E' giunto a Palazzo Madama il Torsodel Belvedere, la statua greca dello scultore Apollonios che
risale al primo secolo avanti Cristo.
L'opera, che pesa 15
quintali, resterà esposta in Senato da sabato 18 a domenica 26
marzo, al piano terra, in sala Caduti di Nassirya.
Il Torso del Belvedere, opera concessa dai Musei vaticani,
rientra negli eventi organizzati per il sessantesimo anniversariodella firma del Trattato di Roma.
L'ingresso è gratuito e aperto
a tutti.
Si tratta di un'importante opera scultorea che venne studiata a
lungo anche da artisti come Raffaello e Michelangelo, che ad essa
si ispirò per la figura del Cristo giudice della Cappella Sistina
e per la Pietà Rondanini.
Il Torso del Belvedere rappresenta probabilmente la
figura di Aiace Telamonio che medita il suicidio, e intorno ad esso sarebbe sorta anche la
leggenda secondo cui papa Giulio II, sotto il cui pontificato
venne rinvenuta l'opera, avesse chiesto a Michelangelo di
completarla, visto che si presenta mutilata.
L'artista avrebbe
però opposto il suo netto rifiuto, giudicando l'opera troppo
bella per essere alterata.
Si tratta comunque di una delle opere d'arte più importanti al mondo, anche perché porta la firma autografa dello scultore ateniese. Ma non si sa con esattezza dove e quando fu ritrovata. Con ogni probabilità deriva da un bronzo del II secolo a.C. e la sua iconografia, ricostruita secondo diverse testimonianze doveva raffigurare il guerriero con la testa appoggiata alla mano destra e la mano sinistra con la spada levata con cui si toglierà la vita.
Viene citato per la prima volta dal cronachista Ciriaco d'Ancona nel 1435, nella collezione Colonna. Lo acquista poi lo scultore Andre Bregno, e infine, un secolo dopo, arriva in Vaticano.
Ammirato come abbiamo detto da Michelangelo, Bramante lo immagina nel giardino progettato per papa Giulio II.
Sfuggita alle razzie napoleoniche, la statua fu enormemente ammirata dai grandi viaggiatori e artisti come Stendhal e fece da modello a innumerevoli altre opere antiche e moderne.
fonte askanews e Fabio Isman per il Messaggero (13 marzo 2017).
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