La Casa Museo Hendrik Christian Andersen, a Roma, è dedicata a un artista interessante da vari punti di vista, il cui legame con la capitale d’Italia fu fortissimo.
Nell’Urbe, Andersen – norvegese di Bergen, classe 1872 – si stabilì intorno ai vent’anni, proprio in questo magnifico palazzo liberty, “Villa Hélène”, che fungeva da sua abitazione e studio d’arte. Lo scultore decise che dopo la propria morte il palazzo e la collezione di statue da lui realizzate sarebbero diventati di proprietà dello Stato italiano. Così dal 1978 l’edificio è aperto al pubblico.
Lo studioso Fabrizio Falconi spiega che la complessa personalità di Andersen conteneva elementi di megalomania, come si può osservare anche dalle dimensioni delle sue sculture, e di idealismo
.
Andersen, continua Falconi, aveva studiato arte nelle più prestigiose scuole europee e, durante le molte ore passate ad analizzare le opere dei più grandi maestri, aveva maturato la convinzione che solo l’arte potesse salvare l’umanità, minacciata in quegli anni da conflitti spaventosi e guerre mondiali. Vagheggiava la realizzazione di una grande città mondiale, una sorta di capitale planetaria dell’arte e della cultura, in grado di trasmettere agli uomini ideali di pace e armonia, già inseguiti prima di lui da grandi geni delle discipline più disparate
.
A Roma Andersen incontrò Henry James, il grande scrittore, più vecchio di lui di circa trent’anni
, col quale stabilì un legame strettissimo, ricordato da numerose lettere che testimonierebbero come tra i due vi fosse una forte attrazione e un grande coinvolgimento sentimentale
(F. Falconi, “Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma”, Newton Compton, Roma 2013)
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