03/07/19

I misteri della Rocca degli Albornoz a Narni, il castello di Narnia




I misteri della Rocca degli Albornoz a Narni, il castello di Narnia

Anche se sembrerebbe il frutto di mere fantasie cinematografiche, esistono davvero istituti e organismi internazionali, che più o meno seriamente, si dedicano alla caccia di segni del paranormale, quel che negli USA chiamano: fenomeno di ghost hunting, ovvero caccia ai fantasmi. Anche in  Italia ne esistono di diversi tipi, e alcuni di essi si ispirano direttamente  al lavoro di Harry Price, quello che viene considerato il padre della ricerca nel settore dei fenomeni paranormali.
Price, ai primi del Novecento, si dedicò – subendo mille accuse, prima fra tutte quello di essere un profittatore della credulità popolare – alla caccia ai fantasmi nelle case e nei manieri della vecchia Inghilterra, realizzando numerosi inquietanti scatti di spiriti catturati, che ancora oggi fanno discutere.
I ghostbusters di oggi però dispongono di strumenti molto più sofisticati delle prime lastre fotografiche di Price, come ad esempio il cosiddetto DVR, una unità informatica a disco rigido corredata di processore, memorie e sistema operativo, che può essere sistemata all'interno di ambienti chiusi in grado di percepire e registrare qualsiasi tipo di immagine.
E’ con questa particolare strumentazione che recentemente alcuni di questi ricercatori del paranormale, che si riconoscono sotto la sigla dell'Epas (European paranormal activity society) hanno setacciato la Rocca degli Albornoz di Narni. Per verificare cioè se sia veramente abitata da fantasmi o da altre strane presenze, come ormai da tempo si sosteneva.
Le ricerche sono proseguite per alcuni giorni e alcune notti, con la collaborazione della società che gestisce attualmente l’antico complesso medievale soffermandosi all'interno di ciascuna sala del castello, nei sotterranei e nelle ali meno frequentate del vecchio Castello.
Una lunga e minuziosa ricerca, durante la quale sono state raccolti i video e le immagini catturate dal DVR e dalle altre camere disseminate.
Ma prima di raccontare quello che i ghostbusters avrebbero trovato realmente, con i risultati della ricerca a cui è stato dato anche ampio spazio da parte della stampa (1), è il caso di domandarsi qui, perché proprio il Castello degli Albornoz di Narni sia divenuto oggetto di così intensi interessi paranormali.
La Rocca di Narni, in realtà, fa parte di quella serie di grandiose fortificazioni che furono erette a metà del 1300 nel Centro d’Italia per restaurare l’autorità papale nei territori della Chiesa che si erano ribellati e favorire così il ritorno del Pontefice da Avignone.
L’operazione, un misto di forza militare e di fervide attività diplomatiche, fu affidata ad un uomo di grandi capacità, una delle menti più illuminate del periodo, uomo fedelissimo e allo stesso tempo ambizioso: Gil (Egidio) Alvarez Carrillo de Albornoz, discendente di Re Alfonso V di Spagna, nato a Carrascosa  del Campo, in Castiglia, nel 1310.

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Il frutto più duraturo delle imprese dell’Albornoz fu proprio l’ambizioso progetto di fortificazioni disseminate lungo tutta la dorsale dell’Italia centrale che ancora oggi ne caratterizzano il paesaggio, dalla Romagna, alle Marche, all’Umbria.

La Rocca costruita a Narni rappresenta una sorta di testamento spirituale del Cardinal guerriero, visto che la sua costruzione iniziò proprio nel 1367, l’anno in cui Albornoz morì e da diversi punti di vista rappresenta la summa perfetta: è infatti un quadrilatero delimitato da quattro torri agli angoli, tre delle quali ha il nome di un santo (Bernardo a nord-est, Filippo a sud-est e Giacomo a Sud-ovest) e una il soprannome di Maschio, essendo la più imponente. Il quattro ricorre anche nel numero dei piani del Castello e nel numero delle vie che venivano controllate.
Sembra che il progetto della Rocca di Narni sia comunque riconducibile a Matteo Gattacapponi il geniale ideatore e costruttore della fortezza di Spoleto, che del resto non è lontana da quella narnese.
Ma aldilà delle caratteristiche tecnico-architettoniche del monumento, quello che qui ci interessa è innanzitutto che la Rocca sorge quasi al di sopra l’antichissima Fonte Feronia, una sorgente, luogo di culto, che risale all’epoca pre-romana : Feronia era infatti la ninfa della fertilità venerata dalle popolazioni degli Umbri, dei Sabini e dei Volsci, oltre che dagli Etruschi. E in effetti recenti rilievi speleologici in loco hanno permesso di datare l’originario  cunicolo sorgivo tra il IV e il III secolo a.C.
Questo antico tempio pagano – compresa la statua dedicata alla divinità – fu distrutta quando in questi luoghi si insediò la prima comunità cristiana, presumibilmente nel V secolo d.C. e il sito originario con la fonte, ritenuto fino a quel momento sacro, cadde in rovina e fu chiamato maccla mortua, ovvero macchia morta (macula morta).
Ogni coincidenza, visto che in questa storia si parla anche di fantasmi, ci sembra non trascurabile. Così, come dobbiamo tener conto che la fama esoterica di questo luogo sia dovuta alla cancellazione di un rito pagano, sopra il quale fu edificato un simbolo eloquente dell’autorità temporale cristiana – previa la cancellazione della stessa memoria di quel luogo – dobbiamo anche a questo punto della storia, riferire che, nessuno può dire quanto consapevolmente, Narni con la sua rocca e le sue storie medievali ha finito per essere la fonte di ispirazione di quella che viene considerata la saga di fantasy più popolare del ventesimo secolo (e anche di questo inizio di ventunesimo): l’insieme di quei sette volumi che vanno sotto il nome di Cronache di Narnia, scritte da Clive Stapleton Lewis tra il 1950 e il 1956 e che rappresentano, secondo la critica letteraria, una trans-figurazione del messaggio cristiano attraverso il forte richiamo a simboli esoterici.
Com’era arrivato a questo, Lewis ?
Il grande scrittore, una delle menti più illuminate della seconda metà del Novecento, nato a Belfast nel 1898, fu fortemente influenzato da un particolare incontro, dal quale si generò una grande amicizia: John Ronald Reuel Tolkien, il futuro autore de Il Signore degli anelli e di Silmarillion  aveva sei anni più di Lewis.  Anche Tolkien, come Lewis, aveva perso prematuramente la madre, a soli dodici anni.  Anche la famiglia di Tolkien aveva radici cristiane, anche se cattoliche e non protestanti come quelle di Lewis. Anche Tolkien aveva combattuto nella Grande Guerra, in prima linea sul fronte occidentale.  E come lui, condivideva un profondo interesse per la mitologia e insegnava ad Oxford.  Una specie di gemello, o di fratello maggiore, per Lewis. Ed è forse proprio questa somiglianza che aveva suscitato in Lewis, all’inizio una certa diffidenza, come scrive ironicamente nell’autobiografia Surprised of joy (pubblicata nel 1955):  Alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista, e (apertamente) al mio arrivo nella facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era l'uno e l'altro.
Ma è proprio questo papista e questo filologo -  Tolkien - a spalancare a Lewis le porte di una nuova comprensione di quel Cristianesimo rifiutato nell’adolescenza, proprio a partire dai vecchi miti pagani, i quali  tutti indistintamente parlano di morte e resurrezione.
Per Lewis è una vera e propria illuminazione.   E’ la nascita dell’esclusiva compagnia degli Inklinks (in italiano  gli Imbrattacarte ), molto più che un salotto letterario,  un sodalizio di artisti che segnerà la vita culturale britannica dagli anni ’30 agli anni ’50.
Nel settembre del 1931 l’occasione è fornita da una lunga conversazione notturna con Tolkien Charles Williams, autore del celebre The Place of the Lion, e Hugo Dyson.  Tolkien  suggerisce all’amico  che il Cristianesimo si presenta come l’unica verità nella quale è possibile riassumere, comprendere e sciogliere i miti pagani e le credenze degli antichi. Il Cristianesimo, alla luce di quelle considerazioni, comincia ad apparire agli occhi di Lewis non solo e soltanto come religione o filosofia in senso stretto – lo scrive in Surprised by joy – ma come “riassunto e attualizzazione” di ogni mito e cultura preesistente.
Dopo una settimana Lewis comunica agli amici la sua conversione al Cristianesimo; e quel che interessa a Lewis è il cristianesimo che Lewis non si stanca di ‘propagandare’, quello che nella sua vita ha avuto un significato particolare:  riconoscere il significato del giusto e dell’ingiusto e la legge morale che è inscritta nel cuore di ogni uomo.
Ed è questo che è facile riconoscere nelle Cronache di Narnia, cosparse di leggende gotiche e magie comuni al Bene e al Male, e di prove di iniziazione attraverso cui i quattro fratelli protagonisti ritroveranno se stessi, liberando il regno di Narnia dalla tirannia della Strega Bianca.
Tutto questo sembrerebbe aver poco a che fare con la nostra storia, se non fosse che prove recenti hanno dimostrato lo stretto legame esistente tra la cittadina umbra, e la sua Rocca, le sue leggendarie vicende medievali e la saga fantastica.
C. S. Lewis era un accanito studioso di storia romana, e a forza di ripercorrere in lungo e in largo per i suoi studi gli Annales di Tacito, la Naturalis Historia di Plinio il vecchio e le Historiae di Tito Livio, si era imbattuto nello sperone roccioso di Narnia – così avevano denominato i romani quello sperone di roccia il cui antichissimo nome era Naharna, ovvero ‘terra del fiume’, sorgendo proprio a picco sulla valle del fiume Nera.
Lewis, come ha spiegato il suo biografo (e segretario personale) Walter Hooper, identificò la romana Narnia sull’atlante geografico latino (il Murrey’s Small Classical Atlas)  che usava per documentarsi, evidenziando anche il tracciato della via Flaminia, battuto dagli eserciti romani. (2)
C’è dunque chi, alla luce di questa scoperta – Lewis, in vita, non aveva mai fatto cenno alle origini del nome della sua saga – si è messo alla caccia di tutti gli indizi relativi alla vicenda della storia di Narni e in particolare della Rocca degli Albornoz che possono essere confluiti nella saga fantastica di Narnia, primo fra tutti l’estesa rete di cunicoli sotterranei realmente esistiti sotto il Castello narnese, che permettevano la comunicazione tra la fortezza, il Bastione esterno al profilo delle mura, l’avamposto costruito nel borgo delle Arvolte, nella zona dove oggi sorge l’ospedale e la Piazza dei Priori, nella città medievale.
Suggestione del nome e collegamento con le leggende pseudo-cristiane di Narnia a parte, sul fascino esoterico di questo luogo incidono anche le vicende che seguirono l’epoca di Albornoz. La fortezza, infatti, rimase attiva sempre, nei secoli, e le sue potenti mura resistettero perfino all’attacco dei Lanzichenecchi che provarono ad espugnarle di ritorno dal Sacco di Roma del 1527. Insediatosi il primo castellano, dopo la morte di Albornoz, Giovanni de Novico nel 1371, vennero finalmente i lavori lasciati in sospeso. Per la solenne inaugurazione intervenne il cardinale Filippo di Alengon, vicario apostolico del Patrimonio.
La Rocca, da quel momento ospitò papi, cardinali, condottieri e divenne sede del governatorato.  Nel 1449, quando si scatenò una terribile epidemia di peste, vi si rifugiò lo stesso papa, Niccolò V il quale fece eseguire numerose opere difensive dall'architetto Bernardo da Settignano; lavori che proseguirono poi anche sotto Sisto IV e Innocenzo VIII.
Nel 1798 quattrordicimila francesi, dopo la proclamazione della Repubblica Romana e la fuga di Pio VI, riuscirono a spogliare la rocca di tutte le armi che furono trasportate a Perugia e fuse per fare cannoni. Dal 1834 al 1906 divenne poi carcere, arrivando ad ospitare anche 300 detenuti, nei sotterranei che sono visitabili anche oggi .
Rimase poi prigione a lungo, fino a quando nel 1906 fu acquistata ad un’asta indetta dal demanio, in sordina, per una modestissima somma: 13.000 lire con pagamento rateale, dal principe russo Mestschezsy che ne mantenne la proprietà, insieme ad un altro socio, fino al 1972, quando passò nelle mani di una famiglia romana.
Sono stati dunque queste secolari storie e i destini di quelli che scontarono i loro giorni nelle segrete del castello, o forse semplicemente la nobile geometria e la storia della sua costruzione e del deus ex machina – Egidio Albornoz, guerriero e santo – a generare la convinzione che il Castello sia abitato oggi dagli spiriti ?
Le ripetute segnalazioni di increduli testimoni hanno, come abbiamo visto all’inizio di questo capitolo, attratto gli specialisti del settore, intervenuti recentemente sul posto per cercare di carpire il suo segreto alla vetusta Rocca. E, almeno a giudicare dalle conclusioni che sono state annunciate alla stampa, sembra che qualcosa sia stato trovato.
In una conferenza, i ricercatori dell’ Epas hanno infatti confermato che all’interno del Castello potrebbero "vivere" entita' paranormali: Tra le varie attività di ricerca svolte sul posto – si legge nel comunicato diffuso al termine del sopralluogo - gli studiosi - che rimangono cauti sulla natura delle presenze e non vogliono definirle fantasmi - hanno scattato, con apposite apparecchiature, sei foto in altrettanti punti della strutture.
In due di esse sarebbero riconoscibili - secondo gli esperti - in modo più chiaro alcune figure considerate "anomale".
In particolare, in una stanza al piano superiore della Rocca, gli strumenti fotografici avrebbero "catturato" la presenza di una figura simile a un velo o in alternativa - ipotizzano i ricercatori - a delle ali.
Si tratta di uno scatto non nitido e particolarmente disturbato, a causa di campi elettromagnetici che potrebbero quindi confermare la presenza di entità non ben definite.
La seconda foto, scattata nella sala delle armi, adiacente a quella dei banchetti, rileverebbe invece la presenza della parte inferiore di un mezzo busto, in particolare due gambe che sembrerebbero camminare.
Le altre fotografie sono invece offuscate e quindi più suscettibili a varie interpretazioni.
A chi appartiene quel misterioso velo ? Cosa suggerisce l’immagine di quelle ali ? E di chi erano quelle gambe che sembrano camminare ? Davvero un luogo così particolare ha avuto la capacità di intrappolare qualcuno dei suoi abitanti del passato ? C’è, ovviamente, tutto l’agio di poter dubitare. Ma per chi vuole,  dopo questa specie di avallo scientifico o parascientifico anche qualche motivo in più per credere alle caratteristiche paranormali di un luogo che ha attraversato lungamente i secoli. 

tratto da Fabrizio Falconi, Monumenti Esoterici d'Italia, Newton Compton Roma, in tutte le librerie nella nuova ristampa, 2019  



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