04/06/22
* La bellissima e infelice Assia Wevill, poetessa, musa e amante di Ted Hughes, il cui destino si intrecciò al suo e a quello di Sylvia Plath.*
03/06/22
*Krishnamurti e Maharishi si sono mai incontrati? Sì, una volta, e non andò molto bene...*
02/06/22
La Canzone più drammatica (e allo stesso tempo lieve e sublime) scritta dai Beatles: "She's Leaving Home*
Da quel capolavoro assoluto che è Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, album del 1967, ho riscoperto con meraviglia una delle canzoni di quell'album, piuttosto dimenticata.
31/05/22
Rivedere "A Midnight Cowboy" ("Un uomo da Marciapede"): perché è una pietra miliare
Ieri sera ho voluto rivedere, dopo tanto tempo A Midnight Cowboy ("Un uomo da marciapiede" era il non troppo felice titolo italiano).
30/05/22
"Avvocato di difesa" ("The Lincoln Lawyer"), una serie tv interessante rovinata da un brutto (e incomprensibile) finale
29/05/22
Poesia della Domenica - "Sensazione" di Arthur Rimbaud
Sensazione
Le sere turchine d’estate andrò nei sentieri,
Punzecchiato dal grano, calpestando erba fina:
Sentirò, trasognato, quella frescura ai piedi.
E lascerò che il vento m’inondi il capo nudo.
Non dirò niente, non penserò niente: ma
L’amore infinito mi salirà nell’anima,
E andrò lontano, più lontano, come uno zingaro
Nella Natura, – felice come con una donna.
Arthur Rimbaud
marzo 1870
Par les soirs bleus d’été, j’irai dans les sentiers,
Picoté par les blés, fouler l’herbe menue:
Rêveur, j’en sentirai la fraîcheur à mes pieds.
Je laisserai le vent baigner ma tête nue.
Je ne parlerai pas, je ne penserai rien:
Mais l’amour infini me montera dans l’âme,
Et j’irai loin, bien loin, comme un bohémien,
Par la Nature, – heureux comme avec une femme.
da “Œuvres complètes”, a cura di Antoine Adam, “Bibliothèque de la Pléiade”, Paris, 1972
traduzione di Diana Grange Fiori
28/05/22
Quella volta che Gigi Proietti recitò insieme a Gassman in un film di Robert Altman
25/05/22
Nelle strade della città c'è il mio amore - Renè Char
24/05/22
Cosmateschi nel cuore di Londra: Una Meraviglia! Come e quando?
23/05/22
La Somiglianza del Divin Pittore - Raffaello - con Cristo
20/05/22
Giuseppe Costanza, unico superstite nell'auto di Falcone a Capaci. Come fece a salvarsi?
Mentre stanno per ricorrere i 30 anni esatti della strage di Capaci si torna a parlare di Giuseppe Costanza, l'autista giudiziario, che era nell'auto con Giovanni Falcone e la moglie, quel 23 maggio 1992, giorno dell'attentato mortale al magistrato e che si salvò, miracolosamente.
Ancora oggi, riguardando le terribili foto dell'attentato, si stenta a credere che qualcuno possa essere riuscito a sopravvivere all'inferno di quella macchina.
Come fu possibile, esattamente?
Giuseppe Costanza, autista giudiziario, si trovava, in effetti, nella vettura con Falcone e la moglie.
Sono ormai note, anche ai fini giudiziali, le circostanze precise dell'attentato.
Quel giorno, il 23 maggio il mafioso che faceva da "palo", Domenico Ganci avvertì telefonicamente i suoi complici, Ferrante e La Barbera che le Fiat Croma erano partite ed avevano imboccato l'autostrada in direzione dell'aeroporto di Punta Raisi per andare a prendere Falcone.
Ferrante e Biondo (che erano appostati in auto nei pressi dell'aeroporto) videro uscire il corteo delle blindate dall'aeroporto e avvertirono a loro volta La Barbera che il giudice Falcone era effettivamente arrivato.
La Barbera allora si spostò con la sua auto in una strada parallela alla corsia dell'autostrada A29 e seguì il corteo blindato, restando in contatto telefonico per 3-4 minuti con un altro complice, Gioè, che era appostato con Giovanni Brusca su una collinetta sopra Capaci, dalla quale si vedeva bene il tratto autostradale interessato.
Alla vista del corteo delle blindate, Gioè diede l'ok a Brusca, che però ebbe un attimo di esitazione, avendo notato le auto di scorta rallentare a vista d'occhio: era proprio Giuseppe Costanza, autista giudiziario che era nella vettura con Falcone e la moglie, gli stava ricordando che avrebbe dovuto restituirgli le chiavi di casa. Siccome le chiavi di casa erano insieme a quelle dell'auto, Falcone cercò di rimuoverle dal portachiavi comune, ma l'autista gli chiese di lasciar perdere per evitare il rischio di incidente.
Dopo questo rallentamento, Brusca attivò il radiocomando che causò l'esplosione.
La prima blindata del corteo, la Croma marrone, venne investita in pieno dall'esplosione e sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi ad alcune decine di metri di distanza, uccidendo sul colpo gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.
La seconda auto, la Croma bianca guidata da Falcone, si schiantò contro il muro di asfalto e detriti improvvisamente innalzatisi per via dello scoppio, proiettando violentemente il giudice e la moglie, che non indossavano le cinture di sicurezza, contro il parabrezza.
Gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo, che viaggiavano nella terza auto (la Croma azzurra) erano feriti ma vivi: dopo qualche momento di shock, riuscirono ad aprire le portiere dell'auto ed una volta usciti si schierarono a protezione della Croma bianca, temendo che i sicari sarebbero giunti sul posto per dare il "colpo di grazia".
A giungere sul luogo furono invece vari abitanti delle zone limitrofe, intenzionati a prestare i primi soccorsi; tra questi vi fu anche il fotografo Antonio Vassallo, che però abbandonò il luogo dopo che l'agente Corbo lo scambiò erroneamente per uno dei sicari.
Venne subito estratto dall'auto Costanza, che si trovava sul sedile posteriore vivo in stato di incoscienza; anche il giudice Falcone e Francesca Morvillo erano ancora vivi e coscienti, ma versavano in gravi condizioni: grazie all'aiuto degli abitanti, si riuscì a tirare fuori la moglie del giudice dal finestrino. Per liberare Falcone dalle lamiere accartocciate fu invece necessario attendere l'arrivo dei Vigili del Fuoco.
Giovanni Falcone e Francesca Morvillo morirono in ospedale nella serata dello stesso giorno, per le gravi emorragie interne riportate, il primo alle 19.05 tra le braccia di Paolo Borsellino, la seconda poco dopo le 22 durante un'operazione chirurgica.
Costanza, che oggi ha 60 anni, porta in giro ovunque, in modo infaticabile la sua testimonianza di quel massacro e soprattutto degli anni passati a un uomo che è diventato, suo malgrado, il principale martire di mafia della storia italiana, insieme al suo amico fraterno, Paolo Borsellino, ucciso poco dopo in circostanze simili in Via D'Amelio in un'altra delle pagine più nere della storia repubblicana.
(fonte Wikipedia italia)
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