Ci sono vite che sono misteriosamente intrecciate, come quella di Nelly Sachs, nata a Berlino nel 1891, sopravvissuta alla Shoah e quella di Paul Celan, anche lui ebreo, e uno dei massimi poeti del Novecento.
Nelly (Leony) Sachs era riuscita a scampare ai nazisti grazie ad una lettera scritta quando aveva poco più di 15 anni a Selma Lagerlhof, grande scrittrice svedese prima donna insignita del Premio Nobel per letteratura nel 1909.
Dopo la morte del padre di Nelly, fu proprio Selma ad aiutare Nelly e la madre, ormai cadute in miseria e con lo spettro incombente della deportazione. Selma Lagerlhof morì nel 1940, poco prima che le due donne arrivassero in Svezia, salve.
Le condizioni di vita di Nelly a Stoccolma furono inizialmente molto precarie ma, anche lavorando come lavapiatti, le permisero di entrare nel circolo culturale svedese, come traduttrice in tedesco della grade poesia svedese.
La fuga, promossa dalla Lagerlhof, consentì a Nelly di salvarsi, insieme alla madre, dal campo di concentramento, dove finì l'intero resto della loro famiglia.
La sindrome del sopravvissuto colpì Nelly nei suoi decenni in Svezia, dopo la fine della guerra, esattamente come accadde a Paul Celan - il quale, di origini rumene, visse direttamente le deportazioni che condussero gli ebrei di tutta Europa all'Olocausto, riuscendo a sfuggire, pur spedito in diversi campi di lavoro in Romania; al contrario dei genitori catturati dai nazisti e fucilati nel campo di concentramento di Michajlovka, in Ucraina.
Per Nelly, come per Celan, la poesia divenne il luogo in cui sublimare una parabola di dolore infinito, con l'interrogazione incessante sul senso del destino tragico umano.
Era forse inevitabile che i due prima o poi si incrociassero.
Nel 1954 la Sachs infatti inizia una lunga corrispondenza epistolare con Celan.
Lettere bellissime e accorate che testimoniano di un comune sentire e di una stessa profonda sensibilità, oltre che di una immensa stima reciproca.
In una di queste lettere Celan scrive alla Sachs: Penso a te, Nelly, sempre, pensiamo sempre a te e ciò che vive grazie a te! Ricordi ancora quando abbiamo parlato di Dio per la seconda volta, a casa nostra, del tuo Dio, il Dio che ti attende, ricordi che c'era il riflesso dorato sulla tua parete ? Sei tu, è la tua vicinanza, che permette di vedere il riflesso, c'è bisogno dite, anche in nome di coloro ai quali tu sei e ti pensi tanto vicino, c'è bisogno della tua presenza qui e tra gli uomini, c'è bisogno di te ancora e a lungo, c'è chi cerca il tuo sguardo; mandalo, quello sguardo, mandalo ancora all'aperto, consegnagli le tue parole vere, le tue parole liberatrici, affidati a lui, affida a noi, tuoi compagni di vita, della tua vita, questo sguardo, fai in modo che noi, già liberi, diventiamo i più liberi in assoluto, facci stare ritti, con te, nella luce!
Qualche anno dopo, nel 1966, Nelly Sachs veniva insignita del Premio Nobel per la Letteratura.
Al termine di anni molto duri, con grandi sofferenze psichiatriche e crolli fisici e psichici, Nelly mori il 12 maggio 1970, lo stesso giorno esatto in cui a Parigi si stava celebrando il funerale di Paul Celan, suicidatosi pochi giorni prima, gettandosi nelle acque della Senna.
Fabrizio Falconi
2018 - riproduzione riservata
notizie tratte da: Elena Buia Rutt, La scrittura come unico appiglio, in Donne Chiesa Mondo, numero 66, marzo 2018, pag. 36 e seguenti.
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