07/08/25
Martin Amis, "Esperienza" - RECENSIONE
Fatico un bel po' a parlare di questo libro in termini obiettivi.
Leggo Amis da tanti anni e lo apprezzo più come saggista che come narratore (anche se "L'Informazione" è un grande romanzo). Ma il meglio lo ha dato nei suoi memoir, "La vita da dentro", uscito nell'anno della sua morte, 2023, che è superiore anche a questo "Esperienza", uscito nel 2008.
Questi due libri di Amis sono, appunto, non semplici libri, ma "esperienza" cioè vita, eventi, grandi eventi, piccoli eventi, morti, nascite, orrori, sbagli, ambizioni, amori, letteratura, scrittura, arte, passione, disperazione, impotenza, inadeguatezza, fiducia, crescita, fallimento.
In una parola vita.
"Esperienza" è un libro molto forte (almeno per me, che ho dovuto in alcuni momenti sospenderne la lettura prima di andare a letto, perché temevo le ricadute sulla qualità del mio sonno) e però anche ironico e divertente, specie per chi ama i libri e la letteratura.
Come si sa, Amis ebbe la fortuna di nascere figlio di un grande e celebrato scrittore, Kingsley Amis, poco conosciuto e quasi completamente intradotto in Italia, che pur venendo da una famiglia "normale" divenne nei '60 e '70 uno degli autori più letti e influenti in UK fino a ricevere il titolo di Sir dalle mani della regina.
Perdipiù, dopo il doloroso divorzio dalla moglie (madre di Martin e dei suoi 2 fratelli), Kinglesy pensò bene di sposarsi con Elizabeth Jane Howard, una delle più grandi scrittrici inglesi del Novecento (Un lungo sguardo, la saga di Cozelet, ecc..).
"Esperienza" tratta, in un lungo racconto non cronologico (pieno zeppo di salti temporali anche a distanza di pochissime righe, digressioni, lettere, citazioni, ricordi sparsi e affioranti confinati spesso nelle note che qui rappresentano un testo parallelo) la formazione del giovane Amis, le difficoltà scolastiche, i dolori familiari, l'eterno confronto con il genitore "monumento", le sofferenze fisiche (interi capitoli dedicati alla terribile odissea odontoiatrica di Martin) e psichiche (il dolore lancinante per l'adorata cugina carnale Lucy, finita a 19 anni nelle grinfie di uno dei più efferati serial killer britannici il quale, insieme alla moglie rapì, trucidò e fece a pezzi, seppellendole nel suo giardino, almeno 12 o 13 ragazze, tra cui la stessa Lucy).
Ma il libro riserva vere delizie per gli appassionati di letteratura, visto che Amis ebbe per tutta la vita un punto di vista privilegiato su quell'ambiente londinese in cui passarono tutti, da Julian Barnes a Kureishi, McEwan, Ishiguro, Byatt, Larkin, Iris Murdoch, Cecil Day Lewis (il poeta padre dell'attore Daniel), Naipaul, Hitchens, Muriel Spark e chi più ne ha più ne metta.
Ma il libro è anche una operazione a cuore aperto sul proprio brutto carattere (e quello di Amis sicuramente era, un carattere difficile) e sul valore eterno dell'amicizia (debiti letterari inclusi) e dei legami. Non è insomma affatto solo e soltanto un bell'esercizio di stile sui propri gusti e manie letterarie o sul piacere o dispiacere estetico di contempla il mondo e l'arte.
Vivere vuol dire rischiare. Amare, vuol dire rischiare. Vivere e amare vuol dire andare incontro all'esperienza. Esperienza che è bene ed è male. Se si vuole vivere veramente, amare veramente e fare "esperienza" veramente, non si può credere di poter scegliere scremando accettando e cercando soltanto ciò che non ci farà soffrire.
Amis ha certamente sofferto e ha certamente amato. E in più è anche riuscito a scriverne, come meglio è difficile pensare, in questi suoi due grandi libri.
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