5. Il casale di Malborghetto.
Ma dove avvenne
esattamente questa Visione ?
Per rispondere dobbiamo
spostarci un po’ fuori dell’Urbe. Risalire l’antica Via Flaminia, e raggiungere
il chilometro 19.
Come abbiamo visto
precedentemente, l'armata di Costantino, proveniente dal Nord Italia si
accampò, in quella fine di ottobre del 312 d.C. sulla Via Flaminia, prima del
combattimento finale con le truppe di Massenzio.
Considerando l’inizio dei
combattimenti, il quale avvenne nella piana di
Saxa Rubra, è presumibile che gli uomini di
Costantino si fossero accampati qualche chilometro prima, un po' più a monte, e
non è difficile ipotizzare che il luogo scelto dovesse essere prima della
collina di Prima Porta, dove oggi sorge il grande cimitero comunale, il più
esteso di Roma.
Il Casale di Malborghetto è un edificio rurale medievale,
che passa quasi inosservato agli occhi di chi transiti sulla Via Flaminia,
seminascosto com’è dalla vicina linea ferroviaria. Si presenta come un
comune palazzo alto e quadrato in mattoni di travertino adiacente ad una
piccola chiesa. Ma guardando appena più
attentamente non è difficile riconoscere il nucleo originale della costruzione,
rivelato dal diverso colore e dal diverso materiale usato nnella struttura
dell’edificio. Ben visibile si identifica il disegno di un imponente arco
quadrifronte romano, eretto, come risulta da vari indizi (tra i quali mattoni
con i bolli dell'età di Diocleziano) all'inizio del IV secolo a.C.
Eppure l’arco di Malborghetto, curiosamente, non è ricordato da alcun documento fino alla fine del Duecento, quando viene citato in un atto di compravendita della costruzione, ormai trasformata in un fortilizio.
Dopo vari trascorsi, tra
cui una devastazione attribuita agli Orsini nel 1485 (che a quanto pare
determinò il toponimo di Malborghetto), l'edificio (quel che ne restava)
risulta affittato verso la metà del 1500
da un farmacista milanese che viveva a Roma, in Via della Scrofa.
Questo personaggio portava il cognome Pietrasanta, e il nome di battesimo
proprio Costantino,
circostanza davvero curiosa. Ma all'epoca non vi era
nessuno, ovviamente, che mettesse in
relazione l'edificio con l'Imperatore romano.
Il Pietrasanta fece
restaurare la costruzione sotto il pontificato di Pio V, lasciandone futura memoria in una scritta di brutte
maioliche, ancora visibili, sul frontone sotto il tetto.
In seguito ci furono altri
restauri, finché ai primi del secolo, un archeologo tedesco - Fritz Toebelmann - studiò finalmente a fondo, per cinque
lunghi anni, il monumento giungendo alla conclusione che esso fosse stato
eretto per commemorare la vittoria di Costantino su Massenzio, trattandosi
dell'unico evento storico significativo accaduto nella zona in quel determinato
periodo storico. Toebelmann, prima di
morire ancora giovane nelle trincee della Grande Guerra, arrivò a tale convinzione
dopo aver minuziosamente esaminato i materiali di costruzione dell’edificio, e
aver rinvenuto, incassati nei muri, alcuni mattoni con impresso il bollo
dell’imperatore Diocleziano, circostanza che rese possibile datare con
precisione la costruzione del primo arco, come manufatto del IV. secolo dopo
Cristo (6).
Del resto le stesse dimensioni monumentali dell’Arco
(m.14,86 X 11,87 X 7) con i basamenti rapportabili a quelli dell'unico
quadrifronte sopravvissuto a Roma, quello del
Velabro, testimoniavano che l’Arco stesso dovesse essere stato costruito
in quel luogo a ricordo di un evento memorabile, e non poteva non collegarsi
alla Battaglia di Ponte Milvio.
Ma se un Arco avesse dovuto commemorare quella Battaglia,
questa è la nostra opinione, tale Arco monumentale avrebbe avuto molte più
ragioni di essere edificato proprio a Ponte Milvio (luogo della morte di
Massenzio), o nella zona di Saxa Rubra, dove la battaglia ebbe effettivamente
inizio.
Perché invece l’edificazione proprio in quel punto, distante
diversi chilometri sia da Ponte Milvio che da Saxa Rubra ?
Discende come conseguenza logica, a nostro avviso, proprio
dagli studi di Toebelmann l’ipotesi che l’arco abbia invece una stretta relazione con la VISIONE
di cui parlano Lattanzio e Eusebio di Cesarea.
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