Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti.
100 film da salvare alla fine del mondo: 26. "America Oggi" (Short cuts) di Robert Altman (1993)
Il grande successo ottenuto dal film precedente, I protagonisti, presentato al Festival di Cannes nel 1992 dove ottenne il premio per la Miglior Regia e per la migliore interpretazione maschile al protagonista, Tim Robbins, consentì a Robert Altman, nel 1993 di realizzare un precedente progetto che gli stava molto a cuore, Shurt Cuts - tradotto con la solita superficialità italiana "America oggi" - tratto dagli scritti del grande poeta e narratore Raymond Carver.
Il film si apre su Los Angeles, oggi: minacciosi elicotteri sorvolano la città. In realtà stanno soltanto spruzzando a pioggia un insetticida contro la mosca mediterranea.
Lì sotto, sotto il cielo di Los Angeles, vengono raccontate le vite di una trentina di personaggi che si incrociano parzialmente e in modo impalpabile.
Il vero fil rouge di queste vite e del loro svolgersi è da un lato la televisione, dall'altra la musica, classica e blues.
Uno dei piloti degli elicotteri è separato dalla moglie, la quale tesse una relazione con un poliziotto, padre di tre figli.
Doreen, cameriera in un bar e Earl, tassista ubriacone si amano tra urla e litigi.
Lois Kaiser, mentre sbriga le faccende di casa e accudisce i figli, presta la voce ad una "hot line" erotica.
Tre amici, a pesca sui monti, scoprono il cadavere di una ragazza nuda nel fiume e solo al ritorno dalla loro battuta di pesca, di ritorno a casa, chiedono aiuto.
Jerry, il marito inibito di Lois, si ripara tra le rocce con una ragazza conosciuta per caso e, preda di un raptus, la uccide con una pietra.
Zoie, la suonatrice di violoncello, carattere ipersensibile, alla notizia della morte dei Finnigan, suoi vicini di casa, si dà la morte in garage.
Intanto una scossa di terremoto fa tremare la terra e la vita di queste figure, che però, subito dopo, continuano a vivere la loro vita come se niente fosse.
Altman, nel suo solito stile sardonico, commentava il film così: "It's a comedy". Naturalmente, c'è una parte di verità perché i toni di America Oggi sono perfino surreali, sembrano staccati dalla realtà, pur rappresentandola con cura quasi documentaristica.
Ma come in tutto il cinema di Altman si respira un'aria apocalittica, finale: il tempo delle grandi storie, dice Altman, è finito, tutto è già stato raccontato, e l'unica storia possibile da raccontare è proprio la fine di tutte le storie.
Il grande regista "solleva il tetto" su storie deprimenti, racchiuse nella povertà di gesti, nella loro ordinarietà, nella mancanza di domande e di struttura psicologica, di gente ormai che più che vivere, si lascia vivere come dentro una stanca risacca, senza nemmeno più riuscire a porsi interrogativi di carattere morale.
Rielaborando il materiale delle storie minimalistiche di Carver, con la sua poesia della ordinarietà, Altman costruisce un grande e perfetto affresco di fine millennio, che in seguito verrà emulato da molti film (con episodi intrecciantisi) primo fra tutti il notevole Magnolia, diretto da Paul Thomas Anderson sei anni più tardi, nel 1999.
Uno straordinario cast di attori nobilita questo capolavoro, insieme alla consueta maniacale cura di Altman per la confezione fotografica, per la messa in scena e per l'assemblaggio della splendida colonna sonora.
Il film vinse il Leone d'Oro nella 50ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Fabrizio Falconi
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