23/02/12

L'affidabilità storica dei Vangeli.


Capita spesso, in discussioni o convivi, di incappare nel vecchio argomento della attendibilità - vera o presunta - dei Vangeli cristiani, della loro potenzialità 'documentale'.  E siccome mi accorgo della dilagante ignoranza in materia - di nozioni storiche, collegata alla perdita di radici millenarie  - vorrei qui riproporre un prezioso résumé che traggo dal sito camcris e che allinea le informazioni storiche relative ai testi più famosi dell'antichità classica.   

Credo che sia utile leggere e conservare. 

L'affidabilità storica del Nuovo Testamento

Come per la maggior parte dei testi antichi, non possediamo gli scritti originali del Nuovo Testamento. Ciò che abbiamo a disposizione sono delle copie dei documenti originali. Queste sono state ricopiate e tradotte nelle varie lingue. Naturalmente la stessa cosa vale per gli altri documenti dell'antichità.


La tabella comparativa che segue - tradotta e adattata dal libro di J. McDowell, "Evidenza che richiede un verdetto" - ci mostra dove si situa il Nuovo Testamento (la tabella è incompleta).




Autore - opera
Periodo di redazione
Copia più antica disponibile
Intervallo (anni)
Numero di copie
Giulio Cesare
100 - 44 a.C.
900 d.C.
1.000
10
Tito Livio
59 a.C. - d.C. 17
20
Platone
427 - 347 a.C.
900 d.C.
1.200
7
Cornelio Tacito (Annali)
56 - 115 d.C.
1100 d.C.
1.000
< 20
   (opere minori)
56 - 115 d.C.
1000 d.C.
900
1
Plinio il Giovane (Storia)
61 - 113 d.C.
850 d.C.
750
7
Tucidide (Storia)
460 - 400 a.C.
900 d.C.
1.300
8
Svetonio (De Vita Caesarum)
75 - 160 d.C.
950 d.C.
800
8
Erodoto (Storia)
480 - 425 a.C.
900 d.C.
1.300
8
Orazio
 65 - 8 a.C. 
900
Sofocle
496 - 406 a.C.
1000 d.C.
1.400
193
Lucrezio
95 - 55 a.C.
1.100
2
Catullo
84 - 54 a.C.
1550 d.C.
1.600
3
Euripide
480 - 406 a.C.
1100 d.C.
1.500
9
Demostene
383 - 322 a.C.
1100 d.C.
1.300
* 200
Aristotele
384 - 322 a.C.
1100 d.C.
1.400
** 49
Aristofane
450 - 385 a.C.
900 d.C.
1.200
10
Omero (Iliade)
1100 a.C.
400 a.C.
700
643
il Nuovo Testamento
40 - 100 d.C.
125 d.C.
25
> 24.000
* tutti dalla stessa copia
** di qualsiasi opera

Il numero di manoscritti del Nuovo Testamento (ben 24.000) è di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altra opera antica. Osservando questa tabella risulta anche chiaro che moltissimi documenti antichi sono stati copiati e ricopiati per secoli prima di giungere alla copia più antica in nostro possesso. Il manoscritto più antico del Nuovo Testamento, ha un intervallo di soli 25 anni dall'originale.

In conclusione, basandoci sul numero di documenti disponibili e sull'intervallo fra l'originale e la copia più antica, risulta chiaro che il Nuovo Testamento è storicamente molto più attendibile degli scritti di qualsiasi altro autore sopra menzionato.

Ma oltre all'evidenza che proviene dai manoscritti, abbiamo anche le citazioni in testi e lettere dei padri della Chiesa. Essi citano brani del Nuovo Testamento. Questa fonte esterna garantisce ulteriore sostegno all'affidabilità storica del Nuovo Testamento.




Autore
Periodo
(dopo Cristo)
Citazioni
Vangeli
Atti
Lettere di Paolo
Lettere generali
Apocalisse
Totale
Giustino martire
100 - 165
268
10
43
6
3 (+266 allusioni)
330
Ireneo
 150 - 200
1.038
194
499
23
65
1.819
Clemente d'Alessandria
150 - 212
1.017
44
1.127
207
11
2.406
Origene
185 - 253
9.231
349
7.778
399
165
17.922
Tertulliano
160 - 220
3.822
502
2.609
120
205
7.258
Ippolito
170 - 235
734
42
387
27
188
1.378
Eusebio di Cesarea
 260 - 340
3.258
211
1.592
88
27
5.176
Totali
19.368
1.352
14.035
870
664
36.289

In tutto il Nuovo Testamento, fra i 24.000 manoscritti ci sono solo circa 40 righe di testo (400 parole) che presentano delle variazioni, peraltro minime. Paragonato all'Iliade di Omero, con 643 copie disponibili, le linee varianti sono più di 700. In percentuale questo significa che il testo dell'Iliade è alterato al 5%, mentre il testo del NT è alterato in misura dello 0,5%. Le variazioni o gli errori del NT consistono essenzialmente in duplicazioni o errori d'ortografia e non incidono minimamente su alcuna dottrina fondamentale. Nessun altro libro al mondo presenta tali garanzie di qualità.

Queste non sono le uniche informazioni sulla validità storica del Nuovo Testamento. Ci sono molti altri documenti che confermano la validità dei testi biblici.

Negli ultimi 100 anni l'archeologia ha scoperto numerosissimi riferimenti a città, luoghi, popoli e nazioni descritti nella Bibbia.


21/02/12

La visione di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia - 7 - Il cigno, l'angelo e Piero.


7. Il cigno, l'angelo e Piero


Nel celebre affresco di Piero della Francesca, nel Duomo di Arezzo, ispirato alla Leggenda della Vera Croce, tratto dal racconto di Jacopo da Varagine, nell’episodio del Sogno di Costantino, Piero ha immaginato e dipinto la figura di un angelo che con intuizione  prospettica straordinariamente moderna, scende dall'alto da sinistra verso destra, con il braccio dritto verso l'imperatore dormiente nella tenda, stringendo in mano una minuscola croce.

E’ ora sorprendente notare come la figura ritratta da Piero assomigli in forma e volume alla figura del Cigno, come riprodotta in molte tavole astronomiche-zodiacali.



A seguito dei recenti restauri del ciclo di affreschi, durante i lavori del convegno Lo spazio di Piero  svoltosi a Sansepolcro nel 2003 (9), alcuni  interventi hanno approfondito i contorni della scoperta - resa possibile proprio dai nuovi restauri - che sullo sfondo dietro la tenda dell'Imperatore, Piero ha dipinto un vero cielo stellato (uno dei primi nella Storia dell'Arte).  

Il prof. Vladimiro Valerio, storico dell’architettura all’Università di Venezia, nella sua relazione in quel convegno, ha dimostrato come Piero avesse dipinto un cielo reale, con le giuste posizioni delle costellazioni, anche se invertite, probabilmente a causa dell’utilizzo di un piccolo planetario forato, con il quale l’artista o chi per lui aveva proiettato i punti delle singole stelle, al negativo,  sulla parete.

In quello stesso convegno, un altro relatore, la prof.ssa Marisa Dalai-Emiliani, dell’Università La Sapienza di Roma,  è giunto alle stesse conclusioni, peraltro già  illustrate dallo stesso studioso in una conferenza precedente (10):

"il riquadro con il Sogno di Costantino è sempre stato considerato come uno tra i primi esempi di notturno della storia della pittura moderna.      Ma il restauro ha ora rivelato che il buio della notte dietro l’accampamento imperiale è trapunto di stelle, nella luce chiara dell’alba.      L’attenzione riservata sinora a questo particolare si è limitata a sottolinearne l’aspetto lirico, quasi si trattasse soltanto di una raffigurazione impressionistica del firmamento.  Si avanza invece qui l’ipotesi che Piero della Francesca abbia per la prima volta proiettato scientificamente sulla superficie piana della parete del coro di San Francesco un settore di planisfero celeste, di cui si leggono distintamente infatti alcune costellazioni nella corretta posizione reciproca, ma invertita rispetto alla visione della realtà.  Si apre quindi il problema delle fonti astronomiche antiche che l’artista poté conoscere e di un eventuale modello visivo per la rappresentazione di una parte del globo celeste. Non meno importante, sul piano del significato iconografico, è la scelta dell’aurora come tempo del sogno profetico, secondo un’antica credenza attestata tra gli altri da Ovidio, Orazio, Cicerone, Avicenna e ripresa da Dante nel XXVI Canto dell’Inferno: Ma se presso al mattin del ver si sogna… "


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QUI le precedenti puntate

20/02/12

La percezione del bello - Lo straordinario esperimento del violinista Joshua Bell alla Metropolitana di Washington. IL VIDEO.




Questo video 'seriale' sta facendo il giro del mondo, lanciato per primo dal Washington Post. E' una storia molto bella e densa di motivi di riflessioni su cosa è e cosa è diventata (o potrebbe diventare) la nostra percezione del bello. Ecco il testo originale.


Questo è impressionante. Vi prego di prendervi un momento per leggere:

Un uomo era seduto in una stazione della metropolitana di Washington DC e iniziò a suonare il violino, era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti.

Durante questo lasso di tempo, poiché era l'ora di punta, è stato calcolato che 1.100 persone sarebbero passate per la stazione, la maggior parte di loro sull ' intento di andare a lavorare. Passarono tre minuti e un uomo di mezza età notò che c'era un musicista che suonava. 

Rallentò il passo, si fermò per alcuni secondi, e poi si affrettò per riprendere il tempo perso. Un minuto dopo il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna lanciò il denaro nella cassettina e, senza neanche fermarsi, continuò a camminare.

Pochi minuti dopo qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma poi guardò l'orologio e ricominciò a camminare. Chiaramente era in ritardo per il lavoro. Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni. Sua madre lo invitava a sbrigarsi, ma il ragazzino si fermò a guardare il violinista. Infine la madre lo trascinò via ma il bambino continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto da diversi altri bambini. Tutti i genitori, senza eccezione, li forzarono a muoversi. 

Nei 45 minuti che il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un po '. Circa 20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Tirò su $ 32. Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, né ci fu alcun riconoscimento.

Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei musicisti più talentuosi del mondo. Aveva appena eseguito uno dei pezzi più complessi mai scritti, su un violino del valore di $ 3.5 milioni di dollari. 

Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaurito al teatro di Boston, dove i post in media costavano $ 100. 

Questa è una storia vera. Joshua Bell era in incognito nella stazione della metro, il tutto organizzato dal quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla percezione, il gusto e le priorità delle persone. La prova era se in un ambiente comune ad un'ora inappropriata: percepiamo la bellezza? Ci fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato? 

Una delle possibili conclusioni di questa esperienza potrebbe essere:

Se non abbiamo un momento per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scritta, quante altre cose ci stiamo perdendo ?

19/02/12

La poesia della Domenica - 'Non mi accorsi del momento' di Rabindranath Tagore.


XCV

Non mi accorsi del momento in cui varcai
Per la prima volta la soglia di questa vita.

Quale fu la potenza che mi schiuse in questo vasto mistero
Come sboccia un fiore in una foresta a mezzanotte?

Quando al mattino guardai la luce,
subito sentii che non ero uno straniero in questo mondo,
che l’inscrutabile senza nome e forma
mi aveva preso tra le sue braccia sotto l’aspetto di mia madre.

Così, nella morte, lo stesso sconosciuto m’apparirà come sempre a me noto.
E poiché amo questa vita so che amerò anche la morte.

Il bimbo piange quando la madre dal seno destro lo stacca,
ma subito dopo si consola succhiando da quello sinistro.

Rabindranath Tagore, Gitanjali

18/02/12

Rémi Brague - "Amo dunque sono"



Qualche giorno fa il supplemento del Corriere della Sera, La Lettura, ha dedicato spazio ad una ampia intervista realizzata al filosofo Rémi Brague, intitolata "Amo dunque sono."

Scrittore, specialista di filosofia medievale, araba ed ebraica, Rémi Brague insegna Filosofia greca, romana ed araba all'Università Paris I Panthéon-Sorbonne dove dirige il centro di ricerca sulla tradizione nel pensiero classico. Ma Brague, come scrive Maria Antonietta Calabrò che ha realizzato l'intervista, è anche uno studioso che "ha sviluppato una riflessione sull’uomo e sulla sua autoconsapevolezza che sembra ormai essere giunta a un punto drammatico di non ritorno e che chiede, quindi, un nuovo inizio, a cominciare dal Vecchio Continente”

Quando si parla di 'radici cristiane', o di qualunque tipo di radici, Brague, storce il naso:  "Le radici sono una immagine strana.. Perché considerarci come una pianta ? In francese 'piantarsi' vuol dire sbagliarsi, fare un errore... Se si vogliono a ogni costo delle radici Un riferimento a Platone, che scrisse “noi siamo degli alberi piantati al contrario, le nostre radici non sono sulla terra, ma in cielo. Noi siamo radicati in ciò che, come il cielo, sfugge a ogni possesso”.

Un nuovo inizio è insomma, un uomo piantato al contrario che in qualche misura, e per approssimazione, possa poter dire quello che solo Dio dice compiutamente di sé: Amo dunque sono.

Brague nella intervista fornisce anche una interpretazione molto interessante del relativismo, fornendo un'analisi originale:
“ciò che genera il relativismo non è l’equivalenza dei valori, ma l’idea stessa di valore; ciò che è bene (la libertà, la giustizia…) è bene perchè sono io che gli dò valore, perchè come si dice, io lo “stimo”. Allora il gesto che dà valore è più forte che il valore in se stesso. Questo valore, allora, posso sempre ritirarlo. Quando un bene viene chiamato “valore”, lo si devalorizza. …… 

Da dove ricominciare ? Bisognerebbe farla finita con i valori, e riscoprire i beni: quelli materiali, molto concreti, dietro i loro simboli finanziari, le virtù morali dietro le tendenze alla moda…

Per essere chicchessia,  ragionevole oppure pazzo bisogna prima di tutto Esistere. Cio’ che è nuovo al giorno d’oggi è che l’esistenza stessa dell’uomo dipende sempre più dalla sua libera decisione. Noi abbiamo la possibilità tecnica di distruggerci, rapidamente (armi nucleari) o lentamente (inquinamento). E possiamo distruggere la specie umana, pacificamente, senza rumore, senza nemmeno rendercene conto, semplicemente cessando di riprodurci. Possiamo dire che per continuare ad esistere l’umanità ha bisogno di buone ragioni."

E' molto interessante il passo poi nel quale alla domanda della intervistatrice: "Può essere amata la verità ?" Brague risponde:

"Noi non possiamo amare che ciò che è bello. Se la verità è brutta, noi possiamo tutt’al più accettarla, a motivo di quella 'probità' (Redlichkeit) intellettuale che Nietzsche diceva essere “la nostra ultima virtù”. E' una forma di coraggio , virtù molto rispettabile. Soltanto che essa è incapace di far vivere, di suscitare la vita.

...Il bello ci strappa a noi stessi: come si dice, ci rapisce. Oppure perché per la modernità si tratta di massimizzare il sentimento che il soggetto ha di se stesso aumentando le sensazioni. “Sensazione” in greco: àisthesis."

Forse bisognerebbe cominciare con il riscoprire il bello.  Far dialogare gli uomini sulla base della ragione comune. Tutte le persone intelligenti, credenti o non, hanno in comune l’essere in bilico tra quello che sono e quello che dovrebbero essere. I fanatici, religiosi o scientifici, sono sicuri di loro stessi. Ma un dubbio che si compiacesse di se stesso senza cercare la verità sarebbe a sua volta fortemente un dubbio…"

La conclusione è allora: Amo dunque sono ?  

"L’amore resta ciò che si muove. Ma non si ama perchè ci motiva o aumenta il nostro giro di affari. Allora non è più Amore…

Chi può dire di Amare? Amare per noi è sempre rendersi conto che non si ama abbastanza o male, o più se stessi che l’altro.

E chi può vantarsi di essere? Solo Dio può dire “Io sono colui che sono”. E solo di Dio si può dire che è Amore. "

17/02/12

Hugo Cabret, prendersi cura dell'altro è il senso dell'esistenza.



Hugo Cabret è il ventiduesimo film di Martin Scorsese.  

Ed è uno strano film.  Ho vinto con ritrosia la necessità di dotarmi dei - per me - fastidiosissimi occhiali per il 3D.  E già mi ero preparato alla evenienza di trovarmi di fronte un film ridondante, come mi sono parsi tutti gli ultimi film di Scorsese - da Gangs of New York in poi.

La qual cosa non mi sarebbe piaciuta. Perché ritengo - avendo visto praticamente tutti i film di questo grande regista - che Scorsese abbia dato il meglio di sé, nella sua carriera, con film nudi, con pochi fronzoli, con i film di grande sostanza - morale - come Toro Scatenato, Taxi Driver, Fuori Orario, Lezioni dal Vero (ep. New York Stories), Fuori Orario. 

Sono contento di essermi sbagliato.  Al di là del 3D e di qualche giustificato effetto fiabesco - grandissimo lavoro, come sempre di Dante Ferretti - funzionale alla storia, Hugo Cabret è un film nudo, semplice, quasi scarno.  Che non ha timore, anzi, di apparire perfino noioso. 

Però, mi sembra, qui Scorsese torna al nocciolo della sua prima e vera ispirazione.

Il bambino che guarda il mondo (ciò che fu il piccolo Martin, bambino asmatico, costretto a guardare la rutilante New York per lunghi anni dalla finestra), il bambino che ha perso l'innocenza, e che deve 'ricreare' il senso del mondo - e del suo mondo - a partire dalla sua interiorità.  La forza del lavoro creativo, la capacità di trovare nell'armonia tra le cose una salvezza. La capacità di prendersi cura dell'altro come unico e vero scopo della nostra esistenza. 

Tutto questo è raccontato da Scorsese con semplicità e incanto attraverso la vicenda di George Méliès e del suo pazzo cinema di cartapesta.  

Complimenti a Mr. Martin: ha fatto un altro centro.

16/02/12

“Se la feroce religione del denaro divora il futuro” di GIORGIO AGAMBEN


Per capire che cosa significa la parola “futuro”, bisogna prima capire che cosa significa un´altra parola, che non siamo più abituati a usare se non nella sfera religiosa: la parola “fede”. 

Senza fede o fiducia, non è possibile futuro, c´è futuro solo se possiamo sperare o credere in qualcosa. Già, ma che cos´è la fede? David Flüsser, un grande studioso di scienza delle religioni – esiste anche una disciplina con questo strano nome – stava appunto lavorando sulla parola pistis, che è il termine greco che Gesù e gli apostoli usavano per “fede”. 

Quel giorno si trovava per caso in una piazza di Atene e a un certo punto, alzando gli occhi, vide scritto a caratteri cubitali davanti a sé Trapeza tes pisteos. Stupefatto per la coincidenza, guardò meglio e dopo pochi secondi si rese conto di trovarsi semplicemente davanti a una banca: trapeza tes pisteos significa in greco “banco di credito”. Ecco qual era il senso della parola pistis, che stava cercando da mesi di capire: pistis, ” fede” è semplicemente il credito di cui godiamo presso Dio e di cui la parola di Dio gode presso di noi, dal momento che le crediamo. Per questi Paolo può dire in una famosa definizione che “la fede è sostanza di cose sperate”: essa è ciò che dà realtà a ciò che non esiste ancora, ma in cui crediamo e abbiamo fiducia, in cui abbiamo messo in gioco il nostro credito e la nostra parola. 

Qualcosa come un futuro esiste nella misura in cui la nostra fede riesce a dare sostanza, cioè realtà alle nostre speranze. Ma la nostra, si sa, è un´epoca di scarsa fede o, come diceva Nicola Chiaromonte, di malafede, cioè di fede mantenuta a forza e senza convinzione. Quindi un´epoca senza futuro e senza speranze – o di futuri vuoti e di false speranze. Ma, in quest´epoca troppo vecchia per credere veramente in qualcosa e troppo furba per essere veramente disperata, che ne è del nostro credito, che ne è del nostro futuro? Perché, a ben guardare, c´è ancora una sfera che gira tutta intorno al perno del credito, una sfera in cui è andata a finire tutta la nostra pistis, tutta la nostra fede. Questa sfera è il denaro e la banca – la trapeza tes pisteos – è il suo tempio. 

Il denaro non è che un credito e su molte banconote (sulla sterlina, sul dollaro, anche se non – chissà perché, forse questo avrebbe dovuto insospettirci – sull´euro), c´è ancora scritto che la banca centrale promette di garantire in qualche modo quel credito. La cosiddetta “crisi” che stiamo attraversando – ma ciò che si chiama “crisi”, questo è ormai chiaro, non è che il modo normale in cui funziona il capitalismo del nostro tempo – è cominciata con una serie sconsiderata di operazioni sul credito, su crediti che venivano scontati e rivenduti decine di volte prima di poter essere realizzati. 

Ciò significa, in altre parole, che il capitalismo finanziario – e le banche che ne sono l´organo principale – funziona giocando sul credito – cioè sulla fede – degli uomini. Ma ciò significa, anche, che l´ipotesi di Walter Benjamin, secondo la quale il capitalismo è, in verità, una religione e la più feroce e implacabile che sia mai esistita, perché non conosce redenzione né tregua, va presa alla lettera. La Banca – coi suoi grigi funzionari ed esperti – ha preso il posto della Chiesa e dei suoi preti e, governando il credito, manipola e gestisce la fede – la scarsa, incerta fiducia – che il nostro tempo ha ancora in se stesso. 

E lo fa nel modo più irresponsabile e privo di scrupoli, cercando di lucrare denaro dalla fiducia e dalle speranze degli esseri umani, stabilendo il credito di cui ciascuno può godere e il prezzo che deve pagare per esso (persino il credito degli Stati, che hanno docilmente abdicato alla loro sovranità). In questo modo, governando il credito, governa non solo il mondo, ma anche il futuro degli uomini, un futuro che la crisi fa sempre più corto e a scadenza. E se oggi la politica non sembra più possibile, ciò è perché il potere finanziario ha di fatto sequestrato tutta la fede e tutto il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. 

Finché dura questa situazione, finché la nostra società che si crede laica resterà asservita alla più oscura e irrazionale delle religioni, sarà bene che ciascuno si riprenda il suo credito e il suo futuro dalle mani di questi tetri, screditati pseudosacerdoti, banchieri, professori e funzionari delle varie agenzie di rating. E forse la prima cosa da fare è di smettere di guardare soltanto al futuro, come essi esortano a fare, per rivolgere invece lo sguardo al passato. Soltanto comprendendo che cosa è avvenuto e soprattutto cercando di capire come è potuto avvenire sarà possibile, forse, ritrovare la propria libertà. L'archeologia – non la futurologia – è la sola via di accesso al presente. 

14/02/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 6. Croce nel cielo.


6. Croce nel Cielo.


Procediamo con ordine.  Accettando la premessa di cui al paragrafo precedente, e cioè che l’Arco di Malborghetto sia stato edificato sotto il regno di Costantino sul luogo esatto dove sorgeva l’accampamento delle truppe dell’Imperatore, prima della Battaglia, luogo nel quale era avvenuta la Visione, si è  deciso di ricostruire – attraverso l’ausilio di un normale programma astronomico-matematico -  il cielo di quella notte, la notte del 27 ottobre del 312 d.C. (7).

Puntando il programma astronomico sulle coordinate del Casale di Malborghetto  - 42°03'08" log N e 12°29'16" lat E -  alle ore 22,00 (orario puramente indicativo) del 27 ottobre del 312 d.C. è risultata brillantissima, verso ovest la  costellazione del Cigno. (azm 277°51' alt +40°40'), che così viene descritta dal Dizionario Astronomico:
Ricca costellazione della via lattea settentrionale, in forma di croce allungata vista come un cigno in volo. Era tra le 48 elencate da Tolomeo (ca 140 dC) ed è a volte chiamata Croce del Nord (8).

Contiene 11 stelle più luminose della 4° grandezza tra cui Deneb (I grandezza) ed Abireo (stella doppia)".    

   

In effetti  questa costellazione - la costellazione del Cigno - era già famosa dai tempi di Eratostene, che fu il primo a chiamarla così.

Fu poi denominata da Ipparco Uccello, e in epoca cristiana Croce, e ancora oggi si chiama Croce del Nord per distinguerla dalla Croce del Sud, visibile solo dall'emisfero sud.
Gli arabi, grandi astronomi, le conferirono il nome poco aulico di Gallina.   Poi, nel 1627 l’astronomo gesuita Julius Schiller (1580-1627) nel suo monumentale trattato Coelum Stellatum Christianum, pubblicato ad Augusta, tentò di ristabilire il nome cristiano.
Schiller scelse anzi questo nome: Croce sostenuta da sant’Elena.

Questa che appare come semplice coincidenza, può implicitamente fornire una suggestiva ipotesi di lavoro, come vedremo, se rapportata alla rappresentazione pittorica di Arezzo.


 QUI le precedenti puntate

 (C)(riproduzione riservata)


13/02/12

I funerali della Szymborska, a Cracovia, sotto la neve - IL VIDEO.



Ecco le immagini della cerimonia funebre per Wislawa Szymborska, tenutesi a Cracovia, lo scorso 9 febbraio. 

Il presidente polacco Bronislaw Komorowski è tra le migliaia di persone che hanno partecipato ai funerali del premio Nobel morta lo scorso primo febbraio a 88 anni. 

Alla cerimonia, tenutasi al cimitero Rakowicki di Cracovia, era presente anche il primo ministro Donald Tusk. 

Le ceneri della poetessa sono state deposte nella tomba di famiglia, mentre risuonava la canzone 'Black coffee' di Ella Fitzgerald, la cantante preferita della Szymborska. 

Fumatrice accanita e amante del caffè nero, proprio come il titolo del brano della Fitzgerald, l'autrice si è spenta per un cancro ai polmoni nella sua casa di Cracovia. 

Il comitato per la consegna del Nobel l'aveva definita "il Mozart della poesia" per la capacità di fondere l'eleganza del linguaggio con "la furia di Beethoven".

fonte Lapresse

11/02/12

La poesia della domenica - 'Ti devo sussurrare qualcosa' di Josif Brodskij





Chinati, ti devo sussurrare all'orecchio qualcosa:
per tutto io sono grato, per un osso
di pollo come per lo stridio delle forbici che già un vuoto
ritagliano per me, perché quel vuoto è Tuo.
Non importa se è nero. E non importa
se in esso non c'è mano, e non c'è viso, né il suo ovale.
La cosa quanto più è invisibile, tanto più è certo che sulla terra è esistita una volta,
e quindi tanto più essa è dovunque.
Sei stato il primo a cui è accaduto, vero?
E può tenersi a un chiodo solamente ciò che in due parti uguali non si può dividere.
Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come
può soltanto sognare un frammento! Una dracma
d'oro è rimasta sopra la mia retina.
Basta per tutta la lunghezza della tenebra.




Josif Brodskij  (Leningrado, 24 maggio 1940 – New York, 28 gennaio 1996) da "Poesie Italiane/Elegie romane"

08/02/12

Per dirmi che sei fuoco - Il nuovo libro.



Il nuovo libro che sta per uscire - dovrebbe essere in libreria dal giorno 16 - è il mio terzo romanzo, dopo Il giorno più bello per incontrarti e Cieli come questo, pubblicati entrambi da Fazi. 

Per dirmi che sei fuoco è stato scritto tre anni fa, nel 2009, e riveduto ampiamente nello scorso anno.  

Chi lo leggerà troverà molti riferimenti ai precedenti due romanzi, di cui in qualche misura rappresenta il complemento. 

Anche qui, come nel primo, c'è la ricerca di un padre misterioso.  Il pretesto narrativo però è fornito da una vera inchiesta giornalistica che realizzai qualche anno fa in cui ebbi occasione di conoscere da vicino le storie dei primi 'bimbi in provetta', nati alla fine degli anni '80, e delle peripezie che avevano portato alcuni di loro - una volta divenuti adulti - a scoprire di essere figli biologici di 'anonimi' donatori. 

Il titolo è preso a prestito da una poesia di Giuseppe Ungaretti, che è protagonista indiretto di tutto il romanzo.

L'editore, Gaffi, con il quale non avevo mai pubblicato prima, ha creduto sin dall'inizio nel libro e sin dall'inizio ho percepito sintonia e affinità con il direttore editoriale Andrea Carraro, che è un ottimo e raffinato scrittore.

Un libro è una storia. E come ogni storia, essa a un certo punto ha preteso di essere raccontata. 





06/02/12

La visione di Costantino e l'Arco di Malborghetto - 5. Il casale di Malborghetto.


5. Il casale di Malborghetto.

Ma dove avvenne esattamente questa Visione ?

Per rispondere dobbiamo spostarci un po’ fuori dell’Urbe. Risalire l’antica Via Flaminia, e raggiungere il chilometro 19.

Come abbiamo visto precedentemente, l'armata di Costantino, proveniente dal Nord Italia si accampò, in quella fine di ottobre del 312 d.C. sulla Via Flaminia, prima del combattimento finale con le truppe di Massenzio.

Considerando l’inizio dei combattimenti, il quale avvenne nella piana di  Saxa Rubra, è presumibile che gli uomini di Costantino si fossero accampati qualche chilometro prima, un po' più a monte, e non è difficile ipotizzare che il luogo scelto dovesse essere prima della collina di Prima Porta, dove oggi sorge il grande cimitero comunale, il più esteso di Roma.

Il Casale di Malborghetto è un edificio rurale medievale, che passa quasi inosservato agli occhi di chi transiti sulla Via Flaminia, seminascosto com’è dalla vicina linea ferroviaria.  Si presenta come un comune palazzo alto e quadrato in mattoni di travertino adiacente ad una piccola chiesa.  Ma guardando appena più attentamente non è difficile riconoscere il nucleo originale della costruzione, rivelato dal diverso colore e dal diverso materiale usato nnella struttura dell’edificio. Ben visibile si identifica il disegno di un imponente arco quadrifronte romano, eretto, come risulta da vari indizi (tra i quali mattoni con i bolli dell'età di Diocleziano) all'inizio del IV secolo a.C.



Eppure l’arco di Malborghetto, curiosamente,  non è ricordato da alcun documento fino alla fine del Duecento, quando viene citato in un atto di compravendita della costruzione, ormai trasformata in un fortilizio.

Dopo vari trascorsi, tra cui una devastazione attribuita agli Orsini nel 1485 (che a quanto pare determinò il toponimo di Malborghetto), l'edificio (quel che ne restava) risulta affittato verso la metà del 1500  da un farmacista milanese che viveva a Roma,  in Via della Scrofa. Questo personaggio portava il cognome Pietrasanta, e il nome di battesimo proprio Costantino, circostanza davvero curiosa.  Ma all'epoca non vi era nessuno, ovviamente,  che mettesse in relazione l'edificio con l'Imperatore romano.
Il Pietrasanta fece restaurare la costruzione sotto il pontificato di Pio V, lasciandone  futura memoria in una scritta di brutte maioliche, ancora visibili, sul frontone sotto il tetto.

In seguito ci furono altri restauri, finché ai primi del secolo, un archeologo tedesco -  Fritz Toebelmann - studiò finalmente a fondo, per cinque lunghi anni, il monumento giungendo alla conclusione che esso fosse stato eretto per commemorare la vittoria di Costantino su Massenzio, trattandosi dell'unico evento storico significativo accaduto nella zona in quel determinato periodo storico.  Toebelmann, prima di morire ancora giovane nelle trincee della Grande Guerra, arrivò a tale convinzione dopo aver minuziosamente esaminato i materiali di costruzione dell’edificio, e aver rinvenuto, incassati nei muri, alcuni mattoni con impresso il bollo dell’imperatore Diocleziano, circostanza che rese possibile datare con precisione la costruzione del primo arco, come manufatto del IV. secolo dopo Cristo (6).

Del resto le stesse dimensioni monumentali dell’Arco (m.14,86 X 11,87 X 7) con i basamenti rapportabili a quelli dell'unico quadrifronte sopravvissuto a Roma, quello del  Velabro, testimoniavano che l’Arco stesso dovesse essere stato costruito in quel luogo a ricordo di un evento memorabile, e non poteva non collegarsi alla Battaglia di Ponte Milvio.  
Ma se un Arco avesse dovuto commemorare quella Battaglia, questa è la nostra opinione, tale Arco monumentale avrebbe avuto molte più ragioni di essere edificato proprio a Ponte Milvio (luogo della morte di Massenzio), o nella zona di Saxa Rubra, dove la battaglia ebbe effettivamente inizio.

Perché invece l’edificazione proprio in quel punto, distante diversi chilometri sia da Ponte Milvio che da Saxa Rubra ?

Discende come conseguenza logica, a nostro avviso, proprio dagli studi di Toebelmann l’ipotesi che l’arco abbia  invece una stretta relazione con la VISIONE di cui parlano Lattanzio e Eusebio di Cesarea.


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