Nei Dialoghi di Platone, diversi sono i brani in cui affiora una concezione pitagorica del numero. Il più celebre è quello del Timeo, che, in accordo con l’astronomia pitagorica, vede nella struttura del cosmo un’armonia retta da proporzioni matematiche.
Nel Libro V de Le Leggi, in cui Platone
descrive la sua Città Ideale, viene indicato 5040 come numero di abitanti. E così egli giustifica la sua scelta:
“Adottiamo questo numero per le ragioni di convenienza
ch’esso ci offre. Territorio e abitazioni siano del pari divisi nel medesimo
numero di parti, in modo che ad ogni uomo corrisponda una parte di essi.
L’intiero numero si divida dapprima in due parti, poi in tre: esso è divisibile
anche per quattro, per cinque, e così di seguito fino a dieci. In fatto di
numeri bisogna che ogni legislatore sappia per lo meno quale numero riesca
maggiormente utile a tutti gli stati. Orbene questo numero è quello che
contiene moltissimi divisori e soprattutto consecutivi. Il numero infinito è
pienamente suscettibile di tutte le divisioni; il numero cinquemila e quaranta
non può offrire, sia per la guerra sia per ogni sorta di convenzioni e commerci
del tempo di pace, così per le contribuzioni come per le distribuzioni, più di
cinquantanove divisori, di cui consecutivi quelli da uno fino a dieci.”
(cit. da Platone, Tutte le opere, trad. di G.
Pugliese Carratelli, Sansoni, Firenze 1974, pag. 1249).
Il numero 5040 è pari a 7!, il prodotto dei numeri interi da 1 a 7, che poi è anche il
numero delle permutazioni di 7
elementi. Platone ne apprezza la divisibilità per tutti i numeri da 1 a 10,
che costituisce un grande vantaggio al fine della spartizione dei beni tra gli
abitanti.
Lo storico E.T. Bell va oltre nell’interpretazione del 5040, che egli chiama un “numero enciclopedico”.
Egli sottolinea
che esso comprende, fra i suoi divisori, il “7
super-sacro, per non parlare del femminile 2, del maschile 3, del giusto 4, dei
5 solidi
regolari, e del perfetto 6.” I significati dei numeri sono
tratti dal misticismo pitagorico.
Bell
rileva anche che 7 sono i colli che,
secondo Platone, devono essere superati per giungere alla sapienza. Ed inoltre “Ogni numerologo cosmico osserverà che 5040
ha esattamente 60 divisori, mentre 60 ne ha esattamente 12, e 12 ne ha il
numero perfetto di 6, e 6 ne ha il numero giusto di 4, mentre 4 ne ha
esattamente 3, e 3 ne ha esattamente il numero femminile di 2, che ne ha
esattamente 2, e così via, 2-2-2…”
Questa
sequenza, piena di numeri cari ai Pitagorici, termina con una
ripetizione infinita, una “eterna
ricorrenza”: la circolarità del tempo, incarnata dal serpente che si morde
la coda, apparteneva alla visione babilonese dell’universo, e venne ripresa da
Platone. È anche significativo il fatto che la successione numerica descritta
sopra si stabilizzi esattamente dopo il quarto passo, in corrispondenza, cioè,
del simbolo della giustizia. Il numero 3
rappresenterebbe la Famiglia Ideale della Città Ideale, il 12 sarebbe un’esplicita allusione allo zodiaco.
Bell vuole
vedere, inoltre, un riferimento al numero
nuziale, che secondo alcuni è da identificare con 12.960.000, cioè la quarta potenza di 60, e di cui 5040 è un
divisore.
Quel numero, che figura anche nella matematica babilonese, possedeva
un notevole valore cosmologico, in quanto divisibile per 360 (la durata in giorni dell’anno degli antichi) e per 36.000 (il numero di giorni di 10´10 anni, dove 10 è il sacro numero della tetractys). Secondo
l’astronomia pitagorica (e forse già per l'astronomia babilonese), 36.000 anni era la durata dell’anno
cosmico, ossia la durata di un ciclo completo di precessione degli
equinozi.
Come osserva il Chambry,
inoltre, 60 è il prodotto di 3, 4 e 5, cioè dei numeri della prima terna pitagorica. Come Platone
asserisce nella Repubblica, l’altra
sua opera a contenuto politico, questi tre numeri governerebbero, secondo un
complesso calcolo aritmetico, i periodi favorevoli alla generazione dei figli.
Un altro brano dello stesso dialogo descrive la struttura del cosmo, che
Platone immagina formata da una serie di sfere cave, che si incastrano
perfettamente l’una nell’altra, e rappresentano i cieli dei pianeti, secondo
l’ordine stabilito da Pitagora: dall’esterno verso l’interno si trovano le
stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, il Sole, la Luna.
Nel dialogo La Repubblica Platone insiste molto
sull’importanza dell’apprendimento della matematica nella formazione della
classe politica e militare dello stato ideale. Ecco cosa fa dire a Socrate:
“Sarà perciò conveniente, Glaucone, di rendere
obbligatoria questa conoscenza, e persuadere quelli, che nella città dovranno
coprire i più alti uffici, di dedicarsi al calcolo e studiarlo non
superficialmente, ma fino a pervenire con la pura intelligenza a contemplare la
natura dei numeri, non già come i commercianti e i bottegai per servirsene a
comperare e vendere, ma in vista della guerra, e per facilitare all’anima
stessa la possibilità di volgersi dal mondo sensibile alla verità ed
all’essenza.”[…]
E Glaucone:
“Per quanto almeno si riferisce […] alle operazioni
guerresche, è evidente che ci conviene, giacché e nel porre gli accampamenti e
nell’occupare certe posizioni e nell’ammassare o spiegare le truppe, come in
tutte le altre formazioni che può assumere un esercito in battaglia o in
marcia, un generale esperto di geometria sarà in miglior condizione di chi la
ignora. ”
Risponde
Socrate:
“Veramente […] per questo basterebbe anche una cognizione
elementare di geometria e di calcolo. Bisogna però esaminare se la parte
maggiore e più alta di questa scienza non tenda in qualche modo a quest’altro
fine: a permetterci, intendo, di scorgere più facilmente l’idea del bene. E,
secondo me, tende a tal fine tutto ciò che costringe l’anima a volgere lo
sguardo verso quel luogo ov’è l’essere tra tutti gli altri sovranamente felice,
che l’anima deve contemplare ad ogni costo.”
(cit. da Platone,
Repubblica, Libro VII (525-527) in: Tutte le opere, trad. di G. Pugliese
Carratelli, Sansoni, Firenze 1974, pagg. 1025-1026)
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