Negli ultimi
giorni non si era sentita bene. Era ancora piuttosto debole e continuava ad
avere fitte all’addome. Giorgio la convinse a farsi controllare da uno
specialista. Lei ci andò recalcitrante – perché si fidava ciecamente di
Lidia – e alla fine anche la nuova
visita confermò che non c’erano problemi particolari, il viaggio di lavoro a Venezia non era dunque
sconsigliato.
Prima del
convegno, i delegati vennero accompagnati per una prima visita alla Cattedrale
di Santa Maria dell’Assunta, e alla chiesa di Santa Fosca, a Torcello.
Isabella,
insieme a quattro hostess in divisa, li attendeva sul tappeto blu sul molo
dell’isola, mentre cominciava a piovere.
Arrivavano alla
spicciolata accademici e storici dell’arte infreddoliti, insieme a mogli e
compagne, sotto l’ombrello. Isabella stringeva le mani, consegnava l’elegante
cartellina di cuoio, contenente tutte le
informazioni e i gadgets preparati per il convegno.
Lavorò senza
pause fino alle otto. Poi chiamò al telefono la figlia.
Diletta studiava
per un esame, chiusa in casa.
“ Da quando sono
ritornata, non hai avuto un attimo per parlare con me, “ disse alla madre, che
la sentiva giù di tono, con la voce dimessa.
“ Lo so, “
rispose Isabella, “ ma lo sai, questo convegno è la cosa più importante della
stagione, vedrai che quando torno sarò molto più libera. “
“ Voglio
raccontarti delle cose. Anche per me non è facile, sai quanto ci metto ad... aprirmi.
“
“ D’accordo, ma
tu come ti senti, ora ? “
“ Non tanto
bene... Questo viaggio mi ha cambiato, mi sento un’altra, ma anche più
inquieta. Avrei bisogno di spiegarti tante cose, anche riguardo a Nicoletta e a
quello che ha rappresentato questo incontro per me. A quello che ho scoperto
dentro di me. Insomma mi sento un po’ sola adesso. Non sto al massimo,
veramente“
“ Passerà,
vedrai. “
“ E Venezia
com’è ? “
“ Terribile.
Piove e fa freddo. Lavorare così è duro. Noi l’avevamo detto che il periodo era
sbagliato. Bisognava aspettare la primavera. Tuo padre ti ha chiamato ? Quando
torna ?“
“ Non lo so.
Oggi non l’ho nemmeno visto. “
“ Va bene,
adesso devo salutarti .“
Un altro
motoscafo si stava avvicinando al molo. Ne discese un uomo alto e stempiato,
accompagnato da una donna bionda, alta
quasi quanto lui.
“ Michael Husselbaink “, si presentò.
Isabella sulle
prime non lo aveva riconosciuto. Eppure sapeva benissimo chi era: un grande
musicista, del quale aveva apprezzato soprattutto la Suite
per l’angelo - Isabella adorava quel cd, l’aveva comperato
appena uscito, ed era rimasto uno dei suoi preferiti. Due volte era anche
andato a sentirlo suonare dal vivo, quando aveva fatto tappa a Roma insieme al
suo ensemble.
“ Le presento
mia moglie. Siamo arrivati in ritardo ? “
“ Sì, un po’.
Credo che siate gli ultimi, ma la cattedrale dovrebbe essere ancora aperta.
Venite, vi accompagno. “
Salirono a bordo
di una vettura elettrica, che fungeva da navetta, mentre la pioggia continuava
ad abbattersi sulla laguna senza sosta.
Isabella guidò i
due ultimi ospiti dentro la Cattedrale. Husselbaink indugiava tra i banchi,
fermandosi estasiato ad ammirare i mosaici, sembrava conoscere molto bene le
immagini e tutte le interpretazioni cabalistiche. Indicava alla moglie le
figure, traduceva per lei le indicazioni che Isabella forniva diligentemente.
Fermi di fronte
al pronao, restarono a lungo ad osservare il grande mosaico raffigurante la
Vergine.
“Cosa c’è
scritto nella iscrizione, lì sopra ?" chiese Husselbaink, indicando la scritta
in caratteri gotici che correva lungo la cornice dell’abside.
Isabella non era
così preparata. Fece ricorso ad una ragazza, una guida del posto, che lesse ad
alta voce senza indugi l’invocazione in versi latini:
Sum deus atque caro, patris et sum matris imago,
non piger ad lapsum set flentis proximus adsum
fornendo subito
la traduzione della frase:
Sono Dio e uomo, immagine del Padre e della Madre,
dal
colpevole non sono lontano, ma al pentito sono vicino.
Husselbaink
sorrise soddisfatto, tradusse la frase in nederlandese per la moglie,
trascrivendola poi in un quaderno di appunti.
Lasciarono la
cattedrale quando era ormai vuota.
La ragazza
spense le luci e si ritrovarono fuori nel buio quasi assoluto della piazza
antistante la chiesa. Attesero il ritorno della vettura, sotto il porticato.
Isabella e la ragazza da una parte, Husselbaink e la moglie dall’altra,
addossati ad una delle colonne. Isabella percepiva le loro frasi sussurrate.
Finalmente la
navetta tornò a prenderli. Durante il viaggio, il musicista raccontò di aver
accettato l’invito di suonare nella serata di gala del convegno perché
affascinato dai misteri di Venezia, e soprattutto dalle isole, da Torcello e San Michele.
Il
sovrintendente Loredan seduto a fianco di Husselbaink, intanto, elencava i nomi
dei palazzi. Le hostess, infreddolite nei cappotti, fumavano negli ultimi
sedili vicino ai finestrini. La moglie del musicista guardava fuori, con le
labbra socchiuse, apparentemente distratta.
Il suo alito formava una leggera condensa sul vetro.
Husselbaink
ascoltava la litania dei nomi elencati dal sovrintendente. “Questi nomi sono come musica,” gli disse ad
un certo punto, “ e io sono del tutto innamorato anche del suo cognome. Che
fortuna sfacciata: portare lo stesso cognome del doge che è stato immortalato
nel dipinto più bello del mondo! “
Giunsero
all’albergo in leggero ritardo, ma in tempo per la cena, che era fissata alle
dieci.
Isabella si
accorse che alla lunga tavolata finemente imbandita le avevano riservato il
posto libero tra Husselbaink e il sovrintendente.
La conversazione
ristagnò a lungo, quando verso la fine
della cena, incoraggiati dall’ottimo vino, Loredan e Husselbaink cominciarono
un prolungato scambio di opinioni sull’ispirazione artistica.
Isabella ascoltò
a lungo, senza intervenire, poi in una pausa chiese ad Husselbaink:
“ Ho ascoltato
spesso la sua musica, interrogandomi sull’origine della sua ispirazione. Per esempio la Suite dell’angelo, che io trovo così
...bella, poetica.“
Husselbaink, che
sembrava un po’ alticcio e divertito dall’attenzione generale, si slacciò il colletto della camicia, e
rispose compiaciuto:
“ L’ho scritta in una settimana a
Biarritz. Ma vede, signora, l’ispirazione non è come crede lei, e come crede
forse anche il dottor Loredan. Ero ospite in una brutta villa e in quella
settimana è piovuto tutti i giorni. Ero molto nervoso, e oltretutto schiavo di
una colite atroce. “
Il sorriso del sovrintendente si pietrificò. Pensò ad una battuta, ma Husselbaink andò avanti imperterrito:
“ La suite
dell’angelo potrei dire di averla scritta seduto sulla tazza del gabinetto, e
con mia enorme sorpresa alla fine tutti hanno detto che è una delle cose
migliori che io abbia scritto..” Rise di
gusto, attirando lo sguardo di riprovazione di sua moglie, “metà seduto sul gabinetto, e per l’altra
metà seduto al pianoforte con la pancia gonfia come una cornamusa… “
Isabella cercò
di non dare a vedere l’imbarazzo, e intanto Husselbaink proseguì imperterrito:
“ L’ispirazione,
mia signora, non si accompagna per forza con il sublime," ma lei già non lo
ascoltava più . Cambiò discorso, con i vicini di tavola e aspettò la prima
occasione per alzarsi e raggiungere i divani nella hall.
Alla fine della
cena, quando Husselbaink si ritirò con la moglie in camera, il sovrintendente
manifestò il suo disappunto agli ospiti. Giurò che lo conosceva personalmente
già da molto tempo, e non era mai stato così sgradevole.
Isabella
commentò: “Nessuna sorpresa. Solo,
nessuno riesce a capire da dove traggano la loro arte certe persone. E’ come
se avessero due anime. Ma forse è meglio
non conoscerli mai da vicino. Soltanto i veri grandi non deludono. “
Non si riferiva
espressamente a Sri Rajakrishna. Non ci aveva pensato, ma più tardi, quando a
letto, prima di addormentarsi lesse qualche riga del libro che le aveva
regalato Lorenzo, gli capitò di ricordarsi di quello sguardo liquido,
degli occhi che era sempre come se guardassero oltre. L’ultimo capitolo
del libro scritto dal misterioso Marchese de Saint-Germain, si intitolava: L’unione.
Dimoro nel cuore
Nell’intimo più recondito
Di tutte le cose manifestate.
Di coloro che discutono IO SONO l’argomento.
Chiuse il libro
e spense la luce.
Dalla finestra
riverberava la luce di fanali sulla Riva degli Schiavoni.
Si addormentò
con il sottofondo del debole rumore dell’acqua.
Fabrizio Falconi, tratto da: Cieli come questo, Fazi Editore, Roma, 2002, pag.62 e seguenti.
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