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12/01/18

La storia e le storie di Ponte Vecchio in un nuovo libro.



E' stato speciale palcoscenico di concerti, passerella per sfilate d'alta moda, set di capolavori del cinema, tappa del giro d'Italia nel 1979, location di un particolare torneo di golf sull'acqua dell'Arno e tribuna per surreali partite di calcio storico giocate sul fiume ghiacciato (fin dal '400). 

Il Ponte Vecchio, tra le più celebri icone dell'architettura e di Firenze, porta sul dorso quasi 7 secoli anni di vita: a raccontarne gli aneddoti e' Marco Ferri, nellibro 'Storie e leggende del Ponte Vecchio' (pp. 93, AngeloPontecorboli editore, 9,80 euro). 

Progettato come ponte fortificato da Taddeo Gaddi e inaugurato nel 1345, in 700 anni il ponte ha mostrato una tempra incredibile, resistendo a 53 alluvioni, inclusa quella del '66, e a innumerevoli guerre, salvandosi pure, unico ponte fiorentino, dai bombardamenti nazisti. 

Dopo averlo fatto minare, nel 1944, pare che lo stesso Hitler, che sei anni prima vi si era affacciato sopra insieme a Mussolini dai finestroni del sovrastante Corridoio vasariano, all'ultimo minuto volle risparmiarlo. 

Sul ponte nel 2008 si e' esibito Lucio Dalla, per un live dedicato a Benvenuto Cellini; Roberto Cavalli e Stefano Ricci sono solo due degli stilisti che in questi anni lo hanno voluto come teatro dei loro eventi; il grande schermo se lo e' conteso, girandovi pellicole come Amici Miei di Mario Monicelli, Camera con vista di James Ivory, e, in tempi piu' recenti, Hannibal di Ridley Scott e Inferno di Ron Howard.

Il Ponte Vecchio e' stato persino al centro di una bufera diplomatica internazionale, quando, nel 1925, lo scrittore Edward Hutton scrisse per burla una lettera all'Observer con cui fece credere all'intera Inghilterra che il Consiglio comunale fiorentino aveva deciso la distruzione del celebre ponte per far passare il tram elettrico sull'Arno

Marco Ferri, giornalista e storico fiorentino, e' responsabile comunicazione della Fondazione Zeffirelli. Da trent'anni si occupa di cultura e spettacoli: ha scritto per il Giornale della Toscana e collaborato con varie testate, tra le quali National Geographic. Tra il 2012 e il 2016 ha curato la comunicazione della Galleria degli Uffizi. 

29/11/17

Apre a Roma la più grande mostra mai realizzata su Traiano, l'imperatore che portò l'Impero Romano alla sua massima espansione.



L’8 agosto di 1900 anni fa moriva l’imperatore Traiano. 

Una grande mostra lo celebrerà presso i Mercati di Traiano dal 29 novembre 2017

L’8 Agosto del 117 d.C. moriva Marco Ulpio Nerva Traiano, l’optimus princeps che portò l’impero romano alla sua massima estensione. 

Cosa significa costruire un Impero? E in che relazione sta l’Impero Romano con l’Europa attuale? Politica, economia, welfare, conquiste militari ottenute senza esclusione di colpi; inclusione di popolazioni diverse sotto un unico Stato che governa con leggi che ancora oggi sono alla base della giurisprudenza moderna; la buona amministrazione, influenzata anche da donne capaci, “first ladies” autorevoli; campagne di comunicazione e capacità di persuasione per ottenere il consenso popolare attraverso opere di pubblica utilità, “magnificentia publica” e lusso privato, ma discreto. 

Non è la trama di una fiction, né il programma di qualche politico, ma la traccia della mostra Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa, ideata da Claudio Parisi Presicce e a cura di Marina Milella, Simone Pastor e Lucrezia Ungaro per celebrare la ricorrenza dei 1900 anni dalla morte dell’imperatore che ha portato l’Impero alla sua massima espansione

Ancora, è ospitata presso la via Biberatica anche “Columna mutãtio – LA SPIRALE”, un’installazione monumentale di arte contemporanea, ideata dall’artista Luminiţa Țăranu, che racconta la “mutazione” di significato della Colonna di Traiano nel volgersi della storia. 

TRAIANO, imperatore costruttore La mostra sarà caratterizzata dal racconto della vita “eccezionale” di un uomo “ordinario”, significativamente racchiusa in un “titolo” coniato per lui, optimus princeps, ovvero il migliore tra gli imperatori. Colui che seppe riportare gioia tra i romani! come ricordato dallo storico Plinio il Giovane, suo contemporaneo Traiano ci ha ordinato di essere felici e noi lo saremo. 

LA MOSTRA Il “racconto” della mostra si sviluppa attraverso statue, ritratti, decorazioni architettoniche, calchi della Colonna Traiana, monete d’oro e d’argento, modelli in scala e rielaborazioni tridimensionali, filmati: una sfida a immergersi nella grande Storia dell’Impero e nelle storie dei tanti che l’hanno resa possibile. II percorso espositivo si snoda attraverso 7 sezioni a partire dalla morte di Traiano, avvenuta in Asia Minore e, unico caso della storia romana, celebrata con trionfo nella capitale insieme alle sue gesta

Si prosegue con la contrapposizione tra le cruente campagne nella Dacia (parte dell’attuale Romania) e le grandi opere realizzate con la pace, dal ruolo delle donne della famiglia (vero “braccio destro” dell’imperatore per la politica sociale) agli spazi privati, fino alla “fortuna” della figura di Traiano dopo l’antichità, dovuta alla sua fama di uomo giusto, il più “cristiano” tra i pagani, decoroso e caritatevole

L’APPARATO MULTIMEDIALE Una mostra immersiva grazie alle nuove tecnologie e allo storytelling, protagonisti anch’essi dell’allestimento e dei contenuti. I visitatori si troveranno immersi nel mondo di Traiano. L’ imperatore, o meglio il suo fantasma, impersonato da un attore, introdurrà alla vita dell’optimus princeps. Profumi, petali e il rumore della folla daranno al visitatore le stesse sensazioni che il popolo di Roma provava durante un trionfo; stele di soldati si animeranno per mostrare gli affanni del vivere e del morire dei legionari impegnati nelle guerre di conquista di Traiano; si ascolteranno la descrizione dei nemici di Roma, i barbari - antagonisti prima, protagonisti poi delle sorti dell’impero - e le voci delle donne della famiglia reale, impegnate nel sociale e imprenditrici. E, ancora, grazie alla realtà aumentata e a video immersivi rivivranno i monumenti traianei e il fuoco delle fiamme da cui Traiano venne salvato per intercessione di Gregorio Magno.

 La mostra si avvarrà anche delle installazioni multimediali e interattive che sono state realizzate grazie alle collaborazioni che la Sovrintendenza Capitolina ha attivato, a scopi di ricerca, studio e divulgazione con la Duke University, Department of Classical Studies, Dig@Lab, con il coordinamento scientifico di M. Forte, la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando (Madrid, Spagna), Laboratorio de Humanidades Digitales con il coordinamento di J. M. Luzon, la Divisione ICT del Dipartimento di Tecnologie Energetiche dell’ENEA nell’ambito del progetto CO.B.R.A. (COnservazione dei Beni culturali, con l’applicazione di Radiazioni e di tecnologie Abilitanti), responsabile A. Quintiliani. 

Traiano. 
Costruire l’Impero, creare l’Europa 
29/11/2017 - 16/09/2018 

Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali 
Catalogo: De Luca Editori d’Arte Informazioni 
Luogo Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali 
Orario Dal 29 novembre 2017 al 16 settembre 2018 Tutti i giorni 9.30 - 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima) 24 e 31 dicembre ore 9.30-14.00 Giorni di chiusura: 1 Gennaio, 1 Maggio, 25 dicembre 


25/11/17

L'incredibile mistero della Piramide di Cheope: "Nelle stelle la mappa verso il trono".


E' scritta nelle stelle, la soluzione al mistero della cavita' della piramide di Cheope appena scoperta grazie alla 'radiografia' ai raggi cosmici: al suo interno potrebbe custodire il trono di 'ferro' del faraone, ovvero il sedile del corredo funerario realizzato con il ferro portato sulla Terra dai meteoriti.

A sostenere questa ipotesi, basata sullo studio degli antichi testi delle piramidi, e' l'archeoastronomo Giulio Magli del Politecnico di Milano, che con un articolo pubblicato sul sito ArXiv suggerisce di tentare una nuova esplorazione nella tomba con l'ausilio di mini 'Indiana Jones' robotici

L'idea, alquanto suggestiva, ha preso corpo dopo il clamore suscitato nei giorni scorsi dalla scoperta della cavita' della piramide, annunciata su Nature dall'equipe del progetto ScanPyramids. 

"Valutando la statica della struttura, e' chiaro che questa camera non poteva avere una funzione di scarico del peso, come invece avevano suggerito alcuni egittologi", spiega Magli all'ANSA. La radiografia fatta con i muoni, particelle prodotte dallo scontro dei raggi cosmici con l'atmosfera, "ha evidenziato che la cavita' si trova lungo l'asse Nord-Sud della piramide, e questo ha un particolare significato simbolico. 


Secondo gli antichi testi - ricorda l'archeoastronomo - l'anima del faraone defunto avrebbe preso il suo posto fra le stelle che non muoiono mai (quelle circumpolari delle costellazioni dell'Orsa e del Drago) dopo aver attraversato le porte del cielo

Due porticine sono state gia' identificate nella piramide: quella del condotto Sud (un quadrato di appena 20 centimetri per lato) non porta a nulla, mentre quella del condotto Nord e' ancora inesplorata. È probabile che comunichi con la nuova camera, dove si potrebbe trovare il trono su cui il faraone avrebbe dovuto sedersi fra le stelle"

 Anche la madre di Cheope, la regina Hetepheres I, si era fatta realizzare un trono, "una sedia bassa, fatta di legno di cedro ricoperto di lamine d'oro", spiega Magli. "E' dunque probabile che anche il trono del figlio sia una piccola sedia di legno, adornata pero' con lamine di ferro". Puo' lasciar sgomenti l'idea che un elemento cosi' importante del corredo funerario fosse fatto di un metallo cosi' semplice: in effetti non si trattava di ferro comune, ma di ferro venuto 'del cielo'.


 "Al tempo di Cheope non c'era alcun tipo di attivita' estrattiva del ferro, dunque - precisa l'esperto - l'unico che gli egizi conoscevano era quello portato sulla Terra dai meteoriti: lo fondevano per produrre piccoli oggetti rituali. 

Anche la lama del pugnale di Tutankhamon era fatta di ferro meteoritico, come ha dimostrato un recente studio internazionale a cui ha partecipato il Politecnico di Milano"

 Per scoprire se questo trono del cielo e' davvero nascosto nel cuore della piramide, "bisognerebbe usare dei piccoli robot esploratori, capaci di addentrarsi in cunicoli grandi pochi centimetri. E' una vita che aspettiamo, ma la decisione - conclude Magli - spetta solo alle autorita' egiziane".

07/11/17

"Fermati o Sole!" Uno degli episodi più celebri della Bibbia spiegato da una Eclissi ?



Riecheggiata per millenni, la frase del condottiero israelita Giosuè: "Fermati, o sole" e' stata adesso esaminata da esperti di archeologia, di linguistica, di fisica e di astronomia che ritengono di poter finalmente stabilire il giorno in cui quelle parole potrebbero essere state pronunciate

Correva il 30 ottobre 1207 a.C quando chi si trovava nella valle di Ayalon (a nord ovest di Gerusalemme) resto' impietrito perché' allora la luna andò sovrapporsi al sole in quella che oggi viene definita una eclissi solare anulare

Mesi fa questa tesi era stata avanzata da tre ricercatori dell'Universita' di Beer Sheva (Hezi Yitzhak, Daniel Weinstaub e Uzi Avner). 

Adesso, aggiorna il Times of Israel, anche un team della Universita' di Cambridge e' arrivato alla medesima conclusione dopo essere andato a ritroso del tempo alla ricerca di fenomeni celesti che potevano essere osservati ad occhio nudo nella terra di Canaan in un periodo compreso fra il 1500-1000 avanti Cristo. 

Grazie a computer sofisticati - i ricercatori israeliani si sono rivolti alla Nasa - è stato possibile identificare la eclissi anulare del 1207 e proporre cosi' un contesto preciso alla narrazione biblica

Le truppe di Giosué avevano marciato tutta la notte per risalire i mille metri di dislivello e i 30 chilometri di distanza fra Ghilgal (valle del Giordano) e la alleata Ghivon, a nord di Gerusalemme. 

Di fronte avevano una agguerrita coalizione di Amorei, ostili a Ghivon. 

All'alba Giosué avanzo' verso Beit Horon. Poi discese la valle di Ayalon (oggi vi passa la Highway 443 Gerusalemme-Tel Aviv, a ridosso della Cisgiordania) diretto verso le località nemiche di Azeca e Yarmut. 

Gli Amorei erano in rotta: ma bisognava assolutamente sbaragliarli prima che col favore delle tenebre potessero trovare nascondigli, poiche' conoscevano bene il terreno. Occorrevano altre ore di luce. 

Qui giunse la invocazione: 'Sole fermati in Ghivon e tu, Luna, sulla valle di Ayalon'. 


E il Sole - si legge nella Bibbia - si fermo' a meta' del cielo e "non si affretto'" a tramontare

 Se le parole attribuite a Giosue' riflettono una osservazione reale, ha notato un ricercatore britannico citato dal Times of Israel, "allora in quel momento stava avvenendo un importante evento astronomico"

I ricercatori israeliani e britannici si sono soffermati in particolare sul doppio significato della parola ebraica 'dom' del testo biblico. Oltre che 'fermarsi' puo' indicare anche un affievolimento ('dimdum') della luce. Forse appunto una eclissi anulare. 

L'unica che poteva essere osservata da Giosue', secondo questi ricercatori, avvenne nel 1207 a.C. 

 Sul web, come spesso avviene in questi casi, c'e' chi ostenta una dose di scetticismo. In particolare viene fatto notare che nel versetto in questione il Sole e' sopra Ghivon mentre la Luna e' sulla valle di Ayalon. Non danno l'idea di essere sovrapposti. 

Ma come questi versetti biblici, anche la 'teoria dell'eclissi' viene riproposta periodicamente e forse e' destinata a restare sospesa a mezz'aria appunto come il Sole, quel giorno di tre millenni fa sopra Ghivon. 

08/07/17

L'incredibile vicenda di Sebastiano Caboto, esploratore veneziano del '500 in un nuovo libro.



A Sebastiano Caboto, l'esploratore veneziano che nel 1526 intraprese per conto del re di Spagna un importante viaggio lungo le coste e alcuni fiumi del continente sudamericano, e' dedicato un libro

Lo ha scritto Gherardo La Francesca, gia' ambasciatore d'Italia in Brasile, "Sebastiano Caboto. Storia di un viaggio nel cuore profondo del continente sudamericano" e' la fedele ricostruzione storica della spedizione geografica diretta dal navigatore italiano attraverso l'Oceano Atlantico, per risalire oltre milleduecento chilometri lungo il corso dei grandi fiumi latinoamericani e penetrare nel cuore profondo e sconosciuto del continente

La storia, ricostruita con l'ausilio di un prezioso repertorio documentale e corredata da 74 riproduzioni di altrettante mappe, documenti, stampe e strumenti nautici del XVI e del XVII secolo, segue le varie tappe del viaggio del navigatore italiano che, partendo dal porto andaluso di San Lucar de Barrameda al comando di quattro navi, dopo una sosta nelle isole Canarie che allora costituivano l'ultimo avamposto del mondo conosciuto, si addentro' nelle acque ancora quasi inesplorate dell'Oceano Atlantico. 

Popolate, secondo leggende ancora assai diffuse, da mostri marini e caratterizzate da acque ribollenti, interminabili calme e improvvise violentissime tempeste. 


"A rileggere il resoconto della spedizione Caboto - ha affermato Pierangelo Campodonico, direttore del Galata Museo del Mare - vengono in mente le pagine di Cuore di tenebra di Joseph Conrad: anche qui, si puo' dire che dentro il cuore dell'uomo bianco si annida un demone insaziabile. La risalita del Parana', come quella del fiume conradiano, e' in realta' una discesa agli inferi, un viaggio nell'alterita'. Stupisce questa capacita' di adattamento dell'uomo che ha respirato l'aria del Rinascimento, di adattarsi e di sentirsi a suo agio in ogni contesto

"La Francesca - sottolinea la professoressa Maria Rosaria nella presentazione del libro - attinge alla sua personale esperienza di esperto navigatore per spiegare le difficolta' e i problemi tecnici legati all'attraversata atlantica e all'esplorazione di Caboto: distanze in miglia, nodi, venti, correnti marine, tipologie e limiti delle imbarcazioni"

L'autore infatti con la sua barca, costruita a Taiwan, chiamata Pulcinella, ha attraversato il Mar della Cina Meridionale, lo stretto di Malacca, l'Oceano Indiano, il Mar Rosso, il Mediterraneo e da ultimo nel 2014 l'Oceano Indiano. Il volume, e' uscito per la prima volta nel 2015 in Paraguay e ora in traduzione italiana. La Francesca e' nato a Roma nel 1946. Laureato in Giurisprudenza, e' stato diplomatico in Grecia, Egitto, Giappone, Argentina, Cipro e Brasile. 

03/07/17

Fu la Malaria a fermare Attila ? Scoperte affascinanti lungo il Tevere.





Potrebbe essere stata la presenza di una vasta area infestata dalla malaria nella zona dell'attuale Lugnano in Teverina tra i motivi principali che hanno arrestato l'avanzata di Attila, re degli Unni, verso Roma: e' al momento solo una teoria storico-scientifica, ma su di essa stanno lavorando, per cercare di approfondire tutti gli aspetti e trarne un quadro definitivo, gli archeologi di Stanford University, Yale University e Universita' dell'Arizona, impegnati negli scavi nella necropoli di Villa Gramignano. 

Le ricerche potrebbero così dare una risposta a uno dei misteri più resistenti della storia, sul perché cioè, nel 410 durante la sua travolgente invasione dell'Italia, dal Nord al Sud, Attila decise di fermarsi, di tornare indietro, risparmiando così Roma dai suoi saccheggi. 

Ricerche che non e' escluso possano fornire elementi importanti ed utili anche per la ricerca medica, in particolare proprio sulla malaria

Nella necropoli dei bambini, cosi' conosciuta al mondo scientifico, e' stata infatti gia' da tempo scoperta la presenza di numerosi infanti morti a causa di un ceppo della malattia, il plasmodium falciparum, che provoco' molti decessi in poco tempo

"Quelle fatte a Poggio Gramignano sono scoperte eccezionali" ha detto durante la presentazione nella sede della Provincia di Terni dei risultati della campagna di scavi 2016, il sindaco di Lugnano, Gianluca Filiberti. 

 "Cio' che gli archeologi stanno cercando - ha continuato - e' una maggiore e definitiva certezza su cio' che si e' gia' trovato per un sito che potrebbe essere stato molto importante anche a livello storico". 

 La campagna di scavi 2016, svolta dall'equipe coordinata dal professor David Soren, ha proseguito il lavoro avviato sul sito tra la fine degli anni '80 e il 1992, che aveva portato alla luce i principali ambienti abitativi di una villa di epoca romana riutilizzata come necropoli a partire dalla meta' del V secolo d.C., da cui emersero i resti di 47 bambini morti. 

 I nuovi scavi hanno indagato una sezione della necropoli scavata solo parzialmente durante le passate campagne, permettendo di applicare le nuove tecniche d'avanguardia, per individuare piu' facilmente le prove di malaria. 

Oltre ai materiali fittili e ceramici e ai resti delle strutture murarie crollate, gli strati scavati hanno restituito un'abbondante presenza di ossa animali. La campagna di scavi del 2017 - e' stato spiegato stamani - continuera' sul progetto in itinere dallo scorso anno con la speranza di poter trovare sia ulteriori insediamenti relativi alla villa, sia per quanto riguarda la necropoli di bambini alla quale potrebbe aggiungersi quella degli adulti, vista l'epidemia malarica che causo' la morte dei piccoli. 

30/06/17

Scoperti tessuti colorati 3.000 anni fa nella Timna Valley in Israele.



Archeologi israeliani hanno scoperto frammenti di tessuto di lana, tinti di rosso e blu, risalenti a circa 3mila anni fa. 

La scoperta e' avvenuta nella Valle di Timna, nel deserto dell'Arava nel sud del paese, durante scavi cominciati nel 2013

Nella zona - una delle piu' belle di Israele - erano attive 1100 anni prima della nascita di Cristo le Miniere di rame di Re Salomone (suo il Regno dell'epoca) e i frammenti di tessuto si sono preservati cosi' a lungo grazie al clima arido del luogo. 


La scoperta - hanno sostenuto gli studiosi Naama Sukenik delle Antichita' israeliane e Erez Ben-Yosef dell'Universita' di Tel Aviv che hanno lavorato con un team di ricercatori di quella di Bar-Ilan - e' una delle prime testimonianze dell'uso in Israele e nel Mediterraneo dell' est di colori tratti dalle piante

Secondo i ricercatori i minatori erano autorizzati a usare abiti colorati come emblema del loro alto status. 

L'analisi dei tessuti ha indicato per il rosso l'uso delle radici della Robbia (Rubia Tinctorum), mentre per il blu il Guado (Isatis Tinctoria). Entrambe le piante sono ben conosciute fin dall'antichita' e sono state adoperate fino all'avvento dei tessuti sintetici. 

27/06/17

Dal 29 giugno al 2 luglio a Leonessa, il tradizionale, antichissimo Palio del Velluto.




“Ora iniziava l’ascesa dell’alta catena di monti, che limita da un lato la valle reatina, e che è nota in tutta la Campagna di Roma col nome di Montagna di Lionessa, in quanto prende il suo nome dal territorio del piccolo centro.
Salendo lentamente a zig-zag sulla montagna, la magnificenza della vista cresce ad ogni passo: l’intera valle di Rieti, con gli innumerevoli laghi, la gola di Terni e, ancora più su, le colline di Spoleto e le pianure al di là di esse.
C’è una soddisfazione doppia nel percorrere una terra, che per tanto tempo hai visto solo da lontano (infatti io avevo disegnato spesso le montagne di Leonessa dalla Campagna Romana e da anni non vedevo l’ora di visitarle), e nello scoprire, passo dopo passo, le reali fattezze di una conoscenza tanto vecchia.”
Edward Lear,
in La Sabina Reatina di Edward Lear, Vincenzo Di Flavio.

Era il 1844 quando Edward Lear, il disegnatore grand turista inglese, arrivava a Leonessa. Come lui, dovremo ogni qual volta guardare in alto e dalla capitale scoprire che ci sono molti mondi che uno non immagina e che in qualche modo sono legati a Roma. 

Da Leonessa sono partiti molti dei pastori che poi si sono istallati a Roma e hanno aperto bottega nei quartieri storici di Pantheon, Piazza Navona o Campo de Fiori. 

La storia di questa cittadina, nascosta dietro al Monte Terminillo sull’omonimo altopiano, ha le sue radici nel 1278, quando Carlo d’Angiò stava operando una ristrutturazione del confine tra Regno di Napoli, Ducato di Spoleto e Stato della Chiesa

In quei anni si operava una autentica rivoluzione industriale. Fino ad allora, la pratica corrente era stata di “macchiare” le montagne, ovvero guadagnare spazi per l’agricoltura anche in terreni poco produttivi, ma rendendosi conto del fallimento di questa operazione, i grandi signori che possedevano i territori montani del Lazio, così come avvenne in tutta Europa, decisero di abbandonare le macchie (al punto che oggi macchia ha il significato opposto di quello che aveva allora) e di dedicare quelle aree all’allevamento pastorale. 

Così, oltre all’industria della carne e del latte, la salumeria e la produzione casearia, ci si trovò a poter gestire immense quantità di lana.

Leonessa, così come Firenze, Perugia, Mantova e come le grandi città delle Fiandre e della Champagne, diventò, seppur piccola, un centro di produzione di lana e stoffe. La pianta della città, con i suoi viali spaziosi, serviva proprio a facilitare la logistica di questa industria medievale. Con sbocchi naturali nei mercati di Ascoli, Farfa e Roma, questo fu un periodo di particolare prosperità per la città. 

E’ di questo periodo che data il Palio del Velluto,  allora chiamato “Palium Sancti Petri”, l’antica fiera franca in onore di San Pietro, istituita nel 1464 e abolita nel 1557 dal Governatore dell’Abruzzo don Alessandro Oliva in seguito alla morte di quattro abitanti durante gli scontri tra sesti. Il Palio, infatti, che durava una settimana e eccezionalmente permetteva ai mercanti di non pagare le tasse sulle merci che vendevano, vedeva i rappresentanti dei sei rioni di Leonessa, i “sesti”, competere in gare di vario genere. 

Oggi la manifestazione è stata collegata anche alla tradizione della tessitura locale (il velluto) e all’ingresso solenne in città di Margherita d’Austria, detta “Madama” (da lei prende nome anche Palazzo Madama a Roma), che fu figlia naturale dell’imperatore Carlo V e governatrice di Leonessa nel Cinquecento.

Se volete assistere oggi alla corsa all’anello e le altre gare d’epoca, al corteo dei sesti con le madonne, le dame e cavalier, i tamburini e gli sbandieratori, bisogna recarsi a Leonessa dal 29 giugno al 2 luglio. A voi il programma:

26/04/17

Riapre il Castello di Santa Severa. Dal 12 maggio, un centro permanente per la Lettura e i Libri.






"Amo il Castello di Santa Severa, come tutti i cittadini che l'hanno visto, magari soltanto da fuori, perchè per anni è stato praticabile, visibile e godibile soltanto a tratti, per brevi periodi di tempo. E' un luogo incantevole che unisce cultura e natura, un castello sfiorato dal mare, benedetto dalla musica ininterrotta della risacca, ricco di giardini e cortili, di una cappella affrescata e torrette e saloni e scavi archeologici..." 

Lo dichiara in una nota Lidia Ravera, assessore alla Cultura e Politiche giovanili della Regione Lazio.

"E' bello sapere - aggiunge Ravera - che sarà a disposizione dei cittadini e dei turisti e dei viaggiatori. Sempre. Il 12 maggio, insieme al Centro per il Libro, incominceremo a riempire questo spazio affascinante di bambini e ragazzi e attori e personalità del mondo dello spettacolo, per il primo "Festival della lettura ad alta voce". 

 Ogni capoluogo della Regione Lazio ha selezionato, fra 350 studenti delle medie inferiori e superiori e alunni delle elementari, i più bravi a leggere "forte", alcune belle pagine di tre romanzi, due classici e un contemporaneo. 

Sono 30 i prescelti, tutti fra gli 8 e i sedici anni. Si affronteranno in 15 coppie. I vincitori riceveranno 10 libri, per incominciare a costruirsi una libreria. 

Padrino della manifestazione e presidente della giuria: l'attore Pietro Sermonti, Allenatore dei ragazzi alla recitazione, il regista Roberto Gandini. Il Castello di Santa Severa, così maestoso, così carico di storia, sarà attraversato dalle parole della lettura e dalla creatività dei più giovani. Tornerà a vivere".

Il Castello di Santa Severa è una delle più importanti aree di interesse storico archeologico sulla costa tirrenica a nord di Roma

Esso sorge sul sito di Pyrgi, la città portuale collegata all’antica Caere, attuale Cerveteri fondata tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C. nell’area dove oggi sorge il Castello di Santa Severa

La città etrusca di Pyrgi si sviluppava tutto intorno al porto per una estensione di circa 10 ettari, comprendente oltre all’area oggi occupata dal borgo castellano anche l’ area del santuario situato all’estremità meridionale (oggetto di scavo da parte dell’Istituto di Etruscologia dell’Università la Sapienza di Roma ormai da più di cinquant’anni). 

 Durante il corso del III secolo a.C. con la romanizzazione del territorio costiero, su parte dell’abitato etrusco venne fondato il castrum romano di Pyrgi, circondato da possenti mura in opera poligonale

Il sito fu probabilmente abitato senza interruzioni fino alla tarda antichità (IV – V sec. d.C.) ed è proprio grazie alla continuità di vita sui resti del castrum romano che in epoca medievale si formò il borgo conosciuto come Castellum Sanctae Severae

 Il Castello vero e proprio venne costruito nel XIV secolo ed il borgo si formò man mano con varie fasi di edificazione nel corso del XV – XVI secolo

Nel corso dei secoli la proprietà del Castello passò attraverso vari proprietari finché nel 1482 divenne un possedimento dell' Ordine del Santo Spirito che ne fu proprietario per ben cinquecento anni, fino al 1980

Oggi la proprietà del complesso monumentale appartiene alla Regione Lazio che ne ha affidato la gestione al Comune di Santa Marinella.


fonte askanews e provincia di Roma

22/03/17

"Pompei e i Greci", dal 12 aprile, una grande imperdibile mostra.





La mostra, curata dal Direttore generale Soprintendenza Pompei Massimo Osanna e da Carlo Rescigno (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli), è promossa dalla Soprintendenza Pompei con l’organizzazione di Electa. 

Pompei e i Greci racconta le storie di un incontro: partendo da una città italica, Pompei, se ne esaminano i frequenti contatti con il Mediterraneo greco.

Seguendo artigiani, architetti, stili decorativi, soffermandosi su preziosi oggetti importati ma anche su iscrizioni in greco graffite sui muri della città, si mettono a fuoco le tante anime diverse di una città antica, le sue identità temporanee e instabili.

Sono oltre 600 i reperti esposti tra ceramiche, ornamenti, armi, elementi architettonici, sculture provenienti da Pompei, Stabiae, Ercolano, Sorrento, Cuma, Capua, Poseidonia, Metaponto, Torre di Satriano e ancora iscrizioni nelle diverse lingue parlate -greco, etrusco, paleoitalico-, argenti e sculture greche riprodotte in età romana.

La mostra nasce da un progetto scientifico e da ricerche in corso che per la prima volta mettono in luce tratti sconosciuti di Pompei; gli oggetti, provenienti dai principali musei nazionali e europei, divisi in 13 sezioni tematiche, rileggono con le loro ‘biografie’ luoghi e monumenti della città vesuviana da sempre sotto gli occhi di tutti.

L’allestimento espositivo, che occupa gli spazi della Palestra Grande di Pompei, è progettato dell’architetto svizzero Bernard Tschumi e include tre installazioni audiovisive immersive curate dallo studio canadese GeM (Graphic eMotion).

La grafica di mostra e la comunicazione sono disegnate dallo studio Tassinari/Vetta. Pompei e i Greci illustra al grande pubblico il fascino di un racconto storico non lineare, multicentrico, composto da identità multiple e contraddittorie, da linguaggi stratificati, coscientemente riutilizzati: il racconto del Mediterraneo.

Una narrazione che suggerisce non da ultimo, un confronto e una riflessione con il nostro contemporaneo con il suo dinamismo fatto di migrazioni e conflitti, incontri e scontri di culture.

La mostra di Pompei è la prima tappa di un programma espositivo realizzato congiuntamente con il Museo Archeologico di Napoli: qui, a giugno, si inaugurerà una mostra dedicata ai miti greci, a Pompei e nel mondo romano, e al tema delle metamorfosi.


Pompei e i Greci
sede Pompei, Palestra Grande 
orari aperto tutti i giorni dal 14 aprile al 31 ottobre dalle 9.00 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18) 
1-27 novembre dalle 9 alle 17 (ultimo ingresso alle 15.30) 
chiuso 1 maggio

01/01/17

Il Sentimento Romantico come risposta al disincanto: una conferenza il 10 gennaio a Roma !




Martedì 10 gennaio 2017 il Comitato "Dante" di Roma invita a partecipare alla conferenza “Il sentimento romantico come risposta al disincanto”. 

La lezione, a cura della dottoressa Fulvia Strano, inserita nel ciclo predisposto per l’anno sociale 2016/2017 su “La pittura in Italia e in Europa nel secolo XIX, si svolgerà a Palazzo Firenze (Piazza di Firenze, 27 – Roma) e avrà inizio alle ore 17. 

La delusione prodotta dalla caduta di Napoleone e dalla Restaurazione degli antichi privilegi nella società europea innesca un fenomeno, largamente condiviso dalla generazione di artisti attivi tra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento, di progressivo ripiegamento su una dimensione più intimistica e soggettiva della storia

All’adesione filologica al passato e agli ideali della classicità, si sostituisce un approccio sentimentale che, in modi diversi a seconda delle differenti culture in ambito europeo, determina una varietà di espressioni artistiche in cui prevale la visione soggettiva ed emozionale del racconto, in una sorta di isolamento eroico dell’artista nei confronti della committenza e del pubblico.

 Al Romanticismo tedesco, caratterizzato da una forte spinta verso la dimensione assoluta del sublime, la Francia contrappone un maggiore interesse per l’attualità storica in chiave di realismo pittorico. In Italia, complice anche la cultura cattolica di cui è permeato l’ambiente sociale, si predilige una deriva più intimista e incline alla dimensione familiare e domestica, andando a ricercare nel Medioevo le matrici di riferimento del nuovo linguaggio artistico

Nasce così il fenomeno del Purismo, attorno ad alcune figure di letterati (Antonio Bianchini) e artisti (Tommaso Minardi, Pietro Tenerani, Friedrich Overbeck) che reagiscono al rigore accademico neoclassico promuovendo un ritorno all’arte del Trecento e Quattrocento, espressione di una religiosità pura, capace di trasmettere sentimenti di profonda spiritualità in una forma lineare e didascalica

Molte le assonanze con i Nazareni, artisti tedeschi già attivi a Roma nel secondo e terzo decennio del secolo e dei quali fa parte lo stesso Overbeck; ma anche con i Preraffaelliti inglesi che pure muoveranno da posizioni simili a quelle dei puristi. 

Ciò che accomuna tutte queste esperienze e caratterizza il linguaggio di una intera generazione di artisti è il cambio di prospettiva operato nei confronti della storia, di cui si cercano ora le molte matrici culturali legate a momenti e luoghi diversi, secondo una visione particolare e non più assoluta del Bello, come era stato invece per gli ideali etici ed estetici del Neoclassicismo. Emblematica la figura di Francesco Hayez, artista romantico per eccellenza, che incarna la nuova sensibilità in una poetica pittorica di straordinaria forza e bellezza, in cui appaiono evidenti i richiami alla letteratura e al melodramma

06/12/16

Dadi truccati romani e una trottola etrusca in mostra a Perugia.





C'e' anche una copia di dadi truccati di epoca romana, quando cioe' i giochi d'azzardo erano proibiti per ragioni di ordine pubblico, tra gli oggetti in mostra, a partire da mercoledi' prossimo 7 dicembre (alle 17 l'inaugurazione) al Museo archeologico nazionale dell'Umbria, a Perugia, nella rassegna dal titolo 'Giochi da museo'. 

Di particolare rilievo una piccola e rarissima trottola di epoca etrusca, in ceramica, dotata all'interno di piccoli sassi, tali da generare suoni durante la rotazione


Vi saranno esposti - annuncia un comunicato degli organizzatori - giocattoli antichi e moderni, insieme ad per adulti legati al gioco d'azzardo. 

Oltre quelli del Museo archeologico nazionale dell'Umbria, una serie di reperti riferibili al gioco in generale provengono dalla collezione Sambon di Milano, dal Museo del Vino di Torgiano e dai musei civici di Reggio Emilia, che hanno fornito uno straordinario corredo funerario composto da suppellettili in miniatura; una vera e propria casa di bambola, appartenuta ad una fanciulla, Iulia Graphis, morta in giovane eta'. 

Ci sono anche bambole snodabili in osso, pedine, animaletti e rappresentazioni di attivita' ludiche nei vasi dipinti. 

L'esposizione si avvale inoltre di inserimenti di epoca moderna, forniti dal Museo del giocattolo di Perugia, a suggerire nessi di continuita' con un'attivita' umana sostanzialmente immutata, almeno fino all'avvento delle realta' virtuali, tipiche dei giochi elettronici. Infine la rassegna ospita anche materiali provenienti dalle zone colpite dal sisma. 

 La mostra restera' aperta fino al 17 aprile prossimo.

15/04/16

Il libro del giorno: "Il legno storto dell'umanita' " di Isaiah Berlin.




Ormai un classico, sempre ristampato da Adelphi: 

Otto saggi scritti da Berlin tra il 1959 e il 1990, sulla rivoluzione delle idee, dal 1792 (la rivoluzione principe) ad oggi. 

Il nostro evo, da Platone in poi, si è basato su concezioni universali della storia universale: tutti gli uomini sono legati da una stessa radice e da uno stesso destino.  L'età dell'oro è alla portata, se l'uomo saprà superare gli ostacoli che egli stesso ha disseminato lungo la sua strada, aprendo le porte al vizio, al peccato, all'egoismo. 

Nell'inizio dell'ottocento questa concezione è entrata in crisi. Sturm un drang, Romanticismo, effetti della Riforma, pensatori come Herder e De Maistre, hanno evidenziato che NON ci sono VALORI UNIVERSALI e i valori validi, riconosciuti, possono, anzi entrano in conflitto tra di loro, generando guerre ideologiche per conquistare una supremazia assoluta. 

Il risultato di questa crisi è il Novecento, con le sue aberrazioni nazionalistiche.  Il pensiero di Berlin è lucido, chiarissimo, divulgativo, saggio: l'uomo di oggi è sperso, non ha più sistemi. 

L'unico modo per garantire il progresso è un faticoso equilibrio delicato tra i diversi valori o codici di riferimento. Dall'uomo, che secondo Berlin è un legno storto, non si potrà mai ricavare qualcosa di definitivamente diritto. 



24/02/16

L'ultima lettera di Umberto Eco al nipote - Una lettera da far leggere ai figli.



Tratta da L'Espresso la bellissima ultima lettera scritta da Umberto Eco al nipote.  Da conservare e far leggere ai propri figli. 

Caro nipotino mio,

non vorrei che questa lettera natalizia suonasse troppo deamicisiana, ed esibisse consigli circa l’amore per i nostri simili, per la patria, per il mondo, e cose del genere. Non vi daresti ascolto e, al momento di metterla in pratica (tu adulto e io trapassato) il sistema di valori sarà così cambiato che probabilmente le mie raccomandazioni risulterebbero datate.

Quindi vorrei soffermarmi su una sola raccomandazione, che sarai in grado di mettere in pratica anche ora, mentre navighi sul tuo iPad, né commetterò l’errore di sconsigliartelo, non tanto perché sembrerei un nonno barbogio ma perché lo faccio anch’io. Al massimo posso raccomandarti, se per caso capiti sulle centinaia di siti porno che mostrano il rapporto tra due esseri umani, o tra un essere umano e un animale, in mille modi, cerca di non credere che il sesso sia quello, tra l’altro abbastanza monotono, perché si tratta di una messa in scena per costringerti a non uscire di casa e guardare le vere ragazze. Parto dal principio che tu sia eterosessuale, altrimenti adatta le mie raccomandazioni al tuo caso: ma guarda le ragazze, a scuola o dove vai a giocare, perché sono meglio quelle vere che quelle televisive e un giorno ti daranno soddisfazioni maggiori di quelle on line. Credi a chi ha più esperienza di te (e se avessi guardato solo il sesso al computer tuo padre non sarebbe mai nato, e tu chissà dove saresti, anzi non saresti per nulla).

Ma non è di questo che volevo parlarti, bensì di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria. È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impellente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello.

La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria.

Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori, ma attento che non devi solo sapere chi sono i giocatori della Roma di oggi, ma anche quelli di altre squadre, e magari di squadre del passato (figurati che io ricordo la formazione del Torino quando il loro aereo si era schiantato a Superga con tutti i giocatori a bordo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera). Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, il dottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud, Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto.

Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis.

C’è poi la memoria storica, quella che non riguarda i fatti della tua vita o le cose che hai letto, ma quello che è accaduto prima che tu nascessi.

Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.

Ora la scuola (oltre alle tue letture personali) dovrebbe insegnarti a memorizzare quello che è accaduto prima della tua nascita, ma si vede che non lo fa bene, perché varie inchieste ci dicono che i ragazzi di oggi, anche quelli grandi che vanno già all’università, se sono nati per caso nel 1990 non sanno (e forse non vogliono sapere) che cosa era accaduto nel 1980 (e non parliamo di quello che è accaduto cinquant’anni fa). Ci dicono le statistiche che se chiedi ad alcuni chi era Aldo Moro rispondono che era il capo delle Brigate Rosse - e invece è stato ucciso dalle Brigate Rosse.

Non parliamo delle Brigate Rosse, rimangono qualcosa di misterioso per molti, eppure erano il presente poco più di trent’anni fa. Io sono nato nel 1932, dieci anni dopo l’ascesa al potere del fascismo ma sapevo persino chi era il primo ministro ai tempi dalla Marcia su Roma (che cos’è?). Forse la scuola fascista me lo aveva insegnato per spiegarmi come era stupido e cattivo quel ministro (“l’imbelle Facta”) che i fascisti avevano sostituito. Va bene, ma almeno lo sapevo. E poi, scuola a parte, un ragazzo d’oggi non sa chi erano le attrici del cinema di venti anni fa mentre io sapevo chi era Francesca Bertini, che recitava nei film muti venti anni prima della mia nascita. Forse perché sfogliavo vecchie riviste ammassate nello sgabuzzino di casa nostra, ma appunto ti invito a sfogliare anche vecchie riviste perché è un modo di imparare che cosa accadeva prima che tu nascessi.

Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria.

Bada bene che questo non lo puoi fare solo su libri e riviste, lo si fa benissimo anche su Internet. Che è da usare non solo per chattare con i tuoi amici ma anche per chattare (per così dire) con la storia del mondo. Chi erano gli ittiti? E i camisardi? E come si chiamavano le tre caravelle di Colombo? Quando sono scomparsi i dinosauri? L’arca di Noè poteva avere un timone? Come si chiamava l’antenato del bue? Esistevano più tigri cent’anni fa di oggi? Cos’era l’impero del Mali? E chi invece parlava dell’Impero del Male? Chi è stato il secondo papa della storia? Quando è apparso Topolino?

Potrei continuare all’infinito, e sarebbero tutte belle avventure di ricerca. E tutto da ricordare. Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.

Coltiva la memoria, dunque, e da domani impara a memoria “La Vispa Teresa”.

12/12/15

Piazza dell'Oro a Roma - (da "Roma segreta e misteriosa").



tratto da Fabrizio Falconi, Roma segreta e misteriosa, Newton Compton Editori, appena uscito in libreria. 

Piazza dell’Oro a Campo Marzio e l’abisso infernale.

La bellissima chiesa di San Giovanni dei Fiorentini alla quale lavorò il genio dei più grandi architetti dell’epoca, da Jacopo Sansovino ad Antonio da Sangallo il giovane a Giacomo Della Porta a Carlo Maderno, e conosciuta dai Roma con il soprannome di “confetto succhiato”, a causa della sua forma allungata apre la sua facciata su una piccola piazza triangolare, risultato di moderne urbanizzazioni, proprio all’imbocco del rettifilo della Via Giulia (lungo un chilometro), chiamata Piazza dell’Oro. 

Esattamente in questo luogo, sul limitare del quartiere del Campo Marzio, esisteva anticamente un abisso spaventoso, dal quale emanavano fetidi odori di zolfo. 

Conosciuto sin dai tempi fondativi della città di Roma, l’abisso era creduto abitato da dèmoni ed esseri infernali, anzi una vera e propria porta d’ingresso o di comunicazione con l’Ade

Per questo ricevette da tempo immemorabile il nome di Tarentum che secondo gli studi più recenti, deriverebbe dal nome di una divinità dal corpo d’orso e dalla testa di cervo (o di renna) che si dice apparisse nelle notti di plenilunio

A questa divinità – diretta discendente a sua volta della divinità punica di Baal Kamon e da Molochsi offrivano riti orgiastici e sacrifici umani. Anche in questo luogo, dunque, riti dionisiaci andarono ripetutamente in scena, che finivano con la dispersione nell’abisso sotterraneo, degli animali e degli oggetti sacrificati (come avveniva parallelamente dall’altra parte del globo nei Cenotes messicani). 

Questa usanza si spezzò nei primi anni del 500 a.C. quando, forse per la crudeltà di questi riti sanguinari, un decreto ne vietò lo svolgimento. 

La tradizione fu ripresa proprio sotto Augusto, nel 17 d.C. quando l’imperatore nel quadro dei ludi saeculares (le celebrazioni che si svolgevano a Roma ogni secolo), volle far rientrare anche il Tarentum con baccanali, riti dionisiaci e sacrifici (di animali col mantello scuro) che venivano officiati da sacerdoti completamente vestiti di abito nero. 

E’ suggestivo immaginare questo rito, che si svolgeva all’aperto, aspettando il transito favorevole della luna, al canto del Carmen Saeculare composto dal divino Orazio per incarico diretto dell’Imperatore. Il canto era affidato a un coro di cinquantaquattro adolescenti, ventisette maschi e ventisette femmine, che lanciavano l’invocazione alle divinità infere per ottenere la loro protezione su Roma, sul destino, sui favori personali, nel corso di queste solenne cerimonie che ciascun cittadino romano poteva dire di aver visto una sola volta nella vita (se assistito da fortuna).




15/05/15

Il Museo delle anime del purgatorio a Roma. Un luogo misterioso.


          



 C’è un luogo a Roma davvero particolare,  e quasi del tutto ignoto agli stessi romani, che ha una storia meritevole di essere raccontare, in special modo per gli appassionati di misteri.  Sorge in luogo di grande passaggio, sul Lungotevere Prati, esattamente in quel punto, prima del Palazzaccio – il Palazzo di Giustizia – dove fa bella mostra di sé uno dei pochissimi edifici in stile neogotico della Capitale: la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, quell’edificio che i Romani chiamano ‘il Duomo di Milano in miniatura.’   Si tratta di una piccola chiesa  costruita in cemento armato  alla fine del secolo scorso dall’architetto Giuseppe Gualandi, commissionata dal missionario francese Victor Jouet per ospitare l’Associazione del Sacro Cuore di Gesù per le Anime del Purgatorio, da lui fondata.  

Questa associazione religiosa era nata proprio con l’intento di pregare per quelle anime che si erano manifestate in modo eclatante  – a giudizio del missionario stesso e di molti altri testimoni – nelle circostanze drammatiche che avevano riguardato un edificio che sorgeva proprio sullo stesso luogo dove poi fu realizzata la Chiesa attuale: si trattava di una piccola cappella dedicata alla Vergine del Rosario che un giorno – il 15 settembre del 1897 -  andò distrutta completamente per via di un incendio.  Sembra che in quel periodo la chiesetta fosse stata sottoposta a restauri.  Improvvise si levarono le fiamme, e quando, spento l’incendio, i soccorritori valutarono i danni, si resero conto che su uno dei pilastri rimasto in piedi era rimasta impressa una strana ombra assai rassomigliante alla testa di un uomo.   Ma anche altre strane figure emersero sui muri delle macerie, compresa una immagine di un volto ghignante – subito identificato con quello di Satana – esattamente al di sopra dell’Altar Maggiore, dal punto dove si erano levate le prime fiamme.

Jouet, il missionario, notevolmente impressionato dall’accaduto, non tardò a spiegare la presenza di quelle ‘ombre’,  come nient’altro che tracce lasciate dalle anime del purgatorio.   Secondo una antica tradizione, infatti, le anime in transito dall’inferno al paradiso, possono manifestare la loro presenza su questa terra lasciando impronte infuocate su  vestiti, stoffe, libri, ecc..


Il missionario cominciò così una paziente opera di catalogazione di tessuti, breviari, tavolette di tela e di legno sulla superficie delle quali erano apparse queste impronte misteriose appartenenti a spiriti di defunti, fino a costituire nell’anno 1900 un Museo delle Anime del Purgatorio, che ancora oggi è conservato e che risulta particolarmente suggestivo o impressionante per chi varca la soglia della Chiesa sul Lungotevere.

Il piccolo Museo, dal quale si accede attraverso una porticina della sacrestia, è contenuto in alcune teche  e armadi, il cui numero con il passare del tempo è notevolmente diminuito, a seguito della eliminazione di alcuni pezzi ritenuti spurii, e alla stessa volontà di non concedere troppo spazio alla propagazione di credenze nei confronti delle quali le gerarchie ecclesiastiche preferiscono mantenere una certa distanza.

24/04/15

Apre a Roma un luogo unico, mai visto: la Basilica Sotterranea Neopitagorica di Porta Maggiore.




Sacralità, mistero, magia. Chiusa al pubblico praticamente da sempre, riapre dal 26 aprile a visite guidate dopo una prima fase di restauri a Roma la Basilica Sotterranea di Porta Maggiore, straordinario e delicatissimo monumento pagano del I sec.d.C, forse luogo di culto o forse edificio funerario, comunque senza eguali in tutto il mondo romano con la sua struttura a tre navate con un grande abside, che anticipa le basiliche cristiane, e i raffinati stucchi che raccontano il suicidio di Saffo. 

Scoperta nel 1917, in seguito ad una frana nella soprastante ferrovia, la Basilica, che secondo alcuni studiosi ospitava un culto neopitagorigo, era stata restaurata più volte nel corso del Novecento, in particolare negli anni Cinquanta, quando a spese delle ferrovie era stata costruita anche una cupola in cemento armato per proteggerne la delicata struttura dalle vibrazioni dei treni e dalle infiltrazioni d'acqua, ma era poi rimasta sempre in condizioni critiche. 


Gli ultimi restauri, finanziati con 500 mila euro da Arcus spa, hanno riguardato la statica dell'edificio, le infiltrazioni d'acqua e l'inquinamento biologico. 

E ora i lavori proseguono con i finanziamenti ordinari della soprintendenza. 

Le visite, con prenotazione obbligatoria allo 0639967700, saranno comunque contingentate ( per il momento II e IV domenica del mese) proprio per non alterare il delicatissimo equilibrio della struttura.




17/03/15

"Cristo e te siete tutto per me." L'iscrizione in un anello vecchio di 300 anni ritrovato nel fango in Inghilterra.



Le iniziali del proprietario e la data 1657 sono sul Bodkin, un tipo di stiletto. 

Oggetti trovati nel fango a Cornish saranno mostrati al pubblico dopo essere stati dichiarati tesoro nazionale. 

I pezzi includono un gancio in argento gancio Tudor, un solido punteruolo d'argento - una specie di stiletto nel 1657 - e un anello d'oro inscritto. 

I reperti sono stati trovati da esperti detectorists di metallo, i quali sono tenuti per legge a segnalare reperti preziosi. 

Sono esposti in mostra dal 12 marzo presso il Museo Reale di Cornwall. 

I reperti, subito chiamati "tesoro dichiarato" in un'inchiesta, sono stati trovati in un punto imprecisato nel West Cornwall, in Cornovaglia. 

Essi comprendono anche una metà di una coppia di gemelli argento con l'immagine di un cuore ardente stampato.

I reperti potrebbero procurare una ricompensa per i loro cercatori o potrebbero essere restituiti loro a seconda di procedimenti giudiziari che seguono tali scoperte. Fantastico il particolare dell'anello, vecchio di 300 anni, con l'iscrizione interna: "Christ and thee are all to me", Cristo e te siete tutto per me. 

fonte BBC