01/08/21
04/06/21
NUOVO! "La Donna Mancante" di Fabrizio Falconi su Kindle
Fabrizio Falconi, giornalista e scrittore italiano, ha esordito come freelance per testate (Panorama, Paese Sera, Il manifesto), lavorando poi per quasi un decennio alla RAI, prima a RaiStereoUno, poi a Radiodue, sotto la direzione di Corrado Guerzoni. In televisione ha lavorato nel 1990 a Telemontecarlo, poi nel 1991 nella redazione di Mixer, per il quale ha realizzato reportage. È caporedattore per la testata News Mediaset del gruppo Mediaset. Dal novembre 2011 è caporedattore del canale all news Mediaset, TGcom24. In narrativa ha esordito nel 1985 con un volume di racconti, Prima di Andare, cui hanno fatto seguito opere di saggistica, narrativa e poesia. È autore e contributore di diversi blog e siti on line, per argomenti che spaziano dalla spiritualità alla poesia, alla storia della conoscenza e delle radici filosofiche dell'Occidente. Opere Prima di Andare (Editoriale Sette), 1985, racconti. Il Valore della Parola (SEI edizioni), 1988, saggio con Corrado Guerzoni, Maurizio Ciampa e Altri. L'ombra del Ritorno (Campanotto Editore), 1996, poesie. Il giorno più bello per Incontrarti (Fazi Editore), 2000, romanzo. Osama Bin Laden, il terrore dell'Occidente (con Antonello Sette Fazi Editore), 2001, saggio. Cieli Come questo (Fazi Editore), 2002, romanzo. Sub Specie Aeternitatis (Aletti), 2003, poesie. Poesie 1996-2007 (Campanotto Editore), 2007, poesie. Il respiro di oggi (Terre Sommerse), 2009, poesie. Dieci Luoghi dell'Anima (Cantagalli Editore), 2009, saggio. I fantasmi di Roma (Newton Compton), 2010, saggio. In hoc vinces (con Bruno Carboniero, Edizioni Mediterranee), 2011, saggio. Per dirmi che sei fuoco (Gaffi), 2012, romanzo. Trio di fine millennio (con Justin Bradshaw) (Kindle/Amazon), 2012, poesia. Versione inglese: Trio for the End of the Millennium (Translated by David Lummus)(Kindle/Amazon). I monumenti esoterici d'Italia (Newton Compton), 2013, saggio. Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma (Newton Compton), 2013, saggio. Per Newton Compton editore ha curato il volume Papa Francesco, Non abbiate paura della tenerezza (le parole del Papa che sta cambiando la chiesa di Roma), 2013. Sue poesie sono apparse tradotte in lingua inglese da David Lummus nella rivista TriQuarterly dedicata alla poesia italiana contemporanea curata da Robert Pogue Harrison e Susan Stewart (poetessa) (n.127/2007).
10/05/21
L'Acqua acetosa - La fonte miracolosa di Roma (storia e attualità)
L’Acqua Acetosa, la fonte miracolosa
Christoffer Wilhelm Eckersberg La Fontana dell'Acqua Acetosa, 1814
Questo secondo intervento fu reso necessario dal fatto che la quantità d’acqua era grandemente diminuita, anche a causa del commercio che ne veniva fatto.
Tratto da: Fabrizio Falconi, Roma segreta e misteriosa, Newton Compton, Roma, 2018
30/04/21
La morte di Michael Collins e la faccia nascosta della Luna
Rendo omaggio alla scomparsa del grande Michael Collins, uno degli astronauti più importanti nella storia delle missioni spaziali, morto pochi giorni fa, con questo brano a lui dedicato dal mio libro, Le rovine e l'ombra, Castelvecchi 2018.
È la troppa luce
che rende impossibile distinguere le ombre e le rende misteriose e spaventose.
Il simbolo dell’oscurità si manifesta in
ogni notte, dall’alba dei tempi: ogni notte, nei secoli e nei millenni da molto
tempo prima che la razza umana si affacciasse sul pianeta e prima ancora che i
nostri antenati primati cominciassero a sfidare la legge della gravità,
ergendosi sulla linea verticale della propria colonna vertebrale, la luna –
l’unico satellite terrestre – mostrava l’unica faccia, nascondendo agli occhi
degli umani il suo lato oscuro.
Per motivi difficilmente comprensibili a chi
non è pratico delle leggi di astrofisica, l’ordine dell’universo ha stabilito
che nel complicato moto di rivoluzione intorno alla Terra e di rotazione sul
proprio asse, il satellite lunare mostri agli abitanti del pianeta – di tutti
gli abitanti, di qualsiasi continente, di qualunque latitudine o longitudine –
sempre la stessa faccia.
È una legge che i fisici chiamano rotazione sincrona
: il periodo di rivoluzione della Luna intorno alla Terra è infatti di 27,32
giorni ed è assolutamente identico al suo periodo di rotazione. Il doppio
movimento fa sì che dalla Terra sia impossibile osservare il lato nascosto del
satellite (26) che tuttavia non è oscuro, come lo si definisce, in quanto è
illuminato dalla luce del sole anche in misura leggermente maggiore di quello
che è rivolto al nostro pianeta, solo che noi non possiamo vederlo.
Da alcuni secoli, da quando cioè, si è avuta
cognizione che la Luna – come la Terra -
è rotonda, e gira sul proprio asse, gli uomini hanno provato ad immaginare quel
lato oscuro, mai visibile e lo hanno popolato di sogni, aspettative e timori,
come sempre riguardo alle cose che non si mostrano.
L’esplorazione della faccia oscura della
Luna è avvenuta in tempi molto recenti, durante l’epica corsa alla conquista
dello spazio, che negli anni della Guerra Fredda del Novecento, portò Stati
Uniti ed Unione Sovietica a concepire e realizzare incredibili missioni, sempre
più ardimentose e tecnologicamente avanzate, culminate con la conquista del
suolo lunare, compiuta dall’Apollo
11.
Le prime immagini in assoluto della faccia
oscura della Luna furono inviate da una sonda automatica russa, denominata Luna 3
e furono elaborate dal centro di controllo di Baikonur, il 7 ottobre del 1959.
L’inizio
dell’esplorazione spaziale coincise dunque con il primo tabù violato, nella
storia dell’umanità. Esaminando le prime
sbiadite fotografie, i tecnici russi si resero conto che la superficie nascosta
del satellite si mostrava simile a quella visibile, seppure diversa per
l’enorme numero di crateri, l’aspetto molto più accidentato e privo degli
estesi mari presenti sull’altro lato.
Dopo altre immagini di più alta qualità
scattate sei anni più tardi da un’altra sonda sovietica – la Zond 3
– era ormai tempo che occhi umani potessero finalmente vedere quel luogo
inaccessibile: accade questa volta con
una sonda – e un equipaggio – americani, l’Apollo
8,
partito da Cape Canaveral il 21 dicembre 1968, nell’anno fatidico di grandissimi
cambiamenti sociali.
La missione (considerata in assoluto la più
importante di quelle spaziali, dopo quella dell’allunaggio, dell’Apollo
11,
proprio perché fu la prima con equipaggio umano che arrivò ad avvicinare e a
circumnavigare per la prima volta il satellite) contava su tre uomini esperti:
Frank Borman, William Alison Anders e Michael Collins. Tre giorni dopo il
lancio, nella mattina della vigilia di natale, la sonda entrò nell’orbita lunare, in diretta
televisiva e mentre gli astronauti a bordo leggevano ad alta voce le prime
parole della Bibbia, dal primo libro della Genesi.
Quella sera stessa, gli occhi dei tre membri
dell’equipaggio furono dunque i primi, umani a gettare uno sguardo oltre l’ignoto.
Senza poterlo comunicare in diretta: ogni
volta infatti che durante la loro orbita, la navicella spaziale sorvolava il
lato oscuro della Luna, il centro spaziale perdeva il contatto radio. Per circa
30 minuti – tanto durava il sorvolo dell’emisfero nascosto – gli astronauti
erano soli di fronte al cosmo, completamente isolati dalla Terra.
All’uscita dal cono d’ombra – che fece
tremare il centro di controllo – William Anders scandì le celebri parole: «la
parte posteriore si presenta come se fosse un mucchio di sabbia in cui i miei
figli hanno giocato per qualche tempo. È tutta picchiettata, senza definizione,
solo un sacco di dossi e di buche».
Un altro brivido attraversò la sala
controllo, quando il capitano dell’equipaggio accese i motori per uscire
dall’orbita lunare, operazione anche questa che fu effettuata sorvolando il
lato nascosto, e quindi senza contatto radio con la terra, con gli astronauti
che dissero poi – nelle missioni seguenti - di aver ascoltato durante quel
tempo uno strano
suono. (27)
A tutto questo, i giornali e le televisioni
dell’epoca diedero, com’è logico, un’enorme eco. Per la prima volta venivano violate le colonne
d’ercole dell’universo, così sembrava, in un facile parallelismo con l’impresa
di Cristoforo Colombo e delle sue navi, di cinque secoli prima.
Nel clima di quegli anni, le imprese
spaziali influenzarono prepotentemente il costume, il cinema, la musica, la
letteratura. Il mondo sembrava sull’orlo
di un cambiamento rapidissimo, che avrebbe portato chissà quali imprevedibili
sviluppi, perfino una veloce colonizzazione del vicino spazio (poi dimostratasi
ben più complessa di quanto si immaginava).
Space Oddity
fu pubblicato da David Bowie soltanto sette mesi dopo (luglio 1969); mentre
appena otto mesi prima della missione dell’Apollo 8, il 6 aprile del 1968
Stanley Kubrick aveva presentato alla stampa 2001: A Space Odyssey.
Quattro anni dopo l’impresa di Borman,
Anders e Collins – nel maggio del 1972 -
a simbolico suggello di quella prima epopea culminata con l’allunaggio
del 1969, un gruppo inglese, i Pink Floyd, si riuniva nelle sale di registrazione
londinesi di Abbey Road per il concepimento di un nuovo album che sarebbe stato
significativamente chiamato The
Dark Side of the Moon, destinato a diventare una
pietra miliare della musica contemporanea (28).
Tratto da: Fabrizio Falconi - Le rovine e l'ombra - Castelvecchi Editore, 2018
29/04/21
Il dito di Costantino torna alla sua mano colossale, conservata ai Musei Capitolini e protagonista di "Porpora e Nero"
05/04/21
Una Pasquetta a Roma di tanti anni fa - 1944: Il Gobbo del Quarticciolo, eroe e bandito tra realtà e leggenda
Il quartiere Alessandrino, alla
estrema periferia est di Roma, che prende il nome dall’acquedotto fatto
costruire dall’imperatore Alessandro Severo,
si è sviluppato a partire da un nucleo originario conosciuto come Quarticciolo,
una borgata costruita al quarto miglio della Via Prenestina, proprio lì dove
sorgeva una grande tenuta agricola di proprietà della famiglia Santini, durante
gli anni trenta e quaranta del Novecento, per accogliervi soprattutto gli
immigrati del sud d’Italia che in quel periodo venivano a cercare lavoro a Roma
e gli sfollati delle zone del centro città interessati dai vari sventramenti
urbanistici che furono attuati durante il Ventennio per la realizzazione delle
vie imperiali.
Il Quarticciolo fu realizzato con
criteri di architettura razionalista – gli stessi utilizzati per l’edificazione
delle nuove città dell’Agro pontino – con vie lineari, edifici a quadrilateri
compresi in giardini, la piazza rettangolare, con la chiesa, polo di attrazione
del complesso.
Questa stessa struttura si può
vedere ancora oggi, nonostante i grossi cambiamenti esteriori ed un certo
degrado, causato dallo sviluppo della metropoli e dalla urbanizzazione
massiccia della zona.
Il Quarticciolo, negli anni della
occupazione nazista, della resistenza romana e del dopoguerra, ospitò una delle
figure più note e controverse della storia recente della città: quella di
Giuseppe Albano, un partigiano nato in provincia di Reggio Calabria, giunto a
Roma con la sua famiglia all’età di dieci anni, nel 1936, divenuto noto per
tutti con il soprannome di Gobbo del
Quarticciolo: a capo di una banda di
piccoli malfattori, a partire dagli anni Quaranta, Giuseppe Albano si rese
protagonista di una serie di episodi e imprese che lo fecero identificare, agli
occhi della popolazione di allora, come una sorta di Robin Hood, le cui
finalità erano quelle in primis di combattere gli odiati invasori tedeschi e
poi quella di punire gli italiani che approfittando della situazione avevano,
in tempo di guerra, malversato i loro concittadini, con il mercato nero e
l’usura.
Le avventure di Giuseppe Albano e
della sua banda divennero così note in quegli anni che anni dopo, nel 1960, il
regista Carlo Lizzani, recentemente scomparso, pensò bene di realizzarvi un
film, cui prese parte, tra i vari protagonisti, anche Pier Paolo Pasolini.
Il Quarticciolo, con le sue vie
nascoste, con i suoi sentieri che sbucavano nell’aperta campagna, divenne per
Albano, una sorta di Quartier Generale. All’età di sedici anni cominciò a
mostrare le sue doti di coraggio nelle lotte partigiane che si svolsero dopo
l’8 settembre nella zona di Porta San Paolo.
Seguirono numerose azioni di
sabotaggio ai danni delle truppe naziste compiute insieme ad una piccola banda,
che rispondeva principalmente agli ordini di un altro partigiano, Franco
Napoli, detto Felice. Se Napoli era la mente, Albano era però il braccio: in breve tempo tutta Roma
cominciò a parlare delle sue imprese, che rinfrancavano il popolo soggiogato
dalla occupazione tedesca. Riusciva
sempre a farla franca, dopo ogni azione di sabotaggio, durante la quale veniva
ucciso uno o più soldati nemici, o veniva fatta saltare in aria una garitta o
un mezzo blindato. Albano appariva e
scompariva senza lasciare traccia, nonostante la sua evidente malformazione
dovesse rendergli più facile l’essere identificato dai nemici. Eppure l’efficiente polizia tedesca non
riusciva a catturarlo. I primi mesi del
1944 registrarono una vera e propria escalation di azioni della banda del Gobbo del Quarticciolo. Centocelle e
Quarticciolo, le borgate dove Albano e i suoi si nascondevano, divennero zona
off-limits da parte dei nazisti che avevano timore ad entrarvi per la paura di
imboscate. Fu perfino emanato un ordine
di arresto che riguardava tutti i gobbi di Roma. E lo stesso Albano fu preso, al seguito di un
sanguinoso episodio accaduto il lunedì di Pasqua del 1944, quando in una
osteria del Quadraro furono uccisi a sangue freddo tre soldati tedeschi. Herbert Kappler, al comando delle truppe di
occupazione, decise che si era passato il segno e fece rastrellare Quadraro e
Quarticciolo. Albano fu preso tra gli
altri, ma incredibilmente riuscì a farla franca anche stavolta, e poco dopo fu
liberato.
Terminata la guerra, Albano non rinunciò al suo ruolo di vendicatore. Con l’arrivo degli alleati,
il Gobbo fu assoldato dalla questura per rintracciare i responsabili delle
torture di Via Tasso. Albano andò oltre il compito che gli era stato assegnato,
mettendosi personalmente alla ricerca di tutti quelli che si erano resi
colpevoli, negli anni dell’occupazione di usura e borsa nera.
Per mettere fine alle scorribande
del Gobbo fu organizzata una vera e propria operazione militare che riguardò il
Quarticciolo. Albano riuscì in un primo momento a fuggire, ma poco tempo dopo, il 16 gennaio del 1945,
fu rintracciato e ucciso in una casa del quartiere Prati, in Via Fornovo 12,
dopo uno scontro a fuoco con i carabinieri.
Albano non aveva ancora compiuto vent’anni.
Le circostanze della sua morte non
furono mai chiarite del tutto: sono state ipotizzate trame più o meno oscure e
soprattutto un regolamento di conti tra diverse bande di partigiani, una delle
quali sarebbe stata strumentalizzata dai servizi segreti di allora, per creare
destabilizzazione e favorire il ritorno della
monarchia.
Resta il fatto che dopo la morte
del Gobbo, anche il resto della banda
fu presto sgominato con un’altra operazione militare concentrata nel
Quarticciolo, casa per casa.
23/02/21
Un brano di "Porpora e Nero" di Fabrizio Falconi - Il ritrovamento della quarta e ultima traccia
14/02/21
La Poesia della Domenica: "Coniando sfere dissimili" di Fabrizio Falconi
Coniando sfere dissimili
come granelli,
12/02/21
1.500.000 di Visitatori per il Blog di Fabrizio Falconi. Grazie !
Grazie davvero di cuore a tutti i lettori di Questo Blog !
02/02/21
Che fine ha fatto il famoso Colosso di Nerone - alto 35 metri - che si trovava di fianco al Colosseo?
Il Colosso di Nerone andato perduto
Un basamento rettangolare in peperino (roccia
magmatica che i romani trasportavano dalla Tuscia) di grandi dimensioni (17 metri
per 15) è quanto rimane del sito dove sorgeva l’imponente statua dedicata a
Nerone, la più grande mai realizzata in bronzo.
Il parallelepipedo, provato
dalle ingiurie del tempo, oggi praticamente ignorato dai turisti e dai
visitatori che a migliaia ogni giorno si mettono in fila per visitare l’Anfiteatro
Flavio, reca una iscrizione in marmo: “Area del basamento del Colosso di
Nerone”. In effetti non si tratta (e non si trattava) propriamente del
basamento, ma delle fondamenta di quella possente struttura di supporto che
doveva sostenere la gigantesca statua dell’imperatore.
Commissionata allo scultore
greco Zenodoro, era alta ben 35 metri e costituiva il massimo tributo alla
divinizzazione di sé che Nerone aveva voluto per autocelebrarsi.
Originariamente il colosso
era posizionato nel vestibolo della Domus Aurea, la residenza imperiale,
proprio per incutere soggezione e timore nei visitatori, e raffigurava l’imperatore
con la testa radiata e nelle vesti del Sole. Dopo la sua caduta, la grande
statua dalla Velia – dove Adriano fece innalzare il tempio di Venere e Roma –
fu trasferita nell’area dell’anfiteatro che Vespasiano fece costruire. Il trasporto eccezionale, riferiscono le
cronache dell’epoca, fu effettuato grazie all’utilizzo di ben dodici elefanti,
incaricati di trainare il Colosso. L’immagine del Sole divinizzata rimase così
nella sua nuova collocazione per diversi secoli. L’imperatore Commodo decise
perfino di “ritoccarla”,
modificandone i lineamenti perché assomigliasse a lui.
Fu proprio comunque la
presenza inconfondibile del Colosso – sembra – a conferire per assonanza il
nome Colosseo all’enorme Anfiteatro Flavio, ancora oggi simbolo di Roma. Ma che
fine ha fatto?
Purtroppo non si sa esattamente. L’ultima citazione che lo riguarda è nel Cronografo del 354 d.C., il calendario illustrato opera di Furio Dionisio Filocalo.
Nessuna cronaca successiva lo riporta, facendo propendere
per l’ipotesi che il Colosso, vero simbolo del potere imperiale romano, e della
sua tracotanza, sia stato abbattuto e distrutto già all’epoca delle prime
invasioni barbariche, e le enormi parti in bronzo subito fuse per realizzarne
armi. Della statua si persero definitivamente le tracce, come della sua omologa
di Rodi considerata una delle sette meraviglie dell’umanità.
Tratto da: Fabrizio Falconi, Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, Roma, 2015
01/02/21
Imparare a gestire le frustrazioni, non a evitarle
Fabrizio Falconi - 2021