Il venerdì
seguente Giorgio partì per il congresso nazionale del sindacato, in programma
per tre giorni a Torino.
Isabella si
organizzò. Annunciò a Lorenzo che dovevano assolutamente vedersi, quella sera
stessa.
“ Brutte notizie ?
“
Lei non rispose. E
non disse niente nemmeno quando lo passò
a prendere con la macchina in una piazza del centro dove si erano dati
appuntamento.
Lorenzo salì con
la sua aria sorridente, percependo l’atteggiamento ostile di lei.
Arrivarono in un
posto subito fuori dalla tangenziale, chiamato Monte Antenne. Al termine della
breve salita alberata, Isabella parcheggiò nel grande spiazzo dove altre coppie
si appartavano in macchina, coi vetri appannati.
Spense il motore.
“ Che c’è ? Che è
successo ?" chiese il ragazzo, sforzandosi di continuare a sorridere.
“ Cosa viene in
mente al tuo amico ? “ disse subito lei, aggressiva, “ chiamare mio marito...
per cosa poi ? Per proporre un seminario di Sri Rajakrishna patrocinato dai...
sindacalisti. Ma dico, ma come gli viene in mente una cosa del genere, è ammattito?”
“ Stai calma, io
non ne sapevo niente. Me lo ha detto solo a cose fatte. E’ stata una sua idea, ne avevamo già
discusso e a me pareva una stronzata. Valdemar lo sai com’è fatto, che c’entro
io?“
“ E’ semplice. E’
un tuo amico. Dovresti vigilare su di lui. “
“ Ma che dici ? Io
non sono il suo tutore. Stai scherzando, spero... Vigilare, vigilare su cosa
? E perché, poi ? Cosa è successo di
tanto grave ? “
“ Certo, niente
per te è grave, tu vivi così, tu sei... completamente fuori. Non sai nemmeno cos’è
la vita… “
Lorenzo rise
amaro:
“ Già, infatti. E
tu invece. Tu per fortuna lo sai... “
“ Esistono delle
responsabilità. “
Il ragazzo voltò
la testa dall’altra parte.
“ Questa parola mi
fa orrore, “ disse, “ anzi meglio, non mi fa orrore la parola, mi fa orrore il
mondo in cui la pronunciate. E’ il paravento dietro il quale nascondete il
vostro lato oscuro, le vostre debolezze. “
“ Perché parli al
plurale ? A chi ti riferisci ? Faccio parte di una categoria ? “ Isabella
cercava il suo sguardo.
“ Non ti ho mai
messo in una categoria, se è questo che intendi. Forse l’hai fatto tu con me. “
Lei per un po’ non
rispose. Disegnò un triangolo col dito sulla condensa formata all’interno del
parabrezza.
“ Lorenzo, io non
ti amo, “ disse alla fine, “ io amo un altro uomo. So perché succedono queste
cose, e lo sai anche tu, succedono per mille motivi... Si scambia per amore,
... Si fraintende… Ogni tanto piace a tutti far finta che le cose stiano così.
Ma è solo finzione. Io mi fermo qui. “
“ Cosa è l’amore
per te ? “ chiese Lorenzo gelido.
“ Che vuol dire ?
Io Giorgio lo amo da ventitré anni. So di amarlo. “
“ Lo sai ? Buon
per te. Perché invece mi sembra così difficile dirlo. Io non lo dico mai. Ci
puoi arrivare solo per sottrazione.“
“ Cioè ? “
“ Quando sei
sicuro di aver tolto ogni artificio, ogni resistenza, ogni negazione dentro di
te. “
“ Lorenzo tu vivi
in un mondo irreale, inventato. Non è la realtà. E poi non sei sincero, quel
giorno, a Bagno Vignoni anche tu hai parlato di amore… Cosa volevi dire se non
che mi amavi ? ”
“ Io ti ho solo
detto di essere innamorato. Era una constatazione. Amare non è quello che tu
pensi: lo squalifichi al prezzo più triste. Congiunzione carnale, attrazione,
convenzione, contratto. Niente di tutto questo. “
“ Straparli. Fai
distinzioni di comodo. Io ti dico cose concrete e tu non ascolti neanche. Così
diventa tutto difficile. “
Lorenzo guardava
fuori dal finestrino. Fece un sospiro, poi disse, come se parlasse da solo:
“ Io so che tu mi
ami. L’ho sempre saputo. “
Isabella aprì lo
sportello della macchina e scese, incamminandosi per la discesa buia. Lorenzo,
dopo qualche secondo, la seguì, le corse dietro, la afferrò per un braccio. Lei
si voltò di scatto:
“ Non sai nulla.
Non sai quello che dici. “
“ Dimmi una parola
sola. Dimmi quella parola che non riesci a dire. Ma dimmela ora. Solo ora puoi
dirmela, “. Isabella non l’aveva mai visto così: sembrava un folle, un
invasato, i fari di una macchina gli illuminarono gli occhi in un lampo.
“ Vattene via. “
“ Quella parola
vera. Solo quella mi serve. “
“ Sei solo un
povero esaltato. “
Si liberò dalla
morsa della sua mano, tornò indietro, salì in macchina e partì con una
sgommata.
Lorenzo rimase lì,
mentre la macchina gli sfrecciava davanti.
Si accovacciò per
terra, poi dopo un po’ si incamminò su
per la salita, lungo il sentiero che
conduceva in cima alla collina, dove c’erano i ripetitori. Mucchi di
spazzatura, muriccioli sbrecciati, pieni di scritte, profilattici per terra.
Si affacciò dal
parapetto, da cui si scorgeva la città illuminata. Pensò alla sua vita, e alle
altre vite che scorrevano lì sotto, nel fiume della tangenziale.
Poi guardò in
alto, e così, senza un motivo preciso, gli affiorarono sulle labbra alcune
parole: “ Mi affido comunque. Mi affido alle tue mani generose. “
Tratto da
Fabrizio Falconi, Cieli come questo, Fazi Editore, Roma, 2002 (in edizione Kindle 2014)