Vagando a lungo per la Toscana in giorni
recenti, e tornando ad ammirare la magnificenza della creatività espressa dagli
avi di questo paese in ogni campo, mi è tornato spesso alla mente Good Morning
Babilonia, dei Fratelli Taviani, presentato a Cannes nel 1987.
In quell'anno, 40mo anniversario del Festival, ero tra i giornalisti accreditati durante la proiezione ufficiale (la Palma d'Oro, in ossequio al solito sciovinismo francese andò a un brutto e dimenticato film, "Sous le soleil de Satan", di Maurice Pialat, a fronte di una rappresentanza italiana sontuosa - a parte i Taviani, Fellini con "Intervista", "Cronaca di una morte annunciata" di Francesco Rosi e "La Famiglia" di Ettore Scola).
Il film dei Taviani raccontava la storia (vera ma romanzata) di una famiglia di scalpellini restauratori toscani (il padre Omero Antonutti, i figli Vincent Spano e Joaquim de Almeida) emigrati in America negli anni '10 in cerca di fortuna e finiti a lavorare nel cinema addirittura per il grande David W. Griffith.
Il film comincia con il padre e i figli al lavoro sulla facciata di uno dei sublimi duomi toscani - che io ricordavo fosse Lucca e come si può controllare dalla foto sopra, era invece il Duomo di Piazza dei Miracoli a Pisa. Scena bellissima.
Ma il clou di quel film - solo in parte
riuscito - fu per noi che assistevamo alla proiezione, la memorabile scena in
cui, durante la lavorazione del film di Griffith, i due italiani vengono
maltrattati insieme ai loro connazionali, dal direttore di produzione, con una
sequela di insulti razziali e luoghi comuni sull'italianità più becera.
Punti sull'orgoglio, i due umili
scalpellini trovano il coraggio di reagire, all'arrogante direttore:
"Queste mani hanno restaurato le cattedrali di Pisa, Lucca, Firenze. Chi siamo noi? Noi, noi siamo i figli dei figli di Michelangelo e
di Leonardo ! Di chi sei figlio, tu?" - (QUI SOTTO TROVATE LA SCENA ORIGINALE)
In quella sala buia, a Cannes, scoppiò
uno spontaneo piccolo ma entusiasta applauso della delegazione di giornalisti
italiani. Me compreso.
Me ne ricordo spesso, e me ne ricordo
soprattutto adesso, perché tornare ad ammirare ancora una volta, ciò di cui è
stato capace l'ingegno italiano nei secoli rende orgogliosi di essere nati qui,
in questo luogo e da questa progenie così ricca, e allo stesso tempo rende del
tutto sconsolati nel constatare la sparizione pressoché totale di quella
grandezza, disciolta in una contemporaneità di così grande ed estesa volgarità.
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