4. Il Labarum.
Ma come era fatto
esattamente questo simbolo, il Labarum ?
Ripartiamo dal racconto di
Eusebio di Cesarea, nel brano della Vita di Costantino I, 30-31,
e leggiamo:
" La sua foggia era la seguente. In un'alta asta
ricoperta d'oro s'innestava un braccio trasversale in modo da formare una
croce; in cima a tutto era fissata una corona intessuta di pietre preziose e
oro. Su questa corona due segni, indicanti il
nome di Cristo, mostravano per mezzo delle prime lettere ( con il rho che
si incrociava giusto nel mezzo ), il simbolo della formula salvifica:
l'imperatore prese poi anche in seguito questo monogramma inciso sul suo
elmo. Al braccio trasversale che era infisso
nell'asta, si trovava sospesa una tela di gran pregio... Di questo
segno salvifico l'imperatore si servì sempre contro tutte le forze avversarie e
nemiche, e ordinò che altri oggetti simili ad esso fossero messi alla testa di
tutti i suoi eserciti. "
Sappiamo, non soltanto da
questa descrizione, ma soprattutto dalle centinaia di riproduzioni su monete, e
monumenti che la foggia del Labarum era questa:
Un simbolo realizzato con le prime due lettere
dell'alfabeto greco della parola Cristo: Chi (χ) e Rho, (ρ).
Ma il Labarum ha
sempre comportato per gli storici un piccolo grande rompicapo. Per vari
motivi: Innanzitutto Lattanzio,
nonostante la descrizione particolareggiata della Visione, ignora il Labaro, e
non lo cita nel suo racconto. Lattanzio parla di un monogramma, ma non
specifica che si tratti del Labaro, così come è pervenuto fino a noi. In secondo luogo nelle molte scene
raffigurate sull'Arco di Costantino al Foro Romano, che
venne eretto soltanto tre anni dopo la battaglia, il Labarum non
compare, né è presente alcun indizio della miracolosa affermazione di quella
particolare protezione divina che era stata testimoniata, dice Eusebio, da così
tanti. Ciò può essere spiegato in parte con il fatto che, come è
risultato da recenti e approfonditi studi, l'Arco è un'opera ricavata da pezzi
di altri monumenti più antichi.
Nell'Arco di Costantino al Foro Romano,
come è noto, esiste in realtà una famosa
iscrizione nella quale si dice che l'imperatore ha salvato la res publica INSTINCTU
DIVINITATIS MENTIS MAGNITUDINE ("per
grandezza della mente e per istinto [o impulso] della divinità"). Questo riferimento così
generale, non indicante un simbolo specificatamente cristiano, ha fatto
ritenere da alcuni studiosi che la divinità in questione fosse nient'altro che
il Sol
Invictus — il Sole Invincibile (identificabile anche con
Apollo o Mitra)— inscritto anche sul conio costantiniano del
periodo. E’ del resto stato avanzato con molte ragioni l’argomento che
Costantino, da abile uomo politico, seppure fosse stato sinceramente convinto
di aver avuto contatto con una divinità nuova rispetto al parco degli
dei pagani adorati nell’Impero, ben difficilmente avrebbe osato sfidare la
benevolenza e il potere dei pretoriani romani, esponendo questa divinità nuova,
cristiana – del tutto invisa – in un arco monumentale appena eretto.
Oltretutto, il Labarum
fu sicuramente adottato in età costantiniana come simbolo assai diffuso, al punto
che Giuliano l'Apostata, fautore del ripristino
ad ogni livello del paganesimo, eliminò il segno sospetto dalle insegne
militari, cosicché il Labarum ricomparve
soltanto durante il regno degli imperatori successivi.
In conclusione: sembra certo, storicamente plausibile, che la Visione (o
Sogno) sia avvenuta. L'imperatore Costantino vide o credette di vedere un segno
divino. Ciò risulta dal raffronto di tutte le fonti, tra le quali
anche il celebre panegirico dell'Imperatore letto a Treviri nel 313, dopo che
Costantino ebbe incontrato Licinio a Milano, nel quale si parla di una 'mente
divina' rivelatasi soltanto a Costantino, e di una suggestione divina (divino
instinctu), che lo rese indifferente alle superiori forze di Massenzio.
Questa Visione (o Sogno) coincide con l'avvento della
concezione monoteistica, la quale irrompe nel mondo romano, raccogliendo
l'eredità del culto del Sol Invictus, ma identificandosi ben presto con
il Cristo dei Cristiani.
E' certo inoltre, che sul destino della celebre Visione
ebbe grande importanza la propaganda compiuta da Eusebio di Cesarea e dei suoi
successori. Eusebio scrive la sua Vita di Costantino
parecchi anni dopo la Battaglia di Ponte Milvio, e mosso sostanzialmente dalla
esigenza di sistematizzare la vicenda del "più grande degli
Imperatori" in un quadro teologico-divino che avrebbe trovato compiutezza
con il battesimo e la conversione al cristianesimo dello stesso Costantino avvenuta
in punto di morte. (4 - segue)
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