..... Un Leonardo regista ante litteram, che costruisce e mette in scena le sue visioni, attingendo a figure simboliche
e ad espressioni umane a lungo studiate, le quali ri-velano le profondità
recondite dell’animo umano e i destini personali.
Basandosi su questo, un ricercatore spagnolo,
Javier Serra (1) è giunto recentemente ad elaborare un’altra sorprendente teoria che riconduce l’origine del Cenacolo all’ars memoriae, quella
disciplina antica basata sulla prevalenza della memoria visiva rispetto a
quella concettuale, che permetteva di memorizzare parole o frasi – e quindi
contenuti – associandole ad immagini successive raggruppate in un unico
luogo. Assegnando a ciascuno oggetto di
una abitazione, per esempio, una parola e imprimendo nella memoria il percorso
in quella casa, lo scorrere di determinati oggetti o figure, si poteva riannodare
il filo di una lunga frase o di un elenco di molte parole diverse.
Il metodo poteva poi essere applicato a luoghi
simbolici più grandi come edifici sacri, facciate di cattedrali, o opere d’arte
con molte figure.
Attraverso questo metodo – con certezza Leonardo
era un appassionato cultore dell’ars memoriae – Serra ha scoperto una parola criptata
nel Cenacolo vinciano, che si ricaverebbe dalle iniziali delle diverse virtù
attribuite ai dodici apostoli sulla base della Leggenda Aurea, la raccolta medievali
delle vite dei santi, scritta alla fine del Duecento dal frate domenicano
Jacopo da Varagine.
Seguendo dunque l’ordine predisposto da Leonardo,
in cui figurano i 12 apostoli, da destra a sinistra nell’affresco, si
leggerebbero le dodici virtù: Confector,
cioè colui che porta a termine, attribuito a Simone; Occultator, colui che nasconde per Giuda Taddeo; Navus, cioè il diligente, per Matteo; Sapiens, cioè il sapiente per Filippo; Oboediens ovvero obbediente per Giacomo;
Litator, colui che placa gli dèi per
Tommaso; Mysticus, cioè il mistico
per Giovanni; Exosus, colui che odia,
per Pietro; Nefandus, l’empio, per
Giuda Iscariota; Temperator, il
moderatore, per Andrea; Venustus, cioè pieno di grazia per
Giacomo il minore; Mirabilis, cioè il
prodigioso per Bartolomeo.
Le dodici lettere iniziali delle dodici virtù,
lette in questa sequenza, formerebbero dunque la parola Consolamentum.
Consolamentum è il battesimo dei Catari, il movimento eretico, detto anche degli
Albigesi, che si diffuse in Europa nel
Duecento e nel Trecento e che fu combattuto ferocemente dalle gerarchie
cattoliche con la sanguinosa crociata indetta da Innocenzo III nel 1208,
causando massacri in Provenza e nella Linguadoca.
I Catari rimproveravano al clero la sua corruzione ed auspicavano il ritorno della
Chiesa alla primitiva purezza. Questo credo, nella sua radicalità, comportava una serie di conseguenze, come il
rifiuto di tutte le autorità, considerate emanazioni del demonio, compreso il
potere della Chiesa di Roma.
Ma perché Leonardo avrebbe dovuto inserire la
parola chiave del battesimo cataro nel Cenacolo ?
Secondo Serra, il grande Da Vinci, durante il suo
soggiorno alla corte degli Sforza si sarebbe avvicinato alle conoscenze e ai
dogmi dei catari, i quali, dopo gli stermini medievali, sopravvivevano in
ristrette comunità, una delle quali attiva ancora nel Rinascimento nella zona
di Concorezzo. In effetti questa cittadina oggi in provincia di Monza era stata
sede di una delle sei chiese catare d’Italia, con più di 1500 perfetti (coloro
che avevano rinunciato a qualsiasi forma di proprietà e vivevano soltanto di
elemosina) su un totale di meno di 4000 per tutta l’Europa. E non è un caso che il clamoroso
assassinio del frate domenicano Pietro da Verona, inquisitore di Como e Milano,
ucciso nel 1252 dal sicario cataro Carino de Balsamo fosse stato organizzato
proprio da un alto esponente della chiesa catara di Concorezzo, il nobile Stefano Confalonieri di Agliate.
La reazione a questo assassinio fu durissima e anche in Italia si
ripeterono stragi di catari e di eretici organizzate dal Podestà di Milano,
Oldrano da Tresseno.
La principale obiezione alla teoria di Serra è dunque che il catarismo
italiano, come anche quello francese, era stato estirpato a furia di eccidi ed
è davvero molto arduo sostenere che all’epoca di Leonardo fossero ancora
presenti comunità così radicate, in grado di avvicinare e influenzare un grande artista, ospite della corte
degli Sforza.
Obiezioni ancora più radicali sono state mosse all’ultimo dei libri
dedicati al Cenacolo, quello scritto dal canadese Ross King nel 2012, e che si
basa sulla presunta scoperta di un doppio autoritratto: Leonardo, secondo
questa teoria, avrebbe ritratto se stesso nei volti degli apostoli Tommaso e
Giacomo minore.
La prova, secondo King, risiederebbe in un carme poco noto
scritto da Gaspare Visconti, signore di Zeloforamagno, consigliere di Ludovico
il Moro, e amico di Leonardo, nel quale il poeta prendeva bonariamente in giro
l’amico pittore (del quale non si fa il nome) per aver messo il suo ritratto
nei suoi dipinti per quanto bello possa
essere. L’autore, poi, per suffragare la scoperta tira in ballo anche un
altro ritratto di Leonardo, realizzato a seppia da uno dei suoi assistenti nel
1515. (2)
Davvero molto poco per imbastire chissà quale mistero.
Eppure il Cenacolo, insieme al suo contenitore, il refettorio di Santa
Maria delle Grazie restituito al suo aspetto originale dai meticolosi restauri
del Novecento, continua a richiamare folle di visitatori da tutto il mondo (è
secondo le ultime statistiche, relative al 2010, il quarto museo o sito artistico/archeologico
più visitato in Italia) e a suscitare le più diverse teorie e interpretazioni.
Come abbiamo visto in questo rapido excursus, gli ingredienti ci sono
tutti: il genio di Leonardo, il contesto religioso dell’epoca, le implicazioni
teologiche del convento, le intenzioni dei committenti, gli studi e gli appunti
del Da Vinci contenute nei fogli di Windsor,
le dimensioni dell’opera, il disegno e le attribuzioni dei personaggi,
oltre alla scelta del soggetto.
Una domanda tra tutte, quella che forse più di ogni altra, ha dato adito alle teorie esoteriche più spericolate: perché, se Leonardo ha voluto rappresentare l’Ultima Cena di Gesù Cristo, come momento fondativo del Cristianesimo, così come raccontato nei Vangeli, ha dimenticato di inserire, accanto al pane, il calice del vino simbolo dell’Eucarestia, il cui rito si ripete ad ogni celebrazione, da due interi millenni ?
Una domanda tra tutte, quella che forse più di ogni altra, ha dato adito alle teorie esoteriche più spericolate: perché, se Leonardo ha voluto rappresentare l’Ultima Cena di Gesù Cristo, come momento fondativo del Cristianesimo, così come raccontato nei Vangeli, ha dimenticato di inserire, accanto al pane, il calice del vino simbolo dell’Eucarestia, il cui rito si ripete ad ogni celebrazione, da due interi millenni ?
E’ stato semplice alludere, con superficialità, al mistero del Santo Graal
e alla caccia che ad essa hanno dato nei secoli cavalieri e archeologi
dell’intero Occidente. Come se Leonardo avesse voluto proporre, con la sua
assenza dalla scena, un significato nascosto e rivolto soltanto a potenziali
adepti di chissà quale culto misterico.
Eppure anche qui basterebbe leggere con attenzione i testi e i documenti
per scoprire che la scelta di Leonardo fu motivata semplicemente dal Vangelo
che egli scelse – come abbiamo visto – come riferimento per ritrarre la scena,
ovvero quello di Giovanni, che a differenza dei tre sinottici, non fa riferimento alcuno al calice e non riporta la
frase: Poi prese il calice e dopo aver
reso grazie, lo diede loro dicendo: bevetene…
Anche qui, dunque bisogna forse, prima di sbrigliare la fantasia, ammirare
il rigore inimitabile di coloro che, come Leonardo, resero l’arte italiana, nei
fasti del Rinascimento, immortale nel mondo.
1. La teoria di Javier Serra è
proposta nel libro La cena segreta,
pubblicato in italia da Tropea editore, 2005.
2. Ross King, L’enigma del Cenacolo, Rizzoli, Milano, 2012.