22/05/17

Jung e la Perdita del proprio Spirito (o anima). Un profondo articolo di Daniela Abravenel.




Pubblico qui di seguito un interessantissimo articolo della filosofa Daniela Abravenel pubblicato sul blog Moked.it e che qui si può leggere nella sua interezza



L’ansia esistenziale descritta ovunque nella Bibbia ma soprattutto nei Salmi di David ha un ruolo centrale nella psicologia di Carl Jung, il quale descrive (con sorprendente profondità e cognizione dei testi sacri ebraici) la depressione e i vari sintomi associati al fenomeno generale di “soul loss” (perdita del proprio spirito) come una fase importantissima del processo di guarigione.
Ed è a Jung e alla psicologia del profondo che farò riferimento per ridare attualità alle parole di Geremia, di Maimonide e dei maestri della Tradizione Orale che oggi forse dichiarerebbero guerra a una medicina che consciamente o inconsciamente finisce per estinguere l’aspirazione alla completezza del Sé superiore nella sua lotta per la guarigione della psiche e del corpo.

Jung afferma che l’uomo occidentale si ammala perché investe nevroticamente la sua libido all’esterno (sulla ricchezza, il successo, le vacanze, le macchine, il “look” ecc.) a detrimento del Sé

Oggi la maggioranza della gente non sa più intrattenere un rapporto con la propria anima, né con Dio (meno che nei brevi spazi di qualche preghiera al tempio o in chiesa). Di conseguenza lo spirito (la Forza che anima il corpo) vive in stato di esilio (proprio come la Shehinah, ovvero la divina presenza incarnata nel mondo fisico): il nostro mondo diventa vuoto, spento, così come diminuisce anche la vitalità del nostro corpo.

Il verso di David “La mia anima è assetata di Te, Dio della Vita” (Zama nafshì le El Hai) secondo Jung, descrive proprio questa dinamica di soul-loss nella quale la persona ha perso contatto con l’animada cui proviene la vera gioia di vivere. 

Noi tutti possiamo vivere in uno stato di soul-loss, quando abbiamo reso una parte della nostra vita (una relazione, una meta professionale o sociale da raggiungere, ecc.) l’unico recipiente della nostra libido: non ci si entusiasma più di fronte a un tramonto, ad un’opera d’arte o a un brano di musica, a un evento emozionante…

La nostra anima è intrappolata in ciò che il grande psicologo chiama soul-loss, a volte addirittura soul-possession. La teoria cabalistica delle clipot (ovvero i ‘gusci’ dell’impurità che avvolgono l’anima e la separano dalla Luce) si riferisce al medesimo fenomeno. Peraltro Jung ammise di essere stato profondamente ispirato, nella creazione della sua psicologia, dalla Kabbalah. In un’intervista realizzata nel giorno del suo ottantesimo compleanno affermò: “Il Rabbi Beer di Mesiritz anticipò, nel diciottesimo secolo, l’intera mia psicologia”!




La cura proposta dalla Psicologia del Profondo è di divenire consapevoli e di riportare equilibrio tra gli archetipi che animano e controllano la nostra esistenza. Individuare le forze psichiche che sono in eccesso e distruggono l’armonia tra il corpo e la psiche è preoccupazione centrale anche dell’Ebraismo. Una delle “tecniche” cabalistiche più note per operare tale riequilibrio è quella della Sefirat HaOmer (Il Conto dell’Omer, ovvero la preghiera che si fa, per 49 giorni, nel periodo che va da Pesah a Shavuot) la cui meta è di rintracciare e riparare le modalità psico-energetiche che devono essere riequilibrate. Invito il lettore, per brevità, a far riferimento a Google riguardo al significato di questa mitzvah che, nell’arco di ben sette settimane, aspira a ripristinare l’equilibrio psicologico, correggendo gradualmente le emozioni associate a ciascuna delle 7 Emanazioni Divine attive in noi. La funzione del Conto dell’Omer appare in modo evidente nel verso conclusivo della preghiera di Sefirat Haomer. Ne riporto il senso e la traduzione (non letterale):
“Sia la Tua volontà Hashem che io possa riparare ogni danno e imperfezione che ho causato nella sefirah…(segue il nome della Sefirah contata in quel giorno). Che io possa venire purificata ed elevata dalla santità della sefirah che ho contato. E che essa possa, con la sua luce trascendente, aiutarmi a guarire la mia Nefesh (dimensione fisiologica), il mio Ruach (la psiche) e la mia Neshamah (le facoltà intellettive e lo spirito).

La visione cabalistica, come traspare in questa preghiera, ritiene che la guarigione avvenga attraverso un processo di armonizzazione dei sette attributi psico-spirituali. Le sette sefirot che devono essere integrate le une con le altre durante il Conto dell’Omer sono Hesed-l’Amore, Gevurah-la Forza, Tiferet-la Compassione, Netzah-la Vittoria, Hod-lo Splendore, Yesod-il Fondamento, Malkut-il Regno. (nda: Le tre Emanazioni superiori non vengono ‘contate’ durante l’Omer, perché esistono nella dimensione mentale-spirituale, e quindi difficilmente vengono ‘guastate’ dalle umane passioni)

Nel mondo parallelo della Psicologia del Profondo la guarigione è un processo di riequilibrio delle forze psichiche e degli archetipi dominanti, con la meta di ridare spazio a quelli repressi, per riportare il Sé alla completezza. Anche l’omeopatia, i fiori di Bach, e altre terapie energetiche, nell’identificare e nominare il “rimedio”, mirano a evidenziare il complesso che va riequilibrato. Un omeopata ad esempio, nel pronunciare la parola “seppia”, o “arsenico”, o Holly o Impatients (in caso dei fiori di Bach) sta già iniziando il processo terapeutico, comunicando al suo paziente il complesso che va curato, e l’archetipo, l’energia divina che aiuterà il processo di guarigione.

In maniera parallela, nel Conto dell’Omer, si riflette e si nomina ciascuna delle Emanazioni Divine, affinché laddove esiste un eccesso (o una carenza) essa possa venire riconosciuta e ‘guarita’ -proprio nell’atto di divenirne consapevoli e di pregare di poter compierne la ‘riparazione’ (tikun).

Il conto dell’Omer è una pratica mistico-cabalistica, ma ha un posto d’onore nell’Halachah, nella legge ebraica. Di tutte le mitzvot essa è quella più fortemente legata alla trasformazione degli stati emotivi. Se nella Tora esiste il comandamento di amare Dio ‘con tutto il vostro cuore’, e di ‘servirLo nella gioia’, di fatto sono pochi i rabbini che oserebbero chiedere a un confratello se ama veramente Dio con tutto il suo cuore! Però i rabbini invitano immancabilmente chi prega in sinagoga a non dimenticarsi il Conto dell’Omer (il precetto da cui dipende la trasformazione degli stati di coscienza). Tale trasformazione e’ necessaria per essere pronti a ricevere la Tora a Shavuot. Purtroppo la velocità con cui viene articolata la preghiera raramente può provocare la trasformazione che è assieme il mezzo e la meta della redenzione, come espresso chiaramente dalle parole di Ezechiele: “Vi darò un nuovo cuore e riverserò dentro di voi il mio Spirito. Rimuoverò il vostro cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”.

Per dare un’idea più comprensibile, anche alla mente laica del funzionamento del sistema di riequilibrio degli ‘attributi dell’anima’ farò riferimento al sistema degli archetipi di Jung.

Egli affermava che quando uno degli archetipi prende il sopravvento sugli altri si crea uno squilibrio e in conseguenza nasce la nevrosi. Sembra far eco alle parole di Maimonide: quando un’emozione diventa eccessiva, insorge la malattia come ‘benefico messaggero’…

Citerò (per dare un’idea dei danni causati dalla dittatura di un archetipo sugli altri), la più classica descrizione fatta da Jung rispetto agli archetipi fondamentali della psiche femminile: la donna è animata da 4 archetipi principali, che dovrebbero funzionare in equilibrio e cooperazione (Donna, Madre, Bambina e Seduttrice). Quando uno di essi si esprime in eccesso rispetto agli altri, questo crea disarmonia e disagio psicologico. Se viene a mancare la “Seduttrice” (con la sua carica sensuale), o la ‘Bambina’ (con la sua gioia di vivere e la sua curiosità), gli archetipi di Donna-Madre-Moglie vanno in crisi: i mariti spesso ritrovano, all’esterno del matrimonio, l’archetipo mancante (nell’amante ad esempio). Tale dinamica fu descritta in maniera simile, dalla tradizione orale riguardo al rapporto tra Adamo ed Eva. Essendo Eva stata inizialmente, come la descrive la Genesi, soprattutto “madre di ogni essere vivente” (em col chai), una donna con un profondo senso di Maternità (e inizialmente poco attenta alla dimensione sessuale), per riequilibrare la situazione comparve Lilit, la femmina seduttrice con la quale il primo uomo si accoppiò e tradì la propria moglie. Finché Eva non seppe ritrovare dentro di sé l’archetipo della donna sensuale, Lilit rimase un’ombra che vagava minacciosa nell’Eden.

La società occidentale moderna è sovraffollata da “Lilit”, o dall’archetipo della Prostituta, spesso incarnato addirittura sotto le pudiche spoglie della moglie fedele. Per Jung infatti l’archetipo della Prostituta o Seduttrice non si esprime esclusivamente sul marciapiede!

Gli archetipi ‘squilibrati’ non solo creano nevrosi individuali ma condannano al malessere l’intero sistema sociale. Ad esempio una Chiesa che nega l’archetipo della donna sensuale (sostituendolo con quello della Vergine che concepisce ‘immacolatamente’) dà vita al fenomeno della pedofilia tra i preti, e a un mondo generalmente ossessionato dalla sessualità ma alienato dall’erotismo come atto sacro. La perdita dell’archetipo della Donna di Conoscenza (causata dalla persecuzione di quelle donne di Potere, a milioni assassinate e bruciate sui roghi come ‘streghe’, spesso insieme agli ebrei) ha fatto sì che la donna spesso scelga inconsciamente di abbandonare il ruolo della Donna maga, angelo del focolare domestico e di seguire piuttosto il copione della donna Prostituta, della Bambina, o della Madre, apparentemente meno pericolosi per la sua integrità.

La psicologia di Jung aspira a ripristinare l’equilibrio dei vari archetipi per permetterci di non fissarci ossessivamente su una modalità di comportamento e di reintegrare quelle represse. E’ questa anche la meta del nostro Conto dell’Omer: attraverso il riequilibrio delle nostre emozioni e della nostra consapevolezza, ci auguriamo che ogni la Sefirah contata e ‘riparata’ possa guarire non solo il nostro corpo, le nostre emozioni, il nostro spirito ma anche ‘col haolamot’: tutti i mondi ad essi collegati.




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