L'origine della parola Simbolo
Il significato più antico della parola affonda le sue radici in terra greca, dove symbolon era quella tessera ospitale, quel coccio di pietra che, spezzato, testimoniava il legame tra due persone, due famiglie in procinto di separarsi.
Ognuno portava con sé il segno di una comunione, di un patto amichevole che la distanza non poteva annullare.
Se poi accadeva di ricongiungersi, allora si procedeva alla ricomposizione delle due metà, e l'unità così ottenuta attestava, dopo l'assenza, un'intimità ininterrotta, un legame che non era stato spezzato.
Il significato del termine successivamente si perse, ma non smarrì il suo senso originario.
Ancora più esattamente, la parola "simbolo" deriva dal greco "symbàllein" che significa "mettere insieme".
Nell'antica Grecia era diffusa la consuetudine di tagliare in due un anello, una moneta o qualsiasi oggetto, e darne una metà a un amico o a un ospite.
Queste metà, conservate dall'una e dall'altra parte, di generazione in generazione, consentivano ai discendenti di riconoscersi. Questo segno di riconoscimento si chiamava simbolo.
Platone, riferendo il mito di "Zeus che, volendo castigare l'uomo senza distruggerlo, lo tagliò in due" conclude che da allora "Ciascuno di noi è il simbolo di un uomo (Hékastos oun emon estin anthròpou symbolon), la metà che cerca l'altra metà, il simbolo corrispondente."
Il simbolo dunque, rinvia a qualcosa.
Evocando la sua parte corrispondente, rinvia a qualcosa che non è deciso dalla convenzione, ma o da una "eccedenza di senso" o dal tentativo di "ricomposizione di un intero".
Informazioni tratte da Umberto Galimberti, La casa di psiche, p. 177 e ss.
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