11/02/18

Michio Kaku: "Il caso non esiste. C'è una forza intelligente che governa tutto".



Fisico e teorico americano molto rispettato, Michio Kaku, famoso per la formulazione della teoria rivoluzionaria delle stringhe (modello di fisica fondamentale che presuppone che le particelle materiali apparentemente specifici sono in realtà “stati vibrazionali”), ha recentemente causato una piccola scossa nella comunità scientifica sostenendo di aver trovato le prove dell’esistenza di una forza sconosciuta e intelligente che governa la natura. Più semplicemente, qualcuno di simile al concetto che molti hanno di Dio come creatore e organizzatore dell’universo. Per arrivare a questa conclusione Michio Kaku ha utilizzato una nuova tecnologia creata nel 2005 e che gli ha permesso di analizzare il comportamento della materia su scala subatomica, basandosi su un “primitivo tachioni semi-radio”. Tachioni, incidentalmente, sono tutte quelle ipotetiche particelle in grado di muoversi a velocità superluminali, cioè sono particelle teoriche, prive di qualsiasi contatto con l’universo. Quindi questa materia è pura, totalmente libera dalle influenze dell’universo che la circonda.

Secondo il fisico, osservando il comportamento di questi tachioni in diversi esperimenti, si arriva alla conclusione che gli esseri umani vivono in una sorta di “Matrice”, cioè un mondo governato da leggi e principi concepiti da una specie di grande architetto intelligente

“Sono giunto alla conclusione che siamo in un mondo fatto da regole create da un’intelligenza, non molto diversa da un gioco per computer, ma naturalmente, più complessa”, ha detto lo scienziato.

Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica, colpiti dalle primitive tachioni semi-radio , un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia, totalmente libero da ogni influenza dell’universo, la materia, la forza o la legge, è percepito il caos assoluto in forma inedita . 

“Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato caso, non ha alcun significato, per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali, Dio è un gran matematico” ha detto lo scienziato .

Michio Kaku ha ricordato che “qualcuno fece ad Einstein la grande domanda: c’è un Dio? Al che Einstein rispose dicendo che credeva in un Dio rappresentato dall’ordine, dall’armonia, dalla bellezza, dalla semplicità e dall’eleganza, il Dio di Spinoza. L’universo potrebbe essere caotico e brutto, invece è bello, semplice e governato da semplici regole matematiche. ”

Per quanto riguarda la formulazione del famoso “String Campo Theory”, o teoria delle stringhe, modello fondamentale della fisica che presuppone che particelle di materiale apparentemente specifici sono effettivamente “stati vibrazionali” un oggetto esteso più base chiamato ” corda “o” filamento “che renderebbe un elettrone, per esempio, non un” punto “struttura interna e dimensione zero, ma una massa di minuscole corde vibranti in uno spazio-tempo di più di quattro dimensioni , Kaku ha affermato che “per lungo tempo ho lavorato su questa teoria, che si basa su musica o piccole corde vibranti che ci danno le particelle che vediamo in natura. Le leggi della chimica con cui abbiamo avuto problemi alle superiori, sarebbero le melodie che possono essere suonate su queste corde vibranti. L’universo, sarebbe una sinfonia di queste corde vibranti e la mente di Dio, su cui Einstein scrisse molto, sarebbe la musica cosmica che risuona attraverso questo nirvana, attraverso uno spazio iper-dimensionale “.

Il fisico americano di origine giapponese ha concluso che “i fisici sono gli unici scienziati che possono pronunciare la parola “Dio” e non arrossire. 

Il fatto essenziale è che queste sono domande cosmiche di esistenza e significato. Thomas Huxley, il grande biologo del secolo scorso, ha affermato che la questione di tutte le questioni della scienza e della religione è determinare il nostro posto e il nostro vero ruolo nell’universo. Pertanto, scienza e religione trattano la stessa domanda. Tuttavia, c’è stato essenzialmente un divorzio nel secolo scorso, più o meno, tra scienza e umanesimo, e penso che sia molto triste che non parliamo più la stessa lingua “.


09/02/18

Novità mondiale. Il Patrimonio dei Musei Vaticani è ora in 3D, scansionato millimetro per millimetro.


Il patrimonio dei Musei Vaticani in 3D, scansionato millimetro per millimetro

Come avere una fotografia, ma molto piu' raffinata e dettagliata, di tutte le aree del monumentale complesso museale. L'innovativo progetto e' stato presentato a Roma nella sala convegni dei Musei Vaticani. 

Durante l'iniziativa sono stati presentati i rilievi georeferenziati del patrimonio dei Musei Vaticani utili per la catalogazione e gestione dei beni artistici, in grado di unire piu' fonti di dati al fine di una maggiore conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale

Un progetto realizzato dall'azienda umbra Archimede Arte, che ha prima effettuato la digitalizzazione, modellazione 3D di tutte le principali aree espositive dei Musei Vaticani e ha poi avanzato, in sinergia con una articolata equipe interdisciplinare (Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale dell'Universita' degli Studi di Perugia, Accademia di Belle Arti "Pietro Vannucci" di Perugia, D.B. Cad srl, Relevo srl, Tecla srl), anche una proposta fortemente sperimentale: il "concept" per realizzare una replica multimediale itinerante della Cappella Sistina ("Sistina Experience"), ovvero smontabile e rimontabile liberamente in ogni parte del mondo. 

 A prendere per prima la parola e' stata Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, che ha sottolineato l'"importante lavoro di rilievo su 170 mila metri quadrati grazie alla competenza di Archimede Arte". 

"Tradizione e innovazione - ha detto - si sposano da sempre qui nei musei del Papa, con l'innovazione che e' stata sempre prerogativa ed e' valida ancora oggi. Ci sono voluti quattro anni per documentare tutto il museo, rilevato fino ad ogni scantinato per avere una mappatura universale di tutto". 

Il minuzioso lavoro di rilievo laser e fotogrammatico eseguito da Archimede Arte - e' stato spiegato - e svolto al Museo Gregoriano Etrusco, al Museo Chiaramonti, al Braccio Nuovo, al Museo Pio Clementino, alle Stanze di Raffaello, alla Cappella Nicolina, alla Torre dei Borgia, alla Pinacoteca, al Cortile della Pigna, alla Scala del Bramante e alla Cappella Sistina, ha portato a rilevamenti ad altissimo livello di dettaglio. 

Portando, cosi', alla creazione della nuvola di punti e alle rappresentazioni 3D che ora vengono utilizzate negli affascinanti tour virtuali a 360 gradi dei Musei Vaticani e in altri progetti che permettono ai fruitori di ammirare i dettagli di affreschi, marmi, decori e molte altre preziose opere, fruendo cosi' del patrimonio artistico in tutto il suo unico splendore. 

07/02/18

Quando a Trastevere spuntò il Petrolio: un "miracolo" in un luogo indimenticabile.


E' una delle piazze più belle e nobili di Roma, ma pochi sanno che proprio in questo luogo, in un giorno del 38 avanti Cristo fu registrato il prodigio di una fons olei - come riportarono le fonti antiche - molto probabilmente un getto di petrolio. E proprio nel bel mezzo della Roma Antica, nel punto dove oggi sorge la basilica di Santa Maria in Trastevere. 

Le fonti a cui si fa riferimento sono Eusebio di Cesarea (275-339), noto per essere fra l'altro il biografo-agiografo dell'Imperatore Costantino e Dione Cassio, che visse tra il II e il III secolo d.C., fonti che dunque scrissero parecchio tempo dopo l'accaduto, ma che evidentemente ne registravano la perdurante memoria. 

Sul posto sorgeva, all'epoca una Taberna Meritoria, cioè quello che oggi definiremmo un ospizio, una casa dove si ritiravano per la vecchiaia i reduci che avevano combattuto mille battaglie in giro per l'impero e che qui finivano i loro giorni. 

Proprio dal pavimento di questa Taberna scaturì dunque all'improvviso un getto di olio nero che defluì per diversi giorni senza che si riuscisse a fermarlo, formando pozze e una sorta di lago più grande, prima di sversarsi nelle acque del Tevere


Il prodigio inaspettato fu interpretato in diversi modi dalla popolazione di allora: gli appartenenti alla comunità ebraica, già numerosa a Roma, interpretò questo segno come un annuncio della venuta del Messia, ovvero dell'unto del signore. 

La memoria di quell'evento restò a lungo, influenzando anche direttamente la comunità cristiana, che nel II secolo d.C. vi fondarono un oratorio, che fu ufficialmente riconosciuto dall'imperatore Alessandro Severo. 

Nacque così il Titulus Callixti, il primo titolo cristiano della futura Basilica, che fu dedicata al culto della Vergine. 

Memoria del prodigio della fons olei sono ancora ben visibili: tra gli splendidi mosaici, opera di Pietro Cavallini, una delle opere più importanti della Roma Medievale, nella scena della Natività, appare in basso, proprio sotto il corpo disteso della Vergine l'immagine della Taberna Meritoria, con tanto di didascalia.   


E dal piccolo edificio si vede sgorgare il fiumiciattolo nero che si dirige verso il fiume. 

Il luogo esatto dove scaturì la Fons Olei è ricordato anche al di sotto di uno scalino nel Presbiterio da una antica iscrizione ancora visibile sul luogo. 


La memoria del piccolo grande prodigio del resto è rimasta impressa anche nella toponomastica del quartiere, visto che Via della Fonte dell'Olio è ancora oggi una delle vie più caratteristiche di Trastevere. 

Fabrizio Falconi 
2018 - riproduzione riservata





06/02/18

Quando il Colosseo era un Chiesa. Una straordinaria foto dell'Ottocento.




In rarissime foto d'epoca, il Colosseo, il monumento di Roma più  celebrato, appare davvero in una veste insolita. 

Si tratta di scatti compiuti prima del 1874, quando il comune di Roma dispose la rimozione della Croce al centro dell'arena (ricoperta di terra chiara) e delle dodici edicole marmoree della Via Crucis disposte in tondo.

L'arena dei Gladiatori era dunque divenuta anch'essa un tempio cristiano, una chiesa ? Sì, e lo era da più di un secolo. 

Era stato infatti Papa Benedetto XIV, nel 1749, a disporre la Croce e le edicole, in memoria dei martiri cristiani trucidati nell'Arena eretta dall'imperatore Flavio Vespasiano. 

Bisogna ricordare che all'epoca l'enorme monumento non era protetto da alcuna cancellata e i viaggiatori del Grand Tour, ma anche i romani potevano accedervi sia di giorno che di notte. 

Perlopiù, intorno al Colosseo c'erano campi aperti, colmi di rovine, che ospitavano greggi e bestiame di passaggio. 

Questa foto fu realizzata nell'arena deserta, in pieno giorno, presumibilmente nel 1871, quando i giardinieri del comune avevano ripulito il Colosseo dalle erbacce, dai cespugli e dagli arbusti cresciuti selvaggiamente tra le antiche mura. 

Tre anni dopo, la croce e le edicole sarebbero state per sempre rimosse. E sarebbe finito il periodo della trasformazione dell'Arena in tempio cristiano: una delle tante fasi vissute da questo nobile monumento che ha attraversato i secoli come un'Arca del Tempo. 

Fabrizio Falconi
2018 - riproduzione riservata

04/02/18

Poesia della Domenica: "Se tu venissi in autunno", di Emily Dickinson.


(511)


Se tu venissi in autunno,
Io scaccerei l’estate,
Un po’ con un sorriso ed un po’ con dispetto,
Come scaccia una mosca la massaia .

Se fra un anno potessi rivederti,
Farei dei mesi altrettanti gomitoli,
Da riporre in cassetti separati,
Per timore che i numeri si fondano.

Fosse l’attesa soltanto di secoli,
Li conterei sulla mano,
Sottraendo fin quando le dita mi cadessero
Nella Terra di Van Diemen.

Fossi certa che dopo questa vita
La tua e la mia venissero,
Io questa getterei come una buccia
E prenderei l’eternità.

Ora ignoro l’ampiezza
Del tempo che intercorre a separarci,
E mi tortura come un’ape fantasma
Che non vuole mostrare il pungiglione.

Emily Dickinson

IF you were coming in the fall,
I ’d brush the summer by
With half a smile and half a spurn,
 As housewives do a fly.

If I could see you in a year, 
I ’d wind the months in balls,
And put them each in separate drawers,
Until their time befalls.

If only centuries delayed,
I ’d count them on my hand, 
Subtracting till my fingers dropped
Into Van Diemen’s land.

If certain, when this life was out,
That yours and mine should be,
I ’d toss it yonder like a rind, 
And taste eternity.

But now, all ignorant of the length
Of time’s uncertain wing,
It goads me, like the goblin bee,
That will not state its sting.

03/02/18

Ma come (e cosa) mangiavano gli antichi romani ? Un libro lo svela.



Cosa e come mangiavano i nostri progenitori romani ?  Si è molto fantasticato in passato sui gusti e sulle abitudini alimentari nell'Antica Roma.  Un libro edito da Mursia, Nutrire l'Impero romano. La filiera alimentare nell'Antica Roma, gli approvvigionamenti, le ricette (a cura del Gruppo archeologico ambrosiano) lo chiarisce ora con la proposta di 50 piatti tipici di Roma Antica, scientificamente accertate con un minuzioso lavoro di ricerca nelle fonti di autori latini . 

Perlopiù le ricette antiche sono state anche comparate con ingredienti attuali, alla portata di tutti, per renderne possibile la realizzazione anche nelle cucine moderne.

Gli alimenti principali erano il farro, l'aglio, la cipolla, il miele.  E molto diverse erano le diete a seconda delle classi di appartenenza: legionari, senatori, schiavi o contadini. 

I legionari, la parte più impegnata della popolazione, continuamente in guerra, privilegiava cereali, accompagnati da una bevanda a base di acqua e aceto chiamata posca.

Si mangiava anche tanto pesce: uno dei piatti preferiti era la cosiddetta Iscia de Loggigene, un piatto a base di polpette di calamari. C'era poi la salsa di pesce, il Garum e la Ius in murena elixa (Murena bollita in salsa).  Prelibata e ricercata era anche la Locusta, ovvero l'Aragosta, che veniva cotta con tutto il guscio, cosparsa di pepe e coriandolo. 

Altre ricette enormemente popolari erano il Cuminatum (la salsa di cumino), il Libum (l'antesignana della nostra focaccia), l'Epityrum (pasta di olive), la Puls (la polenta con farina di farro),  il Porcellus ex malis (maiale con le mele), il Sayillum, (torta al formaggio) e i Dulcia domestica (datteri ripieni). 

Naturalmente su questi piatti scorrevano fiumi di vino, la bevanda preferita dei Romani: secondo fonti antiche, risalenti a Plinio il Vecchio,  a quell'epoca esistevano già 185 varietà di vitigni diversi, tra i quali il Volturno, l'Albano, il Sabino, il Vino di Verona, quello di Aquileia (rinomato già all'epoca e quello preferito dallo stesso Plinio), il Falerno, il Cecubo nel Lazio.

Fabrizio Falconi 
2018 - riproduzione riservata. 


02/02/18

Fabrizio Falconi ospite a Radio Vaticana per "Cercare Dio", Castelvecchi Editore.






Ecco l'integrale della presentazione di "Cercare Dio", il libro  appena uscito da Castelvecchi Editore, a Radio Vaticana, il 1 febbraio 2018. 

Libro del Giorno: "La Mediocrazia" di Alain Deneault.


Abbiamo già parlato del libro in questo blog,  proponendo una intervista ad Alain Denault, qualche settimana fa. 

Si tratta di un saggio che ha avuto un certo successo in molti paesi, preannunciato da un battage  accattivante: "Come e perché i mediocri hanno preso il potere" e pubblicato in Italia da Neri Pozza. 

In realtà il lancio del libro è abbastanza fuorviante perché  Denault, docente di Scienze Politiche presso l'Università di Montreal, non è interessato qui a proporre un saggio analitico per esaminare le cause che hanno portato ad un ritrarsi delle élites - élites culturali, politiche, etiche -  dalla vita pubblica, lasciando il potere, ogni potere, in mano dei "mediocri", gente che non ha né cultura né scrupoli e che è interessata soltanto alla proliferazione dei profitti e del guadagno personale. 

Lungi dall'affrontare un testo organico su questo argomento, Denault compone una specie di moderno pamphlet, politicamente molto arrabbiato, sulle oscenità e sulle malefatte del potere, perlopiù concentrato dalla visuale di un paese marginale - il Canada - e di una regione - il Quebec - della quale almeno qui in Italia si parla molto poco. 

Canada e Quebec sono però per Denault, lo specchio dell'andazzo mondiale: tutto il mondo, ci dice il filosofo canadese va così. 

Così come ? Il libro parte proprio dal mondo dell'università - la parte più convincente del volume - dove si dovrebbero formare gli esperti e soprattutto le coscienze del futuro. Le grandi università sono invece oggi, secondo Denault fabbriche del consenso, strutture completamente asservite allo statu quo, e alla logica dei grandi apparati economici.  Anziché insegnare a pensare, le grandi università dunque, indicano quello che va fatto, quello che serve per restare nel seminato stantio delle ingiustizie e di un sapere sempre più massificato. 

Ma Denault va oltre: e la politica e l'economia non vanno meglio, anzi. Così come la cultura:  Dal principio di democrazia ormai corrotto emerge un nuovo regime che risponde al nome di "governance". L'università corrotta si trasforma in un istituto di analisi e perizie commerciali. L'economia corrotta dà origine all'oligarchia finanziaria, fonte di diseguaglianze spaventose. Le istituzioni di giustizia corrotte si concentro su istanze private e dispendiose per la composizione di vertenze varie. 

Questa catena di corruzione porta sempre più in alto la concentrazione del potere: qualsiasi attività umana viene organizzata in modo che aumenti il capitale di chi la sovrintende. Questo, dice Denault, ci rende poveri sotto tutti gli aspetti. 

Il difetto del libro è la frammentazione, la mancanza di un quadro di insieme e si spiega col fatto che Denault ha qui riunito le idee e le parole contenute in molti suoi articoli pubblicati in questi anni in riviste e testi universitari. 

L'analisi di Denault, post marxista se così la possiamo chiamare, chiama ad un grande processo di co-rottura, cui sono - siamo chiamati tutti - per far sì che le cose cambino, e cambino davvero. Soltanto con l'impegno personale di tutti, si potrà combattere la corruzione, la degenerazione di questa forma di mondo così cinica, affidata e in mano a personalità prive di etica e di intelligenza. 

Fabrizio Falconi





31/01/18

La "Piccola Londra" - un angolo di Roma straniante.




I Romani la chiamano da sempre, affettuosamente, La Piccola Londra,  anche se si tratta di una semplice via (dedicata a Bernardo Celentano, pittore verista napoletano dell'800) - chiusa al traffico - che nel quartiere Flaminio fa però in effetti pensare di essere in una città completamente diversa da quella che vanta 3.000 anni di storia. 

La Piccola Londra è opera di un architetto marchigiano, Quadrio Pirani (nato a Jesi nel 1878), al quale si debbono altri importanti quartieri residenziali dello storico Istituto delle Case Popolari, come quelli all'Ostiense, a San Saba e Testaccio, oltre alle case per gli impiegati statali realizzate in quel periodo tra via Chiana e via Tagliamento. 

Era il periodo in cui l'urbanistica romana si sviluppava attraverso piccoli o grandi quartieri omogenei: la Piccola Londra è del 1910, il Coppedè del 1919, la città-giardino Aniene nel 1920. 

Sulla architettura della Piccola Londra sicuramente influì il fatto che all'epoca il sindaco di Roma fosse Ernesto Nathan, ebreo di origini inglesi, un vero cosmopolita, di convinta fede repubblicana, la cui madre (Sara Levi Nathan) fu amica e finanziatrice di Giuseppe Mazzini. Alla morte della madre, di Mazzini Ernesto Nathan divenne a tutti gli effetti l'erede.  E ottenuta la cittadinanza italiana, fu prima consigliere, poi assessore e infine sindaco della neo-Capitale d'Italia.

Nel quadro del progetto urbanistico di Roma, una città che si andava espandendo con l'arrivo di impiegati e burocrati statali, sicuramente si tenne conto anche della nuova veste cosmopolita della città, che dopo decenni e secoli di emarginazione, tornava ad aprirsi al mondo e al turismo internazionale. 

Nacque così anche la Piccola Londra. poco più di duecento metri di strada, che a Roma non hanno eguali: palazzine liberty, ingressi indipendenti preceduti dai classici sei scalini inglesi, cancelli in ferro battuto, portoncini in legno e lampioni vittoriani. L'ingresso, per chi vuole affacciarsi a visitare questo angolo londinese di Roma, immerso in una invidiabile quiete molto rara nella città, è doppio: o da viale del Vignola, oppure da Via Flaminia al civico 287. 


Fabrizio Falconi 


30/01/18

Fino all'8 Aprile a Roma si può ammirare a Palazzo Barberini la celebre "Madonna Esterházy" di Raffaello !




Gli sguardi incrociati e la gestualita' familiare che testimoniano l'intesa sentimentale, le rovine romane e il cielo azzurro a far da  sfondo

La MadonnaEsterházy di Raffaello Sanzio risplende con la sua bellezza delicata a Palazzo Barberini dove le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma l'hanno voluta in mostra dal 31 gennaio all'8 aprile per presentarla al pubblico durante l'assenza della celebre Fornarina (in prestito a Bergamo fino ad aprile). 

Proveniente dal Sze'pmuve'szeti Múzeum di Budapest (ora chiuso per lavori) con il quale le Gallerie hanno scambiato alcune tele di Rubens, l'opera venne dipinta nel corso del 1508 e documenta chiaramente un passaggio cruciale nella storia di Raffaello, quando cioe' l'artista lascio' Firenze per Roma, dove era stato chiamato da Giulio II della Rovere per partecipare al rinnovamento del Vaticano. 

Un momento straordinario per la sua carriera, che la mostra di Palazzo Barberini, a cura di Cinzia Ammannato, vuole sottolineare presentando accanto alla Madonna Esterházy anche altri quattro lavori a essa legati. 

29/01/18

Il Libro del Giorno: "L'arcipelago della nuova vita" di Andrei Makine.



Andrei Makine, lo straordinario scrittore russo trapiantato da molti anni a Parigi (scrive in francese), cambia editore italiano e il suo nuovo romanzo - dopo la lunga permanenza con Einaudi - esce da La Nave di Teseo, tradotto da Vincenzo Vega. 

Per chi conosce l'opera di Makine - Prix Goncourt e Prix Médicis nel 1995 per Il testamento francese - questo L'arcipelago della nuova vita rappresenta una svolta, non tanto nei temi - anche questo, come gli altri romanzi di Makine - racconta  la vita negli anni della Russia sovietica, dallo stalinismo alla perestrojka, quanto nella scelta stilistica. 

Al contrario dei romanzi precedenti, infatti, lo stile è meno sognante e meno frammentato in pagine colme di riferimenti simbolici e di atmosfere poetiche dilatate o concentrate nel breve svolgere di poche struggenti frasi;  qui la trama si dipana in modo molto più classico, in una dimensione uni-direzionale, in una sorta di western siberiano, attraverso il lungo racconto di cinque soldati impegnati nell'inseguimento - nelle terre immense agli estremi confini orientali della Russia, ai confini del Pacifico - di un misterioso fuggitivo, evaso da un campo di prigionia. 

In realtà questo lungo racconto è offerto attraverso l'espediente conradiano di un doppio registro: Pavel, il protagonista dell'inseguimento racconta tutta la storia ad un ragazzo appena arrivato a Tugur, la città dell'estremo oriente siberiano per occuparsi di geodesia. Incontrato quel misterioso cacciatore - Pavel - che sembra vivere come un eremita nella immensa taiga, si fa raccontare la sua storia. 

Il ragazzo viene così a conoscenza di quei terribili anni della Guerra Fredda, degli esperimenti nucleari sovietici, dei campi di prigionia, della estrema crudeltà con la quale i cinque soldati, accompagnati da un cane, danno la caccia all'evaso, fino ad esserne  - uno ad uno eliminati - : tutti tranne Pavel. 

Molti anni più tardi, il ragazzo divenuto adulto tornerà in quella landa desolata, sperduta, immersa nel ghiaccio eterno, per ritrovare le tracce di Pavel e conoscere così la seconda parte della storia. 

E' suprema la bravura con cui Makine riesce a scolpire i caratteri dei quattro compagni di Pavel, delle loro meschinità, crudeltà, messe alla prova dalle condizioni ambientali estreme in cui devono giocarsi una partita così difficile, con un fuggitivo che appare e scompare come un fantasma. 

Ancora una volta Makine va alla radice dei nodi del cuore umano, di tutti i suoi infingimenti, delle sue penose autoassoluzioni, delle sue piccole e grandi tragedie.  L'essere uomo è di tutte le qualità degli umani, la più difficile: sembra suggerirci. 

In una soluzione ancora più radicale del solito, sembra qui, l'unica possibilità, quella di spingersi oltre, fuori; la soluzione di isolarsi dagli uomini. Di continuare a fare il proprio lontano dalla confusione, dalla massa e dalla pazzia. 

Pavel è una specie di santo peccatore ed eremita. Che forse soltanto la grande cattedrale della Taiga, l'immane silenzio, la purezza del ghiaccio e del freddo, riescono a far tornare pienamente e del tutto umano. 

Fabrizio Falconi

26/01/18

50 anni dalla morte di Salvatore Quasimodo. Grandi iniziative a Messina e in Sicilia.



Convegni, mostre seminari e documentari. Fervono i preparativi a Messina e provincia per commemorare il cinquantenario della morte di Salvatore Quasimodo, avvenuta il 14 giugno 1968. 

Il poeta nacque a Modica (Rg) il 20 agosto del 1901 e trascorse gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale (Gela, Cumitini, Licata), seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato.

Subito dopo il catastrofico terremoto del  1908 ando' a vivere nella citta' dello Stretto, dove Gaetano Quasimodo era stato chiamato per riorganizzare la stazione. 

Prima dimora della famiglia, come per tanti altri superstiti, furono i vagoni ferroviari. Scrisse nella lirica al padre "Dove sull'acque viola era Messina, tra fili spezzati e macerie tu vai lungo binari e scambi col tuo berretto di gallo isolano..." . 

Nel 1941 gli venne concessa, per chiara fama, la cattedra di Letteratura Italiana presso il conservatorio di musica "G. Verdi" di Milano 

Insegnamento che terra' fino all'anno della sua morte. 

Il 10 dicembre 1959 a Stoccolma, ricevette il premio Nobel. 

Per programmare le iniziative in sua memoria si e' svolta la prima riunione del comitato scientifico composto dal commissario straordinario, Francesco Calanna, dal magnifico Rettore dell'Universita' di Messina, Pietro Navarra, dal presidente della Fondazione famiglia Piccolo di Calanovella, Vanni Ronsisvalle, dal presidente del Parco letterario Quasimodo, Carlo Mastroeni, e dal dirigente scolastico dell'istituto tecnico "Jaci", Carlo Davoli. 

E' stata stilato il calendario degli eventi. Numerose le proposte avanzate dai componenti del gruppo di lavoro: Calanna, a capo dell'ente che possiede l'archivio Quasimodo, ha annunciato di aver attivato gli uffici per "la realizzazione di un palinsesto di appuntamenti che mettano in risalto la figura del grande letterato che a Messina ha sviluppato le sue radici culturali e umane, citta' nella quale ha studiato e vissuto e che oggi vuol rendere onore al sommo poeta e grande figura nel panorama letterario del Novecento". 

Inoltre, la Citta' Metropolitana realizzera' un cd contenente oltre tremila articoli di stampa, un inedito archivio multimediale di eventi, molti di questi sconosciuti al grande pubblico

Ronsisvalle, ha anche annunciato la realizzazione, in collaborazione con Rai Teche, di un docufilm che ripercorra visivamente tutte le tappe fondamentali della vita di Quasimodo ed ha annunciato "l'intenzione di invitare il presidente del Premio Nobel in occasione di uno degli appuntamenti in cantiere e di ospitare per un mese, a Villa Piccolo a Capo d'Orlando, il prossimo vincitore del riconoscimento per la letteratura". 

Il Prorettore dell'Universita' di Messina, Giovanni Cupaiuolo, ha reso noto l'organizzazione di un convegno che approfondira' l'attivita' di Quasimodo quale traduttore di testi, "una testimonianza di quanto fossero eclettici i suoi interessi culturali". Mastroeni, da molti anni "testimone dell'immenso valore culturale delle opere del poeta", ha assicurato la realizzazione di iniziative anche attraverso l'attivita' del "Club Amici di Salvatore Quasimodo". 

24/01/18

Tarkovskij torna a vivere, a Firenze !




'Un nuovo volo su Solaris': questo il nome del progetto artistico interdisciplinare che dal 28 maggio animera' a Firenze gli spazi del Centro internazionale perle arti dello spettacolo Franco Zeffirelli e che sara' realizzato in collaborazione con il Museo Anatolij Zverev (Museo AZ) diMosca. 

A bordo della stazione spaziale di 'Solaris', film del 1972 diretto da Andrej Tarkovskij, si erano ammirati i capolavori dell'arte europea occidentale  e la Trinita' del pittore russo Andrej Rublev. 

In occasione di 'Un nuovo volo su Solaris' verranno esposti i migliori lavori della collezione del Museo Az, opere di artisti contemporanei allo stesso regista. 

L'idea e' di unire il capolavoro di Tarkovskij alle opere piu' significative degli artisti sovietici anticonformisti provenienti dal Museo AZ e dalla collezione privata di Natalia Opaleva

Nello spazio espositivo del Centro Zeffirelli saranno presentati 34 quadri, due sculture e un'installazione video costituita da fotografie e da frammenti cinematografici legati alla biografia di Tarkovskij. 

Il progetto costituisce inoltre la tappa finale della trilogia di mostre le cui prime due parti, ispirate ai film di Tarkovskij Stalker ('Premonizione') e Andrej Rublev ('Irruzione nel passato. Tarkovskij&Plavinskij') sono state presentate dal Museo Az a Mosca nel 2016 e nel 2017. 

23/01/18

Tornano alla luce - e tutti visibili - per il Natale di Roma, 15 grandi monumenti romani grazie al Parco Archeologico del Colosseo promosso dal MIBACT.




La gloriosa Curia del Senato al Foro Romano, le Uccelliere Farnese sul colle dei Cesari, la Domus Transitoria, la prima casa di Nerone sul Palatino, chiusa al pubblico da 60 anni ed edificata tra il 60 e il 64 d.C.: sono alcuni degli straordinari monumenti che, grazie al lavoro del nuovo Parco Archeologico del Colosseo, diretto da Alfonsina Russo, al quale il MIBACT ha concesso autonomia gestionale, saranno restituiti prossimamente alla città, già a partire dal Natale di Roma, il 21 aprile prossimo. 

Si comincerà proprio dalla Curia del Senato, luogo nevralgico della  storia di Roma, che riaprirà nelle seconda metà di febbraio, divenendo anche sala polifunzionale, per mostre temporanee, conferenze e incontri a tema.

L'8 marzo toccherà invece alla Uccelliere Farnese, i due padiglioni gemelli incastonati tra le rovine, e al Ninfeo della Pioggia, anch'esso opera del genio dei Farnese, realizzati tra il XVI e XVII secolo.

Per il 21 aprile, poi, l'apertura di 11 luoghi segreti del Parco: nel giorno del Natale di Roma rivedranno finalmente la luce, oltre alla Curia, il Tempio di Romolo, Santa Maria Antiqua con l'Oratorio dei Quaranta Martiri e la Rampa Domizianea, il Criptoportico neroniano, il Museo Palatino, le case di Augusto e di Livia, l'Aula Isiaca e la Loggia Mattei. 

Inoltre tra maggio e giugno verrà aperta un camminata paesaggistica-archeologica lungo il versante sud-occidentale del Palatino, particolarmente spettacolare per l'affaccio sul Circo Massimo. 

Infine, in autunno, riaprirà anche la Domus Transitoria, nel ventre del Palatino, la prima casa di Nerone, forse ancora più leggendaria della Domus Aurea,  con il ninfeo-teatro, il padiglione con le colonne di porfido, e gli ambienti impreziositi da tarsie marmoree, e volte ricoperte da foglie d'oro, lapislazzuli e paste vitree.




22/01/18

Spuntano ai piedi di un sepolcro sull'Appia Antica due tubi di piombo sotterrati nel 1929: contengono un disperato carteggio d'amore.


Visitando la meravigliosa area archeologica di Capo di Bove sulla Via Appia Antica, ho scoperto una storia incredibile. 


Durante gli scavi condotti nel 1999 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma,  nell'area ai piedi di uno dei monumenti funerari più belli della Regina Viarum, il cosiddetto Sepolcro Dorico fu scoperto un gruppo di lettere d'amore contenute in tubi di piombo sepolti al quarto miglio della Via Appia Antica nel 1929.

Il contenuto - lettere e documenti - e gli stessi tubi sono oggi conservati in una speciale, piccola teca.  



Essi raccontano di una storia appassionata e infelice che l'amante disperato volle  salvaguardare e destinare al futuro seppellendone i ricordi ai piedi

Il cosiddetto sepolcro Dorico, nelle vicinanze, è detto così  per lo stile del fregio visibile nella parte superiore e fu ricostruito alzandone la fronte in blocchi squadrati di peperino, al cui centro si trova un rilievo con scena di caccia o combattimento. 

Nel corso delle ricognizioni del 1999, quando fervevano i lavori per l’imminente Giubileo, furono scoperti i due tubi di piombo con la data incisa sul metallo, 30 settembre 1929.


Problemi sempiterni e contemporanei, non storia antica: una sfortunata corrispondenza amorosa. «L’amante infelice avrebbe bruciato le sue lettere, se avesse voluto semplicemente distruggerle», assicura Rita Paris, direttrice dei monumenti archeologici della via Appia, quasi giustificandosi per la sua curiosità di studiosa.


Signorina Letizia, alla domanda che mi ha rivolto ieri sera non avrei potuto rispondere allora e spiegarle il motivo di quella mia curiosità perché, anche se non ci fosse stata un’altra persona, non mi sarebbe certo bastato in quel momento l’animo, tanto improvvisamente quella domanda tramandata dalla sua bocca mi ha scosso, e lo scherno del collega mi ha richiamato alla realtà.

L’uomo che ha scritto queste parole in una lettera, semplice e gentile, si chiama Ugo H.: è sposato e ha due figli.

Lei – Letizia L. – lavora nel suo ufficio, è nubile ed è più giovane di lui. I due, fatalmente, si sono innamorati. 

Sul primo contenitore si leggono le iniziali “U.H.”, sull’altro “L.L”.

Nel 1929, l’anno dei patti Lateranensi, l’anno in cui si saldano religione cattolica e ‘morale’ di Stato, l’amore di Ugo H. e Letizia L. – amanti impossibili – sembra definitivamente segnato.

 Si scrivono da tre anni, Ugo H. e Letizia L.: la prima lettera è datata 20 marzo del 1926. Si scrivono ciò che non si sentono autorizzati a vivere ed hanno goduto della lettura di tante e tante lettere, intense e appassionate, in cui l’uno ha sfiorato - appena - la ‘vita sognata’ dell’altro. Ma per Letizia L. quell’amore, col tempo, si fa sempre più rischioso: è una donna. Qualora si determini a non portare avanti, nell’ipocrisia, quel loro amore e a rompere il suo matrimonio, Ugo H. può cavarsela con una condanna morale. Per lei i rischi sono maggiori, potrebbe incorrere in condanne penali.


L’infelicità da un lato, sanzioni e prigione dall’altro: la storia di Ugo H. e Letizia L. deve finire. Le loro lettere sempre più audaci e ‘pericolose’ devono sparire. Nella sua ultima lettera, del 29 settembre 1929, Ugo H. chiede a Letizia L. di consegnargli tutte le lettere che le ha scritto: troppo compromettenti per poter essere conservate in un cassetto. Se un giorno qualcuno dovesse trovarle, che ne sarebbe di lei? Ma Ugo H., per amore, le nasconde la verità: ha in mente qualcosa di straordinario.

Dissaldato il tappo del contenitore, gli scopritori di allora si trovarono di fronte un pacco di lettere e i documenti nonché una foto di lui in ufficio e il “ritratto di Ugo” fatto a carboncino” e firmato da Letizia L.

Nel 1929 il IV miglio dell’Appia non è facile da raggiungere. Non si può arrivare lì per caso: la città finisce molti chilometri prima. Quel posto si deve scegliere. Una volontà precisa, del resto, che è tradita anche dagli involucri di piombo per conservare e preservare quelle lettere. E poi l’incisione della data. Tutto dice di un progetto chiarissimo e lucido in cui - come ad un messaggio nella bottiglia si chiede di varcare l’oceano – così si è affidato a quei due poveri tubi di piombo un amore capace di attraversare i marosi del tempo, per consegnare ad altri - su altre rive - la coscienza e la verità di un sentimento che non può morire e che non può essere nascosto.

Questo è il progetto che brilla nel cuore e negli occhi di Ugo H., mentre interra tra le lacrime le sue lettere d’amore e quelle di Letizia. Gli è chiaro che non è quel loro amore ad essere ‘sbagliato’, lo è solo quel loro tempo immaturo. E - ci piace pensare - se ne accorge rileggendo l’incipit della sua prima lettera, in cui solo ora, seduto sugli argini erbosi dell’Appia, si rende conto d’aver usata tre anni prima, una parola chiaroveggente. ‘Tramandata dalla sua bocca’, ha scritto tre anni fa a Letizia L., nel tentativo di spiegarle l’imbarazzo suscitato dalla sua domanda. Ugo H. sa ora, mentre ricopre di terra quelle loro lettere, che l’Amore vero, quello che vince il tempo, si tramanda. L’eternità, pensa Ugo H., nel radioso settembre del 1929, si realizza nella fiducia piena in quel Desiderio che tutto unisce, accoglie e preserva l’Universo. E come tutto, anche quel desiderio è destinato a trasformarsi, per passare da un cuore ad un altro. In quel Desiderio, ancora oggi, Ugo H. si può riconoscere e con lui tutti gli uomini e le donne che non si sottraggano al peso gioioso di quella eredità che ci fa – in un punto – incontrare l’Amore e trovare, poi, le parole per dirlo e tramandarlo al di là di ogni tempo.

foto di Fabrizio Falconi

Fonte: soprintendenza dei Beni Culturali- Via Appia Antica e Luca De Risi per Stampa Critica

21/01/18

La Poesia della Domenica: "la notte immobile" di Fabrizio Falconi.





la notte immobile


la notte immobile ti fece morire
amore, per il Campo, sul ponte
nel ronzio delle zanzare sull’acqua
nell’oltremondo dell’isola

la  Donna d’oro emise già
allora il suo verdetto, mosse un ago
poteva essere sangue o tessuto
puntura o cucito

nell’inverno di quella notte
eterna, vuota come un rumore
di scarpe rotte, fu il rosso

a sversarsi liquido, sulla strada.




Fabrizio Falconi - © riproduzione riservata.

20/01/18

L'UNICEF a 25 anni dalla scomparsa ricorda Audrey Hepburn: "un impegno instancabile".




"Venticinque anni fa moriva Audrey Hepburn, una donna che noi della famiglia dell'Unicef vogliamo ricordare come un esempio di straordinaria generosita' e come una meravigliosa Goodwill Ambassador". 

Lo sottolinea Giacomo Guerrera, Presidente dell'Unicef Italia. "Di lei, amo ricordare una frase: aprite le vostre braccia per stringere il maggior numero di bambini, amarli e proteggergli come se fossero vostri". 

Appena nominata "Unicef Special Ambassador" nel 1988, Audrey Hepburn si e' recata in Etiopia, dove anni di siccita' e di guerra civile avevano causato una terribile carestia. Al suo ritorno, ha cominciato instancabilmente  a raccontare il lavoro dell'Unicef in tutto il mondo

"Posso testimoniare cosa significhi l'Unicef per i bambini, perche' sono stata fra quelli che hanno ricevuto cibo e soccorso medico subito dopo la Seconda Guerra Mondiale", ha detto quando e' stata nominata Goodwill Ambassador nel 1989. 

In pochi anni ha effettuato per l'Unicef una serie di missioni sul campo in Turchia, Venezuela, Ecuador, Guatemala, Honduras, El Salvador, Messico, Bangladesh, Thailandia, Vietnam e Sudan. 

Ha visitato diversi progetti dell'associazione per vaccinare, proteggere e fornire acqua e servizi igienico sanitari a bambini poveri, sfollati e malnutriti. Ha inoltre parlato al Congresso Usa, partecipato al Summit Mondiale per l'Infanzia e ha lanciato i Rapporti su "La Condizione dell'Infanzia nel Mondo". 

Anche nell'ultimo periodo di vita, durante la malattia, Audrey Hepburn ha portato avanti il suo impegno per l'Unicef con diversi viaggi in Somalia, Kenya, Regno Unito, Svizzera, Francia e Stati Uniti. Sir Peter Ustinov, altro storico Goodwill Ambassador Unicef, ha detto di lei: "Sapeva meglio di chiunque altro che la ricompensa per questo lavoro sta negli occhi di coloro che hanno bisogno di aiuto. Sono loro che ci fanno capire, in tutta la loro semplicita', che questo lavoro ha un senso".


 Anche la Casa del Cinema di Roma le rende omaggio oggi con la proiezione alle 16.30 del film diretto da Stanley Donen 'Cenerentola a Parigi' (Funny face, Usa, 1957) e la successiva presentazione del libro 'Audrey Hepburn. Immagini di un'attrice' (Tabula Fati 2017) scritto dalla giornalista-attrice Margherita Lamesta Krebel.

Oltre all'autrice presenzieranno all'incontro Marco Solfanelli (editore Tabula Fati), Maria Barresi (giornalista Rai TG1), Enrico Magrelli (critico cinematografico Hollywood Party), Roberto Mostarda (giornalista Wall Street International, gia' conduttore Giornale Radio Rai), Andrea Minuz (docente di Storia del Cinema presso La Sapienza Universita' di Roma) e Stefano Dominella (presidente Maison Gattinoni).

La figura della Hepburn ancora oggi riecheggia in modo potente e trasversale. Tutti conoscono la sua straordinaria influenza nel mondo della moda, divenuta simbolo universale di bellezza e stile, ma poche volte sono stati messi in risalto il suo talento e le sue eccezionali capacita' interpretative. Un originale animale scenico che l'American Film Institute ha definito "la terza piu' grande attrice di sempre". Premio Oscar al debutto come protagonista in 'Vacanze Romane' e' stata un esempio davvero singolare di carriera, in cui il numero dei film girati e' pari al numero dei suoi film di successo.

Attraverso il fil rouge di quattro passaggi - innocenza, metamorfosi, moda e maturita' - l'autrice ha voluto testimoniare la meravigliosa avventura cinematografica dell'interprete, focalizzando l'analisi sull'acting, senza trascurare la sua allure da diva iconica, capace di affascinare anche al di la' della sua bravura.


19/01/18

L'amore infelice di Cesare Pavese per Constance Dowling. Un brano da "Le rovine e l'ombra".



Questo sentimento della rovina amorosa che conduce e introduce alla morte fu incarnato nella forma perfetta di una morte scandalosa e poetica (non fate pettegolezzi... le ultime parole sul biglietto lasciato prima del suicidio) da Cesare Pavese.
   Nel capodanno del 1950,  a casa degli amici Giovanni Rubini e Alda Grimaldi, a Roma, Pavese aveva conosciuto l'attrice Constance Dowling. Giunta con la sorella Doris in Italia, a trent'anni non ancora compiuti, Constance aveva collezionato qualche apparizione in film minori e il fallimento di una relazione decennale con Elia Kazan. Umiliata da lui (aveva sperato a lungo e inutilmente che il regista si separasse dalla moglie, ma era stata liquidata anche in modo sprezzante) e alla ricerca di un improbabile riscatto, Constance si portava dietro il fascino del glamour hollywoodiano e la frustrazione del successo negato.  Pavese la rincontrò qualche mese più tardi a Cervinia e se ne innamorò perdutamente.  Le scrisse lettere piene di disperazione e dedizione, preparò soggetti nella illusione di spalancare per lei (e per la sorella) le porte per una carriera italiana.  Ma i progetti naufragarono e Constance decise di prendere un volo per l’America, con la promessa vana di tornare nel giro di due mesi.  Il 20 aprile salì sul volo per New York. Nelle settimane precedenti era diventata l'amante di Andrea Checchi, un attore conosciuto sul set dell'ultimo film (sfortunato come gli altri) girato in Italia, La strada finisce sul fiume.
   «Ho sperimentato con te «orrore e meraviglia», le scrisse Pavese in una delle lettere spedite in America,  disse di perdonarla e di perdonare «tutta questa pena che mi rode il cuore».
   Pavese percepì che questo inciampo della sua vita era quello definitivo.  Nulla lo consolava, nemmeno il premio Strega ricevuto per La bella estate la sera del 24 giugno.
   Appena due mesi più tardi, il 27 agosto il suicidio con i barbiturici nella stanza dell'Hotel Roma, in via Carlo Felice a Torino.
   Poco prima, in un solo mese, dall'11 marzo all'11 aprile, Pavese aveva scritto, proprio a Torino, le 10 poesie che compongono l'ultima raccolta dei suoi versi. Alla morte dello scrittore furono ritrovate in una cartella nella scrivania del suo ufficio alla casa editrice Einaudi.  Scritte a macchina, le poesie – otto in italiano e due in inglese – portavano titoli e date di pugno dell'autore, insieme al frontespizio e furono pubblicate in un volume postumo, nel 1951 con il titolo scelto da Pavese.

   Verrà la morte e avrà i tuoi occhi -
questa notte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola
un grido taciuto, un silenzio.

….

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
  
   Sono i celebri versi scritti il 22 marzo del 1950. Constance è forse in quello stesso momento tra le braccia di Checchi. Ma soprattutto Pavese ha raggiunto quella dolorosa consapevolezza che gli è impossibile abitare il territorio della rovina amorosa.  Quel territorio, per lui che si sente da tempo inadatto al vizio pericoloso di vivere («La felicità è qualcosa che si chiama Jo, Harry o John, non Cesare» scrive amaramente in una delle lettere destinate a Constance) è fatale, lo svuota anche del desiderio creativo, che lo ha tenuto in vita fino a quel momento.
«Le poesie sono venute con te e se ne vanno con te».
   È un territorio infido, quello delle rovine.  Che non è sempre illuminato dal sole, che è pieno di ombre e di abissi e che qualche volta fa perdere del tutto.
   Non so se Marcel si sia perduto. Non so se Pavese abbia trovato una Constance angelicata ad attenderlo, come in un film, non so se Jeanne abbia mai potuto realizzare un riscatto personale o interiore prima di lasciare la vita immaginata da Maupassant.   Quel che è certo è che da queste traiettorie di vita si apprende quanto le rovine abitino il cuore e l'interiorità, oltre che il nostro mondo, e quanto sia importante apprendere la lezione severa e illuminante che ci tramandano.