E' una delle cose più belle e alte e toccanti che abbia letto a riguardo dei rapporti con l'animale più amato, il cane, il proprio cane. David Leavitt lo ha scritto, e in italiano lo ha tradotto Fabio Cremonesi.
E' una delle cose più belle e alte e toccanti che abbia letto a riguardo dei rapporti con l'animale più amato, il cane, il proprio cane. David Leavitt lo ha scritto, e in italiano lo ha tradotto Fabio Cremonesi.
In tempi come questi, fa veramente bene leggere queste pagine che Lauretta Colonnelli, una delle migliori giornaliste e scrittrici di divulgazione sull'arte e sulla storia dell'arte, ha scritto e dedicato alle "Muse Nascoste", cioè alle donne poco famose o affatto famose che sono dietro alla storia e alla rappresentazione di quadri famosi o famosissimi, e dietro le vite stesse dei grandi pittori che le hanno realizzate.
E' oltretutto un libro meravigliosamente illustrato che consente di seguire, lungo tredici intensi capitoli, le vicende delle donne che nelle loro vite hanno avuto la fortuna e la sfortuna di incontrare grandi artisti che, oltre ad esserne spesso ossessionati, le hanno immortalate nelle loro opere.
Si scoprono così e si leggono così con grande interesse le vicende di Alma Mahler e di Oskar Kokoschka - che arrivò al punto di essere così ossessionato dalla sua "musa" da commissionare una bambola di peluche a grandezza naturale, quando lei lo lasciò; quella di Grant Wood e di sua sorella che comparve nel celebre "American Gothic" (in copertina anche nel libro), del terribile Edward Hopper che maltrattò e umiliò per una vita intera la moglie artista, pittrice; e ancora le storie di Jusepe de Ribera e Maddalena, la celebre donna barbuta che visse a Napoli; di Botticelli e di Simonetta Vespucci, le cui sembianze ritrasse nei suoi quadri più famosi; e tanti altri.
Ci sono insomma opere d'arte, anche celebri, che devono molto alle figure femminili che vi compaiono. Eppure, sorprendentemente, molte di quelle donne, ragazze, a volte bambine, non hanno identità, a volte neanche un nome. Figure nascoste dall'ombra ingombrante dell'uomo-artista.
Il lungo lavoro di indagine della Colonnelli permette di ricostruire i ritratti di queste donne, di epoche diverse, le vicende biografiche, il rapporto con l'artista, le ragioni e i segreti della loro presenza, riportando alla luce storie di amore e complicità ma anche casi di violenza e di negazione.
Una serie di ritratti intensi e appassionanti, che mette in luce il ruolo subordinato, abusato, discriminato che hanno avuto le donne nella lunga storia dell'arte, destinate ad essere usate e cancellate dall'ego creativo di geniali inventori di immagini, che spesso però si rivelavano uomini assai poco evoluti, sentimentalmente primitivi.
Un atto di giustizia e di attenzione per quelle muse indispensabili eppure dimenticate.
2. Io vedo tutto. Questo è il mio problema.
3. La Cecenia è lo strumento con cui Putin ha conquistato il Cremlino e che lo ha spinto a cercare di soffocare la società civile e la libertà di espressione.
4. La Russia sta per precipitare in un abisso, scavato da Putin e dalla sua miopia politica.
5. (A proposito delle fonti giornalistiche) Ormai possiamo incontrarci solo in segreto perché sono considerata una nemica impossibile da “rieducare”.
6. Impedire a una persona che fa il suo lavoro con passione di raccontare il mondo che la circonda è un’impresa impossibile.
7. (Sulla guerra in Cecenia) È una guerra terribile; medievale, letteralmente, anche se la si combatte mentre il Ventesimo secolo scivola nel Ventunesimo, per giunta in Europa.
Aveva pianto a lungo, ma poi aveva manifestato tutta la sua ammirazione e fierezza per il coraggio che sua sorella Pola aveva manifestato, nove anni fa, nel 2013, quando aveva dato alle stampe un libro sconvolgente - intitolato "Parole di bambini" - in cui per la prima volta rivelava gli abusi sistematici subiti dal padre, il famoso attore Klaus Kinski.
Intervenendo su 'Bild', Nastassja Kinski, icona cinematografica nei decenni '70, '80, '90 aveva detto a proposito delle rivelazioni nel libro della sorella: "Aiuteranno tutte le vittime della pedofilia. Sì, è un momento difficile per me - spiega - Io però sono con mia sorella, la sostengo. Sono profondamente sconvolta. Ma sono anche orgogliosa della forza che ha avuto nello scrivere un libro del genere. Conosco il contenuto. Ho letto le sue parole. E ho pianto a lungo...".
"Bambini e adolescenti devono essere protetti:" aveva proseguito Nastassja, "devono sapere che ci può essere subito aiuto per loro, quando succede qualcosa di così raccapricciante. Un libro come quello di Pola aiuta tutti i bambini, i giovani, e le mamme che hanno paura del padre, e che mandano giù questa paura e la nascondono nell'anima". "Mia sorella è un'eroina", aggiunge, e così "ha liberato dal peso della segretezza il suo cuore, la sua anima e il suo futuro".
"Queste cose succedono a bambini di tutto il mondo" aveva continuato, "ogni giorno. Più se ne sa, più si può essere di aiuto. Soltanto perché uno si chiama padre, non vuol dire che sia davvero un padre. L'orrore è successo, anche i padri fanno cose orribili".
Ma cosa successe esattamente nell'infanzia e nella adolescenza di Pola e di Nastassja, figlie dell'attore tedesco morto nel 1991?
Lo stesso Klaus Kinski aveva rivelato anni prima, in un libro di memorie, le sue perversioni: nel 1975 era infatti apparso in libreria un volume con uno strano titolo: "Sono così pazzo della tua bocca di fragola", che fu poi ritirato dal mercato nella sua edizione originale.
Cosa scriveva? Kinski sosteneva di portare sua figlia di 3 anni in un bordello, raccontò "Bild". E scriveva: "Se la madre non vuole darmi mia figlia, io gliela strappo dalle braccia".
Il tabloid ricordava anche che Kinski scriveva di "aver violentato una quindicenne", e di aver alzato il volume dela tv per non farne sentire le urla.
Nel 1985, a 59 anni, si lamentò pubblicamente del fatto di non poter fare del sesso, legale, con minorenni: "Da noi si va in prigione, in altri paesi si sposano..."
D'altronde i traumi vissuti dalla giovane Nastassja, dovettero avere conseguenze, se è vero che, quando aveva appena 15 anni, e in altri tempi molto lontani dal me too, fece molto parlare una sua relazione con l'allora quarantaduenne Roman Polanski.
Nastassja, figlia della seconda moglie di Kinski, Brigitte Ruth Tocki, non ha mai voluto rivelare se fosse mai stata a conoscenza delle molestie nei confronti di Pola, la sorellastra, nata dal primo matrimonio della star di “Aguirre, furore di Dio” (1972), con la cantante Gislinde Kuehbeck, e non ha voluto nemmeno mai scendere nei particolari della sua relazione con il padre.
Ancora Nastassja adolescente, con il padre Klaus |
La settantenne Pola, anche lei attrice, ha raccontato invece senza mezzi termini, che Kinski l’ha violentata regolarmente da quando aveva 5 anni fino ai 19.
Le sorelle hanno un altro fratellastro, Nikolai, 36 anni. “Lo faceva anche se mi difendevo, come succedeva spesso, o dicevo di non volere: per lui era uguale”, ha ricordato la primogenita.
Bild ha pubblicato anche alcuni estratti delle memorie di Klaus Kinski, del 1975, in cui l'attore raccontava la sua attrazione per le giovani donne.
Nel testo racconta di avere portato Pola con sé durante una visita in un bordello, quando aveva appena tre anni, e, in un altro passaggio, afferma di avere tolto la verginità di una minorenne alla presenza della sua sorella 17enne. Inoltre, raccontò che da adolescente era stato a letto con la sorella più piccola Inge.
Insomma, una vita davvero difficile per Nastassja, che del resto l'allora bellissima attrice portava scritta negli occhi e nel suo malinconico sorriso.
Fabrizio Falconi - 2022
Una bella miniserie prodotta da BBC, "Ridley Road", in 4 puntate di 1 ora ciascuna, ancora in attesa di trovare un distributore in Italia, ha riportato alla memoria l'incredibile vicenda di un gruppo neonazista che in Gran Bretagna, ispirandosi direttamente ad Adolf Hitler, nel dopoguerra, riuscì a manifestare liberamente per le strade di Londra, come conferma questa foto storica scattata a Trafalgar Square, nel 1962.
Il gruppo era capitanato dal politico Colin Jordan, e dalla moglie francese, Francoise Dior, che oltre ad essere la dama nera del movimento inglese, era anche la nipote (figlia del fratello) di Christian Dior.
Ero piuttosto curioso, dopo aver visto la serie, di scoprire quanto nella fiction ci fosse di vero. E sembra proprio che la ricostruzione sia molto fedele ai fatti.
Nell'Inghilterra del dopoguerra Colin Jordan, figlio di un impiegato postale scozzese, cavalcò la frustrazione di un popolo che molto aveva sofferto durante la Seconda Guerra Mondiale, con un inaudito numero di perdite umane; lanciando lo slogan che tutto questo era stato fatto "per salvare gli ebrei" e quindi, tutto sommato, per colpa loro.
Cominciò così una campagna dai toni sempre più aggressivi nei confronti degli ebrei inglesi, fino a quando Jordan non fu arrestato con l'accusa - e le prove - di aver organizzato una forza paramilitare sul modello delle SA naziste.
Ridley Road ripercorre con tocco lieve ma efficace, la storia di due infiltrati - ebrei - che riuscirono a sabotare l'organizzazione di Jordan, fornendo a Scotland Yard, le prove della loro attività criminale.
Come sempre, quando si tratta di serie inglesi, la ricostruzione è perfetta negli ambienti, nel clima, e nei personaggi.
Tra tutti i (bravi) attori, menzione particolare per Rory Kinnear, attore shakespeariano che incarna magistralmente il nevrotico represso Jordan.
Fabrizio Falconi - 2022
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Che incontro è stato, quello tra Pasolini e Orson Welles.
Il grande regista americano nei primi anni '60 era alle prese con problemi familiari e soprattutto problemi economici. Decise di tornare a lavorare in Italia visto l'ostracismo delle grandi majors americane, che gli avevano chiuso le porte per motivi politici e per motivi legati alla resa al botteghino dei suoi film, che costavano sempre tantissimo.
In Europa Welles accettò un po' di tutto, parti come attore in film popolari, e spesso anche di basso livello.
L'incontro con Pasolini, però fu diverso:
Nel 1962, Pier Paolo Pasolini, i cui primi film erano improntati al neorealismo, fece un balzo nella frenetica modernità con questo breve e apocalittico film - uno degli episodi del film collettivo Ro.Go.Pa.G. - che ha come tema la freddezza non cristiana della contemporaneità.
Orson Welles interpreta un regista che sta girando la Passione su una collina vicino a Roma. Stracci (Mario Cipriani), la comparsa che interpreta il ladro pentito, brama la ricotta per il suo misero sostentamento ma non può permettersela e, per averla, diventa, nella vita reale, un ladro.
Le sequenze sul set sono selvaggiamente satiriche, quando una diva nutre con il caviale il suo cane mentre Stracci lo guarda, gli attori nella scena della Crocifissione si mordono il naso o ridono nei momenti inappropriati mentre i membri della troupe invocano la corona di spine.
In una concisa intervista a un giornalista in visita, Welles esprime il credo del marxismo cattolico di Pasolini; e Stracci, il vero Cristo tra gli uomini, subisce un'intima flagellazione di proporzioni bibliche mentre attende la sua scena legato alla Croce.
Con dispositivi dirompenti come l'intersezione di filmati a colori e in bianco e nero, la parodia delle buffonate dei film muti e l'inserimento di scene di giovani che ballano il twist, Pasolini afferma la grandezza classica del modernismo cinematografico e trasmette il suo senso di un tempo ormai disconnesso.
Welles era arrivato in Italia accompagnato dalla terza moglie, l'italiana Paola Mori (nata Contessina Paola Di Gerfalco) che il regista sposò nel 1955 e dal quale ebbe una figlia, Beatrice (lo stesso nome della madre di Welles), nata il 13 novembre dello stesso anno.
Si erano conosciuti l'anno precedente a un party sul set del film Il maestro di Don Giovanni (1954) e per Welles, che aveva divorziato nel 1948 da Rita Hayworth, fu amore a prima vista.
La coppia rimase sposata dal 1955 fino alla morte di lui, avvenuta nel 1985. La Mori morì l'anno seguente a 57 anni di età, in seguito a un incidente stradale occorsole in Nevada.
I due non divorziarono mai, pur vivendo di fatto da tempo separati, poiché proprio in quell'anno, nel 1962 Welles aveva intrapreso una relazione con l'artista croata Oja Kodar, conosciuta durante la lavorazione del film Il processo (1962).