26/03/21

Anniversario di Dante: Come morì esattamente l'Alighieri e cosa successe ai suoi resti mortali ?



La morte di Dante di Eugenio Moretti Larese


Giunto a Ravenna nel 1318 quando aveva 53 anni, gli ultimi 3 anni di vita di Dante Alighieri trascorsero relativamente tranquilli. Il poeta creò un cenacolo letterario frequentato dai figli Pietro e Jacopo e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali Pieraccio Tedaldi e Giovanni Quirini. 

Per conto del signore di Ravenna Guido Novello da Polenta, svolse occasionali ambascerie politiche, come quella che lo condusse a Venezia. 

All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle galee ravennate e il doge, infuriato, si alleò con Forlì per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al Senato veneziano. 

L'ambasceria di Dante sortì un buon effetto per la sicurezza di Ravenna, ma fu fatale al poeta che, di ritorno dalla città lagunare, contrasse la malaria mentre passava dalle paludose Valli di Comacchio. 

Le febbri portarono velocemente il poeta cinquantaseienne alla morte, che avvenne a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. 

I funerali, in pompa magna, furono officiati nella chiesa di San Pier Maggiore (oggi San Francesco) a Ravenna, alla presenza delle massime autorità cittadine e dei figli. 

La morte improvvisa di Dante suscitò ampio rammarico nel mondo letterario. 

Dante trovò inizialmente sepoltura in un'urna di marmo posta nella chiesa ove si tennero i funerali. Quando la città di Ravenna passò poi sotto il controllo della Serenissima, il podestà Bernardo Bembo (padre del ben più celebre Pietro) ordinò all'architetto Pietro Lombardi, nel 1483, di realizzare un grande monumento che ornasse la tomba del poeta. 

Ritornata la città, al principio del XVI secolo, agli Stati della Chiesa, i legati pontifici trascurarono le sorti della tomba di Dante, la quale cadde presto in rovina. 

Fu il cardinale legato Luigi Valenti Gonzaga secoli dopo, a incaricare l'architetto Camillo Morigia, nel 1780, di progettare il tempietto neoclassico tuttora visibile. 

I resti mortali di Dante furono oggetto di diatribe tra i ravennati e i fiorentini già dopo qualche decennio la sua morte, quando l'autore della Commedia fu "riscoperto" dai suoi concittadini grazie alla propaganda operata da Boccaccio.  Se i fiorentini rivendicavano le spoglie in quanto concittadini dello scomparso (già nel 1429 il Comune richiese ai Da Polenta la restituzione dei resti), i ravennati volevano che rimanessero nel luogo dove il poeta morì, ritenendo che i fiorentini non si meritassero i resti di un uomo che avevano dispregiato in vita. 

Per sottrarre i resti del poeta a un possibile trafugamento da parte di Firenze (rischio divenuto concreto sotto i papi medicei Leone X e Clemente VII), i frati francescani tolsero le ossa dal sepolcro realizzato da Pietro Lombardi, nascondendole in un luogo segreto e rendendo poi, di fatto, il monumento del Morigia un cenotafio. 

Quando nel 1810 Napoleone ordinò la soppressione degli ordini religiosi, i frati, che di generazione in generazione si erano tramandati il luogo ove si trovavano i resti, decisero di nasconderle in una porta murata dell'attiguo oratorio del quadrarco di Braccioforte.

Le spoglie rimasero in quel luogo fino al 1865, allorché un muratore, intento a restaurare il convento in occasione del VI centenario della nascita del poeta, scoprì casualmente sotto una porta murata una piccola cassetta di legno, recante delle iscrizioni in latino a firma di un certo frate Antonio Santi (1677) le quali riportavano che nella scatola erano contenute le ossa di Dante. 

Effettivamente, all'interno della cassetta fu ritrovato uno scheletro pressoché integro; si provvide allora a riaprire l'urna nel tempietto del Morigia, che fu trovata vuota, fatte salve tre falangi, che risultarono combaciare con i resti rinvenuti sotto la porta murata, certificandone l'effettiva autenticità. 

La salma fu ricomposta, esposta per qualche mese in un'urna di cristallo e quindi ritumulata all'interno del tempietto del Morigia, in una cassa di noce protetta da un cofano di piombo. 

Nel sepolcro di Dante, sotto un piccolo altare si trova la celebre epigrafe in versi latini dettati da Bernardo da Canaccio per volere di Guido Novello, ma incisi soltanto nel 1357 che in italiano possono essere tradotti così: 

I diritti della monarchia, gli dei superni e la palude del Flegetonte visitando cantai finché volle il destino. Poiché però l'anima andò ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sta racchiuso Dante, esule dalla patria terra, che generò Firenze, madre di poco amore.


25/03/21

Libro del Giorno: "Le quattro ragazze Wieselberger" di Fausta Cialente

 



Vincitore del Premio Strega nel 1976, questo romanzo, Le quattro ragazze Weiselberger, tornò in libreria tre anni fa meritatamente ristampato dall'editore La Tartaruga con una lunga prefazione di Melania G. Mazzucco.

E' così l'occasione di recuperare uno dei migliori romanzi del Novecento italiano, frutto del lavoro di una scrittrice italiana oggi dimenticata, tra le più originali, Fausta Cialente, nata a Cagliari nel 1898  e morta in Inghilterra a Pangbourne, Berkshire, nel 1994).

Sorella dell’attore Renato Cialente, Fausta firmò per parecchio tempo con il cognome da sposata, Terni Cialente. Nel corso della sua vita densa e avventurosa, si stabilì nel 1921 ad Alessandria d’Egitto, trasferendosi poi al Cairo nel 1940, dove svolse attività radiofonica e giornalistica in opposizione al regime fascista; tornò in Italia dopo la Liberazione nel 1947. Esordì nel 1930 con un romanzo, Natalia; cui seguirono: Pamela o la bella estate (1935); Cortile a Cleopatra (1936), Ballata levantina (1961), Un inverno freddissimo (1966).  Nell'ultimo periodo della sua vita si trasferì definitivamente in Inghilterra dove si occupò principalmente di grandi traduzioni.  E dove morì all'età di 96 anni. 

Il suo capolavoro, Le quattro ragazze Wieselberger racconta la suggestiva Trieste di fine Ottocento, vivificata dall’aria mitteleuropea e dalla bora dell’irredentismo, in cui si muovono, aggraziate e come consapevoli di un loro tragico destino, le quattro sorelle appartenenti a una “giudiziosa, benestante famiglia” della buona società: la madre è una tranquilla signora, che si divide tra la casa di città, odorosa di cera e pulito, e la grande casa di campagna, con giardino, orto e vigna; il padre è uno stimato musicista, che dirige con autorità affettuosa sia la famiglia sia l’orchestra dei “dilettanti filarmonici”, che fa le prove in casa sua. A una delle quattro ragazze può capitare di danzare, una sera, con il signor Ettore Schmitz, industriale in vernici sottomarine, non diventato il grande Italo Svevo. Narrando la loro storia, che è poi quella della sua ramificatissima e sempre un po’ imprevedibile famiglia, Fausta Cialente racconta mezzo secolo di storia italiana, in una prospettiva rivelatrice, gettando una luce nuova e inquietante su certi fautori “liberalmassoni di destra” dell’irredentismo triestino, che non solo liquidavano in termini razzisti la questione slovena, ma intendevano applicare analoghe discriminazioni nei confronti dei lavoratori, escludendoli dal governo della città, quando fosse “divenuta italiana”.


Fausta Cialente

23/03/21

Il genio e la sregolatezza di Goliarda Sapienza

Goliarda Sapienza ai tempi del suo legame con Citto Maselli

Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso che trascino un pezzo di legno immenso. Non ci sono né alberi né case intorno, solo il sudore per lo sforzo di trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite dal legno. Affondo nel fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché, ma lo devo fare. Lasciamo questo mio primo ricordo così com’è: non mi va di fare supposizioni o d’inventare. Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente. 

Questo è l’incipit del romanzo L’arte della gioia, di Goliarda Sapienza, nata a Catania nel 1924 da Giuseppe Sapienza e Maria Giudice (la prima donna dirigente della Camera del lavoro di Torino). E forse proprio queste frasi ci possono fare capire il tipo di persona che era Goliarda: vera, sincera e libera. Goliarda cresce in un clima di assoluta libertà. Non ha vincoli sociali. Addirittura non frequenta regolarmente la scuola perché il padre non voleva che la figlia fosse soggetta ad imposizioni fasciste. A sedici anni si iscrive all’accademia nazionale d’arte drammatica di Roma e per un periodo intraprende la carriera teatrale, distinguendosi nei ruoli delle protagoniste pirandelliane. Lavora anche per il cinema, inizialmente spinta da Alessandro Blasetti, poi si limita a piccole apparizioni come in Senso di Luchino Visconti. Sotto la regia di Blasetti nel 1946 recita in Un giorno nella vita e nel 1948 in Fabiola. Nel 1950 recita in Persiane chiuse di Comencini, nel 1951 appare in Altri tempi, nuovamente di Blasetti, mentre nel 1955 ha una parte in Ulisse e in Gli Sbandati di Francesco Maselli. Nel 1970 ha una parte in Lettera aperta ad un giornale della sera sempre di Francesco Maselli e nel 1983 recita sotto la regia di Marguerite Duras in Dialogo di Roma.

Sentimentalmente si lega al regista Citto Maselli, ma qualche anno dopo sposa il copywriter Angelo Maria Pellegrino. Poi lascia il palcoscenico e il cinema per dedicarsi alla carriera di scrittrice. Ma la sua vita è complicata. Verso la fine degli anni Sessanta finisce in carcere per un furto di oggetti in casa di amiche. E sempre dal carcere, ma anche dopo, continua a scrivere pubblicando poche opere, tranne alcune come “Le certezze del dubbio”. Ma il suo capolavoro è “L’arte della gioia”, una sorta di romanzo autobiografico in cui dalla sua penna Goliarda fece un ritratto non solo di se stessa, ma anche della società del tempo e riuscì a trattare argomenti scomodi per il periodo come la libertà sessuale, la politica, la famiglia. Per questo il libro non fu mai pubblicato e va alle stampe postumo nel 2000, riscuotendo prima indifferenza e a distanza di anni enorme successo di critica. Fra le altre sue opere citiamo “Lettera aperta”, “Il filo di mezzogiorno”, “Università di Rebibbia”, “Le certezze del dubbio” e “Destino coatto”.

Ed è proprio a causa del suo romanzo “L’arte della gioia” che Goliarda, nota negli ambienti artistici e culturali romani, attrice, scrittrice, compagna per 17 anni di Francesco Maselli, si riduce in povertà. Nella casa romana di via Denza pende lo sfratto e le viene tagliata anche la luce. E lei ruba a casa della amiche. Un furto per disperazione, lo aveva definito lo scrittore Angelo Pellegrino che ha vissuto con lei per 20 anni e che ha curato la sua opera. Nella prefazione al libro racconta che Goliarda scriveva sempre a mano per sentire l’emozione nel battito del polso, servendosi di una semplice Bic nero-china a punta sottile. “Scriveva – si legge nella prefazione – come leggeva, da lettrice, scriveva per i lettori più puri e lontani, con abbandono lucido e insieme passionale, affettuoso e sensuoso, attenta ai battiti cardiaci di un’opera, più che ai concetti e alle forme”. Goliarda scriveva in solitudine, guardando il mare, di mattina, su fogli extrastrong piegati in due perché il formato ridotto le consentiva una sua idea di misura, dove vergava le parole con una grafia abbastanza minuta, facendo ciascun rigo via via più rientrato sino a ridurlo a una o due parole, allora ricominciava daccapo con un rigo intero e veniva fuori un curioso disegno, una specie di elettrocardiogramma di parole, una scrittura molto cardiaca. E’ così che è definita da Pellegrino nella prefazione de “L’arte della gioia” la scrittura della sua compagna di vita.

Goliarda Sapienza non vedrà mai l’uscita di quel romanzo a cui aveva dedicato tutta se stessa. Pellegrino riesce a farlo pubblicare da Stampa Alternativa, nell’indifferenza totale di tutto il mondo culturale. Per uscire dall’ombra nel suo Paese d’origine, il romanzo deve prima sbarcare in Francia dove è stato tradotto e da dove è partita la popolarità di questa siciliana orgogliosa, tenace, libera e senza pregiudizi. Per mesi il suo romanzo ha dominato le classifiche dei libri più venduti e ha appassionato i critici che lo hanno paragonato a “Il gattopardo” o a “Horcynus Orca”. Nelle edicole c’è anche il romanzetto “L’università di Rebibbia”, nato dalla carcerazione seguita al furto di gioielli nella casa dell’amica romana. “L’ho fatto per rabbia – aveva raccontato all’epoca – per provocazione. Lei era molto ricca, io diventavo sempre più povera. Più diventavo povera più le davo fastidio. Magari mi invitava nei ristoranti più cari, ma mi rifiutava le centomila lire che mi servivano per il mio libro. Le ho rubato i gioielli anche per metterla alla prova, ma ero sicura che mi avrebbe denunciato”. Da questo diario-romanzo emerge la figura di una signora che parla in modo forbito, guardata con sospetto dalle compagne di cella per i suoi vestiti, ma che presto capisce che lì non ha bisogno di fingere, se è borghese, non può nasconderlo. Nella dura e fredda realtà del carcere, Goliarda scopre anche cosa vuol dire solidarietà, calore, amicizia. Tutta la sua esistenza è fuori dall’ordinario, anche per i due tentativi di suicidio, l’elettroshock subito, la cura psicanalitica.

Negli ultimi della sua vita Goliarda Sapienza insegna recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Goliarda è riuscita a dare voce all’emotività senza quel forzato distacco che caratterizza molti degli autori contemporanei. Muore a Gaeta e qui viene seppellita nel 1996, mentre fiori rossi e terra bruna cadono sul suo feretro. Tutti al suo funerale hanno pensato che presto si sarebbe ricominciato a parlare di lei. E così è stato. “Sai come sono fatta – aveva detto ad una conoscente tre giorni prima di morire – è possibile che scompaia per un po’ per poi tornare all’improvviso”. E all’improvviso è scoppiato il caso editoriale del libro a cui ha dedicato parte della sua vita e che non ha mai visto pubblicato.

Chiudiamo questo omaggio con i suoi versi:

Non sapevo che il buio 
non è nero 
Che il giorno non è bianco
Che la luce 
acceca 
E il fermarsi 
è correre 
Ancora 
di più

22/03/21

Anniversario di Dante: l'Alighieri e il primo Giubileo a Roma dell'anno 1300


Bonifacio VIII benedice la folla dal Palazzo del Laterano dopo aver inaugurato il Giubileo del 1300 in un acquerello del XVI secolo


Nel settecentesimo anno della morte di Dante (1321 -2021) non si finisce di meravigliarsi della ricchezza infinita della Divina Commedia, definita da Jorge Luis Borges, il più bel libro scritto da un essere umano

Come è noto, Dante nella Commedia descrive anche il primo Giubileo in assoluto tenuto dalla Chiesa di Roma. 

Quando si svolse ? 

Il primo Giubileo della Chiesa fu quello del 1300, proclamato da Bonifacio VIII per il perdono dei peccati concesso a tutti. 

Bonifacio riprendendo il Rito della Perdonanza che era stato istituito da Celestino V, si era ispirato a un’antica tradizione ebraica. 

Con la bolla promulgata si concedeva l’indulgenza a tutti coloro che avessero fatto visita trenta volte, se erano romani, e quindici se erano stranieri, alle basiliche di San Pietro e di San Paolo, per tutta la durata dell’anno 1300. 

Secondo la bolla questo Anno santo si sarebbe dovuto ripetere ogni cento anni

Il Giubileo ebbe effetti immediati: lo stesso Dante riferisce nel diciottesimo canto dell’Inferno, nella Commedia, che l’afflusso dei pellegrini a Roma fu enorme, al punto che divenne necessario regolamentare il senso di marcia dei pedoni sul Ponte Sant’Angelo. 

L’intervallo di tempo fu accorciato, nel 1350 da papa Clemente vi che lo portò a 50 anni. 

Urbano VI lo ridusse ulteriormente a 33 anni (prendendo a spunto l’età di Gesù), fino a Paolo II che nel Quattrocento lo stabilì definitivamente a 25 anni, esclusa la possibilità di proclamare Giubilei straordinari fuori dalle scadenze stabilite.

19/03/21

19 Marzo, Festa di San Giuseppe: riapre finalmente a Roma la meravigliosa San Giuseppe dei Falegnami al Foro Romano

 



Oggi è una giornata speciale per la Festa di San Giuseppe e per quella del papà.

Per l'occasione infatti riapre la chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, nel cuore dei Fori Imperiali. Il cardinale vicario Angelo De Donatis vi celebrerà la messa alle ore 12.

Una occasione da non perdere per rivedere dopo mesi di chiusura il gioiello d'arte e di storia (che fra l'altro custodisce il Carcere Mamertino) oramai giunto quasi alla conclusione dei lavori di restauro del soffitto (in legno dorato) dopo il tragico crollo avvenuto nell'agosto del 2018.

Fonte Il messaggero



18/03/21

Forse dopo 2000 anni svelati i misteri della "Macchina di Anticitera", il primo computer al mondo

 



Dopo oltre duemila anni potrebbe essere prossimo alla soluzione il mistero del primo 'computer' analogico della storia: si tratta della macchina di Anticitera, il sofisticato calcolatore astronomico in bronzo costruito dagli antichi Greci per predire le eclissi, le fasi lunari, la posizione del Sole e dei cinque pianeti allora noti.

Il suo complesso meccanismo a ruote dentate e' stato ricostruito dai ricercatori dell'University College di Londra mettendo insieme le piu' recenti indagini scientifiche condotte sui suoi frammenti e le antiche iscrizioni incise su di essi. 

La replica 'moderna' della macchina, descritta sulla rivista Scientific Reports, verra' presto riprodotta con tecniche antiche per validarne la fattibilita'. 

La ricostruzione proposta rappresenta un notevole passo avanti nell'annosa diatriba sul funzionamento del meccanismo di Anticitera, un vero e proprio rompicapo che interroga gli studiosi fin dal giorno del suo ritrovamento, avvenuto nel 1901 in un relitto di epoca romana affondato vicino all'isola greca di Anticitera, a nord-ovest di Creta

Solo un terzo dell'antico calcolatore e' stato recuperato, per di piu' frammentato in 82 pezzi. 

I reperti, analizzati ai raggi X nel 2005, hanno rivelato migliaia di caratteri incisi, una sorta di 'manuale di istruzioni' sul funzionamento del cosmo meccanico a manovella

I ricercatori britannici guidati dal matematico Tony Freeth sono ripartiti proprio da queste descrizioni e, grazie a un antico modello matematico descritto dal filosofo greco Parmenide, sono riusciti a spiegare come la macchina riproduceva il movimento dei pianeti su cerchi concentrici, minimizzando il numero di ingranaggi in modo da compattare il meccanismo in uno spazio di appena 25 millimetri

Nonostante questo progresso, resta ancora fitto il mistero sul reale utilizzo che veniva fatto della macchina di Anticitera e sul motivo per cui i Greci, capaci di un simile esempio di ingegneria meccanica, non abbiano inventato altre tecnologie avanzate come gli orologi. 

17/03/21

Libro del Giorno: "Il silenzio" di Erling Kagge

 


Mi sembra che la nostra epoca sia, più di ogni altra cosa, l'epoca della interruzione. Tutte le nostre vite sono diventate frammentate, continuamente interrotte. Mentre siamo impegnati a fare qualcosa, siamo costantemente distratti e interrotti dalle notifiche dello smartphone, di ogni tipo, dalle telefonate, dai messaggi, dalle mail della posta elettronica, dall'aggiornamento del pc, dalle chat in continua proliferazione.  

Parlare di silenzio nella nostra epoca è dunque quanto mai opportuno e in un certo senso coraggioso.

In media, secondo uno studio, perdiamo la concentrazione ogni otto secondi: la distrazione è ormai uno stile di vita, l’intrattenimento perpetuo un’abitudine

E quando incontriamo il silenzio, lo viviamo come un’anomalia; invece di apprezzarlo, ci sentiamo a disagio. 

Erling Kagge, al contrario, del silenzio ha fatto una scelta

Grazie alla sua passione di viaggiatore estremo, nei mesi trascorsi nell’Artide, al Polo Sud o in cima all’Everest, ha imparato a fare propri gli spazi e i ritmi della natura, e a immergersi in un silenzio interiore, oltre che esteriore: un immenso tesoro e una fonte di rigenerazione che tutti possediamo a cui è però difficile attingere, immersi come siamo dal frastuono della vita quotidiana

Ma che cos’è il silenzio? Dove lo si trova? E perché oggi è piú importante che mai? 

Queste sono le tre domande che Kagge si pone, e trentatre sono le possibili risposte che offre. 

Trentatre riflessioni scaturite da esperienze, incontri e letture diverse, e tutte animate da un’unica certezza: che il silenzio sia la chiave per comprendere piú a fondo la vita.

Cercare il silenzio. Non per voltare le spalle al mondo, ma per osservarlo e capirlo. Perché il silenzio non è un vuoto inquietante ma l'ascolto dei suoni interiori che abbiamo sopito.


Il silenzio. Uno spazio dell'anima 

16/03/21

Scoperti nuovi importanti frammenti biblici in Israele !

 


Nuovi frammenti di Rotoli biblici risalenti a 2mila anni fa sono stati scoperti durante nuove e vaste ricerche nel Deserto della Giudea. 

Lo ha annunciato l'Autorita' israeliana delle Antichita' spiegando che i nuovi frammenti sono i primi ad essere rinvenuti da 60 anni ad oggi. 

Scritti principalmente in greco - ha spiegato l'Autorita' - contengono porzioni di libro di 12 profeti minori, Zaccaria e Naum inclusi. - 

I reperti sono stati rinvenuti durante un'operazione condotta dall'Autorita' israeliana per le antichita' per trovare i sia i rotoli sia altri manufatti in modo da prevenire possibili saccheggi

I rotoli del Mar Morto sono una collezione di testi ebraici trovati negli anni '40 e '50 del '900 in grotte nel deserto in Cisgiordania, vicino Qumran, e sono datati in un periodo di tempo che va dal III secolo a.C. al I secolo d.C. 

Includono anche le prime copie note di testi biblici. 

Si ritiene che i nuovi frammenti ritrovati siano stati nascosti nella grotta durante la cosiddetta rivolta di Bar Kokhba, o terza guerra giudaica, una rivolta armata ebraica contro Roma durante il regno dell'imperatore Adriano. 

Fonte ANSA e Lapresse

15/03/21

Libro del Giorno: "E l'uomo incontrò il cane" di Konrad Lorenz

 


Un libro che tutti coloro che possiedono un cane dovrebbero, prima o poi, leggere. E che farebbe comunque bene anche a quelli che un cane non lo possiedono o non l'hanno mai posseduto.

A Konrad Lorenz è stato conferito il Premio Nobel 1973 per la medicina in riconoscimento della sua opera fondatrice di una scienza che rivela sempre più la sua enorme portata: l’etologia

Ma Lorenz non è soltanto un grande scienziato: pochi libri hanno affascinato così tanti lettori in questi ultimi anni come le storie di animali da lui magistralmente raccontate nell’Anello di Re Salomone. 

E anche in E l’uomo incontrò il cane, il lettore troverà una sorta di proseguimento di quelle storie, tutto dedicato all’animale che più di ogni altro crediamo di conoscere e sul quale però tante cose abbiamo da scoprire – il cane. 

Lorenz ci guida qui innanzitutto verso le origini dell’«incontro» fra l’uomo e il cane, quando il rapporto era piuttosto con i due, assai differenti, antenati dei cani attuali: lo sciacallo e il lupo

Queste origini lasciano le loro tracce in tutte le complesse forme di intesa, obbedienza, odio, fedeltà, nevrosi che si sono stabilite nel corso della storia fra cane e padrone

Spesso ricorrendo a dei casi a lui stesso avvenuti, Lorenz riesce in queste pagine a illuminare rapidamente tutto l’arco della «caninità» con la grazia di un vero narratore, con la precisione e la sottigliezza di uno scienziato che ha aperto nuove vie proprio nello studio di questi temi, con la fertile intelligenza di un pensatore che, attraverso le sue ricerche sugli animali, è riuscito a porre i problemi umani in una nuova luce.

Konrad Lorenz 

E l’uomo incontrò il cane 

Traduzione di Amina Pandolfi 

Piccola Biblioteca Adelphi, 

1973, 45ª ediz., pp. 123, 

€ 11,00



14/03/21

Poesia della Domenica: "La piccola stanza" di Raymond Carver

 




LA PICCOLA STANZA


Ci fu una grande resa dei conti.
Le parole volavano come pietre attraverso le finestre.
Lei urlava e urlava, come l'Angelo del Giudizio.

Poi il sole balzò su di colpo, e un scia
apparve nel cielo del mattino.
Nell'improvviso silenzio, la piccola stanza
divenne stranamente derelitta, mentre lui le asciugava le
lacrime.
Divenne come tutte le altre piccole stanze della terra,
che la luce ha difficoltà a penetrare.

Stanze dove le persone urlano e si offendono l'un l'altra.
E dopo provano dolore, e solitudine.
Incertezza. Bisogno di confortare.



Raymond Carver, da Blu Oltremare


THE LITTLE ROOM
—Raymond Carver
There was a great reckoning.
Words flew like stones through windows.
She yelled and yelled, like the Angel of Judgment.
Then the sun shot up, and a contrail
appeared in the morning sky.
In the sudden silence, the little room
became oddly lonely as he dried her tears.
Became like all the other little rooms on earth
light finds hard to penetrate.
Rooms where people yell and hurt each other.
And afterwards feel pain, and loneliness.
Uncertainty. The need to comfort.

12/03/21

Torna a essere visibile al pubblico il magnifico mosaico delle Navi di Caligola, trafugato e ritrovato negli USA



Torna in esposizione al Museo delle Navi Romane di Nemi, in provincia di Roma, il mosaico proveniente dalle navi di Caligola, esportato illegalmente in America nel dopoguerra e restituito all'Italia grazie all'azione dei carabinieri del comando Tutela Patrimonio Culturale

Il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna ha presentato il mosaico recuperato, che da oggi sarà possibile ammirare nel rispetto delle norme di comportamento previste per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Il mosaico a intarsi marmorei (opus sectile) faceva parte delle ricche decorazioni presenti sulle pavimentazioni delle due navi dell'imperatore Caligola. 

Proveniente dagli scavi condotti nel 1895 da Eliseo Borghi, fu restaurato con materiali diversi e con integrazioni moderne

L'inserimento in una cornice moderna, presente anche sul retro, non consente piu' di cogliere i dettagli costruttivi, che possono pero' essere ricostruiti grazie agli altri frammenti conservati nel Museo. 



Esportato illegalmente nel dopoguerra, il mosaico è stato restituito al Museo delle Navi Romane grazie all'azione dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale che, con la fattiva collaborazione di esperti del settore, hanno individuato il pavimento in una collezione privata a New York, consentendone il sequestro e la riconsegna all'Italia. 

Il Museo venne costruito tra il 1933 e il 1939 per ospitare due gigantesche navi appartenute all'imperatore Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1929 e il 1931

È stato quindi il primo Museo in Italia ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi purtroppo distrutti durante un incendio nel 1944. 

Riaperto nel 1953, il museo venne nuovamente chiuso nel 1962 e infine definitivamente riaperto nel 1988. 

Nel nuovo allestimento, l'ala sinistra e' dedicata alle navi, delle quali sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera). 



 Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell'aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine. 

L'ala destra e' invece dedicata al popolamento del territorio albano in eta' repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente), da Campoverde (Latina) da Genzano (stipe di Pantanacci) e dal Santuario di Diana a Nemi, oltre ai materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli. 

All'interno di quest'ala e' inoltre possibile ammirare un tratto musealizzato del basolato romano del clivus Virbii, che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana. 

11/03/21

Centenario di Nino Manfredi : Due libri ne raccontano i segreti

 

Nino Manfredi con Monica Vitti

A cento anni dalla nascita, Nino Manfredi viene festeggiato anche in libreria. 

Prezioso il ritratto inedito e commosso 'Un friccico ner core'  (euro18) del figlio Luca Manfredi, che esce l'11 marzo per Rai Libri, disponibile anche negli store digitali. 

 Entrato nelle case di tutti gli italiani con la naturalezza di un amico di famiglia, Nino Manfredi ci ha stupito, emozionato, fatto ridere e commosso in sessant'anni di carriera, dal primo trionfo a Canzonissima nel 1959 ai suoi cento e' piu' film, per il grande e piccolo schermo, da 'Il padre di famiglia' a 'Straziami ma di baci saziami' e 'Pane e cioccolata' all'indimenticabile Geppetto nello sceneggiato televisivo 'Le avventure di Pinocchio' di Luigi Comencini

Saturnino Manfredi, vero nome dell'attore, nato il 22 marzo 1921 a Castro dei Volsci, in provincia di Frosinone, aveva mille qualita', ma anche tante debolezze, fragilita' e paure: un "impasto" complicato di ingredienti umani, che hanno plasmato l'attore, il marito, il padre e il nonno

Come racconta il figlio Luca, regista e sceneggiatore cinematografico e televisivo, era un po' come il pane casareccio della sua terra ciociara: compatto e saporito fuori, ma con tanti "buchi" nascosti al suo interno. 

Dando voce ai 100 volti di suo padre Luca Manfredi ha mostrato un lato diverso, privato e intimo dell'artista a tutto tondo che e' stato Nino Manfredi. 

Alla riscoperta dell'uomo e dell'artista invita anche l'imponente biografia 'ALLA RICERCA DI NINO MANFREDI' (pp 448, euro 25) di Andrea Ciaffaroni, tra i maggiori esperti italiani di cinema comico italiano, che esce il 18 marzo per Sagoma editore ed e' stata realizzata grazie al prezioso supporto del Centro Sperimentale di Cinematografia e impreziosita da quasi 150 foto rare e molte inedite provenienti anche dall'archivio personale della famiglia Manfredi

Il libro e' il frutto di numerosissime interviste e lunghe indagini condotte in decine di archivi con il recupero di soggetti inediti e la voce della moglie Erminia Ferrari. Con la collaborazione di Carlo Amatetti, la biografia e' anche arricchita dai contributi dei critici Alberto Anile e Alberto Crespi. 

09/03/21

Com'era fatto veramente il Mausoleo di Augusto, che riapre finalmente al pubblico dopo 14 anni?



Ci sono voluti quattordici anni - ma i romani in realtà contano un periodo molto più lungo di impossibilità di fruire di uno dei più maestosi monumenti della Roma antica ancora perfettamente esistente - per poter tornare a visitare il grande Mausoleo di Augusto in Campo Marzio. E al di là delle inopportune fanfare politiche - chi apre oggi sfrutta il lavoro precedente, iniziato molti anni fa, la novità ha incontrato una risposta clamorosa da parte dei cittadini quanto mai ansiosi - visto il tragico periodo di lockdown dal quale si proviene - di riappropriarsi di uno dei gioielli della città, con l'esaurimento delle prenotazioni disponibili fino al 30 giugno in sole 24 ore. 

Ma è interessante chiedersi: Com’era fatto, in origine, il Mausoleo di Augusto? 

Il Mausoleo imperiale fu iniziato da Augusto nel 28 a.C. al suo ritorno da Alessandria, dopo aver conquistato l’Egitto. 

Proprio ad Alessandria Augusto aveva avuto modo di vedere la tomba in stile ellenistico fatta costruire da Alessandro Magno, per il quale Augusto nutriva profonda ammirazione.  E la cui ricostruzione si può ammirare in questa grafica del Trecento, in testa all'articolo. 

Il primo a essere stato seppellito nel Mausoleo fu Marco Claudio Marcello, il nipote di Augusto morto nel 23 a.C., insieme alla madre di Augusto, Azia maggiore. Seguirono poi Marco Vipsanio Agrippa, Druso maggiore, Lucio e Gaio Cesare. Augusto vi trovò sepoltura nel 14 d.C., dopo che il suo corpo fu trasportato da Nola, dove era morto. L’ultima a esservi sepolta fu Giulia Domna, dopodiché l’enorme Mausoleo (ottantanove metri di diametro per quarantaquattro di altezza) cadde in rovina e fu destinato nei secoli agli usi più disparati: da roccaforte nel XII secolo a cava di travertino, vigna, giardino, anfiteatro e sala di concerti, fino al 1936, quando iniziarono i lavori di sistemazione della zona. 


08/03/21

8 marzo: WWF, Tante le donne che nel mondo si battono per la Natura


Jane Goodall con uno scimpanzé


La natura è madre, donna. E sono tantissime le donne nel mondo che hanno scelto di impegnarsi per la sua tutela, afferma il Wwf Italia ricordando varie figure, dall'etologa Jane Goodall che ha dedicato la sua vita alla ricerca sugli scimpanze' e alla protezione degli animali; alla giovane Greta Thunberg, che da sola ogni venerdi' scioperava per il clima e che a 16 anni ha iniziato a parlare della crisi climatica davanti ai politici di tutto il mondo, mettendoli con coraggio davanti alle loro responsabilita' per garantire un futuro alle giovani generazioni. 

Dalla biologa Rachel Louise Carson che negli anni 40 inizio' a studiare i pesticidi e lancio' il movimento ambientalista negli Stati Uniti con il suo "Primavera silenziosa", fino all'attrice premio Oscar Jane Fonda, che a oltre 80 anni ancora oggi protesta per chiedere azione contro i gas serra e non perde occasione per evidenziare la stretta correlazione fra crisi climatica e salute umana

Sono tante le eroine che alzano la voce per proteggere la natura e ognuna di loro rappresenta anche le migliaia di donne e ragazze che ogni giorno, attraverso le loro professionalita', si occupano di ambiente. 

In Italia, spiega il Wwf, sono tante le donne del panda impegnate sul campo, ecco solo alcune delle loro storie: Giulia Prato e Claudia Scianna, del Programma Mare Wwf, sono in contatto ogni giorno con uno dei settori maschili per eccellenza, quello della pesca e dei pescatori. Con il dialogo e la competenza, magari superando le diffidenze iniziali, lavorano per coinvolgere i pescatori nella tutela del mare, e farne degli alleati. 

A difesa delle tartarughe marine in Sicilia c'e' Oleana Prato, volontaria del Wwf, che la scorsa estate ha censito e in molti casi gestito, fino alla schiusa, ben 72 nidi lungo le coste siciliane, pari al 29% di tutte le nidificazioni italiane, assicurando oltre 3.100 piccoli nati alla biodiversita' marina

 Impegnata nella ricerca sui cetacei a bordo delle Vele del Panda con Wwf Travel, la giovane etologa Laura Pintore: nella stagione 2020 in 23 giornate di monitoraggio ha censito 32 cetacei ma anche individui di Caretta caretta, mobula, verdesca e pesce spada

In Abruzzo l'Oasi delle Gole del Sagittario dopo Filomena Ricci, oggi Delegato Regionale del Wwf, il testimone della direzione e' passato da un paio d'anni a Sefora Inzaghi. 

05/03/21

Libro del Giorno: "La pasqua rossa" di Alberto Bevilacqua

 


Alberto Bevilacqua scrisse questo romanzo, arrivato finalista al Campiello (che lo scrittore aveva già vinto nel 1966 con Questa specie d'amore), nel 2003.

Con La Pasqua Rossa Bevilacqua tornò ai temi e ai conflitti sociali del dopoguerra italiano, già esplorati in La Califfa e in altri romanzi. 

Il libro ripercorre così i fatti dell'aprile 1946, quando nel carcere di San Vittore sono stipati piú di tremila detenuti, tra delinquenti senza bandiera, ex repubblichini ed ex partigiani condannati per reati comuni: un microcosmo impossibile, che rispecchia con paradossale fedeltà un'Italia che stenta a scrollarsi di dosso «il sentimento delle macerie»

È in questa polveriera che scoppia una delle rivolte più imponenti del sistema carcerario mondiale, architettata da Ezio Barbieri, eroe maledetto capace di amicizie e di amori intensi, dipinto dalle dicerie come un diavolo con fattezze angeliche, dal sorriso ambiguo, dall'intelligenza spiazzante

Ma chi era davvero Ezio Barbieri? 

Un uomo in grado di capire come nessun altro «i drammi in gabbia» e i destini futuri dell'Italia? Un profeta moderno? Un sognatore? È intorno alla personalità complessa, contraddittoria e carismatica di questo pifferaio magico che il libro di Bevilacqua si avvita a spirale: nella convinzione, profonda e contagiosa, che il destino di un uomo possa illuminare, a tratti, quello del mondo.

In questo racconto ravvicinato corale, dai toni onirici, Bevilacqua ritrae un ribelle, Ezio Barbieri, costretto da sempre a recitare se stesso, alla ricerca dell'impossibile rivalsa contro un destino fallimentare.

Un possibile punto di svolta, un momento cruciale per il futuro dell'Italia osservato dall'alto delle celle degli sconfitti, attraverso il risentimento di un uomo solo accerchiato dall'esercito e dal suo passato.

Per la cronaca Ezio Barbieri, che fu condannato all'ergastolo, e uscito dal carcere nel 1971, è morto quasi centenario, soltanto tre anni fa, nel 2018 a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia. 

Un romanzo che conferma la qualità letteraria e l'estro di uno dei migliori scrittori italiani del Novecento. 

Alberto Bevilacqua

La Pasqua Rossa

Einaudi, 2003 

pp. 238, Euro 17 




04/03/21

Libro del Giorno: "Cuori pensanti" di Laura Boella

 


5 brevi lezioni di filosofia per tempi difficili: così recita il sottotitolo di questo libro di Laura Boella dedicato a 5 figure femminili fondamentali nella storia e nella filosofia del Novecento. 

Edith Stein, Maria Zambrano, Hannah Arendt, Simone Weil, Etty Hillesum. 

La voce intensa, l'intelligenza e la straordinaria sensibilità di cinque grandi pensatrici. Cinque donne indipendenti, audaci, ostili a ogni conformismo. 

Cuori Pensanti è un piccolo libro di filosofia che rappresenta una continua fonte d'ispirazione

L'eredità delle filosofe non è soltanto scritta nei loro libri, ma vive nella loro esperienza, nei loro giudizi, nelle scelte etiche, politiche e spirituali. 

"In queste pagine," scrive l'autrice, "non ho fatto altro che lasciarmi trasportare dalla passione che mi accompagna da molti anni per queste straordinarie figure di pensatrici, cercando di esaltarne il coraggio di amare e di pensare." 

Cinque brevi lezioni di filosofia condensate in poco più di cento pagine: un piccolo compendio che attraversa la vita, gli amori, le inquietudini, le domande, le riflessioni di cinque pensatrici straordinarie che hanno sfidato la morale convenzionale e le cui biografie sono avvolte in un alone di leggenda. 

Per ognuna di loro, la filosofia non è stata un riparo o un ritiro dal mondo: è stata la pratica audace e ostinata di un addestramento al sentire la vita in tutta la sua ricchezza e complessità, di una vigilanza sulle proprie emozioni, di un raccoglimento capace di lasciar emergere ogni esperienza in tutte le sue sfumature, con assoluta chiarezza. 

Le loro parole e i loro pensieri sono una continua fonte d'ispirazione, oggi come ieri.

Laura Boella

Cuori Pensanti

Milano, Chiarelettere, 2020 

pp. 144 pagine, Euro 14,25

ISBN-10 : 8832963183 

ISBN-13 : 978-8832963182

02/03/21

Quel giorno che Alfredo a Roma inventò la pasta in bianco

 



C'è un giorno ben preciso nella storia della cucina italiana, che non ha data sicura, ma che tutti collocano con esattezza nell'anno 1908. 

Nella Roma post-umbertina, che sta crescendo a dismisura in quanto a popolazione, con nuovi impiegati borghesi che arrivano qui da tutta l'Italia per trovare lavoro nella nuova Capitale della nazione, c'è anche un - allora -oscuro ristoratore, uno dei tanti che nella città dell'epoca hanno aperto un nuovo locale con i piatti tradizionali della cucina romanesca.  Più esattamente l'ha aperto l'anno precedente, nella centrale Via della Scrofa, e gli affari promettono bene.

Si chiama Alfredo Di Lelio ed è nato nel 1882.  Ha dunque 26 anni quel giorno, nel quale è appena diventato padre. La moglie, Ines gli ha dato un bel bimbetto, chiamato Armando, e lui vuole festeggiare e omaggiare la puerpera, che è stata così brava, con un piatto dei suoi, che sia però molto leggero, che possa rimetterla dal lungo travaglio. 

Alfredo ha a portata di mano soltanto le fettuccine e con quelle decide di creare il piatto più semplice del mondo:  pasta in bianco, condita soltanto da un po' di burro liquido e da una pioggia di parmigiano. 

Il nuovo piatto avrà un successo inaspettato e planetario: visto di malocchio dai puristi gourmet, il piatto di fettuccine in bianco diventa popolarissimo con gli anni, grazie anche alla frequentazione del ristorante di Alfredo da parte dei divi americani del dopoguerra, che esportano anche in America il mito della pastasciutta. 

Al punto tale che ancora oggi, a distanza di decenni, in una grande quantità di ristoranti USA viene proposto nel Menu il piatto chiamato: "Fettuccine Alfredo". 

Alfredo è un talento nato, non solo nella cucina, ma anche davanti al fotografo. Escogita veri e propri spettacolini a beneficio dei "paparazzi" dell'epoca e tappezza il suo locale con meravigliosi ritratti in bianco e nero dei grandi divi di Hollywood e dei più famosi personaggi dell'epoca quando sono in visita a Roma, compreso l'allora senatore John Fitzgerald Kennedy, nel 1958, destinato tre anni più tardi a diventare il Presidente degli Stati Uniti.  Con il presidente divertito e comprensibilmente sbalordito da Alfredo che - come tradizione - solleva le fettuccine a mani nude (gesto oggi impensabile) nel piatto!

Una foto ormai diventata celebre, leggendaria. 

Alfredo (per tutti i romani diventato più esaurientemente "Alfredo alla Scrofa"), morì l'anno seguente nel 1959. 

Ma il suo ristorante è sempre lì.

Anche se Roma è cambiata, specialmente oggi. In ogni caso quelle fettuccine "in bianco" sono un regalo indissolubilmente legato alla storia recente della città eterna. 

Fabrizio Falconi 


01/03/21

Il film di Werner Herzog e l'incredibile (vera) fotografia di Churchill, Lawrence D'Arabia e Gertrude Bell Giza che oggi ha 100 anni

 


C'è una meravigliosa, famosa foto, ancora incredibilmente nitida, scattata su una vecchia lastra a nitrato d'argento, nel lontano 1921 nella quale, al centro, si vedono tre persone a cavallo dei loro dromedari, sullo sfondo della piana di Giza, con la Sfinge in primo piano.

Il cavaliere più a sinistra del terzetto centrale è l'inconfondibile Winston Churchill, quello più a destra è il famoso T. E. Lawrence, ovvero Lawrence d’Arabia, in abiti occidentali. In mezzo, c’è una signora: Gertrude Bell, personaggio leggendario: prima donna a laurearsi a Oxford, rossa di capelli, elegantissima, divenuta nei primi anni del secolo la "Regina del deserto", colei che conobbe come nessun  occidentale aveva mai fatto prima, la vita, la cultura, le abitudini, i sovrani delle innumerevoli tribù dell'immane deserto che si dipana tra l'Iraq, la Persia, il Medio Oriente e la penisola Arabica, all'indomani del crollo dell'Impero Ottomano che aveva regnato in quelle regioni sconfinate per cinque secoli. 

La fotografia risale al 1921, quando Churchill era responsabile degli affari coloniali inglesi e aveva convocato una conferenza al Cairo per riorganizzare la presenza del suo paese in quelle regioni.

Gertrude fu l'unica donna a parteciparvi, anche perché era colei che conosceva meglio di tutti la materia di cui si trattava.

Oggi gli storici cominciano a capire che nel gestire la rivolta araba di quegli anni, Gertrude ebbe un ruolo forse persino superiore a quello dell'ormai mitico Lawrence d’Arabia. 

A Gertrude Bell che morì a Baghdad cinque anni dopo questa fotografia, nel 1926, quando aveva 58 anni e che a Baghdad è tuttora sepolta, Werner Herzog ha dedicato un film nel 2015 - piuttosto maltrattato dalla critica - con le meravigliosi ambientazioni dei luoghi originali dove si svolsero i fatti, intitolato Queen of the Desert, con un super cast comprendente Nicole Kidman (nei panni di Gertrude), James Franco, Robert Pattinson, Damian Lewis. Attualmente visibile su Amazon Video. Che termina proprio con la ricostruzione di questa immagine reale e di come fu scattata in quel lontano giorno di 100 anni fa. 


Fabrizio Falconi

Robert Pattinson, Nicole Kidman e Werner Herzog sul set di Queen of the Desert, 2015