07/10/12

La Poesia della Domenica - 'Lo strumento' di Les Murray.





Lo strumento


Tra le strofe ferine molte per incarnarsi
vogliono la tua carne. Solo l'arte compiuta
scevra d'obbedienza al suo tempo può piroettarti
attraverso i poemi più vasti che stai vivendo.
Star fuori d'ogni poesia è un vuoto irraggiungibile.

Perché scrivere poesia? per essere stranamente
disoccupati. per i mal di testa indolori da sfruttare
per colpire al momento maturo giù dal braccio che scrive.
Per i successivi aggiustamenti, calibrare un verbo
prima che la trance ti lasci. per lavorare sempre oltre

il limite della tua intelligenza. Per non aver da salire
e tradire i poveri nel farlo. Per una non vorace fama.



Les Murray (1938 - ) - The Instrument (qui il testo completo in inglese).


06/10/12

I-Ching, Jung, il Caso e il Caos.




Parliamo di Caso, di quello che gli uomini chiamano caso, e sarà bene richiamare l'etimologia della parola, che deriva dal latino: casus, dal verbo cadere.

Ed è solo il 'caso' di ricordare che in italiano caso è anagramma di caos, il quale deriva a sua volta dal greco chàos, ovvero abisso.

In tutte e due le parole, quindi, c'è un richiamo al cadere giù, alla profondità: il Caos e il Caso sono forze che ci trattengono giù mentre noi - la volontà umana - cerca di andare su, erigendo costruzioni di ordine e di senso, anche laddove Caos e Caso sembrano regnare sovrani.

In Oriente l'approccio a questo ordine di problema, nel corso dei secoli è stato significativamente diverso da quello occidentale, dove hanno predominato il razionalismo aristotelico e il rigore del metodo empirico.

Il massimo tentativo di ordinamento, di dare ordine ad una linea casuale, in Oriente, è quello rappresentato  dai famosissimi I-Ching. Anche detto Libro dei Mutamenti, uno tra i più vecchi testi cinesi, risalente secondo alcuni a 2.000 anni prima di Cristo.

L'I-Ching è basato su 64 esagrammi, ciascuno composto da sei linee spezzate (energia yin) o intere (energia yang).

Attraverso il ripetuto lancio di tre particolari monete, colui che desidera porre una questione sulla propria vita, costruisce l'esagramma profetico per individuare il responso alla domanda posta.

Le line cosiddette mobili determinano un secondo esagramma, che fornisce le indicazioni circa l'eventuale sviluppo dell'attuale situazione.

Penso sia noto a molti il pensiero di Carl Gustav Jung, a proposito dell'I-Ching, che è bene espresso nella celebre prefazione al testo, nella edizione inglese del libro, stampata nel 1949.

Oggi si trova in molte edizioni - la migliore quella di Adelphi (1991).

Consiglio a tutti questa lettura - sono poche pagine - in cui Jung sembra voler smantellare pezzo per pezzo la nostra concezione moderna, molto occidentale di casualità (e di causalità).

L'I-Ching non ha mai smesso di suscitare interesse e perplessità: come possono sentenze pre-scritte da qualcuno, duemila anni fa in Cina, rispondere casualmente alle mie esigenze, alle domande che io pongo oggi?

Jung spiega come tutta la scienza occidentale sia fondata sul concetto della causalità, considerata come verità assiomatica: tutto ha una spiegazione, e una causa.

L'evoluzione (e in particolare la fisica moderna) ha portato invece l'uomo a capire come quelle che vengono chiamate Leggi Naturali siano soltanto verità statistiche, condannate a contemplare eccezioni e valide soltanto fino alla successiva evidenza contraria. 

Nelle eccezioni alle consolidate Leggi Naturali  - poniamo ad esempio la cosiddetta Energia Oscura dell'Universo, che non obbedisce alle nostre conoscenze attuali - gioca la sua parte il caso.

Così, se noi interpelliamo il meraviglioso libro dell'I-Ching, ottenendone dei responsi sapienziali che sembrano scritti per noi, in quel momento, la causa non sembra da ricercare solo nella abilità degli amanuensi cinesi.

Chiunque abbia provato ad interrogare il libro - con serietà (seguendo le regole, e quindi consultando e studiando solo il libro, secondo le regole), e non attraverso gli orridi giochetti che girano via internet - potrà citare episodi sorprendenti.

Ma, scrive Jung, siamo perplessi soltanto noi, giacché inciampiamo sempre di nuovo nel nostro pregiudizio, ovvero nella nostra nozione di causalità.

Che significa ignorare le molte forze psichiche che sembrano prescindere la nostra volontà razionale, che sono inconsce, ma stranamente in sintonia con un sentire ulteriore (quelli che Jung chiama archetipi). E ci tendono mille trabocchetti alla nostra smania ordinatrice, facendoci appunto scivolare o cadere nel caso.

O - se non sappiamo venirne fuori - nell'abisso del Caos.

Fabrizio Falconi.

04/10/12

Scrittori: apre in Francia il museo di Stendhal.



Un museo dedicato a Stendhal e alla sua famiglia ha aperto le porte a Grenoble, città natale dello scrittore francese, capitale dell'antica provincia del Delfinato. 

Il nuovo spazio espositivo consente di approfondire la vita dell'autore di "Il rosso e il nero" e "La Certosa di Parma" e soprattutto di conoscere meglio la sua famiglia e il suo apprendistato letterario. 

Il museo di Henri Beyle, conosciuto come Stendhal (1783-1842), è collegato alla Biblioteca municipale di Grenoble che conserva numerosi manoscritti del romanziere e documenti iconografici stendhaliani. 

L'edificio in cui sorge il nuovo museo è stato ricavato dalla ristrutturazione di due appartamenti dove Stendhal visse l'infanzia e l'adolescenza, tra i 6 e i 16 anni, dove abito' con il nonno. 

Due grandi saloni all'italiana presentano una galleria dei ritratti della famiglia di Stendhal, che compare raffigurato in un busto in marmo. 

Tra i cimeli autografi esposti spicca il manoscritto della sua autobiografia. 

Il museo ospita la ricostruzione dello studio del giovane autore con curiosità legate alla sua giovinezza, come la passione per la botanica. 

E' stato ricavato anche uno spazio dedicato ad esposizioni temporanee, la prima delle quali è dedicata ad un omaggio all'Italia, dove Stendhal visse e viaggiò a lungo. 

03/10/12

Gemelli - dalla mostra "Zodiac" di Justin Bradshaw e Fabrizio Falconi.






tratto dalla mostra Zodiac (Tuscania, ex Chiesa di Santa Croce, 2007), dipinti di Justin Bradshaw, testi di Fabrizio Falconi da Il canto dei segni.




Gemelli


Voglio toccare con le mani la pietra. Qualcosa di impossibile, per me, fatta d’aria. Varco la soglia, mi ritrovo all’aperto, poi al chiuso, come dentro le mura di una chiesa. Non è una chiesa, è una casa dalle mura intonacate di verde. E muschio alle pareti, una casa nell’ombra della foresta. 
Guardo in cielo, riconosco Mercurio. La sua corsa, dentro il cielo. La smania di toccare la pietra è diminuita, è come se fosse proibito e non sapessi dove volgere lo sguardo. Il vuoto penetrante, ovunque. Il profumo di un lento addormentarsi, incombe soavemente. La quiete del più puro silenzio. Protesa una mano nell’aria cerco di toccare… La mano torna indietro.
Come se avesse toccato un’altra mano, non la pietra che aspettavo. Mi volto per guardare dalla parte opposta. E’ la mia mano. La mano nello specchio, o forse la mano di un’altra. Una nuova, come la strada lunga e alberata che si perde all’infinito.
Vorrei percorrerla tutta, e dalla fine all’inizio, senza riuscire a toccarla mai.




in testa: Gemelli, Justin Bradshaw, da Zodiac.

02/10/12

Intervista ad Andrei Makine - Il romanzo nell'epoca della comunicazione.


  

Di Andrei Makine, è da poco uscito presso l’editore Einaudi,  Il libro dei brevi amori eterni.

* Murielle Lucie Clé­ment. – Andreï Makine, la sua idea di let­te­ra­tura è mutata, da quando è ini­ziata la sua car­riera, una ven­tina d’anni fa?

Andreï Makine. – In linea gene­rale no, ma si tratta anche di capire cosa lei intenda con “idea di letteratura”.

M. L. Clé­ment. – La sua idea per­so­nale e gene­rale di letteratura.

A. Makine. – Il posto che la let­te­ra­tura occupa in que­sto mondo, il posto che la let­te­ra­tura occupa rispetto alle espres­sioni arti­sti­che non let­te­ra­rie, rispetto alla filo­so­fia? Il campo va ben deli­mi­tato. La let­te­ra­tura era, per me, una spe­cie di sacer­do­zio. Si entra nella let­te­ra­tura come si entra in ordine reli­gioso. Ma senza alcuna con­no­ta­zione asce­tica o reli­giosa. Un impe­gno totale. Un altro modo di vivere. Proust diceva:” Leg­gere è assen­tarsi dalla vita”. Un libro è un altro modo di vivere. E’ pos­si­bile acce­dere in modo com­pleto a que­sto modo di vivere? Non credo, per­ché siamo dei sem­plici esseri mor­tali e dun­que siamo inte­res­sati a nume­rose altre atti­vità. Tanto più che, gra­zie a Ver­laine, la let­te­ra­tura è diven­tata quasi una bat­tuta: “E tutto il resto è letteratura!”
La visione che ne hanno i russi è abba­stanza ori­gi­nale. Non hanno creato grandi sistemi filo­so­fici, e hanno rime­diato a que­sto con la crea­zione let­te­ra­ria. Essere scrit­tore, in Rus­sia, signi­fica essere anche un pen­sa­tore e un filo­sofo. Que­sto con­fine, che tro­viamo in Fran­cia e in Ger­ma­nia, tra let­te­ra­tura e i grandi sistemi filo­so­fici come quello di Car­te­sio, di Hegel o di Kant, là non esi­ste. I russi, dun­que, sono dei sin­cre­ti­sti, e ciò può essere utile. Gli ha per­messo di evi­tare lo svi­luppo ple­to­rico di una let­te­ra­tura leg­gera, che è sem­pre stata indi­cata come bel­le­tri­stika. Una parola, “belle let­tere”, che in fran­cese suona nobile, ma in russo è un peg­gio­ra­tivo e ingloba tutto ciò che è avan­spet­ta­colo, roman­zetto da leg­gere in treno, tutti i generi minori, i roman­zetti facili. E che sono sem­pre stati disprez­zati, in Rus­sia. Quale sarebbe, allora, il ruolo della let­te­ra­tura, come defi­nirla? Una spe­cie di sote­rio­lo­gia. La let­te­ra­tura è soprat­tutto que­sto. Dopo i miei primi lavori, il mio modo di vedere la let­te­ra­tura si è diver­si­fi­cato, se non altro pro­prio gra­zie all’influenza che, soprat­tutto, hanno eser­ci­tato le cose che ho scritto. Ci sono campi, come il tea­tro, che un tempo mi sem­bra­vano inac­ces­si­bili. Non avrei mai pen­sato di scri­vere un pezzo di tea­tro, e invece l’ho scritto. Ho scritto dei saggi, anche se non mi con­si­de­ravo un sag­gi­sta. E, infine, non avrei mai pen­sato di scri­vere un testo, che l’attualità mi ha spinto invece a scri­vere, come Cette France qu’on oublie d’aimer.

M. L. Clé­ment. – Ci può rac­con­tare come è diven­tato scrittore?

A. Makine. – Biso­gne­rebbe scri­vere un libro intero per rac­con­tare la nascita di una voca­zione. Rian­diamo per un istante al signi­fi­cato eti­mo­lo­gico di que­sta parola, la vox, la voce che ti parla. Non nel senso che si sen­tano delle voci e che ne si venga illu­mi­nati. La chia­mata viene lan­ciato da realtà incon­fu­ta­bili, a cui si pensa senza pen­sarci, pur pen­san­doci: l’eroe, la morte, la bre­vità della vita, la fuga­cità del nostro essere, la sof­fe­renza, la morte dei nostri cari, il Male, il Bene, insomma, tutti i grandi inter­ro­ga­tivi che si pone l’umanità e che esi­gono una rispo­sta da parte nostra. E biso­gne­rebbe tro­vare un modo appro­priato per rac­con­tare tutto que­sto in modo non sco­la­stico, né oscuro, né alam­bic­cato. Tro­vare un lin­guag­gio sem­plice per dire la morte, l’eroe, la sof­fe­renza, il Bene, il Male ecc. E così, senza star lì ad archi­tet­tare la cosa, si ritorna a que­sto, ai grandi sistemi filo­so­fici, per par­lare in modo esatto.

M. L. Clé­ment. – Non ha vera­mente rispo­sto alla mia domanda. Come sono comin­ciate le cose? Com’è che è diven­tato scrittore?

A. Makine. – Sì ma, vede, io sono stato tal­mente tante cose. Lei avrebbe potuto chie­dermi, com’è stato com’è che a dodici anni è diven­tato un fac­chino in un mer­cato kol­ko­ziano, o un pastore e poi un sol­dato e così via. A un certo punto ho pen­sato di voler diven­tare uno spor­tivo di pro­fes­sione. Siamo tutte que­ste facce. Nabo­kov era un pro­fes­sore uni­ver­si­ta­rio. Que­sta era la sostanza del suo essere, della sua voca­zione? Forse un modo per sbar­care il luna­rio, come sono stati per me i mille mestieri che ho fatto.

M. L. Clé­ment. – Glielo chiedo per­ché, prima, lei è stato uno stu­dente uni­ver­si­ta­rio e ha scritto una tesi di dot­to­rato e degli arti­coli di cri­tica let­te­ra­ria. Forse avrei dovuto porre la domanda in modo diverso e chie­derle come lei è diven­tato un romanziere.

A. Makine. – L’analisi let­te­ra­ria è un aspetto sus­si­dia­rio rispetto alla crea­zione let­te­ra­ria. Imma­gi­niamo un cam­pione di For­mula 1 che, per esem­pio, s’interessi anche di mec­ca­nica. Que­sto gli dà qual­cosa. Cono­sce meglio il motore, come fun­ziona, i suoi limiti, ma non rim­piazza il suo talento di pilota. Un giorno, forse, quando avrà perso il suo ingag­gio, potrà sal­tare dall’altra parte e diven­tare un mec­ca­nico. Suc­cede lo stesso con la voca­zione letteraria.

M. L. Clé­ment. – Come scrive un romanzo, che è poi quello che lei fa, soprat­tutto. Ecco, vor­rei sapere come nasce un romanzo di Andreï Makine. Parte per prima cosa dall’idea di un per­so­nag­gio? O c’è una sto­ria che le parla, al principio… ?

Intervista realizzata da Marie Lucie Clément per Le Nouvel Observateur.

01/10/12

Scoperti in Israele 15 disegni di Hermann Hesse.





Una quindicina di disegni dello scrittore tedesco Hermann Hesse (autore, fra l'altro di 'Il Lupo nella Steppa' e 'Siddharta') saranno esposti fra due settimane dalla Biblioteca nazionale israeliana di Gerusalemme dove sono stati scoperti dopo un oblio di decine di anni. 

Lo riferisce il quotidiano Haaretz, secondo cui le illustrazioni accompagnano una delle numerose stesure di Hesse della favola d'amore 'Metamorfosi di Pictor': quindici pagine in tutto, che pure saranno presentate al pubblico. 

Secondo il giornale, nel 1932 Hesse dedico' il volumetto a un ebreo tedesco di nome Menachem Weitz. Di lui sono rimasti scarni elementi biografici: a quanto pare si era trasferito a Gerusalemme dove viveva di agricoltura.

Nel 1943 la favola di Hesse raggiunse la Biblioteca di Gerusalemme: la' fu registrata a matita, ma non catalogata. 

Solo di recente e' stata recuperata da un ricercatore specializzato in letteratura tedesca e sara' esposta nel 50.mo anniversario della morte del celebre scrittore. 

Haaretz aggiunge che altri disegni sconosciuti di Hesse (datati 1927) sono stati intanto ritrovati in Israele nell' archivio del filosofo ebreo-tedesco Martin Buber. 

30/09/12

La poesia della Domenica - (pensato in disparte) di Mario Luzi.






(pensato in disparte)


E' mite il ghirigoro
           d'aria e di luce
che accompagna
           al suolo
la resa delle foglie
sui viali lungo il fiume.
Perché mi introduco in quel deliquio?
perché rompo, persona,
il muto canto?
           Sarebbe
Senza me uniforme,
pieno, invasato della propria inopia,
festoso.
           Così scende
la vita, scende incontrastato,
pare, il suo sfacelo
a rigenerarsi nella morte
per il dopo, per il principio.


Mario Luzi,  da La parola e il ritratto, Aragno, 2006, pag.58

28/09/12

Vermeer a Roma: una mostra imperdibile.




La mostra "Vermeer, ilsecolo d'oro dell'arte olandese", fino al 20 gennaio 2013 alle Scuderie del Quirinale, offre al pubblico la prima grande esposizione mai realizzata in Italia dedicata al massimo esponente della pittura olandese del XVII secolo, uno degli autori piu' amati in assoluto dal grande pubblico. 

Organizzata dall'Azienda Speciale Palaexpo e coprodotta con MondoMostre, la mostra e' a cura di Arthur K. Wheelock, Curator of Northern Baroque Paintings, National Gallery of Art di Washington, Walter Liedtke, Curator of European Paintings, Metropolitan Museum of Art di New York e Sandrina Bandera, Soprintendente per il Patrimonio Artistico Storico, Artistico ed Etnoantopologico di Milano. 

Johannes Vermeer (1632 - 1675, Delft) dipinse non piu' di 50 quadri nella sua vita (oggi se ne conoscono solo 37, ma solo una parte di questa sono di certa attribuzione). 

Conoscitore e mercante d'arte si considerava soprattutto un pittore.

Lavoro' solo su commissione e non dipinse mai piu' di due o tre opere l'anno, il necessario per mantenere la moglie e gli undici figli: oggi e' considerato tra i piu' grandi pittori di tutti i tempi, certo uno tra i piu' conosciuti diventato personaggio di culto con dipinti-icone che hanno ispirato scrittrici, come Tracy Chevalier autrice del best seller "La ragazza con l'orecchino di perla", e registi di Hollywood. 

Delle opere di Johannes Vermeer riconosciute autografe, nessuna appartiene ad una collezione italiana. 

Solo 26 dei suoi capolavori, conservati in 15 collezioni diverse, possono essere movimentati. 

Negli ultimi cento anni sono state 8 le grandi mostre su Vermeer e solo 3 hanno ottenuto in prestito piu' di 4 capolavori dell'artista: nel 1996 alla National Gallery of Art di Washington, in seconda tappa al Mauritshuis dell'Aja, nel 2001 al Metropolitan Museum of Art di New York e nel 2003 in Spagna al Museo del Prado che, come l'Italia, non ha opere dell'artista di Delft, ma riusci' a riunirne 9. 

Otto i Vermeer presenti nell'esposizione romana, dalle donne "ideali" alla celebre Stradina, affiancati da cinquanta capolavori degli artisti suoi contemporanei, icone della pittura olandese del secolo d'oro, tutti accomunati da una particolare abilita' per le diverse tecniche di rappresentazione della luce su materiali e superfici differenti.

Il visitatore potrà non solo avvicinare il genio artistico di Vermeer, ma anche capire come l'opera del maestro si rapporti con gli artisti olandesi: gli interni di Vermeer, per esempio, spesso rimaneggiati nelle decorazioni e pieni di oggetti non citati nell'inventario dei beni presenti nella casa in cui viveva, sono frutto d'invenzione o presi in prestito da altri, e dipinti sulla tela in uno spoglio sottotetto. 

27/09/12

'Io so chi sei.' Quello che noi desideriamo e temiamo (sentirci dire).






Io so chi sei. 

Per tutta la vita, in fondo, rincorriamo qualcuno (un amante focoso, un amico, un compagno, uno sposo) che possa dirci - credibilmente questa frase guardandoci negli occhi. 

E' il segno di una intimità che un tempo abbiamo sentito pronunciare dall'essere umano che biologicamente ci ha prodotto e che forse è l'unico ad avere i titoli giusti per pronunciare questa frase: nostra madre. 

Chi può dire di conoscerci veramente se non chi ha prodotto biologicamente il nostro sangue, le ossa, i tessuti, le stesse nostre connessioni cerebrali ?

Per tutta la vita cerchiamo dunque qualcuno in grado di emulare questa capacità di introspezione: brameremmo di essere trasparenti, di poter essere guardati - con sguardo compassionevole - senza bisogno di tutta quella fatica che serve normalmente per far partecipi gli altri del nostro mondo interiore: parole, discorsi, gesti, condivisioni, sempre con la paura di essere fraintesi, di non essere mai capiti del tuto, mai compresi e mai - in definitiva - amati. 

Allo stesso tempo questa frase che bramiamo ascoltare, ci terrorizza.  Chi ci conosce bene, chi sa chi sono potrebbe e può utilizzare le mie fragilità scoperte, le mie ombre, le mie magagne. Farmela pagare, farmi soffrire. 

Per questo l'affidamento agli altri è così difficile. 

Per questo quella frase preferiamo - in fondo - non sentirla mai. Se no magari, nel segreto di un alcova e nello scambio e momentaneo di altre intimità biologiche. 

Preferiamo non sentirla, ci rinunciamo, esausti ci adagiamo - mentendoci -  nella rassegnazione che ciascuno è estraneo all'altro e che nessuna conoscenza dell'altro è mai, fino in fondo, possibile. 

Fabrizio Falconi

nella foto in testa: Charlton Heston è Mosè nei "Dieci Comandamenti", Drive-in theater, Utah, 1958.

26/09/12

Giochiamo insieme: racconta il libro, lo spettacolo, il film che ti ha cambiato la vita.





  Ieri su  questo Blog ho raccontato la mia prima esperienza di shock - nella fattispecie uno spettacolo teatrale al quale ho assistito quando avevo 15 anni - che cambiò il mio modo di vedere le cose della vita.

  Mi piacerebbe che anche voi partecipaste a questo giochino, dicendo quale è il libro, o il film, o lo spettacolo (una rappresentazione d'opera, uno spettacolo teatrale) e spiegando, in poche (o molte) parole perché. 

  Vi pregherei soltanto di utilizzare il form per i commenti qui sotto, predisposto da Fb (per chi ha l'utenza Facebook) oppure i commenti al blog tradizionali. 

  Alla fine avremo, credo, un bel catalogo  !

  Grazie a tutti. 

Fabrizio 

25/09/12

Dostoevskij - il primo shock emotivo/culturale della mia (giovane) vita.




Voglio raccontarvi la prima vera illuminazione della mia vita. Avevo 15 anni, ero un ragazzo qualsiasi, proveniente da una famiglia operaia, frequentavo il secondo Liceo scientifico.  

Una professoressa particolarmente illuminata, o forse solo il caso - non ricordo bene i dettagli - decise di portare una scolaresca di immaturi foruncolosi a teatro. 

Fu scelto il Teatro Centrale, a Roma, vicino Piazza del Gesù.  Giorgio Albertazzi metteva in scena 'Uomo del sottosuolo', tratto da Ricordi dal sottosuolo romanzo scritto da Fedor Dostoevskij nel 1864.

Non era la prima volta che vedevo un nudo femminile integrale a teatro. L'anno prima, nella palestra del Liceo Castelnuovo, che frequentavo all'epoca, si erano esibiti, durante la settimana autogestita degli studenti, i ballerini del Living Theatre.

Poco o nulla accadde su quella scena, abitata semplicemente da un grande letto matrimoniale disfatto, dal protagonista avvolto in un camicione bianco e da Liza, la prostituta sedotta - con la illusione di cambiarle la vita - dal protagonista, che successivamente la umilierà nel peggiore dei modi.

Non so ricostruire il perché e il come, ma l'assistere a quello spettacolo fu per me - che ne parlo a tanti anni di distanza - una iniziazione, l'entrare cioè in un mondo sconosciuto: che era appunto me stesso.

Tornato a casa, provai una sensazione di malessere fisico. Una crisi profonda che mi impedì anche solo di parlare per tre giorni.  L'unica cosa che mi riuscì di fare fu di riempire un vecchio diario di pensieri sconnessi, quelli che sentivo emergere da una profondità remota e forse preesistente che mi abitava e della quale non ero mai stato cosciente.

Visto a ritroso, posso dire oggi che quello fu ufficialmente il mio ingresso nell'età adulta: un ingresso doloroso, fatto di consapevolezza e di dolore (soprattutto di dolore fisico, in ogni angolo del mio corpo), di raggiungimento di nuovi strati sconosciuti interiori che mi attraevano e mi spaventavano.

Fu l'ispirazione per prendere in mano Delitto e Castigo. E poi, uno dopo l'altro, tutti i grandi romanzi di D. che nella lettura e rilettura hanno segnato i momenti significativi della mia vita e della mia crescita.

Dostoevskij mi insegnò la brutalità e la sublime bellezza della profondità umana, di ogni profondità umana, anche della più apparentemente meschina. Mi insegnò che in ogni uomo vi è un abisso, popolato di tetri fantasmi che neanche lui conosce e che spesso decidono della sua vita, e mi insegnò che la bellezza salva, o può salvare, se si è capaci di affrontare con pienezza la vita, attraversandone l'ombra e non lasciandosene travolgere e sopraffare per sempre.

E' quello che ho cercato di fare, faticosamente,  nel mio percorso di vita, fin qua.



foto originale di Uomo del Sottosuolo di e con Giorgio Albertazzi - foto l'Unità.

24/09/12

Krishamurti in Italia (la testimonianza di Vanda Scaravelli).




Jiddu Krishnamurti transitò diverse volte nel nostro paese. 

Nel 1966, quando l’amica italiana Vanda Scaravelli - era figlia di Alberto Passigli, aristocratico proprietario terriero, e personaggio molto in vista nella società fiorentina e moglie del marchese Luigi Scaravelli, professore di filosofia all’Università di Roma – lo portò in Italia per la prima volta, registi cinematografici (Fellini, Pontecorvo), scrittori (Moravia, Carlo Levi), musicisti (Segovia, Casals) fecero a gara per incontrarlo. 

Ma Krishnamurti non si lasciò coinvolgere dai riti mondani e non cambiò il suo semplice sistema di vita, apparentemente completamente alieno dai bisogni e dai desideri umani.

Continuò a passare gran parte delle sue giornate in meditazione, o studiando o scrivendo, o incontrando persone che volevano conoscerlo. 

Continuò, allo stesso modo, anche quel doloroso processo, che a tratti si impadroniva di lui e lo portava in uno stato di estasi e di distacco dal mondo, del quale la stessa Scaravelli (1) fu più volte testimone, e che così descrive nei suoi appunti: 

Dopo colazione stavamo conversando. In casa non c’era nessuno. Tutt’a un tratto K. svenne. Ciò che accadde a questo punto non si può descrivere, poiché non ci sono parole per darne minimamente un’idea: ma è anche qualcosa di troppo serio, troppo straordinario, troppo importante per essere lasciato nel buio, sepolto nel silenzio o tralasciato. Nel viso di K. ci fu una trasformazione. I suoi occhi divennero più grandi, vasti e profondi, ed ebbero uno sguardo sovrumano, che andava al di là di ogni spazio possibile. Fu come se ci fosse una presenza, un potere appartenente ad un’altra dimensione. C’era una inspiegabile sensazione di vuoto e di pienezza al tempo stesso. (2) 

I contorni di questo dove, di questa altra dimensione furono lasciati dallo stesso Krishnamurti sempre incerti. Non accettò mai di rispondere in modo preciso a ciò che avveniva durante quegli stati di coscienza che duravano anche giorni interi. Ma sempre, nei suoi discorsi, emerse chiaramente che si sentiva abitato o protetto da una volontà e da un verità superiore. Anche se Dio è una parola che Krishnamurti usò con incredibile parsimonia, proprio perché considerava quello che gli uomini descrivono come Dio una ulteriore prigione mentale, un pre-giudizio, uno schema di cui liberarsi, se si vuole arrivare davvero al centro autentico della verità.

1. Vanda Scaravelli, scomparsa nel 1999 è stata a sua volta insegnante di Yoga e di meditazione profonda, fino all’età di 80 anni, con all’attivo numerosi saggi. 
2. citazione tratta da Mary Lutyens, La Vita e la Morte di Krishnamurti, Ubaldini, 1990, Roma, pag.128.



Vanda Scaravelli in esercizio yoga. 


Fabrizio Falconi (C) riproduzione riservata

23/09/12

La poesia della domenica - "Un rinnegato delle proprie mani" di Rainer Maria Rilke.




Un rinnegato delle proprie mani,
e dimenticato come un animale morto, -
e molte resistenze altrui,
E la rivolta in me contro di me.
Che da questo possa venire
qualcosa di nuovo, vero e grande -
oh, infinitamente pavido è il mio cuore,
più spaurito del sogno e del talismano.
Come se non mi fosse alleata,
la vita è ogni giorno in rivolta
e ancora ricordo come da fanciullo
volessi allontanarmi da lei, verso le distese...
E negli anni tutto è rimasto
come, quando, sgomento, iniziai,
sconsolato e triste chi mi ama
e le lontananze mi guardano crudeli.
E vado, non so che fare
ho dimenticato quanto ero venuto a dire;
tutti vogliono ch'io diventi
un guerriero, mentre sono uno sposo...


Rainer Maria Rilke, 17 novembre 1902, tratta da Diario di Parigi, traduz. di Andreina Lavagetto, Einaudi, 2003, pag. 37

22/09/12

Contro il "Pensiero-Corto" dominante.




Penso che sarebbe ora di scrivere un Manifesto contro il Pensiero-Corto. 

Sarà forse dovuto alla mutazione antropologica causata da quella digitale - il fatto che ormai siamo tutti chiamati a pensare in poco, in meno, in sottrazione - ma sembra essere scomparso dall'orizzonte una delle caratteristiche più nobili del pensiero umano: quella di ragionare per sistemi, in grande e in alto e senza esclusioni e preconcetti anche - e soprattutto - di fronte a quello che non comprendiamo.  

E' difficile farlo in un mondo che ti chiede di scrivere - anzi di cinguettare -  in 140 caratteri quello che ti preme nelle meningi. 

Difficile farlo nelle vite sempre più 'a pezzi'  (ricordate l'Harry di Woody Allen ?) frammentate tra mille e apparentemente inutili esigenze di timbrare la nostra presenza in vita (digitale). 

Eppure, a maggior ragione non bisognerebbe rinunciare ad esercitare un pensiero lungo, un pensiero che vada oltre i miseri tracciati delle istanze e dei pregiudizi mentali . 

Il Pensiero-Corto continua ad essere sempre mortificante per chi lo pratica.

Se ne ha un esempio eloquente nel modo limitato in cui spesso si sente liquidare l'indefinito, il misterioso, il non spiegato, il non evidente.

Ci sono molte cose intorno a noi che non comprendiamo e che funzionano. Si pensi al principio omeopatico nel campo medico: nessuno sa come funzioni, però pare proprio che funzioni visto che 300 milioni di persone nel mondo ne fanno uso (11 milioni in Italia).

Anche l'effetto placebo funziona (esistono ormai moltissimi studi che lo dimostrano) e nessuno sa perché.

Eppoi funzionano anche spesso i sogni e le premonizioni o l'intuito quando si sceglie o si respinge qualcuno.

Ma tutto questo il Pensiero-Corto lo chiama 'casualità'.

E' il sintomo di una pigrizia, di una impotenza del pensiero che - se si vuole restare umani - bisognerebbe fare di tutto per combattere, in tutti i campi.

Come scrive C.G. Jung: A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi.  (Liber Novus, Libro Rosso, Bollati Boringhieri, 2011, pag.308).

Fabrizio Falconi

in testa : Men Asleep on a Girder, 20 settembre 1932

20/09/12

Resterà un mistero la fine di Garcia-Lorca.




Non si indaghera' piu' sulle spoglie del poeta Federico Garcia Lorca. 

La terza sezione istruttoria del Tribunale di Granada ha archiviato il procedimento giudiziario aperto sulla richiesta di esumazione della fossa comune di Alfcar (Granada), dove sarebbero sepolti i resti del poeta granadino, del maestro Dioscuro Galindo e dei toreri Francisco Galadi' e Joaquin Arcollas, fucilati con lui. 

L'archiviazione avviene dopo che il Tribunale Supremo aveva confermato, nel marzo scorso, che fossero i Tribunali territoriali ordinari competenti a indagare sulle fosse del franchismo, nel risolvere la controversia sull'attribuzione delle competenze, aperta dall'inchiesta intrapresa dall'allora giudice dell'Audiencia Nacional, Baltazar Garzon. 

Nel provvedimento di archiviazione, citato dall'agenzia Efe, il giudice istruttore, Aurora Fernandez, sostiene che "i fatti in oggetto non costituiscono piu' reato", in quanto prescritti in base all'art. 9 della Costituzione sulla non retroattivita' dell'azione penale, e alla Legge di Amnistia del 1977. In base alla denuncia presentata a suo tempo da 22 associazioni di familiari di scomparsi nella Guerra Civile (1936-1939) e durante il franchismo, l'ex magistrato dell'Audiencia Nacional, Baltazar Garzon, ipotizzo' il reato di sequestro e detenzione illegale ancora in atto, come crimine contro l'umanita' e, pertanto, non soggetto a prescrizione. Una tipificazione sbagliata, secondo la sentenza del Tribunale Supremo, che comunque ha assolto Garzon dall'accusa di prevaricazione.

Nella foto in testa, Garcia Lorca con la sorella minore Isabel, 1914.

19/09/12

Gli ultimi giorni e la morte di Federico Fellini.




Ero tra i cronisti che seguirono gli ultimi giorni di Federico Fellini.

Il Maestro nel mese di giugno del 1993, aveva subito un intervento in Svizzera per la riduzione di un aneurisma dell'aorta addominale. Nell'agosto seguente, due mesi dopo, il primo ictus a Rimini, dovuto a complicazioni trombo-ischemiche post operatorie.  Fellini cominciò un periodo di riabilitazione (esistono anche foto che testimoniano la sua riscoperta del disegno manuale), ma nel pomeriggio della domenica 17 ottobre viene ricoverato nuovamente a Roma, per un nuovo ictus, seguente a una disfagia indotta da un frammento di cibo che aveva ostruito la trachea. 

Fui tra i primi ad arrivare, la sera del 17 ottobre al Policlinico Umberto I.

E soltanto il giorno dopo si scatenò quel circo che - in altre circostanze -  avrebbe molto divertito il Maestro e che per molti versi sembrava proprio il set ideale per uno dei suoi film. 

L'agonia durò 14 giorni.  Per quel che se ne sa, Fellini rimase sempre incosciente. 

Ho ricordi molto vivi di quei giorni.  I bollettini medici letti dai medici di turno ai giornalisti, la visita di Ettore Scola e di Franco Zeffirelli il martedì 19 ottobre, gli unici due colleghi a mostrarsi in visita.    I due amici e collaboratori di sempre Maurizio Mein e Roberto Mannoni, fissi sulle panche fuori del reparto di terapia intensiva a fare da raccordo fra la famiglia e l'ansia da notizia dei cronisti. La leggenda dei sotterranei del Policlinico, che consentirono a Giulietta Masina e a molti altri di passare inosservati, schivando i giornalisti. Uno dei più assidui fu il Cardinale Achille Silvestrini, amico personale di Fellini. 

I molti ammiratori, di tutte le età, come quel ragazzo - accompagnato dalla madre, una donna corpulenta dalla pettinatura bionda tinta - che cercò di convincere fino alla fine gli infermieri a lasciarlo entrare: teneva in una busta di plastica un walkman con una musica miracolosa che avrebbe "risvegliato" il Maestro. 

L'orrendo episodio che vide coinvolti alcuni paparazzi - che terribile nemesi per il regista de La Dolce Vita ! - i quali riuscirono proditoriamente, intrufolandosi nel reparto di notte, a scattare alcune foto a Fellini sul letto di morte, intubato, cercando di piazzarle al miglior offerente (impresa che poi fortunatamente non riuscì).   

I collegamenti degli inviati e delle televisioni di tutto il mondo, l'ospedale trasformato in una specie di palcoscenico per la diretta TV.

Ci furono molte cose singolari, in quei giorni. Soprattutto per chi conosceva, aveva familiarità con la passione sempre nutrita in vita da Fellini per l'occulto, per la psicologia, la para-psicologia e per i fenomeni di sincronicità junghiana. 

Una cosa che impressionò non poco fu l'oltrepassamento della data del 30 ottobre. Era la data in cui si celebravano le nozze d'oro: 50 anni del matrimonio con Giulietta Masina. 

Fellini morì proprio il giorno dopo, domenica 31 Ottobre poco prima dell'ora di pranzo.

La camera ardente - prima di quella scenografica nel suo Studio 5 a Cinecittà, dove sfilarono migliaia di persone - fu allestita all'Ospedale. Il primo ad entrare fu il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. 

Lunedì 1 Novembre, la chiusura e il trasporto della bara a Cinecittà. 

L'omaggio definitivo, nel luogo preferito della sua creazione, proprio il 2 novembre, giorno dei Morti. Coloro che, in fondo, Fellini non aveva mai smesso di interrogare, da Otto e mezzo a La voce della Luna.  Ora anche lui ne faceva parte.

I funerali furono celebrati mercoledì 3 Novembre nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, con Giulietta che salutò piangendo a dirotto la bara, con il rosario stretto tra le mani.  

Un addio comunque in grande stile, preludio di quel grande vuoto lasciato, che ancora oggi occupa il centro della scena della cultura nel nostro paese. 

Fabrizio Falconi

18/09/12

Homeland - Una serie tv "dostoevskiana."




Avrà pensato a Dostoevskij lo sceneggiatore israeliano Gideon Raff che ha inventato la serie Hatufim, negli USA tradotta come Prisoners of War, che poi il canale americano Showtime ha realizzato nella nuova versione per il mercato USA e occidentale (in Italia è trasmessa dai canali Fox e Cielo).

L'interminabile messe di premi ricevuta da questa serie si giustifica con l'originalità dell'assunto e con la qualità del prodotto - che significa livello degli interpreti, messa in scena, sceneggiatura impeccabile, senza sbavature, senza nessuno di quegli effetti/orpello che di solito appesantiscono le serie tv.

Homeland parte da uno spunto molto semplice:  Nicholas Brody, un sergente dei Marine ritenuto scomparso in azione nella guerra d'Iraq, viene liberato dopo otto anni di prigionia. Una volta ritornato a casa, l'intera nazione lo elegge immediatamente eroe di guerra; Carrie Mathison, un'analista della CIA, è l'unica a credere che in realtà egli rappresenti una seria minaccia per il Paese: venuta a conoscenza del fatto che uno sconosciuto prigioniero di guerra americano era passato al servizio di al-Qaida, Carrie ritiene che quel prigioniero sia proprio Brody.

Qui siamo però ben oltre la nota paranoia americana sul nemico invisibile che minaccia la nazione, e oltre il noto stereotipo dei politici (americani) corrotti che cinicamente sfruttano queste paranoia.  

Ciò che interessa Raff e gli sceneggiatori americani sono i personaggi.  

Homeland è interamente giocata sul tema della ambiguità umana - come si vede anche dall'eloquente trailer qui sopra.   Chi tradisce ? Chi dice la verità ? Chi è contemporaneamente innocente e colpevole ? Chi si illude ? Chi crede a quel che vede ? E più in generale: dov'è il male e dove il bene ?  Chi è 'buono' può fare il male ? Chi è 'cattivo' può fare il bene ?

Homeland indaga - senza compiacimenti e senza sporcature - l'abisso del cuore umano.  Interroga profondamente lo spettatore su cosa resta, alla fine, all'estremo, nel cuore di ciascuno di noi al netto di tutti gli infingimenti, i mascheramenti, le auto-giustificazioni che ciascuno di noi si dà nel corso della propria esistenza.

Fabrizio Falconi


17/09/12

Radio: "Eta beta", una nuova imperdibile trasmissione.




Eta Beta come il curioso personaggio dei fumetti arrivato dal futuro, con la testa grossa e il corpo snello, metafora di tutti coloro a caccia delle idee che stanno cambiando il mondo. 

Ma anche come “età della beta”, il nome della versione di prova che gli innovatori lanciano nella rete per testare le loro idee creative. 

O come la seconda lettera dell'alfabeto greco, che segna l'avvio di un nuovo inizio. 

Eta Beta e’ il nuovo programma di Radio1, ideato e condotto da Massimo Cerofolini, in onda il sabato alle 23.35, con il podcast in mp3 sul sito www.etabeta.rai.it, dedicato ai fermenti innovativi che si stanno affermando in tutti i campi: dal web alla scienza, dall’economia alla societa’, dalla cultura al linguaggio, dal cibo alla spiritualità, dallo sport al tempo libero.

In ogni puntata, l'analisi sulle dinamiche dei mutamenti in corso, le occasioni e i chiaroscuri, le difficolta’ di gestire i ritmi con cui cambia la vita intorno a noi. 

Spazio soprattutto alle voci dei giovani creativi, alle start up che propongono servizi e modalita’ nuove del vivere, alle esperienze di condivisione e comunione, a tutti coloro che cercano di comprendere quale umanita’ stia nascendo da questa grande trasformazione. 

Nella prima puntata l’approfondimento è sulle nanotecnologie, al centro della Conferenza mondiale sulle scienze aperta domenica 16 settembre a Venezia, con i fisici Roberto Cingolani, Alessandro Patelli e Andrea Di Falco, ricercatore della “materia invisibile”. Si parla anche della “Social media week” di Torino e del nuovo social network Path, l’antifacebook che limita gli amici a un numero ristretto, con il filosofo della scienza Maurizio Ferraris.

Infine la start up in primo piano è risparmiosuper.it. Per restare informati e ricevere i file audio tutte le settimane c'è anche un profilo facebook, accessibile dal sito del programma.