Force of death
To the tremor and to the heart you would
have liked to bind, not to the wind,
Paula's eyes, which flew away from you
like claws, before seizing you.
Why, if you doubt the logic,
the convenience fo restraint,
if you believed in the free play
of one who truly loves,
why did you cry like a nomad,
beneath the Paris sky, Nordic enough,
why did you tear your clothes,
barking like an abandoned dog,
for Her death ?
Left of her, Paula, were the eyes
black like black pearls, and the festive colors,
like of you all the words are left
lined up like a heavenly convoy,
trafficking in good harvest for the living,
and for their assigned time.
Edited by Roberto Dossi
Translated by Robert Pogue Harrison and David Lummus
Tratta da Tri-Quarterly, Contemporary Italian poetry, January 1, 2007
Forte morte
Al tremore, e al cuore avresti
voluto allacciare, non al vento,
gli occhi di Paula, che ti volavano
via come artigli, prima di prenderti.
Perché, se dubitavi della logica
e della convenienza del trattenere,
e davi credito al libero gioco,
di chi ama veramente,
perché: piangevi, come un nomade,
sotto il cielo di Parigi, abbastanza nordico,
ti laceravi le vesti,
abbaiando come un cane abbandonato,
per la Sua morte?
Di lei, di Paola, restavano gli occhi neri
come perle nere, e i colori in festa,
come di te restano tutte le parole
in fila come celeste convoglio,
tratta di messi buone per i viventi,
e per il tempo loro assegnato.
Note di scrittura:
La fonte di Rilke è più che mai viva, e fornisce alimento ai nostri sogni e ai nostri incantamenti poetici. Così, almeno, è per me, che ritorno sempre al grande praghese.
Ho scelto, per questo ‘omaggio’, il Requiem del 1908 una composizione che mi ha sempre turbato profondamente.
E’ un tributo il Requiem, certo, ma è soprattutto un canto, una richiesta forte, accorata, a tratti disperata. E non tanto – o non solo – per colei che si è calata nelle braccia della morte così giovane, così prematura, ma quanto soprattutto per chi sopravvive al dolore dell’assenza.
La storia che c’è dietro al Requiem com’è noto, è lunga e complessa, e riguarda i rapporti di Rilke, e di Clara, sua moglie, con la pittrice Paula Modersohn-Becker.
Ma non era questo, ad interessarmi qui. Piuttosto l’apparente contraddittorietà di alcuni passi del Requiem: mentre, infatti, in esso Rilke esalta quel concetto di amore basato sul “lasciare andare”, e sul “non trattenere” ( la persona amata ), in definitiva sul lasciar-la libera, tutto il componimento risulta essere, al contrario un grido di rabbia, e di difficile, quasi impossibile accettazione della separazione da una persona così amata.
Un grido di ribellione molto umano, primario e forte, che è anche grido di ribellione contro la morte, e soprattutto l’assenza prematura, e ingiusta, di una persona e di un’artista.
In questa contraddizione c’è a mio avviso, molto dell’anima e della poetica di Rilke, del suo essere eternamente combattuto tra i valori della trascendenza, e del vivere coraggiosamente l’assenza, e di contro la tentazione di arrendersi a quella dispersione delle cose terrene, a cui accenna proprio negli ultimi versi del Requiem.
Fabrizio Falconi
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