e dentro la corrente, non al di fuori di
essa, è molto facile smarrire se stessi.
Non resterò eternamente confuso, non resterò a chiedermi chi
sono. Non farò quello che fanno gli altri.
Trascinato dal flusso della corrente sarà infatti inevitabile
perdere ogni riferimento, pensare di non poter più distinguere ciò
che è bene da ciò che è male.
Ma nella essenza del mio essere umano io ritroverò sempre le ragioni della distinzione
che permette di orientarsi.
L’essenza del mio essere umano è il mio centro. Ed è lo stesso centro che
orientava il cammino dell’Uomo sui ghiacciai di Similaun, 5000 anni fa.
E’ lo stesso centro a cui attinge una madre a cui nasce un figlio. Lo stesso
centro a cui fa appello un vecchio nell’ora della morte.
Ad ogni latitudine, in ogni epoca.
Il grano e la gramigna non sono una invenzione, semplicemente
esistono, e questo è il grande mistero della esistenza: la differenziazione.
Che qualcuno chiama libero arbitrio.
So che ha a che fare con la conoscenza di me, con l’allontanamento o la vicinanza che saprò mantenere,
dalla capacità che avrò di ascoltare il mio centro.
Come scrive Carl Gustav Jung, ci sforziamo di raggiungere il buono
e il bello, ma al tempo stesso afferriamo anche il malvagio e il brutto, poiché
nel pleroma essi formano un tutt'uno col buono e col bello. Se invece restiamo
fedeli alla nostra essenza, cioè alla differenziazione, allora ci differenziamo
dal buono e dal bello, e perciò anche dal malvagio e dal brutto, e non cadiamo
nel pleroma, ossia nel nulla e nel dissolvimento.
9. SEMPLICITA'
Dovrò essere consapevole che
nessun senso può essere trovato nel caos,
a meno che io non elegga il caos a senso.
Chi lo ha fatto, però, ha
procurato quasi sempre a se stesso e alla comunità nella quale vive, disastri.
Per capire cosa la vita pretende
da me, dovrò sempre ricordarmi di cosa
ero io, quando sono venuto al mondo: un essere vivente, prodotto di una
vita biologia estremamente complessa (ma del tutto ORGANIZZATA - senza
organizzazione e ordine, nessuna vita biologica è possibile) bisognosa però di
molto poco: attenzione e cura, amore, nutrimento, serenità, possibilità di
evoluzione.
Non potrò dunque mai trovare
senso alla mia vita, riempiendola a dismisura di cose perlopiù inutili. Non potrò mai pensare di individuare un 'ordine' se io per primo
concederò alla mia vita di essere del tutto caotica, stipata fino
all'inverosimile di cose inutili.
Sarò e sono consapevole che
questo oggi è sempre più difficile. Sarò e sono consapevole che riempire la
propria vita a dismisura, proclamare incessantemente che "non si ha
tempo", che "non si ha tempo per nulla e quindi a maggior ragione anche
per farsi domande su se stessi e sulla vita" è la più diffusa forma di
auto-difesa contemporanea.
Si ha paura del vuoto, di quello
che si presume a-priori di essere un vuoto - la mancanza di senso - e si
colma la vita di stupidaggini, dettagli e diversivi fino all'inverosimile nella speranza che non si
abbia il tempo e il modo di interrogarsi mai, e dunque di spaventarsi di fronte a
quel vuoto. Ci si illude di protrarre questo sentimento fino all'estremo limite
della morte, e di morire
quindi inconsapevoli di tutto, ma "senza soffrire", come bambini
spaventati.
Questa vita non fa per me.
Mi ricorderò sempre che soltanto fermandomi, interrompendo il
flusso ininterrotto delle cose complicate (non complesse) che tutti e tutto mi
impongono, io potrò scoprire qualcosa. Dovrò fare quindi spazio nella mia vita,
pur nelle incombenze di tutti i giorni, lasciare sempre questo spazio vitale,
essenziale.
Solo dal silenzio e dalla quiete sorgono le vere domande. E solo nel
silenzio e nella quiete è possibile ascoltare qualcosa. Ascoltare quella voce -
flebile o forte - che la potenza della vita riversa (riverserebbe) dentro
ognuno di noi.
Come lasciò scritto il profeta: Non sarete confusi per sempre.
Fabrizio Falconi
in testa: immagine da Monika e
il desiderio di Ingmar Bergman
10. TEMPITERNITA'
Non aspetterò che la felicità scenda di me come una epifania o come
una grazia inaspettata.
Soprattutto non farò in modo di
pensare che solo creando certe
condizioni, la mia felicità
potrà arrivare in questa vita.
Non farò l’errore di
pensare che soltanto trovando la persona giusta, il modo giusto, il denaro
giusto, la casa giusta, il lavoro giusto, io potrò finalmente essere felice.
E’ un modo naturale di pensare,
ma porta fuori strada.
E’ un modo di proiettare la
felicità fuori di me. Di
farla dipendere unicamente da cause oggettive, come un bimbo che vuole o
pretende uno zuccherino. E' anche l'alibi mediante il quale io potrò continuare
a lamentarmi sempre, nella mia vita: "non ho quel che voglio, non è quel
che voglio".
La felicità non è questa.
La felicità raggiunta in questo
modo, evapora come la nebbia al sole appena raggiunta.
L’unica felicità che conti, dovrò
ricordarlo, è quella che deriva dalla pienezza.
Pienezza interiore, non esteriore. Noi non siamo otri
che debbano essere riempiti. Siamo già riempiti, e lo siamo sin dall’inizio.
La felicità che deriva dalla consapevolezza di sé, e
dalla pienezza, è reale e concreta, e finalizza il senso della vita, lo
rende tangibile e prezioso oltre che durevole, ci avvicina a un tempo eterno.
Si tratta allora di scoprire la
felicità che si nasconde – eternizzata – in un solo attimo.
Magari apparentemente insignificante
della nostra vita.
Se sarò capace di riconoscere in quell’attimo, la sospensione esatta e in
perfetto equilibrio tra ogni aspettativa futura e ogni rimpianto passato, io
sarò realmente felice.
Come scrisse il grande Raimon Panikkar, La
realtà non si esaurisce nella temporalità; non è ora temporale e dopo eterna,
ma al contempo tempiterna. L’esperienza di tempiternità è vivere il presente
come esperienza intensa dell’istante senza riferimento al passato che fu o al
futuro che sarà. E’ il presente sempiterno nel quale si realizza un’azione
veramente tale, ovvero autentica e, quindi, unica.
11. DIGNITA’.
Dovrò ricordarmi della dignità
dei poveri e della dignità degli oppressi, cioè della vera dignità.
Poveri e oppressi, perseguitati e derelitti dimenticano spesso la dignità
per causa di forza maggiore. Perché spesso è più importante sopravvivere.
Ma qualche volta anche per i
poveri, anche per gli oppressi e anche per i perseguitati e i derelitti, la
dignità E' PIU' IMPORTANTE del sopravvivere.
Dovrò ricordarmi che nella
stessa etimologia della parola dignità vi è la parola degno. Degno significa essere
meritevole di rispetto nell'opinione comune.
Ma è fin troppo ovvio che nessuno avrà rispetto di me,
nessuno avrà vero rispetto di me, se io per primo non avrò rispetto di me.
Se io non riuscirò a
sentirmi intimamente degno.
Sentirsi intimamente degno NON
dipende dal riconoscimento altrui. Gli altri, questo dovrò ricordarlo sempre,
mi conoscono SOLO in parte. SOLO in parte sanno chi io sono. E chi io sono per
loro, dipende da troppi fattori: principalmente da ciò che io decido di
mostrare, più o meno inconsapevolmente.
E gli altri, per i motivi anche
più leciti o giusti, o illeciti od opportunisti, sono sempre pronti a
riconoscere un merito che non c'è, anche quando non c'è.
Non dovrò basarmi su questo,
dunque, per riconoscere la mia dignità.
Dovrò sentirmi degno SOLO di quel che io sono.
E per farlo dovrò necessariamente:
1. conoscere me stesso (conoscere ed essere consapevole
di me) e 2. possedere capacità
di giudizio su me stesso, in base a quel che io so che è giusto, in base a quel
che so essere giusto.
Se io non sarò capace di essere
una persona degna, e quindi se non sarò capace di possedere dignità
consapevole, nessun onore e
nessun rispetto degli altri saprà rendermi davvero felice. E ogni volta che
calpesteranno la mia dignità, non potrò davvero reagire con i diritti e
l'interezza che derivano dalla mia persona umana.
Come scrisse Aristotele, La dignità non consiste nel possedere onori,
ma nella coscienza di meritarli.
E invece sembra proprio
che - come scrisse due millenni più tardi R.Chandler - la maggior parte della gente
consumi metà delle proprie energie cercando di proteggere una dignità che non
ha mai posseduto.
Per ripartire, dopo la caduta di senso che rischia di travolgere ogni cosa, dovrò ricordarmi di una parola che è stata cancellata dagli anni e dalla frenetica illusione di un eterno presente: sacrificio.
Cosa è che 'fa sacra' (sàcer fàcere) la mia vita ? Cosa può renderla sacra, e cioè in definitiva degna di essere vissuta ?
Certamente nessuna delle cose mondane, nessuna delle cose che il mondo mi offre in soprannumero, mi offre senza nemmeno chiedermi un volgare contrassegno, nessuna di queste cose può e potrà rendermi migliore, potrà arricchirmi di nulla.
Sin da bambino ho imparato che OGNI crescita è legata ad un sacrificio.
Non c'è nessuna crescita se non si è disposti a perdere qualcosa di sé: senza sacrificio, si resta eterni bambini, si rinuncia alla vita.
E io non voglio rinunciare alla vita. Questa vita delittuosamente appesantita dallamancanza di un orizzonte futuro. Questa vita stesa a stendere sotto il peso di uneterno presente che ritorna e che non aggiunge e che non toglie.
Cosa potrò mai diventare, se non offrirò me stesso, se non lo lascerò andare via, in dono o a pegno, se non lo farò fruttare per una buona causa umana, se non sarò capace di trasformarmi, di rendermi maturo come fa un frutto quando si stacca dall'albero ?
Qualunque sia il cammino, la mia anima deve compierlo e sa che deve compierlo. Fare il proprio, dare il meglio, e guardare oltre. Da quanto saprò essere generoso, si misurerà la riconoscenza dell'avere. E se anche non avrò avuto, non avrò vissuto indegnamente o inutilmente.
C'è uno spirito antico che vive dentro di me. Una lunga storia di cui io sono simbolo e frammento. Che io sono, anche se non lo so.
Come scrisse C.G. Jung:
ma lo spirito del profondo disse:
"Nessuno può o deve impedire il sacrificio. Il sacrificio non è distruzione, il sacrificio è la pietra miliare di ciò che verrà. Non avete forse avuto i conventi ? Non sono forse andati a migliaia nel deserto ? dovete dunque portare i conventi dentro di voi. Il deserto è in voi. il deserto vi chiama e vi attira e, se pure foste legati col ferro al mondo di questo tempo, il richiamo del deserto spezzerà ogni catena. in verità, io vi preparo alla solitudine." quindi il mio lato umano tacque. ma al mio lato spirituale accadde qualcosa che devo chiamare grazia.
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.