Ho visto, in giro per Roma, il giorno dei funerali di stato di David Sassoli, i manifesti affissi da un partito politico, con una grande foto e l'unica scritta che campeggiava: "Addio David".
Mi è venuto da pensare che la scelta di quella parola - "Addio", non "Arrivederci" o "Ciao" - deve essere stata motivata dal ribadire la fedeltà a un concetto laico della vita terrestre. La parola "Addio" infatti, nella accezione corrente, indica una separazione definitiva, il punto in cui qualcosa finisce, la storia comune si divide, senza nessuna certezza, né concreta speranza di rivedersi.
In realtà l'uso corrente di questa parola, e del saluto che indica, grazie alla sua contrapposizione con "Arrivederci", molto usato nella lingua italiana (e nell'equivalente francese "Au revoir" e tedesco "Auf Wiedersen" mentre non esistente in questo significato nella lingua inglese che ha "Goodbye"), ha snaturato l'etimologia stessa della parola, che invece nel senso originario della lingua italiana, evoca, nel momento del saluto, una terza presenza, tra chi saluta e chi parte, che è quella dell'Altissimo.
L'etimologia di "Addio" infatti sta per la frase "Vi raccomando a Dio" che si usava nel prendere commiato e nel salutarsi amichevolmente.
Si trattava insomma di "rimettere alla volontà di Dio" - Ad-Dio - la possibilità di ri-incontrarsi e rivedersi con chi amiamo, in questa come nell'altra vita.
Insomma, non vi era nell'antica accezione, quel significato "definitivo" che oggi largheggia, quando usiamo la parola "Addio".
Proprio perché oggi, quando speriamo o contiamo di rivedere qualcuno - presto o tardi - e di poterlo riabbracciare, usiamo "Arrivederci" - A - rivederci.
Sembra insomma che il pragmatico uso della lingua inglese - un "Goodbye" che vale sia come "ciao" (ci rivediamo, non si sa quando), che "addio" (non si sa se e quando ci rivedremo"), abbia contagiato anche i linguaggi moderni latini.
Oggi chi non crede all'eventualità di una oltre-vita, di una vita di qualunque tipo essa sia, oltre la morte, usa la parola "Addio".
Chi crede in qualche forma di sopravvivenza o nella resurrezione cristiana, usa più facilmente l'Arrivederci.
Tutto dipende dalla percezione umana del distacco.
Durante la cerimonia pubblica delle esequie di David Sassoli - la cui scomparsa ha suscitato una estesissima commozione e partecipazione nel paese - si sono ascoltati interventi diversi tra chi ha voluto ricordarlo.
La cerimonia dei saluti, o il valzer degli addii (come lo chiamerebbe forse Kundera), si ferma di fronte alla totale ignoranza che aspetta l'uomo di fronte al suo destino post-mortem.
In fondo un saluto, qualunque saluto, e in qualunque forma - come ci hanno insegnato i padri romani - è l'augurio a qualcuno che amiamo di "stare bene", di stare in "salute" e quindi in felicità, non essendo altro che - il saluto - il participio passato del verbo "salvere", ovvero "star sano".
E' esattamente l'augurio che ciascuno che ha amato David Sassoli in vita, si sente di fargli, ora che è morto: di "stare comunque bene", di "essere comunque felice", nel luogo o non-luogo dove si trova o non si trova ora.
Fabrizio Falconi
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.