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13/07/16

"Con gli occhi di Cesare Pavese", dal 22 luglio al 4 agosto.



“Il mio paese sono quattro baracche e un gran fango, 
ma lo attraversa lo stradone provinciale dove giocavo da bambino. 
Siccome - ripeto - sono ambizioso, volevo girare per tutto il mondo e, 
giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza di tutti 
'Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? 
Ebbene, io vengo di là'".
(Cesare Pavese, da “Racconti ”, vol. II, “La Langa")
 I “quattro tetti” di Santo Stefano Belbo sono cambiati dall’inizio del Novecento, quando erano teatro della vita di Cesare Pavese, ma sopravvivono come luoghi della memoria che ogni anno il Festival riempie con le parole dello scrittore.
           Per l’edizione 2016, nata dalla collaborazione tra il Circolo dei lettori e la Fondazione Cesare Pavese, in programma da venerdì 22 a domenica 24 luglio e giovedì 4 agosto la città delle Langhe si anima di reading,passeggiate letterarie, incontri, musica elettronica e contributi video: componenti di un unico racconto che reinterpreta in chiave contemporanea la geografia reale, rendendola mappatura affettiva della visione del mondo del romanziere piemontese.
 Venerdì 22 luglio alle ore 21 in piazza della Confraternita l’inaugurazione è affidata alla voce dell’attore Vinicio Marchioni accompagnato dal polistrumentista Ruben Rigillo nel reading Ritratto di un uomo. Una serata che mette in scena, attraverso letture e brani tratti da La Luna e i falò Lavorare stanca, un mosaico di sguardi per restituire la «malinconia voluttuosa e svagata del ragazzo che ancora non ha toccato la terra e si muove nel mondo arido e solitario dei sogni» (Ritratto d’un amico, Natalia Ginzburg).
Sabato 23 luglio alle ore 10.30 la passeggiata letteraria condotta da Elena Varvello è un percorso a piedi che dai libri porta alla città e viceversa. Alle ore 16 nel Chiostro della Fondazione il giornalista de La Stampa Luca Ferrua ricostruisce il filo che lo lega alla tavola nell’incontro Di cibo e di storia. Alle ore 18 in piazza della Confraternita va in scena Nella vigna dell’anima, spettacolo teatrale scritto da Carlo Cerrato che è un viaggio tra le poesie della fatica contadina, attraverso le parole di William Least Heat Moon, Arturo Bersano, Jorge Luis Borges, Guido Ceronetti, Paul Collins, Frederic Mistral, Gigi Monticone, José Saramago e Miguel Torga. Con Simona Codrino, Sergio Danzi, Ileana Spalla, Med in Itali; consulenza artistica musicale Marco Notari; luci e fonica Michele Demma; letture e suoni a cura di Casa del Teatro 3. L'Arcoscenico di Asti; in collaborazione con Gente & Paesi Onlus.
Alle ore 21.30 è il pianoforte di Davide “Boosta” Dileo far rivivere l’immaginario letterario di Paesi tuoi, il più americano dei romanzi di Pavese per ambiente, personaggi e linguaggio. Alle ore 23 la serata si conclude con la performance live Evasioni e ritorni che attraverso l'immaginario del duo artistico Masbedo, il chitarrista Paolo Spaccamonti, il trombettista Ramon Moro,i live-electronics e il video-mapping a cura di Superbudda Creative Collective restituiranno la tensione percorsa da Pavese tra la vita convulsa della città e il microcosmo del paese.
 Domenica 24 luglio alle ore 10.30 la seconda passeggiata letteraria condotta da Francesco Pacifico è alla ricerca dei colori e delle sfumature di Santo Stefano Belbo, che - filtrata e rielaborata nelle opere di Pavese - è divenuta personaggio fondamentale delle sue storie. La giornata prosegue alle ore 18.30 in piazza della Confraternita con il reading Pavese fra gli dei tratto da I dialoghi con Leucò a cura di Marcello Fois accompagnato dal musicista Gavino Murgia: brevi conversazioni a voce e sax analizzano le angosce degli uomini e le imperscrutabili leggi che le governano. Alle ore 19.30 l’aperitivo è con i prodotti della Pro loco Santo Stefano Belbo, mentre alle ore 21 alla Cascina delle Rocche (località Moncucco), Massimo Zamboni rilegge le pagine di L'eco di uno sparo. Cantico delle creature emiliane (Einaudi). Nell’ambito di Voci dai libri a cura di Biblioteca di Santo Stefano Belbo. A seguire degustazione offerta dalla famiglia Scavino.
 Con gli occhi di Cesare Pavese si conclude la sera di giovedì 4 agosto con un appuntamento dedicato alla tradizione dei falò: alle ore 19 in Piazza San Rocco la Pro loco di Santo Stefano Belbo allestisce la consueta cena sotto le stelle, seguita, alle ore 21 dall’accensione dei falò sulle colline di Santo Stefano Belbo e, alle ore 21.30, dal concerto della Filarmonica santostefanese.
Tutti gli appuntamenti del Festival sono a ingresso libero (con esclusione della cena del 4 agosto) e in caso di maltempo si terranno presso la Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo.
Con gli occhi di Cesare Pavese è un progetto a cura di Circolo dei lettoriFondazione Cesare Pavese e Pavese Festival; con il patrocinio di Regione Piemonte e Comune di Santo Stefano Belbo; con il sostegno diCompagnia di San PaoloFondazione CrtFondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; partner tecnico Relais San Maurizio 1619; contributi web di Doppiozero.
QUI E' POSSIBILE SCARICARE L'IMMAGINE COORDINATA E QUI LA SCHEDA INFO
il Circolo dei lettori   – via Bogino 9, Torino
Comunicazione e ufficio stampa

02/05/16

Da domani in libreria, "Un'assenza" di Natalia Ginzburg con i racconti brevi e tutti gli inediti.





Inediti come 'Tradimento' scritto nel 1934, undici racconti finora ignoti, una suite autobiografica e sorprendenti cronache dalle fabbriche di Torino o dalla desolazione di Matera

Arriva in libreria domani negli ETBiblioteca Einaudi 'Un'assenza' (pp 366, euro 18) che raccoglie 'Racconti, memorie, cronache 1933-1988' di Natalia Ginzburg, a cura di Domenico Scarpa con in copertina Raja di Felice Casorati

 Sono trentasette testi, per la maggior parte mai raccolti prima d'ora, apparsi in alcuni casi in riviste o antologie, che restituiscono, lungo piu' di mezzo secolo, gli itinerari di una tra le piu' belle voci del Novecento italiano

 Nella prima parte sono raccolti per la prima volta tutti i racconti brevi di Natalia Ginzburg: quindici testi dei quali undici mai radunati prima d'ora in volume

La seconda parte, 'Memorie e cronache', con 22 testi di cui 12 mai apparsi in volume, si apre con la poesia 'Memoria' dell'8 novembre 1944. E' dedicata a Leone Ginzburg, primo marito di Natalia, morto nellaprigione di Regina Coeli in seguito alle torture dei carcerierinazisti. 

Un testo conosciuto, da rileggere e custodire come il 'Discorso sulle donne'.

 Realizzato con mezzi che sembrano poverissimi, ogni racconto di Natalia Ginzburg è, come viene sottolineato nella quarta di copertina, "una rivelazione, una vicenda che scorre su piu' nastri, che imperturbabile va addizionando gesti, oggetti e battute di dialogo, che si toccano per vie segrete e non si dimenticano". 

 Nelle oltre 350 pagine si ritrova la voce ruvida, duttile, scontrosamente intonata, della Ginzburg, nata a Palermo nel 1916 e morta a Roma nel 1991, autrice di libri come 'Le piccole virtu", 'Lessico famigliare' e 'Mai devi domandarmi'. 'Un'assenza' e' la storia di questa voce nel suo lungo percorso in cui viene reso visibile il cammino di un autore che si sperimenta nella scrittura breve come primo genere di composizione. 

Nel volume anche Notizie sui testi con una grande quantità di documenti dove, nella maggioranza dei casi, e' ancora una volta l'autrice a testimoniare di se'.



09/02/16

Torna Bontempelli, con 'L'amante fedele', il libro con cui vinse il Premio Strega nel 1953.




Torna in libreria, a oltre sessant'anni dalla prima edizione 'L'amante fedele', il libro di racconti con cui Massimo Bontempelli vinse il 'Premio Strega' nel 1953. 

La nuova edizione e' pubblicata da Incontri editrice ed e' il decimo titolo della collana Kufferle dedicata alla riproposta di testi e autori del passato, con introduzione della drammaturga e storica del teatro Patricia Gaborik, attenta studiosa dello scrittore. 

Giornalista e scrittore tra i piu' originali del Novecento, Bontempelli, morto nel 1960, nei 15 racconti de 'L'amante fedele' (pp 283 pagine, euro 15) mostra da diverse sfaccettature la sua idea di letteratura, quel "realismo magico" in seguito applicato ad autori da Borges a Rushdie

In un certo senso questa raccolta e' il coronamento della narrativa di Bontempelli per la presenza costante di alcuni elementi cardine della sua poetica, dalla centralita' del mito allo spirito di avventura che guida i suoi personaggi, alla predilezione per i protagonisti femminili. 

Diversi nelle ambientazioni e nelle atmosfere i 15 racconti sono uniti innanzitutto dallo stile di Bontempelli convinto che l'arte del Novecento dovesse essere in grado di esprimere l'"avventuroso miracolo" della vita quotidiana, in una visione in cui erano centrali i concetti di immaginazione, ironia e candore. 

Se, come scrisse Bontempelli, il mistero e' "la sola realta'", attraverso uno sguardo candido, non filtrato cioe' da intellettualismi o convenzioni sociali, e' possibile pervenire a una comprensione istintiva del mondo, in piena sintonia con la natura. E candidi sono, per gran parte, i protagonisti de 'L'amante fedele'.

30/01/16

"Il quinto evangelio" di Mario Pomilio. Ritorna un grande libro.


Sono appena uscito dalla lunghissima lettura di un libro straordinario, Il Quinto Evangelio di Mario Pomilio, rieditato pochi mesi fa da L'orma, nella collana di testi italiani diretta da Andrea Cortellessa e divenuto un po' il caso letterario italiano del 2015.

Si tratta di un libro che ha avuto una storia particolarissima, e che alla sua uscita vinse numerosi premi (nel 1974 vinse il Premio Flaiano quando era ancora inedito; poi il Premio Napoli, e nel 1975 Prix pour le meilleur livre étranger di Parigi, 1978).

Il quinto evangelio è un testo ambiguo e un romanzo assolutamente sui generis. In qualche modo esso è l'antesignano di quel fortunato filone di romanzi storici, che ha trovato il massimo successo con Il nome della rosa di Umberto Eco nel 1980. 

Ed è un romanzo-mondo che contiene molti diversi generi, dall'epistolario all'antologia, dall'opera teatrale al saggio storico-biografico all'indagine filosofico-religiosa, costruito intorno alla ricerca di un fantomatico libro (Il quinto Vangelo, per l'appunto) che fa da fil rouge a molte altre storie che si intrecciano, dei vari personaggi che nei secoli hanno dedicato anni di ricerca (e in qualche caso la stessa loro vita) alla ricerca. 

In particolare il romanzo si costituisce di un carteggio, di tre lunghe lettere che contengono a loro volta tutta una serie di documenti storici sepolti dalla storia. 
Il prodigio che è riuscito a Pomilio è quella di raccontare una storia assolutamente fantastica, costruita però con tutte le rigorose sembianze di una vera ricerca storica. Ed è lo stesso autore ad avvertire nel colophon: « Occorre appena, credo, avvertire che questa è un'opera d'invenzione e che le stesse fonti che si menzionano o sono immaginarie (e la più parte sono tali), o sono adottate con la massima libertà. » 

In sostanza, su un telaio di base, Pomilio costruisce una serie di elementi di fantasia che forzano la realtà storica e inducono a riflettere sul senso della ricerca della verità e anche - quindi - della personale ricerca di Dio. 

La trama - anche se di trama è molto difficile qui parlare - parte dalle vicende di Peter Bergin, un ufficiale americano dislocato nel 1945 a Colonia, il quale si trova ad alloggiare in una canonica abbandonata nella quale, all'interno della biblioteca, tra le carte appartenute al vecchio parroco scomparso, scopre materiali riguardanti un misterioso "quinto vangelo", alla cui ricerca sembrava che il sacerdote avesse dedicato moltissimi anni della propria vita. 

L'ufficiale, che nella vita civile è docente universitario e storico di professione, viene conquistato dall'enigma e, una volta terminata la guerra si dedica a tempo pieno a quella ricerca, riunendo insieme ad altri giovani collaboratori, una serie di antichi documenti che parlano direttamente o indirettamente del libro proibito. 

Quando è ormai malato, dopo trent'anni, Bergin invia tutto il materiale a un certo monsignor "M.G.", segretario della Pontificia Commissione Biblica, insieme a una lunga lettera nella quale riassume le ragioni e le tappe della ricerca intrapresa, dando conto anche delle prove scoperte. 

In coda alla documentazione storica, Bergin unisce alcune lettere inviategli dai suoi allievi e collaboratori le quali, chiarisce il professore vuole aggiungere altri elementi alla ricerca. 

La risposta del prelato romano giunge due mesi dopo, troppo tardi per Bergin che nel frattempo è morto. Il testo è omesso da Pomilio e ci è dato di conoscerne il contenuto, solo in parte e indirettamente, dalla lettera che a sua volta la segretaria di Bergin, Anne Lee, invia a Roma. 

“Una risposta alla risposta” è appunto il titolo assegnato al Capitolo 16, che svela molte circostanze rimaste fino a quel momento nell'ombra. Anne Lee introduce nuovi e risolutivi argomenti tra cui un testo teatrale, punto d'arrivo della lunga meditazione sui Vangeli iniziata tanti anni prima da Bergin che attraverso i personaggi in gioco rivela sé stesso, e dubbi, le intuizioni e i dialoghi interiori fino all'apparire dell'elemento della "fede" che in conclusione sembra assumere un aspetto risolutivo. 

Il testo teatrale, in un crescendo drammatico svela il colpo di scena finale quando il Quinto Evangelista si leva in piedi … liberandosi nel frattempo della benda che ha attorno al volto e scoprendo un uomo che il volto stesso di Gesù. 

La riduzione in questi termini non fa certo un buon servizio al testo di Pomilio, che è multiforme, inafferrabile, e che rappresenta anche una sfida per il lettore, il quale è invitato a perdersi e abbandonarsi in una fitta ragnatela di indizi veri, falsi o verosimili, che lo riconducono semplicemente a riflettere sulla sua natura umana e sul rapporto con il divino. 

Ho pensato, leggendo questo libro, a quanto esso è distante da quell'eterno presente nel quale tutti sembriamo calati in questi primi decenni del terzo millennio.  

Anni luce separano la fredda liquidità contemporanea alla immane capacità d'introspezione filologica e filosofica che Pomilio sa condurre con mano magistrale, componendo un testo che è una sfida, e allo stesso tempo, una mappa di navigazione per un (auspicabile) ritorno a toni più umani. 

Fabrizio Falconi



Mario Pomilio

29/12/15

Un convegno su Sciascia e la cultura francese, a Firenze.



La Francia fu per Leonardo Sciascia "patria dell'anima", fonte di ispirazione e riferimento intellettuale

Al rapporto tra lo scrittore siciliano e la cultura francese e' dedicata una giornata di studi che si terra' a Firenze il 25 gennaio 2016. 

L'iniziativa e' dell'associazione Amici di Leonardo Sciascia che organizza convegni itineranti sullo scrittore. 

L'ultimo si e' svolto poche settimane fa a Palermo nel quarantennale della prima edizione de "La scomparsa di Majorana". 

Studiosi, ricercatori, docenti universitari approfondiranno il rapporto di Sciascia con la Francia (tema al quale e' dedicato l'ultimo fascicolo di "Todomodo", rivista edita da Olschki). 

Fu una relazione che ebbe un peso determinante sul percorso culturale e letterario di Sciascia che ispirandosi alla cultura d'Oltralpe interpreto' la parte del "moralista" illuminista e di un "philosophe" del Novecento. 

Lo testimoniano i suoi richiami a Gustave Flaubert, l'influenza di Michel Foucault, le riflessioni sulla centralita' del pensiero di Michel de Montaigne e dei filosofi del "secolo educatore" come Voltaire e Diderot. 

04/11/15

"Primo Levi di fronte e di profilo", il nuovo libro di Marco Belpoliti (Einaudi) presentato a Roma alla Biblioteca Angelica.



Martedì 10 novembre 2015 alle 18.00, presso il Salone Vanvitelliano della Biblioteca Angelica, la presentazione del volume di Marco Belpoliti: Primo Levi di fronte e di profilo. Guanda, 2015. Intervengono: Andrea Cortellessa e Umberto Gentiloni. Modera Stefano Chiodi.
(Info: Biblioteca Angelica – Piazza di Sant’Agostino 8 – tel. 0668408045/32)

In questi settant’anni Primo Levi si è imposto come il testimone per eccellenza del genocidio nazista, eppure il suo libro più famoso Se questo è un uomo, uscito nel 1947, è stato rifiutato dalle case editrici, per quanto ora sia reputato in tutto il mondo un capolavoro assoluto. Anche la vicenda letteraria di Levi, il suo riconoscimento come scrittore, è complessa; per gran parte della sua vita Primo Levi è stato un chimico che scriveva quando era possibile, nelle pause dal lavoro o durante le vacanze.

Questo libro racconta la storia delle opere di Primo Levi, come sono nate, quando sono state scritte, di cosa parlano; s’addentra nell’universo dell’autore, nei suoi molti mondi: dalla deportazione alla chimica, dalla scienza alla antropologia, dalla biologia all’etologia, dall’ebraismo alle idee politiche.

Levi è stato un uomo che si è interessato di molti campi dello scibile umano e ha praticato diverse forme letterarie, dal memoriale alla poesia, dal romanzo all’autobiografia, dal saggio al racconto. Per la prima volta vengono qui esplorate contemporaneamente le sue molteplici facce.

Costruito come una sorta di enciclopedia portatile, Primo Levi di fronte e di profilo è il risultato del lavoro ventennale di uno dei maggiori studiosi di Levi, curatore delle opere complete presso Einaudi. Racconta attraverso dieci fotografie la vita dello scrittore torinese, s’addentra nella storia dei suo libri, spiega la passione per i voli spaziali, gli animali, le parole, la linguistica, i marciapiedi, il lavoro, la scienza, la chimica, indaga i diversi temi e risponde a molte possibili domande su una opera variegata e complessa.

La sua inconsueta struttura permette di utilizzarlo in diversi modi: lo si può leggere dall’inizio alla fine, seguendone l’andamento narrativo, o consultarlo come un manuale di istruzioni per l’uso, percorrere la pubblicazione dei suoi scritti dal 1947 al 1986, seguire i temi dell’opera, passare da un argomento all’altro seguendo la propria personale curiosità oppure ricostruire la storia di ogni libro, così come la vicenda della vita o il rapporto con i grandi scrittori del passato (Dante, Leopardi, Baudelaire, ecc.), ma anche con quelli contemporanei (Lévi-Strauss, Saul Bellow, Jean Améry, Bruno Bettelheim, Hannah Arendt, ecc.). Un libro per chiunque voglia approfondire l’opera di Primo Levi, ricco di riferimenti e materiali utili, informazioni, riflessioni, documenti, collegamenti, suggerimenti.
Scritto in uno stile scorrevole, a tratti con un passo narrativo, questa è un’opera senza eguali su un autore fondamentale per capire il nostro passato, ma anche il nostro futuro.

Marco Belpoliti, saggista e scrittore, insegna presso l’Università di Bergamo, collabora a vari giornali e riviste, condirettore della collana “Riga” (Marcos y Marcos) e della rivista on line di cultura “doppiozero”. I suoi ultimi libri sono: Senza vergogna (Guanda), Pasolini in salsa piccante (Guanda); Il segreto di Goya (Johan&Levi), L’età dell’estremismo (Guanda).

27/07/15

E' morto Sebastiano Vassalli.


Con Sebastiano Vassalli, nato a Genova il 24 ottobre 1941 e morto oggi a Casale Monferrato dopo una malattia tenuta riservata, scompare uno dei nostri scrittori più interessanti che con la propria opera, in gran parte basata su indagini storiche, non ha fatto che indagare la natura e il carattere del nostro paese e degli italiani, cui ha dedicato nel 2007 anche 12 storie esemplari e molto critiche, raccolte col titolo 'L'italiano'. 

Romanziere storico, ma alieno dal colore e dalla ricostruzione d'ambiente romanzesca fine a se stessa, il suo indagare, studiare e raccontare il passato, partendo dalle invasioni barbariche per arrivare a Medioevo e Controriforma e proseguendo sino ai nostri giorni con la Grande guerra, il fascismo e i caldi anni '70, era un soffermarsi su momenti simbolici e esplicativi del formarsi di un paese e dei suoi abitanti, cercando di spiegarne umanità, psicologia, cultura e risvolti storico-sociali, come uno scoprire radici che sono ancora quelle che ci fanno essere quel che siamo oggi. 

Due sono i titoli piu' fortunati, che esemplificano la sua ricerca, "La notte della cometa" del 1984, omaggio e ricostruzione della vita del suo "padre folle" il poeta puro Dino Campana, uomo di passioni e tormenti, libero e perseguitato da vicende sfortunate, e il romanzo "La chimera" che, vincendo nel 1990 lo Strega, ne fa uno scrittore popolare con l'avvincente storia e lo sfaccettato ritratto psicologico di una ragazza cresciuta nel Seicento sotto il Monte Rosa, che per la sua straordinaria bellezza attira gli interessi e, vista come strega ammaliatrice, la persecuzione del clero controriformista inquisitorio dell'epoca

Aveva appena terminato un nuovo romanzo, Io, Partenope, in uscita il 12 settembre. 

Candidato quest'anno al Nobel per la letteratura dall'Universita' di Goteborg e insignito del premio Campiello alla carriera, che avrebbe dovuto ritirare a settembre, Sebastiano Vassalli, nato a Genova 73 anni fa e che si diceva abbandonato dalla famiglia, crebbe presso delle zie a Novara e in quella zona e' rimasto poi a lavorare e vivere sino a oggi. 

Laureatosi a Milano con Cesare Musatti e su una tesi su arte e psicanalisi, aderi' giovane al Gruppo '63 e scrisse romanzi sperimentali e trasgressivi come "Narcisso" e "Tempo di massacro" fino a quando, nel 1983 pubblico' "Arkadia", spietata analisi critica dei gruppi d'avanguardia di cui aveva fatto parte. 

Era l'epoca in cui stava lavorando su Dino Campana ("La notte della cometa" uscirà l'anno dopo) e si avvicina a un altro modo di intendere l'artista e la letteratura che racconta con scrittura partecipe e facendone qualcosa di avventuroso e fascinoso. 

Nel 1987 pubblica "L'oro del mondo" racconto autobiografico tenero e sarcastico attraverso cui racconta il momento fondante della nostra democrazia, quello tragico dell'uscita dal fascismo e della Resistenza raccontata da chi non l'ha vissuta in prima persona e dominata, ieri come oggi, dal malcostume e dal trasformismo. 

E' in questo romanzo che il bimbo chiede a uno zio perché si viva: "Per la nostra memoria: e per che altro? - spiego' - Per quelle poche pagliuzze di felicita' che rimangono in fondo alla memoria, come l'oro sul fondo della ba'tea", che e' per Vassalli quasi una dichiarazione di poetica. 

Seguiranno cosi' i romanzi storici, storie sempre anche complesse e umanamente avvincenti, da "La chimera" a "Marco e Mattio" (un caso psichiatrico tra le Dolomiti a fine '700 e inzio '800), da "Il cigno" (sullo scandalo del Banco di Sicilia a fine '800) a "Stella avvelenata" (viaggio di un chierico da Casale Monferrato a Parigi nel Quattrocento), sino a "Le due chiese" del 2010 (ritratto di un paese di montagna nell'Italia tra la Grande guerra e i nostri giorni) e "Terre selvagge" del 2014 (sulle invasioni di Cimbri e Teutoni nella pianura padana). 

Einaudi, Interlinea e Rizzoli sono stati i suoi editori. 

 Grande narratore di storie appassionanti, Vassalli fu anche poeta e soprattutto saggista e pronto a intervenire (dalle pagine spesso del Corriere della sera di cui era collaboratore) sulla nostra realta' e le distorsioni del mondo culturale, visti da lontano, dal suo luogo di vita ritirata che gli permetteva uno sguardo non compromesso, lucido e libero, al di fuori di ogni mondanita' e esibizione letteraria (ultimamente aveva criticato la candidatura allo Strega della Ferrante).

Cosi' si potrebbero citare molti altri suoi titoli, anche non di narrativa, tra i quali vanno comunque ricordati "Sangue e suolo" frutto di un'inchiesta in Alto Adige nel 1984, i cui temi ha ripreso ora nell'ultimo libro pubblicato, "Il confine", in cui rivede anche positivamente l'evoluzione di quella situazione critica tra le due etnie italiana e austriaca.

09/06/14

E' morto Luca Canali.




E' morto ieri a Roma, all'ospedale Gemelli, dov'era ricoverato da una settimana, Luca Canali, uno dei più grandi latinisti italiani, poeta e scrittore.

Nato a Roma nel 1925, avrebbe compiuto 89 anni il 3 settembre. 

I funerali si svolgeranno in maniera privata per volontà della famiglia. 

Militante da giovane nella Resistenza e iscritto al Pci dopo la fine della guerra, e' stato docente di Letteratura latina all'Università di Pisa ma anche grande narratore e traduttore di classici. 

Mercoledi' 11 giugno arriverà in libreria per Giunti il suo ultimo libro 'Pax alla romana-Glieterni vizi del potere', scritto con il filologo Lorenzo Perilli, sul malcostume politico e sociale che ci appartiene almeno dai tempi di Augusto, raccontato attraverso le parole di grandi scrittori e poeti, da Lucrezio a Tacito, da Virgilio e Giovenale, riportate in latino e italiano con commenti degli autori e rimandi alla nostra attualità. 

Tra i suoi libri 'Autobiografia di un baro' (Mondadori), 'Diario segreto di Giulio Cesare' (Mondadori), 'Amate ombre' (Bompiani) e 'Augusto, braccio violento della storia' (Bompiani). 

09/09/13

E' morto Alberto Bevilacqua. Il torto di essere poliedrico.





La scomparsa di Alberto Bevilacqua rende un po' più povero il panorama - già di per sè non particolarmente esaltante - della produzione culturale italiana.  

Bevilacqua, che esordì giovanissimo, a soli 19 anni, con la raccolta di racconti La polvere sull'erba, ha scritto molto (secondo alcuni, troppo), ma soprattutto ha commesso un 'errore' che non gli è stato mai perdonato dalla critica militante italiana (quella che esisteva fino a qualche anno fa e che poi si è dissolta, insieme a quella che una volta veniva definita cultura alta, disciolta in mille congreghe perlopiù virtuali e perlopiù irrilevanti, come è quasi del tutto irrilevante, tranne poche eccezioni, almeno a livello internazionale, la cultura italiana): quello di assecondare il proprio talento poliedrico.  

Se infatti in Italia viene già perdonato a fatica il fatto di avere un talento, specie in campo culturale, viene invece ritenuto del tutto imperdonabile avere più talenti, un tipo di figura intellettuale che di contrario nel mondo anglosassone o in Francia, per esempio, viene ben considerata. 

Bevilacqua ha avuto la presunzione di scrivere molti romanzi, di scrivere racconti e piccoli e lunghi saggi, di scrivere poesia e addirittura di dedicarsi al cinema con la realizzazione di ben otto film, tra i quali i primi due, La Califfa (1970) e Questa specie d'amore (1972) che erano tratti da suoi romanzi e che ottennero premi e riconoscimenti importanti, fuori e dentro l'Italia. 

Ha poi avuto anche l'ulteriore torto,  probabilmente dovuto al narcisismo che accomuna molti intellettuali, e questo ancora più grave e imperdonabile di concedersi al trash di trasmissioni televisive (ah, la televisione!) in qualità di ospite e di opinionista.

Questo pesa e peserà non poco - in Italia funziona così - sulla valutazione del Bevilacqua scrittore. E di quello regista o di quello di intellettuale a tutto tondo.  

Bisognerà aspettare, come è successo molte volte in passato, il transito del tempo, il trascorrere magari di una generazione o due, e forse anche su Bevilacqua sarà possibile esprimere un parere più serio, più obiettivo.

E magari scoprire una dote piuttosto rara che ha permeato molte delle sue opere: la sincerità.

Fabrizio Falconi.

02/09/13

Carlo Cassola, un autore dimenticato.


In tempi in cui è così difficile fare critica letteraria in Italia - pochi che leggono, pochissimi che posseggono gli strumenti della critica, ancora di meno che ricordano, può essere indicativa la vicenda di Carlo Cassola, nato a Roma il 17 marzo 1917, un narratore oggi sparito - o quasi - dalle librerie e che pure conobbe un grande successo commerciale, il che gli attirò le furie della critica di allora, che invece pretendeva di decidere tutto - oggi non decide più niente - e di stabilire una volta per tutte i valori assoluti in un campo scivoloso come quello della produzione letteraria.

                                       
(Carlo Cassola con Pasolini)

Cassola, riletto oggi sembra molto meno ingenuo di come appariva allora (implacabilmente impallinato da Calvino e soci) e soprattutto messo a paragone con molta della narrativa che si fa e si stampa oggi in Italia, appare perfino un gigante.

Questo è il ritratto che traggo dal sito Italialibri, forse una occasione per tornare su un autore oggi quasi del tutto dimenticato.

Carlo Cassola nasce a Roma nel 1917. La madre è originaria di Volterra mentre il padre è lombardo, ma vissuto a lungo anch’egli nella cittadina toscana. E infatti, proprio la Toscana, in particolare la Maremma, diventerà la patria poetica e spirituale dello scrittore, che vi si trasferirà nel ’40, partecipandovi anche alla Resistenza.

L’attività letteraria era già cominciata negli anni ’30: tra il ’37 e il ’40 Cassola aveva composto una serie di brevi racconti, in parte pubblicati sulle riviste «Meridiano di Roma» e «Letteratura» e poi raccolti in un volume dal titolo La visita. 

Dopo l’interruzione della guerra, durante la quale il lavoro di scrittura era stato quasi completamente interrotto, Cassola si dedica con continuità alla narrativa, affiancata all’insegnamento di filosofia in un liceo di Grosseto. Pubblicò i racconti lunghi Baba (1946), I vecchi compagni (1953), Fausto e Anna (1952), tutti di argomento partigiano e ambientati in quel particolare paesaggio letterario che per Cassola fu la zona compresa nel triangolo Volterra - Marina di Cecina - Grosseto: una terra arida, avara, crudele, che nelle pagine dei suoi romanzi diventa un simbolo della condizione umana, quasi un “correlativo oggettivo” della fatica di vivere.

 (Carlo Cassola)

Lo ha detto in modo efficace il poeta Mario Luzi quando, riferendosi allo sfondo geografico dell’opera di Cassola, afferma: «Per affetto e per organica intelligenza di poesia, Cassola ne ha fatto non una provincia, e sia pure la sua provincia, ma un luogo, anzi il luogo dell’anima».

Con il racconto lungo Il taglio del bosco, scritto tra il ’48 e il ’49, ma pubblicato nel 1954, la prosa cassoliana si allontana dalle tematiche storiche per assumere un tono più dimesso e intimistico, che rimarrà tipico dell’autore anche nella sua produzione successiva.

Cassola mette a punto la sua poetica del “realismo subliminare”, ossia uno sguardo letterario attento a cogliere le vibrazioni più sottili e umbratili della realtà, spesso nascoste dalle apparenze banali del quotidiano, relegate «sotto la soglia della coscienza pratica» ma che racchiudono il significato vero e profondo della vita umana.

In questa sua ricerca, Cassola tende ad isolarsi dal panorama letterario italiano, riconoscendo il suo unico maestro in Joyce, particolarmente nel Joyce di Gente di Dublino. «In Joyce — dice — scoprii il primo scrittore che concentrasse la sua attenzione su quegli aspetti della vita che per me erano sempre stati i più importanti e di cui gli altri sembravano non accorgersi nemmeno» .

Questo netto distacco dal naturalismo tradizionale segnerà d’ora in poi tutte le opere dello scrittore, determinando anche una nuova visione della storia, considerata sempre meno come il teatro di grandi eventi e di ideali alti, ma piuttosto sempre proiettata nella dimensione interiore e privata dei soggetti che in essa si trovano a vivere, spesso loro malgrado.

Così, se Il soldato (con cui Cassola vince il Premio Salento nel 1958) tratta il tema della solitudine e dell’elegia amorosa, nella raccolta di racconti La casa di Via Valadier (1956) il motivo politico si colora di forti implicazioni esistenziali, in un quadro che all’elemento storico contingente, si tratti della condizione operaia (come nel racconto Esiliati) o della caduta degli ideali della Resistenza (come nel racconto eponimo dell’intera raccolta), sempre viene anteposto lo stato d’animo che ne scaturisce, spesso segnato da un senso di inerzia ed abbandono dinanzi all’ineluttabilità degli eventi. In questa scia si viene a collocarsi anche il romanzo La ragazza di Bube, pubblicato nel 1960 ed insignito del Premio Strega.

Le scelte poetiche di Cassola non mancarono di suscitare numerose ed accese polemiche, e si attirarono a più riprese l’accusa di sfuggire all’impegno letterario e civile rifugiandosi in un vuoto lirismo e in un realismo facile, idilliaco, privo di conflitti. Rimangono emblematiche le parole a cui ricorse un Calvino particolarmente caustico per rispondere ad alcuni interventi di poetica pubblicati da Cassola sul «Corriere della Sera»: «La poetica dell’ineffabilità dell’esistenza è e resterà legata a esperienze individuali rare, a particolari congiunture storiche. Cassola dice che ha trionfato: non si rende conto che questo trionfo è una sconfitta? Cosa può voler dire questo trionfo, oggi? Romanzi sbiaditi come l’acqua della rigovernatura dei piatti, in cui nuota l’unto dei sentimenti ricucinati».

Nonostante l’animosità a volte carica di acrimonia evocata dalla sua opera, il lavoro di Cassola si mantenne fedele alla propria poetica chiusa, minimale e volutamente astorica, anche nella produzione degli ultimi anni che, tra romanzi e racconti, si mantenne regolare e costante:

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15/01/13

Al via le celebrazioni dei 700 anni di Boccaccio.


In attesa della presentazione ufficiale delle manifestazioni del VII centenario della nascita di Boccaccio, che verrà fatta prossimamente dalla Regione Toscana, Certaldo, paese natale del grande scrittore del Trecento, presenta un appuntamento in anteprima attraverso la collaudata formula di «Si racconta le novelle del Boccaccio», a cura di Associazione Polis e L’Oranona Teatro.

A partire da domani, venerdì 11 gennaio, per tutto il 2013, una volta al mese, andrà in scena “10 di 100 - Il Decameron in 10 novelle”: ogni secondo venerdì del mese (tranne che nei mesi di luglio e agosto), verrà presentata la lettura integrale di una novella, accompagnata da musica dal vivo, per ognuna delle 10 giornate del Decameron, una sorta de “il meglio di” dell’opera massima di Giovanni Boccaccio.

Primo appuntamento a ingresso libero domani, venerdì 11 gennaio, alle ore 21.30 a Casa Boccaccio, con la prima novella della prima giornata, la celebre beffa di Ser Cepparello, uomo di malaffare che, sul letto di morte, con una falsa confessione inganna un santo frate per cui, pur essendo stato un pessimo uomo in vita, da morto viene reputato santo e chiamato san Ciappelletto.

A breve verrà presentato il programma nazionale delle celebrazioni per Boccaccio che avrà i suoi centri tra Certaldo e Firenze ma coinvolgerà altre numerose città, da Roma a Milano, con convegni, mostre, conferenze e spettacoli. Saranno previsti anche itinerari turistico-culturali alla scoperta della Toscana medievale narrata dal Boccaccio.

06/07/12

Le Dolomiti celebrano Dino Buzzati.



A quarant'anni dalla scomparsa del grande scrittore, i territori delle province di Belluno e Trento onorano con un evento uno dei piu' celebri cantori delle alte cime. 

''Ricordando Dino Buzzati 1972-2012'' e' la manifestazione, promossa da Circolo Cultura e Stampa Bellunese e da Ideas Communication, insieme con l'Associazione Internazionale Dino Buzzati, che si svolgerà dal 23 al 29 luglio. 

Sette giorni di spettacoli, reading, conferenze dibattiti con protagonisti del mondo culturale italiano sul palcoscenico delle vette piu' amate da Buzzati: lo Schiara, il Civetta, le Pale di San Martino solo per citarne alcune. 

''Sara' un itinerario attraverso i luoghi del cuore e della memoria - raccontano gli organizzatori - con due grandi obiettivi: onorare Dino Buzzati, indimenticabile voce delle Dolomiti e del Novecento Italiano, e fare delle sue celebrazioni l'evento clou dell'estate dolomitica''. 

Sono coinvolte due Regioni (Veneto e Trentino), due Provincie (Belluno e Trento), la Fondazione Universita' ed Alta Cultura della provincia di Belluno e sette Comuni (Belluno, Limana, Feltre, Siror, Tonadico, Sagron Mis, Alleghe, Auronzo). 

E la partecipazione attiva di Giardino Buzzati, associazione culturale presieduta dalla nipote di Buzzati Valentina Morassutti. 

Le proposte sono state selezionate sulla base della qualita' e del rispetto scientifico dell'opera e del pensiero buzzatiani. ''Il nostro auspicio - spiega l'ideatore dell'iniziativa Ivano Pocchiesa - e' di promuovere ad ampio raggio la conoscenza dell'uomo Buzzati e della sua opera, facendone rivivere atmosfere e contenuti con l'ausilio di tutte le arti da lui amate e attraverso la testimonianza di chi lo ha conosciuto. Per questo nel calendario sono stati inseriti spettacoli teatrali, un concerto, dibattiti, mostre, reading, tavole rotonde. Un omaggio a tutto tondo all'uomo e all'artista che sara' occasione per apprezzare anche la bellezza e la ricchezza delle terre che lui ha tanto amato''. 

11/04/12

25 anni fa la morte di Primo Levi.


L'11 aprile 1987 moriva Primo Levi. Il suo corpo lo trovarono al fondo della tromba delle scale nella casa dove abitava, in corso re Umberto a Torino.

Oggi, dopo 25 anni, sono stati annunciati i lavori di ristrutturazione che riapriranno tra qualche mese la palazzina dell'ex Siva di Settimo Torinese dove lui lavoro'. Era una fabbrica di vernici, diventera' un grande contenitore dove troveranno ospitalita' rifugiati politici provenienti da ogni parte del mondo, un museo, uno spazio teatrale e un punto vendita dei prodotti di Libera, prodotti provenienti dai terreni sequestrati alla mafia.

La gestione sara' affidata a Terra del Fuoco che gia' l'ha eretta a luogo simbolo di partenza del Treno della memoria che ogni anno porta centinaia di studenti in visita nei lager. In quella palazzina, a pochi metri dall'autostrada Torino-Milano, dal 1947 al 1975 si recava Primo Levi che ne divento' direttore generale.

All'epoca la Siva era la prima fornitrice di vernici isolanti dell'Unione Sovietica. Quell' esperienza lo segno' tanto che in molti suoi libri ci sono importanti riferimenti alla sua attivita' di chimico, un esempio su tutti "La chiave a stella".

Quando Levi vinse il Premio Campiello con il libro "La Tregua", i dipendenti della Siva gli fecero una grande festa nella sala mensa. Chiusa vent'anni fa, e' rimasta per lungo tempo uno dei tanti giganti di cemento che la deindustrializzazione ha distrutto, ma e' stata sottratta all'asta e quindi alla probabile demolizione, dal Comune di Settimo e dal suo sindaco Aldo Corgiat. Recentemente ha ottenuto un finanziamento dal Senato di 350 mila euro che permettono l'avvio dei lavori che si concluderanno - e' stato assicurato oggi - prima della partenza del prossimo treno della memoria, a gennaio 21013.

"Riconsegniamo alla citta' un simbolo importante dove troveranno spazio importanti attivita' storico-culturali, ha detto il sindaco Corgiat. "Oggi - ha aggiunto il presidente di terra del Fuoco, Oliviero Alotto - abbiamo la straordinaria opportunita' di dare una casa al Treno e ad altri progetti, una casa che vogliamo diventi un laboratorio di conoscenza e di riflessione, per noi, per i ragazzi e le ragazze del Treno e per tutti quelli che lo vorranno, a partire dal passato e dalla memoria che di quel passato costruiamo".

15/03/12

Maupassant lo scrittore più venduto in Francia (quasi 4 milioni di copie in 8 anni) - un solo italiano in classifica, Primo Levi.


La notizia non può che farmi piacere, vista la mia passione per il grande Maupassant. Ecco il dettaglio:

Guy de Maupassant superstar nelle librerie francesi. Spetta infatti all'autore di "Bel-Ami" e "Una vita" il palmares delle vendite tra gli scrittori di lingua francese. 

Dal gennaio 2004 al gennaio 2012 Maupassant ha venduto complessivamente quasi 3,8 milioni di copie (per la precisione 3.790.000). 

Nello stesso periodo secondo posto per Molière, che con le sue celebri commedie, da "L'avaro" a "Il misantropo", ha venduto 3.400.000 di copie. 

Poco meno di 3 milioni di esemplari per il terzo posto conquistato da Emile Zola (2.900.000), per il quarto di Albert Camus (2.810.000) e per il quinto di Victor Hugo (2.710.000). 

Sono questi i risultati di un'indagine di "Le Figaro litteraire", pubblicata oggi dal quotidiano parigino, realizzata con la collaborazione di Gfk, che per la prima volta propone "la classifica dei classici" sulla base delle vendite effettive nelle librerie in Francia nell'arco di un periodo di otto anni. 

"E' la prima volta che accade: nessuno finora aveva valutato il numero reale delle copie vendute dai nostri autori classici", sottolinea il supplemento letterario del "Figaro", ricordando come nella comune convinzione degli specialisti Marcel Proust (38/esimo in classifica con 790.000 copie) sembrava uno tra i piu' richiesti, Alexandre Dumas (27/esimo con 980.000) appariva incrollabile sul suo trono e Antoine de Saint-Exupery (ottavo con 2.310.000) con il suo "Piccolo principe" si diceva il piu' venduto in assoluto. 

Il primo ed unico autore italiano nella classifica dei 50 classici piu' venduti e' Primo Levi, trentesimo con 930.000 copie. 

 Dalla classifica esclusiva realizzata da "Le Figaro" insieme a Gfk emerge un podio di 50 autori classici, tra francesi e stranieri di tutte le categorie mescolate (romanzi, saggi, teatro e poesia) dove non mancano sorprese. 

Il primo scrittore straniero per numero di copie vendute si piazza al sesto posto, ed e' la regina del giallo, l'inglese Agatha Christie (2.650.000), che sopravvanza nettamente il campione del giallo alla francese, Georges Simenon, il padre del commissario Maigret, che conquista solo la 26/esima posizione (990.000). 

Al settimo posto arriva l'austriaco Stefan Zweig, autore dell'autobiografico "Il mondo di ieri" e di biografie di illustri personaggi, che in Francia risulta molto amato, visto che in otto anni e' riuscito a vendere ben 2.510.000 esemplari, qualcosa come 200.000 copie in piu' rispetto all'amatissimo Saint-Exupery e oltre 300.000 copie in piu' di Voltaire (nono posto con 2.200.000), sommo filosofo dell'Eta' dei Lumi. 

Per trovare un altro filosofo bisogna arrivare al quattordicesimo posto con Jean-Paul Sartre (1.320.000). Decimo classificato Honore' de Balzac (2.020.000). La classifica vede poi William Shakespeare (1.510.000), George Orwell (1.350.000), Jules Verne (1.330.000), Charles Baudelaire (1.280.000), Jean Anouilh (1.240.000), Boris Vian (1.230.000), Eugene Ionesco (1.230.000), JR Tolkien (1.200.000), Gustave Flaubert (1.190.000), Robert Louis Stevenson (1.180.000). 

12/12/11

Italo Svevo - Trieste lo celebrerà per i 150 anni dalla nascita.



Mostre, convegni e spettacoli per celebrare il 150esimo anniversario della nascita dello scrittore triestino Ettore Schmitz, alias Italo Svevo (19 dicembre 1861).

Il Comune di Trieste ricorda questo speciale anniversario proponendo una serie di eventi che si realizzeranno tra la seconda meta' del mese dicembre e il marzo 2012. 

L'apertura delle celebrazioni avverra' lunedi' 19 dicembre, il giorno del compleanno dell'autore di La coscienza di Zeno, e sara' preceduta dal convegno internazione di studi ''Italo Svevo e la sua eredita''' che si svolgera' venerdi' 16 e sabato 17 dicembre al St. Hugh's College dell'Universita' di Oxford.

Lunedi' 19 dicembre, alle ore 17.45, a Trieste prendera' avvio l'happening ''Spegniamo l'Ultima Sigaretta'', nello spazio antistante l'ingresso di Palazzo Gopcevich. Alle ore 18 sara' inaugurata la mostra ''U.S. Ultima Sigaretta - Italo Svevo e il buon proposito'' a cura del Museo Sveviano, con l'intervento della professoressa Ginette Herry dell'Universita' di Strasburgo. Alle ore 21 presentazione del rinnovato spazio del Museo Revoltella ''Svevo e gli artisti'' del Museo Revoltella e alle ore 21.30 andra' in scena lo spettacolo teatrale ''Italo Svevo genero letterario'' di Tullio Kezich con Ariella Reggio mell'Auditorium del Museo Revoltella.

Il calendario celebrativo, promosso dall'Assessorato alla Cultura retto da Andrea Mariani e organizzato dal Servizio Bibliotecario Urbano-Museo Sveviano diretto da Adriano Dugulin, per la cura di Riccardo Cepach coordinatore del museo, oltre che festeggiare una ricorrenza molto significativa, vuole mettere in evidenza la vitalità di cui l'opera di Svevo gode tuttora. 

Le celebrazioni prevedono anche la mostra ''Die Geschichte stinkt/La storia puzza/Posta per Italo Svevo'', curata dal Museo Sveviano e dal Museo Postale e telegrafico della Mitteleuropa, dov'e' allestita fino al 21 gennaio 2012. Si tratta di una rassegna di lettere, con alcune rarita', cartoline, fotografie e una serie di documenti scoperti dallo studioso joyciano Erik Schneider presso il locale Archivio di Stato e provenienti dall'Archivio riservato della Polizia asburgica triestina che, durante il primo conflitto mondiale, teneva sotto osservazione la famiglia di Svevo per le sue simpatie irredentistiche.

 fonte Adnkronos

09/12/11

Riemerge dalla polvere una foto mai vista di Dino Campana.

 (cliccare sulla foto per ingrandire) 

Sono tornate alla luce una nuova fotografia dell'autore dei Canti orfici e lettere finora sconosciute. 

E' intitolato Lettere di un povero diavolo. Carteggio 1903-1931 il libro in uscita dall'editore fiorentino Polistampa contenente gli scambi epistolari del poeta Dino Campana (Marradi, 1885-1932), compresi alcuni inediti, con personalita' quali Sibilla Aleramo, Vincenzo Cardarelli, Giovanni Papini e Giusppe Prezzolini.

Curato da Gabriel Cacho Millet, uno dei massimi studiosi dell'opera di Campana (di cui pubblico' le prime lettere nel 1978 per l'editore Scheiwiller), il volume e' dotato di un ampio corredo iconografico, da cui spicca una fotografia finora ignota che ritrae il poeta di Marradi in compagnia di amici sui monti dell'appennino tosco-emiliano. 

Si tratta di una delle rarissime immagini di Campana tuttora conservate, considerate anche le attribuzioni erronee, come la celebre foto di classe scattata al Liceo Torricelli di Faenza nell'anno scolastico 1900-1901 dove ad essere ritratto e' in realta' Filippo Tramonti.

L'immagine mostra Campana (il secondo da destra) con un gruppo di amici vicino alla cascata del torrente Acquacheta, nei pressi di San Benedetto in Alpe. 


Il volume curato da Cacho Millet, che contiene anche numerose testimonianze posteriori sull'opera di Campana, restituisce un ritratto vivo e fedele di uno dei massimi poeti del Novecento italiano.

21/11/11

Le lettere inedite di Cesare Pavese a Bianca Garufi, in un nuovo libro.



Vorrei essere almeno la mano che ti protegge - una cosa che non ho mai saputo fare con nessuno e con te invece mi e' naturale come il respiro. 

Cosi' Cesare Pavese si rivolge, in una lettera del 21 ottobre 1945, a Bianca Garufi, la futura scrittrice che all'epoca lavorava nella sede romana della casa editrice Einaudi, di cui lo scrittore e poeta piemontese era consulente.

E sempre a Bianca, amore non del tutto corrisposto, Pavese in quell'autunno postbellico scriveva ancora: Tu sei veramente una fiamma che scalda ma bisogna proteggere dal vento. A volte non so se un mio gesto tende a scaldarmi o a proteggerti. Anzi allora m'immagino di fare le due cose insieme e questa e' tutta la mia e la tua tenerezza come una cosa sola. 

Si intitola ''Una bellissima coppia discorde'' il volume che per la prima volta raccoglie integralmente il carteggio tra Cesare Pavese e Bianca Garufi (1945-1950), curato da Mariarosa Masoero e pubblicato da Olschki editore (pagine 166, euro 20).

L'importanza di questo volume consiste, oltre che nel valore letterario e documentario delle lettere stesse, nel fatto che si tratta della prima corrispondenza di Pavese con una donna a vedere la luce.

Le lettere di Bianca Garufi, inedite, vanno dall'agosto del 1945 al gennaio del 1950, quelle di Cesare Pavese, solo in parte edite e con omissis (tutti ora segnalati e integrati), dal settembre del 1945 al febbraio del 1950.

Il carteggio e' conservato nell'Archivio Pavese del Centro internuniversitario per gli studi di letteratura italiana in Piemonte ''Guido Gozzano - Cesare Pavese'' dell'Universita' di Torino Il carteggio da' conto, passo passo, del divenire del romanzo ''Fuoco grande'' (scritto a quattro mani, che sara' pubblicato, firmato da entrambi, nel 1959, ossia nove anni dopo il suicidio dello scrittore), all'inizio provvisoriamente intitolato ''Storia di Silvia e collaterali'', e dei ''Dialoghi con Leucò'', fino a pubblicazione avvenuta.

La corrispondenza viene inaugurata nell'agosto 1945 da Bianca, in vacanza in Sicilia, e procede in modo irregolare e sorprendente nell'autunno dello stesso anno (i due si vedono tutti i giorni nella sede Einaudi di Roma e non avrebbero bisogno di scriversi): dalla lettera che colma la distanza si passa, cioe', a quella che prosegue il dialogo avviato di persona, lo chiarisce e lo integra, insiste sul non detto o sul difficile da dirsi, mette a nudo pensieri ed emozioni.

''Ho cominciato a prendere coscienza che noi due, per me, era qualcosa che esisteva'', confessa Bianca in una delle prime lettere. Poi si afferma la novita' di un sentimento (''qualcosa di piu' che la passione''), che invita a sperare che la loro ''storia'' non ''somigli alle altre che Cesare ha bruciato''.

Lo scrittore trova il coraggio per manifestare i suoi sentimenti: Tu sai che per me la tua presenza e' vera gioia. Tanto una gioia che talvolta corro il rischio di dimenticare che magari soffri. Ma vedi io non sono mai stato abituato a un contatto come il nostro. Io ho sempre combattuto, in queste cose. Potrei dire che sono tutto cicatrici e stanco. 

Dopo ''le giornate dolci (troppo) della prima conoscenza - l'idillio'', non v'e' ''ora posto per l'orgoglio e la vilta', per un amore ''storto'': occorre essere chiari e decisi, ''guardare in faccia'' la propria anima, scoprirsi ''agli antipodi'', accettarsi nella diversita', ritrovarsi in un vero ''tra noi''.

Ma la strade del loro rapporto e' in salita e Pavese rivela gia' il 25 novembre 1945 il suo tormento: Bianca, io ho capito che nome ha il mio male. Orgoglio si chiama, e si puo' vincerlo. Io non sono sensuale non sono avaro non sono altro che orgoglioso.

fonte Adnkronos

17/11/11

Gabriele D'Annunzio e il cuore messo a nudo. Il Notturno.



Gabriele D’Annunzio e il  cuore messo a nudo
Il Notturno
di Fabrizio Falconi

  
1.  D’Annunzio e le prose memoriali.
C’è da sempre una dicotomia nella valutazione critica dell’opera di Gabriele D’Annunzio come figura cardine della letteratura italiana di inizio Novecento. E’ quella che riguarda la differenza, il contrasto di toni e di sostanza tra il lirismo decadente dei cinque libri delle Laudi – che ne decretarono l’affermazione e la fortuna di poeta – scritte tra il 1903 e il 1912, e la riflessione solitaria e pensosa, l’introversione oscura, meditativa e dolente contenuta nelle cosiddette ‘prose memoriali’, delle quali il Notturno è il caso più emblematico.

Se infatti il ‘rimprovero’ che è sempre stato mosso al D’Annunzio vate, al D’Annunzio lirico, per gran parte del Novecento post bellico, fu quello di una mancanza di essenzialità, e di un compiacimento stantìo di una lingua artificiosamente  elaborata, ai limiti del barocco, tesa unicamente alla costruzione di un mito personale tutto risolto al raggiungimento di un orizzonte da  Ubermensch  nietzschiano,  una parte della critica ha sempre puntato il dito sul rovescio della medaglia della personalità artistica di D’Annunzio, emergente quando il delirio personalistico e avventuriero dell’anima che visse come diecimila si spegneva per cause contingenti, e casuali, che costringevano il grande pescarese a intro-vertersi, a guardarsi dentro, a dare spazio sincero alle molte zone d’ombra e di solitudine di una psicologia ipertrofica e non equilibrata.

30/10/11

Il sesso, la roba e Boccaccio: intervista a Vittore Branca.



Einaudi presenta un progetto grandioso e già più volte vagheggiato, quello di un "Boccaccio visualizzato" in due volumi, che rappresenterà un importante passo avanti per la definizione dell'influenza del Boccaccio nella storia dell'arte.   All'opera la cui uscita è prevista nel '91, sta lavorando da molto tempo Vittore Branca, uno dei massimi conoscitori mondiali del Boccaccio, che coordina una imponente équipe internazionale di filologi e storici dell'arte.

"Boccaccio è l'autore che più di ogni altro ha sollecitato gli artisti visuali, xilografi, pittori, miniaturisti..." spiega Branca, che nella sua casa veneziana, è alle prese con le riproduzioni di più di milleduecento illustrazioni e miniature raccolte nelle biblioteche di tutto il mondo.

"La ripresa di interesse del Boccaccio a livello mondiale non mi stupisce" continua Branca, "il Decameron è l'opera che seicentocinquanta anni fa ha affrontato i due temi più presenti nell'età moderna: il sesso e la roba, cioè il possesso.  Per questo è con Dante, il classico italiano più tradotto, più di Machiavelli, che è troppo aristocratico. Il rapporto parola-immagine era per il Boccaccio assolutamente fondamentale" spiega ancora Branca, "al punto che nell'autografo del Decameron, che io stesso identificai 28 anni fa, è proprio lo stesso autore a voler illustrare di mano propria il suo capolavoro."

Da allora in poi molti, da Botticelli a Giorgione, da Tiziano a Palma, da Veronese a Blanchard, a Rubens, dovettero percepire la forza esplosiva delle immagini contenute nella prose dell'opera, rivoluzionando molti dei vecchi archetipi dell'immagine pittorica.

Ma non tutti sono d'accordo sull'effettiva portata delle innovazioni contenute nel Decameron. E questo è proprio il segnale di una intramontabile attualità del dibattito intorno al novelliere. Proprio recentemente Giampaolo Dossena, nella sua Storia Confidenziale della Letteratura Italiana, arrivata al secondo volume, ha fatto risorgere vecchie e interminabili questioni, affermando che almeno metà delle novelle del Decameron sarebbero 'mediocri'.

Niente di più di una provocazione, secondo alcuni: fatto sta che di Boccaccio si torna a discutere e anche con un apparente piacere.  Al punto tale che, dopo qualche indugio, il Decameron approda in lettura integrale alla radio.  L'opera, curata da Alberto Asor Rosa e Adolfo Moriconi, è infatti in fase di ultimazione negli studi della RAI di Firenze e verrà trasmessa questa estate, nella divertita lettura di numerosi intepreti: da Valeria Moriconi a Davide Riondino, da Paolo Poli a Giorgio Albertazzi.

"Il Decameron è il libro che fonda tutta la nostra letteratura," dice Paolo Gonnelli, direttore di Radiotre, che ha prodotto l'impegnativa operazione, "ma è un libro poco letto. Per questo abbiamo deciso di ripetere l'esperimento già tentato con la lettura integrale della Divina Commedia, che ci ha dato notevoli soddisfazioni."

Reggerà il Decameron alla prova radiofonica ? Non è la prima volta, in effetti, che tra le perplessità dei filologi, l'opera si trova a dover sconfinare oltre l'ambito letterario: sono ormai innumerevoli le riduzioni cinematografiche, molte delle quali addirittura iconoclaste, come quelle dei B-movies dichiaratamente licenziosi, così come le molte "traduzioni" da versioni modernizzate, in circolazione nei mercati esteri. Ma alla prova definitiva, la prosa del Boccaccio, ha mostrato sempre segni di sorprendente vitalità.

"Credo che il Decameron rappresenti il primo esempio nel quale, in letteratura, gli uomini vengono raffigurati come sono davvero e non come vorrebbero essere", dice Vittore Branca, che non riesce a trattenere l'entusiasmo di fronte all'immagine di uno splendido quadro del Botticelli che ha sotto gli occhi, "Nastagio e la caccia infernale," conservato al Museo del Prado di Madrid.  E' l'illustrazione di una novella del Decameron, raccontata nella quinta giornata.

"Un capolavoro come questo ha una storia antichissima", dice Branca, "perché proprio Botticelli ci ha aiutato a capire che nella novella si nascondeva un mito antichissimo, quello di Atteone. Ma solo Boccaccio poteva raccontarlo così, e Botticelli ha dato espressione a questa narrazione realistica, incredibilmente visuale."

Fabrizio Falconi, "Superboccaccio",  Il Manifesto,  domenica 1 aprile 1990.