Pubblico nel giorno della scomparsa di David Sassoli, l'integrale del suo bellissimo discorso di insediamento alla carica di Presidente del Parlamento Europeo, pronunciato il 3 luglio 2019
Discorso Presidente Sassoli
Cittadine e cittadini dell’Unione europea, signore e signori
parlamentari, cari amici, colleghi, rappresentanti delle Istituzioni,
dei Governi, donne e uomini di questa Amministrazione.
Tutti voi capirete la mia emozione in questo momento
nell’assumere la Presidenza del Parlamento europeo e di essere
stato scelto da voi per rappresentare l’Istituzione che più di ogni
altra ha un legame diretto con i cittadini, che ha il dovere di
rappresentarli e difenderli. E di ricordare sempre che la nostra
libertà è figlia della giustizia che sapremo conquistare e della
solidarietà che sapremo sviluppare.
Permettetemi di ringraziare il Presidente Antonio Tajani per il
lavoro svolto in questo Parlamento, per il suo grande impegno e la
sua dedizione a questa Istituzione. Voglio anche dare il benvenuto
ai nuovi colleghi, che sono il 62% di quest’Aula, un bentornato ai
parlamentari confermati e alle donne, che rappresentano il 40% di
tutti noi. Un buon risultato, ma noi vogliamo di più.
In questo momento, al termine di una intensa campagna elettorale,
ha inizio una legislatura che gli avvenimenti caricano di grande
responsabilità perché nessuno può accontentarsi di conservare
l’esistente.
Ce lo dice il risultato elettorale, ce lo testimonia la stessa
composizione di questa Assemblea. Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione
giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale,
nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere
governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper
coniugare grande saggezza e massimo d’audacia.
Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio
pionieristico dei Padri Fondatori, che seppero mettere da parte le
ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci
un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo
e uguaglianza.
In questi mesi, in troppi, hanno scommesso sul declino di questo
progetto, alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un
triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece
di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado
di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi.
Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di
integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di
rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per
dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più
diffuso senso di smarrimento.
La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà,
dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e
fuori l’Ue.
Cari colleghi, pensiamo più spesso al mondo che abbiamo, alle
libertà di cui godiamo. E allora diciamolo noi, visto che altri a Est
o ad Ovest, o a Sud fanno fatica a riconoscerlo, che tante cose ci
fanno diversi - non migliori, semplicemente diversi - e che noi
europei siamo orgogliosi delle nostre diversità.
Ripetiamolo perché sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo
può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il
nostro modo per misurare le nostre politiche...
che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i
nostri governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il
frutto della democrazia e di libere elezioni... che nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa,
politica, filosofica... che da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare,
studiare, amare senza costrizioni...che nessun europeo può essere umiliato e emarginato per il
proprio orientamento sessuale...che nello spazio europeo, con
modalità diverse, la protezione sociale è parte della nostra identità,
...che la difesa della vita di chiunque si trovi in pericolo è un dovere
stabilito dai nostri Trattati e dalle Convenzioni internazionali che
abbiamo stipulato.
Il nostro modello di economia sociale di mercato va rilanciato. Le
nostre regole economiche devono saper coniugare crescita,
protezione sociale e rispetto dell’ambiente. Dobbiamo dotarci di strumenti adeguati per contrastare le povertà, dare prospettive ai
nostri giovani, rilanciare investimenti sostenibili, rafforzare il
processo di convergenza tra le nostre regioni ed i nostri territori.
La rivoluzione digitale sta cambiano in profondità i nostri stili di
vita, il nostro modo di produrre e di consumare. Abbiamo bisogno
di regole che sappiano coniugare progresso tecnologico, sviluppo
delle imprese e tutela dei lavoratori e delle persone.
Il cambiamento climatico ci espone a rischi enormi ormai evidenti
a tutti. Servono investimenti per tecnologie pulite per rispondere ai
milioni di giovani che sono scesi in piazza, e alcuni venuti anche in
quest’Aula, per ricordarci che non esiste un altro pianeta.
Dobbiamo lavorare per una sempre più forte parità di genere e un
sempre maggior ruolo delle donne ai vertici della politica,
dell’economia, del sociale.
Signore e Signori, questo è il nostro biglietto da visita per un mondo
che per trovare regole ha bisogno anche di noi.
Ma tutto questo non è avvenuto per caso.
L’Unione europea non è
un incidente della Storia.
Io sono figlio di un uomo che a 20 anni ha combattuto contro altri
europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la
propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie.
Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie... e so
anche che se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti ad un bicchiere di birra o di vino, non
diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della Storia.
Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore, sul sangue dei
giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia, sul
desiderio di libertà di Sophie e Hans Scholl, sull’ansia di giustizia
degli eroi del Ghetto di Varsavia, sulle primavere represse con i
carri armati nei nostri paesi dell’Est, sul desiderio di fraternità che
ritroviamo ogni qual volta la coscienza morale impone di non
rinunciare alla propria umanità e l’obbedienza non può considerarsi
virtù.
Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro
che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione
nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è
anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo
che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti
di superiorità e producono conflitti distruttivi.
Colleghe e colleghi, abbiamo bisogno di visione e per questo serve
la politica. Sono necessari partiti europei sempre più capaci di
essere l’architrave della nostra democrazia.
Ma dobbiamo dare loro
nuovi strumenti. Quelli che abbiamo sono insufficienti. Questa
legislatura dovrà rafforzare le procedure per rendere il Parlamento
protagonista di una completa democrazia europea.
Ma non partiamo da zero, non nasciamo dal nulla.
L’Europa si
fonda sulle sue Istituzioni, che seppur imperfette e da riformare, ci hanno garantito le nostre libertà e la nostra indipendenza. Con le
nostre Istituzioni saremo in grado di rispondere a tutti coloro che
sono impegnati a dividerci. E allora diciamo in quest’Aula, oggi,
che il Parlamento sarà garante dell’indipendenza dei cittadini
europei. E che solo loro sono abilitati a scrivere il proprio destino:
nessuno per loro, nessuno al posto nostro.
In quest’aula insieme a tanti amici e colleghi con molta esperienza,
vi sono anche tantissimi deputati alla prima legislatura. A loro un
cordiale saluto di benvenuto.
Ho letto molte loro biografie e mi sono convinto si tratti di una
presenza molto positiva per loro competenze, professionalità. Molti
di loro sono impegnati in attività sociali o di protezione delle
persone, e questo è un campo su cui l’Europa deve migliorare
perché abbiamo il dovere di governare i fenomeni nuovi.
Sull’immigrazione vi è troppo scaricabarile fra governi e ogni volta
che accade qualcosa siamo impreparati e si ricomincia daccapo.
Signori del Consiglio Europeo, questo Parlamento crede che sia
arrivato il momento di discutere la riforma del Regolamento di
Dublino che quest’Aula, a stragrande maggioranza, ha proposto
nella scorsa legislatura.
Lo dovete ai cittadini europei che chiedono più solidarietà fra gli
Stati membri; lo dovete alla povera gente per quel senso di umanità
che non vogliamo smarrire e che ci ha fatto grandi agli occhi del
mondo.
Molto è nelle vostre mani e con responsabilità non potete continuare
a rinviare le decisioni alimentando sfiducia nelle nostre comunità,
con i cittadini che continuano a chiedersi, ad ogni emergenza: dov’è
l’Europa? Cosa fa l’Europa? Questo sarà un banco di prova che
dobbiamo superare per sconfiggere tante pigrizie e troppe gelosie.
E ancora, Parlamento, Consiglio e Commissione devono sentire il
dovere di rispondere con più coraggio alle domande dei nostri
giovani quando chiedono a gran voce che dobbiamo svegliarci,
aprire gli occhi e salvare il pianeta.
Mi voglio rivolgere a loro: considerate questo Parlamento, che oggi
inizia la sua attività legislativa, come il vostro punto di riferimento.
Aiutateci anche voi a essere più coraggiosi per affrontare le sfide
del cambiamento.
Voglio assicurare al Consiglio e alle Presidenze di turno la nostra
massima collaborazione e lo stesso rivolgo alla Commissione e al
suo Presidente.
Le Istituzioni europee hanno la necessità di
ripensarsi e di non essere considerate un intralcio alla costruzione
di un’Europa più unita.
Tramite il Presidente del Consiglio europeo voglio rivolgere anche
un saluto, a nome di quest’Aula, ai Capi di Stato e di Governo.
Ventotto paesi fanno grande l’Unione europea. E si tratta di 28
Stati, dal più grande al più piccolo, che custodiscono tesori unici al
mondo. Tutti vengono da lontano e posseggono cultura, lingua, arte, paesaggio, poesia inimitabili e inconfondibili. Sono il nostro grande
patrimonio e tutti meritano rispetto.
Ecco perché quando andrò a visitarli, a nome vostro, non sarò mai
distratto. E davanti alle loro bandiere e ai loro inni sarò sull’attenti
anche a nome di coloro che, in quest’Aula, non mostrano analogo
rispetto.
Lasciatemi infine rivolgere un saluto ai parlamentari britannici,
comunque la pensino sulla Brexit. Per noi immaginare Parigi,
Madrid, Berlino, Roma lontane da Londra è doloroso.
Sì sappiatelo, con tutto il rispetto che dobbiamo per le scelte dei
cittadini britannici, per noi europei si tratta di un passaggio politico
che deve essere portato avanti con ragionevolezza, nel dialogo e con
amicizia, ma sempre nel rispetto delle regole e delle rispettive
prerogative.
Voglio salutare i rappresentanti degli Stati che hanno chiesto di
aderire all’Unione europea. Il loro percorso è avviato per loro libera
scelta. Tutti capiscono quanto sia conveniente far parte dell’Unione.
Le procedure di adesione proseguono e il Parlamento si è detto più
volte soddisfatto dei risultati raggiunti.
Infine, un in bocca al lupo a tutta l’amministrazione e ai lavoratori
del Parlamento.
Ci siamo dati un obbiettivo nella scorsa legislatura: far diventare il
Parlamento europeo la Casa della democrazia europea. Per questo abbiamo bisogno di riforme, di maggiore trasparenza, di
innovazione. Molti risultati sono stati raggiunti, specie sul bilancio,
ma questa legislatura deve dare un impulso maggiore.
Per fare questo c’è bisogno di un maggior dialogo fra parlamentari
e amministrazione e sarà mia cura svilupparlo.
Care colleghe e cari colleghi, l’Europa ha ancora molto da dire se
noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni
della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento
ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità.
Sono sicuro che tutti voi saprete dare il necessario contributo per
un’Europa migliore che può nascere con noi, con voi, se sapremo
metterci cuore e ambizione.
Grazie e buon lavoro.
David Sassoli