Guido Gozzano e il suo 'Viaggio in India' è un volume, edito da Graphofeel, che prende come riferimento la raccolta di articoli scritti dal poeta, massimo esponente del 'crepuscolarismo', per vari giornali italiani, intitolata 'Verso la cuna del mondo, lettere dall'India', nell'edizione di Alida D'Aquino Creazzo del 1984.
Esiste, però, anche una raccolta dell'editore Treves di Milano, datata, invece, 1917.
Questa nuova versione ha rispettato le scelte di Gozzano a livello ortografico: le lettere, infatti, riportano diverse incoerenze che non sono state corrette.
In esse, il poeta ci porta a esplorare con attenzione l'India: le sue strade, la sua gente, i monumenti, i tanti simboli.
E lì, per i disturbi provocati dalla tisi, sono i medici e alcuni cari amici a convincerlo a partire.
Il clima, umido e afoso, si rivela non proprio idoneo alla sua cagionevole salute, ma il fatto di cambiare aria e poter riposare sembrano le condizioni ideali per recuperare.
Affascinato dall'India, che conosce attraverso i libri, dagli ornamenti dei palazzi e dalle parole, il poeta passa da una città all'altra con la curiosità di un bambino e scrive, documentando ciò che vede, una sorta di diario, che traccia la sua permanenza in quei luoghi pieni di fascino, Storia e contraddizioni.
Dal Colle del Malabar, raggiunge le Torri del Silenzio, dove attende il rito funerario che ha, in sé, un qualcosa di macabro e terribile, poiché i cadaveri dei Parsi, considerati benestanti, vengono lasciati appesi a delle gabbie e divorati dagli avvoltoi.
Gozzano rimane colpito dal fatto che le torri siano rimaste intatte nei millenni: tutto è intatto nell'India britanna.
E' naturale il suo continuo porre domande, quel chiedere con una certa frequenza.
Costante è l'alternarsi di momenti di stupore ad altri di sconforto e malinconia. A volte rimpiange l'Italia, come nel capitolo del Natale a Ceylon, in cui pensa alla neve della sua terra mentre lì si ritrova in una piena foresta tropicale, circondato dal coro dei pappagalli e delle scimmie: "Non è gaio il mio Natale, e la flora che mi circonda non è consolatrice, mi ricorda di continuo la spaventosa distanza dalla Patria...".
L'India conosciuta attraverso le letture spesso non possiede affatto le caratteristiche che il poeta incontra, osservando la realtà.
Nessuno dei suoi amici vuole seguirlo a Goa, ma il poeta è spinto ad andarci da un sonetto di De Heredia, poeta francese di origine cubana.
Ecco il legame indissolubile con la poesia, che si trascina con forza nella scrittura di Gozzano: una contaminazione inevitabile, ben radicata.
Tra le pagine, il poeta sceglie di riportare proprio i versi in lingua originale di De Heredia per la Patria lontana. E si arriva, infine, ad affrontare il tema delle caste.
Il poeta si sofferma sugli atteggiamenti e sui comportamenti della gente, li scruta minuziosamente e coglie una suddivisione nel popolo che viene rispettata con rigore.
Anche nel solo fatto di camminare, gli indiani fanno attenzione a rispettare la casta, devono mantenere le distanze prescritte dal diagramma: "Quattro passi tra un bramino e un soldato; due tra un soldato e un contadino; tre tra un contadino e un paria".
E Gozzano precisa proprio questo: "Due cose sono care all'indiano: l'Inghilterra e la sua casta". Una riflessione sull'Islam del 1913 si manifesta con tutto il peso dell'attualità dei giorni nostri, catapultandoci in quella parte dell'India caratterizzata da scarsa vegetazione:
"Si direbbe che l'Islam prediliga, in ogni parte del mondo, le terre desolate, i deserti e le steppe...".
L'India raccontata nel libri, ancora una volta si presenta con un volto diverso, con un'ambientazione che il poeta non si aspettava. Ed è proprio viaggiando che egli tocca con mano la steppa senza fine, con i suoi avvoltoi. Allora la tristezza lo avvolge, con un rimpianto per l'Italia più forte che mai.
Tutto appare senz'anima, fino a quando ritrova una meraviglia unica nel mondo, una bellezza che mozza il respiro e supera le descrizioni dei libri: il Tai-Mahal, mausoleo secolare eretto dall'imperatore Shah-Zehan per la morte inaspettata della sua sposa.
Gozzano si lascia incantare da ciò che vede. E nelle sentenze del Corano che non comprende, percepisce parole dal valore universale, che le religioni di tutta la Terra possono armoniosamente condividere per l'amore che emanano.
Gozzano vive tutto con una forte intensità, non tralascia nulla e, attraverso quello stile crepuscolare che gli appartiene in poesia, rievoca la sacralità delle cose, dagli animali ai luoghi. Vive le diversità di latitudine che influenzano anche le arti, ma non dimentica di far riferimento a ciò che già conosce attraverso i suoi libri.
Quindi, gli appunti di viaggio non sempre sono precisi: scrive di ciò che ha letto e, talvolta, si sorprende della non corrispondenza della realtà con il testo. Costantemente in bilico tra una cauta partecipazione alle cose e un rifugiarsi in se stesso, Gozzano tende a proporre, ma nello stesso tempo vive, uno stato di smarrimento, in cui l'ambiguità si fa presenza insistente. Il sogno è parola dominante in tutta la sua produzione letteraria.
E 'Viaggio in India' è un cammino affascinante, ricco di contrasti, che conferma tutte le perplessità esistenziali che appartengono non solo al poeta.
Guido Gozzano