12/10/12

Tornare ad essere come i bambini: il motivo per cui si vive.




Il motivo per cui si vive non è una crescita uni-direzionale. 

La vita umana è un ciclo - come avevano capito tutti i grandi popoli del passato - somiglia certamente più ad un cerchio che a una linea retta: il ritorno delle stesse cose, trasformate, è lo scopo del vivere.

Se a un essere umano è dato di vivere a lungo, è certo che egli - sul finire dei suoi giorni - si sarà trasformato in una sorta di se stesso bambino:  riemergeranno le stesse caratteristiche di quando si è stati bambini. Si sarà deboli, dipendenti dagli altri, meno disposti ad affermare se stessi e più disposti ad ascoltare e - se si è vissuto pienamente, elaborando il conto dei propri giorni passati senza abbandonarsi al rancore, all'odio e a tutti gli altri sentimenti negativi - meno cinici, di nuovo ingenui (e innocenti) come lo sono i bambini.

Questo senso dell'esistenza è inscritto in molte tradizioni, in molta antropologia, e incardinata nelle stesse parole, più che eloquenti, pronunciate dal fondatore del Cristianesimo riportate nei Vangeli, il quale così formula l'unica ricetta per guadagnarsi il regno: In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.

E' significativo che Cristo dica: non sarete come i bambini, ma diventerete come i bambini.

Bisogna dunque diventare come i bambini.  E' questo lo scopo della vita.

Non si tratta di essere bambini per tutta la vita, come invece oggi tutto sembra incline ad incoraggiare: una vita di solo divertimento, di sola de-responsabilità, di solo gioco.   No, non è questo.  Il puer aeternus a nulla serve, se non a se stesso.  E non sembra essere questo lo scopo per cui si è venuti al mondo.

Diventare come i bambini, tornare ad essere come eravamo è un compito, anche molto faticoso.   Riscoprire volta a volta lo stupore e lo sguardo nostro primigenio (e innato) sembra molto spesso un'opera impossibile. Innumerevoli sono gli ostacoli che ciascuno di noi incontra nel cammino. Amiamo ribadire, ridirci che tutto basta, che ogni risposta è alla portata del mio essere adulto, che il cammino scritto è una linea retta (che non si sa dove porta, probabilmente da nessuna parte).

E basta scorrere le notizie quotidiane per capire cosa abbiamo fatto e cosa stiamo facendo alla nostra parte bambina, ai nostri bambini che sembrano certe volte non avere più diritto di cittadinanza in questo mondo, soffocati dalle esigenze e dalle volontà di chi "ne sa più di loro".

Eppure ogni cosa su questa terra ci insegna che la fine torna all'inizio.

E che senza comporre questo cerchio perfetto, nessuna esistenza, nessuna vita trova o può trovare il suo significato. 

Fabrizio Falconi

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