Una delle più lucide critiche al pensiero di Martin Heidegger che ha potentemente illuminato e condizionato il pensiero filosofico occidentale del Novecento - da destra e da sinistra, come è stato ed è evidente anche in Italia - è quella formulata da Jeanne Hersch, filosofa svizzera nata nel 1900, e morta novantenne nel 2000, allieva di Husserl, che come è noto fu il maestro di Heidegger. E' davvero molto interessante rileggere oggi questa citazione tratta da Il dibattito su Heidegger: la posta in gioco testo pubblicato dall'editore Carocci nel 2004.
“Nel cuore della filosofia di Heidegger troviamo questa forza, la più viva del suo pensiero, che non è, come è stato detto, la meraviglia di fronte all’essere, ma il disprezzo per tutto quello che non è questa meraviglia, nella sua nudità e sterilità.
Un disprezzo ardente, appassionato, ossessivo per tutto ciò che è comune, medio e generalmente ammesso; per il senso comune, per la razionalità; per le istituzioni, le regole, il diritto; per tutto quello che gli uomini hanno inventato, nello spazio in cui debbono convivere, per confontare i loro pensieri e le loro volontà, dominare la loro natura selvaggia, attenuare l’impero della forza.
Disprezzo globale, dunque, per la civiltà occidentale, cristallizzata in tre direzioni: la democrazia, la scienza e la tecnica - per tutto ciò che, generato dallo spirito dell’Illuminismo, fa assegnamento su ciò che può esserci di universale nel senso di Cartesio, in tutti gli esseri umani.
Tutto questo è vuoto. … Tutta l’epoca è vissuta come superficiale, vana, senza spessore né profondità. Tutto shallow” .
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