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29/03/22

Pochi lo sanno, ma sotto il Roseto comunale di Roma c'è il grande cimitero ebraico di Roma

 



Il Roseto comunale di Roma, noto per la bellezza e l’enorme varietà di specie che ospita – circa millecento tipi di rose diverse – sorge oggi sul declivio destro del Circo Massimo che sale verso l’Aventino, in un’area divisa in due da Via di Villa Murcia. E per una specie di scherzo del destino, in quest’area sorgeva nel III secolo avanti Cristo un tempio dedicato alla divinità di Flora, dea romana delle piante.

La collocazione attuale del Roseto però è piuttosto recente. Esattamente risale al 1950 quando il Comune di Roma decise di spostare in questo luogo il Roseto comunale che dal 1931 sorgeva invece poco lontano, sul Colle Oppio dove era stato realizzato su incarico del Governatore di Roma Francesco Boncompagni Ludovisi. 

La nuova sistemazione, nell’area attuale dell’Aventino ebbe una storia piuttosto travagliata a causa della particolarità di questa area. Chi oggi visita il Roseto comunale, infatti, non sa di trovarsi proprio sopra una enorme distesa (si calcola siano decine di migliaia) di antiche tombe.   Per l’esattezza tombe ebraiche. Le prime sepolture risalgono al 1645, quando venne istituito in quest’area un cimitero, il cosiddetto Ortaccio degli ebrei. Più anticamente, almeno dal Trecento, il cimitero ebraico di Roma si trovava all’interno della vecchia Porta Portese, nel rione Trastevere. Poi, quando furono costruite le nuove mura, nel 1587, il vecchio cimitero fu abbandonato e spostato proprio nell’area dell’Aventino.

Al primo terreno, concesso da papa Innocenzo X agli israeliti, presto seguirono, a causa del sovraffollamento, altri due lotti.  In questi tre spazi contigui, per circa 250 anni gli ebrei seppellirono i loro morti.

L’area dell’Aventino, però cominciò, in tempi più recenti a fare gola alle autorità comunali, per la sua vicinanza alla zona archeologica.  Falliti i primi tentativi di esproprio, per la opposizione della comunità israelitica, nel 1934, in pieno fascismo, tutta l’area fu definitivamente sottratta al cimitero, dopo un lungo e infruttuoso braccio di ferro da parte degli ebrei di Roma che cercarono protezione anche presso il rabbinato europeo.  Ma erano tempi molto difficili e anche da parte delle autorità religiose del continente arrivò il consiglio di cedere per evitare complicazioni ancor più pericolose.

Così il nuovo piano regolatore fascista ricoprì di terra una gran parte dell’antico cimitero per realizzarvi una nuova arteria di collegamento tra Via della Greca e Viale Aventino (l’attuale Via del Circo Massimo) per farvi sfilare gli atleti in ricordo della Marcia su Roma.

Del vecchio cimitero si salvarono circa ottomila sepolture che furono in gran fretta traslate al Verano.

I terreni dell’Aventino, quelli che non erano stato interessato dall’asfalto per la costruzione di Via del Circo Massimo divennero, durante i combattimenti della seconda guerra mondiale, orti di guerra.  E soltanto nel 1950 il comune decise di trasferirvi il Roseto comunale del Colle Oppio, che era stato distrutto dalle bombe.

La nuova sistemazione fu decisa con il consenso della Comunità ebraica ed il Comune, consapevole che il Roseto avrebbe fatto da copertura e da custodia a tombe e sepolture secolari, decise di rendere omaggio e ricordo della originaria funzione del luogo: così anche oggi si può osservare come i vialetti che dividono le aiuole nel settore delle collezioni delle specie pregiate, formino esattamente la trama visibile dall’alto, di una menorah, il celebre candelabro a sette braccio simbolo degli ebrei.

Ancora oggi, i kohanim, i sacerdoti ebrei, non possono calpestare quelle aiuole e quel giardino, per il divieto imposto dal capitolo XXI della Torah.

Tratto da: Fabrizio Falconi, Misteri e Segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton, Roma, 2013


30/12/21

Torna in libreria, in una nuova edizione, "I Fantasmi di Roma" di Fabrizio Falconi

 



La storia della città eterna attraverso i suoi misteri, le sue inquietanti presenze, le sue figure spettrali

Lo spirito di Messalina, le ombre che frequentano le catacombe cristiane, i celebri spettri di Beatrice Cenci e Lucrezia Borgia; altri meno conosciuti come la bella Costanza De Cupis, il fantasma dalle mani mozze o l'infelice Emmeline che abitò la splendida Villa Stuart, e poi i fantasmi di Shelley e Keats fino alle ossessioni di Dario Argento: questo libro ripercorre la storia millenaria della città dei papi e degli imperatori da un punto di vista insolito, attraverso i racconti dei suoi fantasmi e delle sue presenze occulte. Ne emerge una Roma dai tratti magici, legata alle religioni e ai riti misterici del passato, alla tradizione etrusca, ai culti orientali, ai primi riti cristiani. Si parte dai fantasmi che si dice infestino i teatri della città antica e imperiale, per passare a quelli creati dai roghi e dai processi della Santa Inquisizione, e arrivare infine ad alcune presenze più vicine a noi: una finestra su una Roma esoterica misteriosa, inquietante e dal fascino sorprendente.

Tra i fantasmi di Roma:

Storia infelice di Berenice, l'amante dell'imperatore Tito, e del suo fantasma
Il Pantheon, monumento esoterico per eccellenza, e i suoi abitanti misteriosi
La notte delle streghe e il fantasma di Salomè al Laterano
Le geometrie di Athanasius Kircher e il suo spaventoso museo del Collegio Romano
Il fantasma di Donna Olimpia Maidalchini, la Pimpaccia, la donna più temuta di Roma
Piazza Vittorio e la porta magica degli alchimisti
Il terribile fantasma di Lorenza, moglie del Conte di Cagliostro
I fantasmi del Museo delle Anime del Purgatorio
Beatrice Cenci, il più famoso fantasma di Roma
I Borgia a Roma, una storia di fantasmi
Costanza de Cupis, la nobildonna dalle mani mozze
Il fantasma della chiesa dei Cappuccini e il racconto gotico di Hawthorne
Shelley e Keats, fantasmi a Roma
I fantasmi di Emmeline e di Lord Allen e Villa Stuart
Il Quartiere Coppedè, set per Dario Argento


Fabrizio Falconi

Nato a Roma, ha scritto i saggi Osama bin Laden. Il terrore dell'Occidente (con Antonello Sette), Dieci luoghi dell'animaIn Hoc vinces (con Bruno Carboniero) e i romanzi Il giorno più bello per incontrarti, Cieli come questoPer dirmi che sei fuoco, Porpora e Nero. Saggi e articoli di argomento storico e archeologico sono apparsi su varie riviste italiane. Con la Newton Compton ha pubblicato I fantasmi di RomaI monumenti esoterici d'ItaliaMisteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, Roma esoterica e misteriosa, 501 domande e risposte sulla storia di Roma.


Pre-ordina qui la tua copia 

24/10/21

Cagliostro a Roma: Una incredibile avventura

 



L’eretico Conte Cagliostro e il rogo di libri maledetti a Santa Maria Sopra Minerva


Uno dei personaggi più controversi del Settecento fu sicuramente quel Giuseppe Balsamo, palermitano, passato alla storia con il ben più famoso appellativo di Conte di Cagliostro. 

La storia di Cagliostro a Roma nasce quando Giuseppe – alias Alessandro, come scelse di chiamarsi in seguito il sedicente Conte – sposò Lorenza, la figlia analfabeta e a quanto pare bellissima di un orafo. Il matrimonio si consumò nel giorno dell’anniversario della fondazione di Roma – il 21 aprile del 1768 -  in una storica chiesa del rione Regola: San Salvatore in Campo. 

Cagliostro all’epoca aveva venticinque anni,  ma si era già lasciato alle spalle  un passato turbinoso fatto di fughe, ribellioni, piccole truffe che dalla sua Sicilia lo avevano poi portato, dopo viaggi avventurosi,  a Roma.  Qui l’intraprendente giovane aveva aperto una fiorente bottega di falsario (i documenti erano la sua specializzazione) al Vicolo delle Grotte, sempre in quel quartiere della Regola, a due passi da Via dei Giubbonari.

A Roma, il futuro Conte di Cagliostro non si fece certo passare inosservato: venne arrestato per una rissa scoppiata in una taberna al Pantheon,  e dopo qualche giorno venne rilasciato soltanto grazie all’interessamento di un amico che svolgeva le mansioni di maggiordomo in una delle case più importanti di Roma, quella abitata dal Cardinale Orsini

Lorenza e Giuseppe, sposandosi, stipularono una specie di patto di sangue che li portò nel giro di un trentennio  a sconquassare le nobili corti di mezza Europa: lui imbastendo improbabili traffici, stregonerie, guarigioni miracolose,  pseudo artifici alchemici, riti esoterici, che gli guadagnarono la fama del più grande furfante del secolo, lei mettendo a disposizione le sue arti amatorie per sedurre e ammorbidire mecenati, conti (veri) e marchesi, ricchi gentiluomini, e farli diventare strumenti in mano all’ingegnoso e mai domo marito. E ciò ovunque: nel nord Italia – a Bergamo vengono arrestati e poi rilasciati – in Francia,  Spagna, a Lisbona, Londra, e ancora in Francia, Belgio, Germania, Malta, Olanda, Lettonia, San Pietroburgo. Non c’è angolo della vecchia Europa che non li veda protagonisti di qualche intrigo, di qualche teatrale messinscena, di qualche fuga rocambolesca, magari seguita ad un arresto, di qualche scandalo sessuale.

Giuseppe, chimico e ipnotizzatore, inventore e alchimista, trasforma anche la sua identità: comincia a farsi chiamare Alessandro e si inventa il titolo di Conte di Cagliostro. Conosce le grandi personalità del secolo, da Casanova ai sovrani di Francia e di Russia, si mette in testa anche l’idea di fondare un nuovo rito massonico egizio che pretende addirittura sia riconosciuto dal papa, organizza la clamorosa truffa della collana ai danni della Regina Maria Antonietta, finisce nuovamente in carcere, alla Bastiglia, quattro anni prima della Rivoluzione Francese, da cui riesce ad uscire grazie all’intervento dei migliori avvocati del Paese che perorano la sua causa presso il Parlamento.

Ma anche dalla Bastiglia, Cagliostro riesce a fuggire. Ripara a Londra, e per la prima volta Lorenza comincia a prendere le distanze da quell’uomo impossibile, fosco e tiranno.

Qualche anno più tardi, quando Giuseppe si presenta di nuovo a Roma con un prezioso salvacondotto predisposto per lui dal potente principe di Trento, Pietro Virgilio Thun, il vero scopo di Cagliostro è quello di ottenere udienza dal papa e di riuscire nell’intento folle di ottenere il suo riconoscimento dell’ordine egizio da lui fondato. 

A Roma comunque Cagliostro ricevette la massima attenzione dai circoli massonici dell’epoca (frequentati in gran parte da diplomatici stranieri) e in particolare dai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme che avevano la loro sede a Villa Malta, nell’odierno quartiere pinciano.

A Villa Malta Cagliostro diede spettacolo: organizzando sedute massoniche, dando prova delle sue doti di medium e di veggente, convertendo nuovi adepti al neo ordine da lui fondato.

Questi movimenti però non passarono inosservati agli emissari della Inquisizione, nei cui ambienti si sospettava fortemente che Cagliostro fosse un agente segreto (o un commissario mandato dagli Illuminati di Weishaupt) inviato nella capitale per sobillare le migliaia di massoni che, nascosti, attendevano un segnale per ribellarsi al potere papale.

Non contento, nello studio del pittore francese Augustin Belle, Cagliostro allestì una specie di tempio della sua nuova religione: una stanza completamente ricoperta di drappi neri, e ornata di colonne e simboli massonici, nella quale venivano compiuti i riti di iniziazione.

Ed è a questo punto della vicenda, nel settembre del 1789, quando il conte si sente ormai spiato e seguito ovunque, che Lorenza rompe gli indugi e lo denuncia ad un chierico, parroco della chiesa di Santa Caterina della Rota, a due passi dalla sua casa avita.

La denuncia viene immediatamente spedita al temibile Sant’Uffizio. Lorenza, in un estremo empito di pentimento si rifiuta di firmarla, ma ormai è troppo tardi; le autorità pontificie hanno già deciso la sorte del Conte: bisogna mettere fine alla sua pericolosa intraprendenza, alle sue scandalose e oscure trame.

Il 27 dicembre di quell’anno il Papa (Pio VI) firmò l’istanza speciale per l’arresto di Cagliostro e un manipolo di soldati pontifici fece irruzione negli alloggi del pittore Belle e prese il Conte in flagranza di reato, incatenandolo e portandolo a Castel Sant’Angelo.

Le accuse contenute dalla denuncia della moglie e quelle derivate dagli stessi scritti del Conte, sequestrati, oltre che le delazioni dei molti nemici, causarono al Conte l’imputazione per reati gravissimi che andavano dall’eresia alla pratica di magia nera, al falso contro la Chiesa. 

Per scongiurare il pericolo di una nuova fuga, venne raddoppiata la guardia alle segrete di Castel Sant’Angelo, dove Cagliostro era detenuto in totale isolamento.

Nel processo di fronte al Sant’Uffizio l’imputato viene anche coinvolto in dispute teologiche delle quali egli non poteva minimamente disquisire.

Cagliostro fu interrogato, nel corso di un anno, per ben quarantatre volte e torturato a fuoco dagli inquisitori.

La sua rovina era ormai completa, e il Conte cercò di difendersi in ogni modo  riversando ogni colpa sulla moglie, e sui suoi costumi licenziosi, e giunse fino al punto di scrivere direttamente al Papa, negando ogni accusa di massoneria e chiedendo la grazia. 

Ma la sentenza, pronunciata il 21 marzo 1791 fu di colpevolezza, con la pena prescritta per eretici, eresiarchi e maestri di magia nera, ovvero il rogo.

Pio VI però, per evitare di trasformare il truffatore in un martire, decise di trasformare la sentenza di morte in ergastolo.  Il frate cappuccino Fra’ Giuseppe di San Maurizio, ritenuto corresponsabile (si era fatto convincere ad aderire alla società massonica dal Conte) viene condannato a dieci anni, mentre una assoluzione piena viene dispensata a Lorenza, la cui testimonianza è stata decisiva per l’arresto e la condanna del furfante.

I documenti del processo però sono rimasti segreti per secoli e gli archivi del Vaticano non hanno mai messo a disposizione i documenti: quel che sembra certo è che il Conte arrivò anche a confessare un incontro segreto con gli Illuminati di Weishaupt allo scopo di convertire la massoneria francese alla nuova causa.

Per umiliare in pubblico Cagliostro, fu deciso di costringere il condannato a camminare scalzo e con abiti laceri, tenendo una candela tra le mani, tra due file di monaci, lungo le vie di Roma, da Castel Sant’Angelo e fino a Santa Maria sopra Minerva, la chiesa sorta sui resti del tempio romano dedicato ad Iside.  Giunto nel sacro edificio, Cagliostro fu obbligato ad inginocchiarsi di fronte all’altare e a rendere pubblica abiura delle sue eresie.

Poi, in piazza, proprio di fronte all’Obelisco – il cosiddetto Pulcino della Minerva – fu dato alle fiamme il manoscritto di Cagliostro, nel quale enunciava i principi del suo nuovo Ordine, gli altri testi (andati perduti) e tutti gli emblemi massonici sequestrati nel Tempio del pittore Belle.

Questo rito fu particolarmente simbolico: l’Ordine di Cagliostro, tutto fondato sui crismi della sapienza massonica egizia, veniva eloquentemente distrutto proprio nel luogo di Roma che ricordava più da vicino i contenuti del paganesimo orientale-egizio.

Dopo l’umiliazione pubblica, il Conte venne trasferito a piedi (e al buio, temendo che la presenza del noto prigioniero fosse notata da qualcuno), nella fortezza di San Leo, in cima alle montagne di Montefeltro, la prigione più malfamata d’Italia, dove i detenuti si diceva impazzissero: la cella a lui destinata fu il terribile Pozzetto,  un cilindro di pietra sprovvisto di porta (il detenuto venne calato da una fessura in alto), con una sola misera feritoia e un nudo letto di paglia.

Qui, in questa oscura e spaventosa prigionia, Cagliostro trascorse gli ultimi cinque anni di vita, in un alternarsi di crisi mistiche ed estatiche (durante le quali finirà perfino nel credersi un santo, mandato sulla Terra per convertire gli infedeli), deliri disperati, e una febbrile attività di pittura delle pareti della sua stessa cella, con immagini sacre, e autoritratti.  

Nel giugno del 1795 riuscì a diffondere il suo ultimo annuncio profetico: “Sarò l’ultima vittima dell’Inquisizione, perché quando raggiungerò l’aldilà pregherò talmente tanto che su questa terra ci sarà un nuovo Ordine.”

Morì il 26 agosto del 1795, a cinquantadue anni, per un colpo apoplettico, dopo tre giorni di agonia, rifiutando la confessione e l’estrema unzione.  Il suo corpo fu sepolto nella nuda terra non consacrata, avvolto in un lenzuolo, e ancora oggi c’è qualcuno che rivendica il ritrovamento delle ossa del suo scheletro.

Quel che la leggenda tramanda è che nel dicembre del 1797 la fortezza di San Leo fu occupata dai soldati della legione polacca della repubblica cisalpina di Napoleone. Liberati tutti i prigionieri, i soldati si misero alla ricerca della sepoltura di Cagliostro, la cui fama continuava a propagarsi in tutta Europa, anche post-mortem, e  trovato il suo teschio, lo usarono come coppa per bere il vino.

Qualche tempo dopo, quando le truppe francesi del generale Massena fecero irruzione a Roma, a Castel Sant’Angelo scoprirono un misterioso manoscritto sequestrato a Cagliostro il giorno del suo arresto: un prezioso testo, decifrato nel XX secolo che conteneva e descriveva un rituale autentico della Confraternita dei Rosacroce, opera si disse, del Conte di Saint-Germain, pieno di riferimenti alchimistici e cabalistici.

Circostanza che alimentò a lungo la fama oscura del Conte e la leggenda del suo fantasma: di Cagliostro si continuerà a sostenere per decenni che il Pozzetto di San Leo non fu affatto la sua ultima dimora terrena, e che egli invece, riuscito a fuggire travestendosi con il saio del frate, venuto per confessarlo e ucciso a mani nude, continuò ad imperversare a lungo, sotto mentite spoglie, nelle corti nobili di Roma.  Ma di questo, ovviamente non v’è alcuna prova documentale.


Tratto da Fabrizio Falconi - Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, 2015


04/06/21

NUOVO! "La Donna Mancante" di Fabrizio Falconi su Kindle



E' su Kindle il romanzo di Fabrizio Falconi, "La donna mancante" 


Un giallo filosofico italiano: cosa ha spinto Paolo a uccidere brutalmente Chiara, la sua ragazza e ad abbandonarla sul ciglio della strada? Dove è diretta la sua rocambolesca fuga? Chi è l'uomo saggio e ambiguo al quale chiede di risolvere i problemi della sua mente? Chi è il misterioso uomo che lo segue durante la fuga? Chi è la donna che lo aspetta dall'altra parte del mare? Con chi dovrà fare ancora i conti per chiudere la sua partita?

Fabrizio Falconi, giornalista e scrittore italiano,  ha esordito come freelance per testate (Panorama, Paese Sera, Il manifesto), lavorando poi per quasi un decennio alla RAI, prima a RaiStereoUno, poi a Radiodue, sotto la direzione di Corrado Guerzoni. In televisione ha lavorato nel 1990 a Telemontecarlo, poi nel 1991 nella redazione di Mixer, per il quale ha realizzato reportage.

È caporedattore per la testata News Mediaset del gruppo Mediaset. Dal novembre 2011 è caporedattore del canale all news Mediaset, TGcom24. In narrativa ha esordito nel 1985 con un volume di racconti, Prima di Andare, cui hanno fatto seguito opere di saggistica, narrativa e poesia.

È autore e contributore di diversi blog e siti on line, per argomenti che spaziano dalla spiritualità alla poesia, alla storia della conoscenza e delle radici filosofiche dell'Occidente.

Opere
Prima di Andare (Editoriale Sette), 1985, racconti.
Il Valore della Parola (SEI edizioni), 1988, saggio con Corrado Guerzoni, Maurizio Ciampa e Altri.
L'ombra del Ritorno (Campanotto Editore), 1996, poesie.
Il giorno più bello per Incontrarti (Fazi Editore), 2000, romanzo.
Osama Bin Laden, il terrore dell'Occidente (con Antonello Sette Fazi Editore), 2001, saggio.
Cieli Come questo (Fazi Editore), 2002, romanzo.
Sub Specie Aeternitatis (Aletti), 2003, poesie.
Poesie 1996-2007 (Campanotto Editore), 2007, poesie.
Il respiro di oggi (Terre Sommerse), 2009, poesie.
Dieci Luoghi dell'Anima (Cantagalli Editore), 2009, saggio.
I fantasmi di Roma (Newton Compton), 2010, saggio.
In hoc vinces (con Bruno Carboniero, Edizioni Mediterranee), 2011, saggio.
Per dirmi che sei fuoco (Gaffi), 2012, romanzo.
Trio di fine millennio (con Justin Bradshaw) (Kindle/Amazon), 2012, poesia. Versione inglese: Trio for the End of the Millennium (Translated by David Lummus)(Kindle/Amazon).
I monumenti esoterici d'Italia (Newton Compton), 2013, saggio.
Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma (Newton Compton), 2013, saggio.
Per Newton Compton editore ha curato il volume Papa Francesco, Non abbiate paura della tenerezza (le parole del Papa che sta cambiando la chiesa di Roma), 2013.

Sue poesie sono apparse tradotte in lingua inglese da David Lummus nella rivista TriQuarterly dedicata alla poesia italiana contemporanea curata da Robert Pogue Harrison e Susan Stewart (poetessa) (n.127/2007).

05/04/21

Una Pasquetta a Roma di tanti anni fa - 1944: Il Gobbo del Quarticciolo, eroe e bandito tra realtà e leggenda

 


Il quartiere Alessandrino, alla estrema periferia est di Roma, che prende il nome dall’acquedotto fatto costruire dall’imperatore Alessandro Severo,  si è sviluppato a partire da un nucleo originario conosciuto come Quarticciolo, una borgata costruita al quarto miglio della Via Prenestina, proprio lì dove sorgeva una grande tenuta agricola di proprietà della famiglia Santini, durante gli anni trenta e quaranta del Novecento, per accogliervi soprattutto gli immigrati del sud d’Italia che in quel periodo venivano a cercare lavoro a Roma e gli sfollati delle zone del centro città interessati dai vari sventramenti urbanistici che furono attuati durante il Ventennio per la realizzazione delle vie imperiali.

Il Quarticciolo fu realizzato con criteri di architettura razionalista – gli stessi utilizzati per l’edificazione delle nuove città dell’Agro pontino – con vie lineari, edifici a quadrilateri compresi in giardini, la piazza rettangolare, con la chiesa, polo di attrazione del complesso.

Questa stessa struttura si può vedere ancora oggi, nonostante i grossi cambiamenti esteriori ed un certo degrado, causato dallo sviluppo della metropoli e dalla urbanizzazione massiccia della zona.

Il Quarticciolo, negli anni della occupazione nazista, della resistenza romana e del dopoguerra, ospitò una delle figure più note e controverse della storia recente della città: quella di Giuseppe Albano, un partigiano nato in provincia di Reggio Calabria, giunto a Roma con la sua famiglia all’età di dieci anni, nel 1936, divenuto noto per tutti con il soprannome di Gobbo del Quarticciolo:  a capo di una banda di piccoli malfattori, a partire dagli anni Quaranta, Giuseppe Albano si rese protagonista di una serie di episodi e imprese che lo fecero identificare, agli occhi della popolazione di allora, come una sorta di Robin Hood, le cui finalità erano quelle in primis di combattere gli odiati invasori tedeschi e poi quella di punire gli italiani che approfittando della situazione avevano, in tempo di guerra, malversato i loro concittadini, con il mercato nero e l’usura.

Le avventure di Giuseppe Albano e della sua banda divennero così note in quegli anni che anni dopo, nel 1960, il regista Carlo Lizzani, recentemente scomparso, pensò bene di realizzarvi un film, cui prese parte, tra i vari protagonisti, anche Pier Paolo Pasolini.

Il Quarticciolo, con le sue vie nascoste, con i suoi sentieri che sbucavano nell’aperta campagna, divenne per Albano, una sorta di Quartier Generale. All’età di sedici anni cominciò a mostrare le sue doti di coraggio nelle lotte partigiane che si svolsero dopo l’8 settembre nella zona di Porta San Paolo.

Seguirono numerose azioni di sabotaggio ai danni delle truppe naziste compiute insieme ad una piccola banda, che rispondeva principalmente agli ordini di un altro partigiano, Franco Napoli, detto Felice Se Napoli era la mente, Albano era però il braccio: in breve tempo tutta Roma cominciò a parlare delle sue imprese, che rinfrancavano il popolo soggiogato dalla occupazione tedesca.  Riusciva sempre a farla franca, dopo ogni azione di sabotaggio, durante la quale veniva ucciso uno o più soldati nemici, o veniva fatta saltare in aria una garitta o un mezzo blindato.   Albano appariva e scompariva senza lasciare traccia, nonostante la sua evidente malformazione dovesse rendergli più facile l’essere identificato dai nemici.  Eppure l’efficiente polizia tedesca non riusciva a catturarlo.  I primi mesi del 1944 registrarono una vera e propria escalation di azioni della banda del Gobbo del Quarticciolo. Centocelle e Quarticciolo, le borgate dove Albano e i suoi si nascondevano, divennero zona off-limits da parte dei nazisti che avevano timore ad entrarvi per la paura di imboscate.  Fu perfino emanato un ordine di arresto che riguardava tutti i gobbi di Roma.  E lo stesso Albano fu preso, al seguito di un sanguinoso episodio accaduto il lunedì di Pasqua del 1944, quando in una osteria del Quadraro furono uccisi a sangue freddo tre soldati tedeschi.  Herbert Kappler, al comando delle truppe di occupazione, decise che si era passato il segno e fece rastrellare Quadraro e Quarticciolo.  Albano fu preso tra gli altri, ma incredibilmente riuscì a farla franca anche stavolta, e poco dopo fu liberato.

Terminata la guerra,  Albano non rinunciò al suo ruolo di vendicatore. Con l’arrivo degli alleati, il Gobbo fu assoldato dalla questura per rintracciare i responsabili delle torture di Via Tasso. Albano andò oltre il compito che gli era stato assegnato, mettendosi personalmente alla ricerca di tutti quelli che si erano resi colpevoli, negli anni dell’occupazione di usura e borsa nera. 

Per mettere fine alle scorribande del Gobbo fu organizzata una vera e propria operazione militare che riguardò il Quarticciolo. Albano riuscì in un primo momento a fuggire,  ma poco tempo dopo, il 16 gennaio del 1945, fu rintracciato e ucciso in una casa del quartiere Prati, in Via Fornovo 12, dopo uno scontro a fuoco con i carabinieri.  Albano non aveva ancora compiuto vent’anni.

Le circostanze della sua morte non furono mai chiarite del tutto: sono state ipotizzate trame più o meno oscure e soprattutto un regolamento di conti tra diverse bande di partigiani, una delle quali sarebbe stata strumentalizzata dai servizi segreti di allora, per creare destabilizzazione e favorire il ritorno della  monarchia.

Resta il fatto che dopo la morte del Gobbo, anche il resto della banda fu presto sgominato con un’altra operazione militare concentrata nel Quarticciolo, casa per casa.

Oggi, di tutto questo nel quartiere rimane ben poca cosa. Ma la fama del Gobbo del Quarticciolo è ancora ben viva nell’immaginario popolare.

13/01/21

Recensione di "Nessun pensiero conosce l'amore" di Fabrizio Falconi (di Vernalda Di Tanna)




Nessun pensiero conosce lʼamore, Fabrizio Falconi (Interno Poesia, 2018)

Lʼultima raccolta poetica di Fabrizio Falconi, Nessun pensiero conosce lʼamore (Interno Poesia, 2018), si scinde in quattro sezioni (In rotta; I nomi, le cose; Profezia dal colle esoterico; Luce di passaggio). Questa raccolta è una ubbidiente cronaca della storia/ dellʼistante, storia in cui il tempo collassa perché si sono rotti i tre orologi/ si è fermato il tempo/ […] è finita lʼarte di attendere. Lʼattesa si dilata tra il pensiero e l’amore.
Ogni pagina di questo libro profuma di mistero, a cominciare dallʼuso dei latinismi. Lʼautore spinge il lettore a rimuginare su ogni singola parola attraverso versi sinestètici e simbolici (sole nero, pioggia azzurra, sorriso rosso), nei quali risplende una costellazione semantica di natura esoterica. Immagini ricorrenti e dense che riproducono unʼatmosfera incognita sono quelle relative alle salite e alle discese, alle foreste, allʼilluminazione e allʼoscurità, alla morte e ad una rinascita non solo in termini esoterici ma anche filosofici, nietzscheani (NellʼAde dovʼero stato tradotto/ nessuno parlava la mia lingua/ ero perduto nello stato libero incosciente/ mescolato al resto, indefinito e inesistente/ […] ero una scintilla senza attese// poi nacqui// e invano cercavo Proserpina/ in quest’altro Ade dovʼero adesso/ senza poter risalire; Pethos, la dea della persuasione/ mi venne incontro/ sotto l’aspetto irresistibile di una madre/ incoraggiandomi ad essere,/ nel suo abito mi accolse/ e in una forma nuova ero perduto/ di nuovo e per sempre/ imparando che quel dolore dal quale/ ero stato formato, creato/ un giorno sarebbe diventato un’altra nascita/ ancora/ nel ritorno eterno/ di ogni passaggio).
Il filo conduttore, almeno nella prima sezione (In rotta), probabile metafora di un viaggio interiore, iniziatico (la trappola muta della caduta/ verticale che lo aspettava), sotto la guida di Orione, sembra legarsi alla sfera marina (mare, vele, porto, ecc…). Salta allʼocchio il numero tre, in particolare, che ricorre anche ne i tre archi, una poesia che richiama alla memoria in qualche maniera lʼarco di Costantino. Nella sezione Profezia dal colle esoterico, preghiera poesia e profezia coincidono, anche quando il cervello e il cuore sembrano scollegati sia dal punto di vista sentimentale che da quello religioso e razionale.
Cʼè tutto un percorso tra la vita e la morte, nel quale sʼinserisce un ulteriore percorso, quello della rinascita. Ciò che conta di più è proprio la rinascita, non la morte (ma non mi interessa sapere/ quante volte sei morto. mi interessa/ sapere quante volte sei rinato). Il corpo morto è come una cosa che si rompe/ e succede, ma come direbbe Leonard Cohen: in ogni cosa c’è una crepa ed è da lì che entra la luce. Lʼio si dilata nelle cose, sembra disciogliersi tra gli elementi e poi ricomporsi in maniera sempre rinnovata, tende alla luce. In questa direzione, cioè verso la luce ed il biancore, si volge la poesia Nur. Un titolo – che è anche un nome – enigmatico: significa luce e racchiude in sé un concetto chiave del Sufismo; cioè, in termini spirituali, Nur è ciò che unisce lʼessenza alla conoscenza.
Se, però, lʼimmobilità conquista il pensiero, allora nessun pensiero comprende lʼamore/ […] lʼamore si sconta nelle ore insonni/ nel vento muto che agita il dolore/ nello spazio disciolto dove cerchiamo lʼuno e siamo/ molteplici. Il cuore è anarchico, in una sede vacante (un cuore, un cuore soltanto/ conosce tutto, e non c’è verso).
Infine, Fabrizio Falconi ci ricorda cosa sono la fragilità e la resistenza dellʼamore, nonché la loro importanza sia per il sé che per lʼaltro da séperdere se stessi/ è molto più facile/ che perdere chi si ama.
 

25/12/20

Una notte di Natale speciale a Roma, 1202 anni fa - Da "La storia di Roma in 501 domande e risposte" di Fabrizio Falconi



E' in tutte le librerie (e in quelle online) La Storia di Roma in 501 domande e risposte di Fabrizio Falconi. Pubblichiamo un breve estratto sulla notte di Natale dell'anno 800 a Roma


244. Perché Carlo Magno è importante nella storia di Roma? 

Carlo Magno, figlio di Pipino il Breve e Bertrada di Laon, fu re dei franchi dal 768 e dei longobardi dal 774. Era diventato sovrano unico dal 771, dopo che il fratello, Carlomanno era morto in circostanze misteriose, e in breve aveva allargato i confini del regno dei franchi su gran parte dell’Europa occidentale. 

Carlo arrivò a Roma il sabato santo del 774 accolto dal papa Adriano i sul sagrato di San Pietro. Nacque proprio lì, sulla tomba dell’apostolo Pietro, una forte amicizia personale e politica, che cambiò le sorti della storia. 

Approfittando del fatto che il trono dell’Impero bizantino – legittimo discendente dell’Impero romano – fosse stato usurpato da una donna, Irene d’Atene, indusse il successore di Adriano, papa Leone III a considerare “vacante” il trono “romano”: così, la notte di Natale dell’anno 800, Carlo Magno fu solennemente incoronato dal papa, “imperatore”, termine mai più usato in Occidente dai tempi della morte di Romolo Augustolo, nel 476. In questo modo Leone III legò indissolubilmente i franchi a Roma, rivendicando da quel momento la supremazia del papa sui poteri temporali, terreni e rimettendo la città di Roma al centro della scena europea.





17/12/20

"La Storia di Roma - in 501 domande e risposte" di Fabrizio Falconi anche in E-book (Kindle) a 4,99 Euro

 


La storia di Roma - in 501 domande e risposte, appena uscito in libreria, è disponibile anche in E-book in formato E-pub per dispositivi E-reader/Kobo, Ios, Android, Kindle acquistabile QUI a 4.99 Euro


Scheda del Libro

La grande storia di Roma è universalmente nota. Ma tra le pieghe delle sue vicende si annidano curiosità spesso poco conosciute, che invece meritano di essere scoperte. In questo libro verranno proposte 501 domande che hanno per argomento la storia, gli aneddoti, l’architettura, l’arte, i costumi, le leggende di Roma, dalle origini fino ai giorni nostri. A ogni quesito segue una risposta, che prova a far luce sul complesso mosaico della storia della Città Eterna. I capitoli sono divisi in un ordine cronologico che abbraccia quasi tre interi millenni, dalle origini e dalla fondazione della città, passando per la Roma repubblicana, quella  imperiale, il Medioevo, il Rinascimento, la Roma papalina, il Risorgimento e il Novecento e arrivare fino ai giorni nostri. Una carrellata di notizie, approfondimenti, spigolature, sulla grande storia della città più famosa del mondo.

Tanti interrogativi per soddisfare tutte le curiosità sulla grande storia della Città Eterna

La storia immortale della Città Eterna

Le origini – la Fondazione – I re di Roma
L’età antica – La Roma repubblicana
L’età antica – La Roma Imperiale
Dalla Caduta dell’Impero Romano d’Occidente all’anno Mille
La Roma Medievale
Il Rinascimento a Roma
La Roma Papalina
Il Risorgimento a Roma e l’Ottocento
Dai primi del Novecento alla fine della Seconda Guerra Mondiale
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri


28/11/20

Il Libraio: Esce oggi "La Storia di Roma - in 501 domande e risposte" di Fabrizio Falconi

 


Illibraio.it annuncia oggi l'uscita de "La storia di Roma - in 501 domande e risposte" di Fabrizio Falconi, nelle librerie e in vendita nei siti online (qui tutte le info)

Sinossi

La grande storia di Roma è universalmente nota. Ma tra le pieghe delle sue vicende si annidano curiosità spesso poco conosciute, che invece meritano di essere scoperte. In questo libro vengono proposte 501 domande che hanno per argomento la storia, gli aneddoti, l’architettura, l’arte, i costumi, le leggende di Roma, dalle origini fino ai giorni nostri. A ogni quesito segue una risposta, che prova a far luce sul complesso mosaico della storia della Città Eterna. I capitoli sono divisi in un ordine cronologico che abbraccia quasi tre interi millenni, dalle origini e dalla fondazione della città, passando per la Roma repubblicana, quella  imperiale, il Medioevo, il Rinascimento, la Roma papalina, il Risorgimento e il Novecento e arrivare fino ai giorni nostri. Una carrellata di notizie, approfondimenti, spigolature, sulla grande storia della città più famosa del mondo.

Tanti interrogativi per soddisfare tutte le curiosità sulla grande storia della Città Eterna

La storia immortale della Città Eterna

Le origini – la Fondazione – I re di Roma
L’età antica – La Roma repubblicana
L’età antica – La Roma Imperiale
Dalla Caduta dell’Impero Romano d’Occidente all’anno Mille
La Roma Medievale
Il Rinascimento a Roma
La Roma Papalina
Il Risorgimento a Roma e l’Ottocento
Dai primi del Novecento alla fine della Seconda Guerra Mondiale
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri

  • ISBN: 8822746317
  • Casa Editrice: Newton Compton
  • Pagine: 352

18/11/20

Dal 26 novembre in libreria il nuovo libro di Fabrizio Falconi: "La Storia di Roma in 501 domande e risposte"

 



Esce giovedì 26 novembre in tutte le librerie (e nelle vendite online) il nuovo libro di Fabrizio Falconi dedicato a "La Storia di Roma in 501 domande e risposte", un manuale che ripercorre le vicende della Città Eterna lungo 3000 anni di storia.  Qui riporto la prefazione al libro.

   Qualunque libro decida oggi di affrontare l’argomento complessivo della storia di Roma andrebbe incontro a un probabile fallimento. Non è soltanto una questione della quantità di tempo che è passata dai tempi della sua fondazione, ché esistono luoghi al mondo che possono vantare una storia millenaria ancora più lunga di quella di Roma.  La particolarità della città eterna è piuttosto quella di una storia enormemente complessa, di una città che ha saputo e potuto “cambiare faccia e pelle” molte e molte volte in questa lunghissima storia, rinascendo ogni volta dalle sue ceneri e restando comunque centrale  nella storia dell’Occidente anche nei momenti più bui.

    La via che si è scelta per questo volume è quella di un manuale di rapida consultazione e di agile lettura che, nel dipanarsi di cinquecentouno domande, ripercorre il nastro degli eventi più importanti della storia della città, degli eventi, delle glorie guerresche, delle invasioni subite, delle miserie e delle incoronazioni, dei potenti e del volgo, i quali compongono un insieme unico, una lunga storia che ogni volta può essere raccontata in modo diverso, senza tradire la realtà degli eventi.

   Si è scelto di suddividere il libro in dieci parti, la prima delle quali prende le mosse dalla fondazione stessa della città, più di settecento anni prima della nascita di Cristo e l’ultima delle quali giunge fino ai giorni nostri. 

   La quantità e la qualità degli eventi storici che hanno visto Roma protagonista sono dunque qui ripercorsi  senza dimenticare che qualunque tentativo di riassumere la storia della città – specie in un numero tutto sommato esiguo di pagine – resta sempre parziale e opinabile.

   Anche raccontandone la storia, Roma resta per coloro che la visitano e per coloro che la abitano, un mistero, custodito dalle sue stesse pietre millenarie. Questo tutto sommato è confortante anche per chi cerca, oggi, di raccontarla.  Perché, come scriveva Ferdinand Gregorovius nel 1870, “Roma è silenziosa e pesante, come fuori dal mondo, come intrecciata in se stessa e incantata. Lo scirocco persiste. I momenti più drammatici del tempo cadono qui senza eco, come nell'eternità.”

 



23/10/20

Il "Leone della berlina" al Campidoglio: una statua romana dalla storia molto particolare

 


Il Leone che azzanna un cavallo è una scultura marmorea di età romana restaurata nel ’500 e che, dopo essere stata adottata come ornamento nel giardino del Museo Nuovo Capitolino, è oggi una delle opere più ammirate della esposizione permanente, al suo interno.

E ha una storia veramente particolare. In epoca medievale, infatti, e per lunghi secoli si trovava semiinterrata ai piedi del Palazzo Senatorio, posizione da cui fu spostata in seguito alla risistemazione del Campidoglio di Michelangelo.

La statua, meravigliosa opera di rappresentazione ferina che coglie in pieno dinamismo la scena di caccia di un leone, era adibita a compiti veramente umilianti che ne accrebbero la fama macabra.

Di fianco al leone, eretto, venivano lette infatti le sentenze di morte, e su di esso venivano esposti al pubblico ludibrio malfattori di ogni sorta: ladri, briganti, assassini, mercanti disonesti, debitori insolventi, truffatori, sedicenti maghi e alchimisti. 

L’usanza risaliva agli statuti romani del 1363 e generò il proverbiale detto, di dar il culo al lione”, che si applicava inesorabilmente a chi si metteva nei guai.

La statua è citata anche in diversi passi della Vita anonima di Cola di Rienzo, come quello relativo alla morte, avvenuta l’8 ottobre 1354, quando, ormai abbandonato da tutti, il tribuno cercò per l’ultima volta di arringare la folla, in Campidoglio. Ricevendone, in cambio il linciaggio.

Oggi nei giardinetti a sinistra della rampa capitolina si eleva una statua raffigurante Cola di Rienzo, eretta nel 1887 (opera dell’artista fiorentino Girolamo Masini) e che si pretendeva fosse stata apposta proprio nel punto esatto dove il tribuno cadde morto

Si tratta però di un errore: Cola morì esattamente ai piedi del Palazzo Senatorio, proprio nel cosiddetto “loco del lione”, dove cioè si trovava il gruppo scultoreo del Leone che azzanna un cavallo, il luogo prescelto per dare pubblica lettura delle sentenze.

Anche la morte tragica di Cola di Rienzo, dunque, che alla fine per tentare di sottrarsi al linciaggio si era anche travestito da popolano, contribuì nel tempo ad accrescere la fama sinistra della statua, che del resto già nella scena rappresentata metteva in scena la morte, nel suo aspetto più violento.

Tratto da: Fabrizio Falconi, Roma segreta e misteriosa, Newton Compton Editore, 2015


 

07/09/20

Il Pigneto, da set di Pasolini a movida romana



Una scena di Accattone di Pier Paolo Pasolini 
girato in gran parte al quartiere Pigneto


Il Pigneto, da set di Pasolini a movida romana.

Quello che oggi è conosciuto come Pigneto, uno dei quartieri più vivaci e dediti alla vita notturna, riscoperto negli ultimi anni grazie alla proliferazione di locali e ristorantini alla moda era, agli inizi del secolo scorso, come molti quartieri oggi periferia di Roma, per gran parte un latifondo appartenente ad una ricca famiglia romana, i Tavoletti, i quali disponevano di questi sconfinati prati estesi a perdita d'occhio, delimitati da filari di pini mediterranei, alcuni dei quali sono sopravvissuti e visibili in via Fanfulla da Lodi.

Agli inizi degli anni Venti, il Pigneto, come molti altri latifondi, divenne terreno di una rapidissima urbanizzazione,  che popolò di grandi caseggiati questa porzione di territorio tra la via Casilina e la via Prenestina. Da Acuto, un paesino in provincia di Frosinone, Enrico Necci raggiunge il miraggio della capitale nel 1921. Sarà lui ad aprire, tre anni più tardi, il primo bar della zona, che poi prenderà il pomposo nome di "Gelateria Impero". 

Il terreno tufaceo all'epoca, era pieno di cavità che presto cominciarono ad essere usate dai residenti come cantine. E ancora oggi, le grotte dove i bambini giocavano a nascondino, e dove durante la seconda guerra mondiale furono allestiti rifugi antiaereo, sono ancora visitabili (i bombardamenti degli alleati nel 1943, che colpirono soprattutto San Lorenzo, fecero molti danni anche al Pigneto, dove un intero palazzo fu raso al suolo in quella che una volta si chiamava Via Benito Mussolini, e oggi si chiama Via Fortebraccio; e altri furono gravemente danneggiati in Via Fanfulla da Lodi.

A dare notorietà internazionale al quartiere, pensò però, indirettamente, Pier Paolo Pasolini, il quale, nel 1961 riuscì finalmente a realizzare il sogno di girare questo film, estremamente semplice, che voleva raccontare la vita del sottoproletariato di Roma, città dalla quale il poeta friulano era stato adottato, ai tempi in cui insegnava nella scuola media a Ciampino e nei quali cominciò il suo apprendistato nel cinema al seguito dei grandi maestri di allora.

Proprio in Via Fanfulla da Lodi (tutti gli esterni e gli interni del bar nel quale si ritrovano i protagonisti del film furono girati in questa strada) Pasolini ambientò infatti una gran parte di Accattone, che dopo le polemiche suscitate alla sua presentazione al Festival di Venezia del 1961, divenne in breve tempo uno dei film più studiati all’estero,  straordinario affresco di una generazione dimenticata dall'Italia del boom economico, ritratta con crudezza e poesia allo stesso momento.

Diversi documentari furono realizzati in seguito, con le foto di scena di quel film e il backstage pasoliniano, dove sono perfettamente riconoscibili i luoghi, le case del quartiere del Pigneto, che ancora mantiene la memoria di quella epopea memorabile del cinema italiano.


Una foto d'epoca della Gelateria Impero al Pigneto


03/07/19

I misteri della Rocca degli Albornoz a Narni, il castello di Narnia




I misteri della Rocca degli Albornoz a Narni, il castello di Narnia

Anche se sembrerebbe il frutto di mere fantasie cinematografiche, esistono davvero istituti e organismi internazionali, che più o meno seriamente, si dedicano alla caccia di segni del paranormale, quel che negli USA chiamano: fenomeno di ghost hunting, ovvero caccia ai fantasmi. Anche in  Italia ne esistono di diversi tipi, e alcuni di essi si ispirano direttamente  al lavoro di Harry Price, quello che viene considerato il padre della ricerca nel settore dei fenomeni paranormali.
Price, ai primi del Novecento, si dedicò – subendo mille accuse, prima fra tutte quello di essere un profittatore della credulità popolare – alla caccia ai fantasmi nelle case e nei manieri della vecchia Inghilterra, realizzando numerosi inquietanti scatti di spiriti catturati, che ancora oggi fanno discutere.
I ghostbusters di oggi però dispongono di strumenti molto più sofisticati delle prime lastre fotografiche di Price, come ad esempio il cosiddetto DVR, una unità informatica a disco rigido corredata di processore, memorie e sistema operativo, che può essere sistemata all'interno di ambienti chiusi in grado di percepire e registrare qualsiasi tipo di immagine.
E’ con questa particolare strumentazione che recentemente alcuni di questi ricercatori del paranormale, che si riconoscono sotto la sigla dell'Epas (European paranormal activity society) hanno setacciato la Rocca degli Albornoz di Narni. Per verificare cioè se sia veramente abitata da fantasmi o da altre strane presenze, come ormai da tempo si sosteneva.
Le ricerche sono proseguite per alcuni giorni e alcune notti, con la collaborazione della società che gestisce attualmente l’antico complesso medievale soffermandosi all'interno di ciascuna sala del castello, nei sotterranei e nelle ali meno frequentate del vecchio Castello.
Una lunga e minuziosa ricerca, durante la quale sono state raccolti i video e le immagini catturate dal DVR e dalle altre camere disseminate.
Ma prima di raccontare quello che i ghostbusters avrebbero trovato realmente, con i risultati della ricerca a cui è stato dato anche ampio spazio da parte della stampa (1), è il caso di domandarsi qui, perché proprio il Castello degli Albornoz di Narni sia divenuto oggetto di così intensi interessi paranormali.
La Rocca di Narni, in realtà, fa parte di quella serie di grandiose fortificazioni che furono erette a metà del 1300 nel Centro d’Italia per restaurare l’autorità papale nei territori della Chiesa che si erano ribellati e favorire così il ritorno del Pontefice da Avignone.
L’operazione, un misto di forza militare e di fervide attività diplomatiche, fu affidata ad un uomo di grandi capacità, una delle menti più illuminate del periodo, uomo fedelissimo e allo stesso tempo ambizioso: Gil (Egidio) Alvarez Carrillo de Albornoz, discendente di Re Alfonso V di Spagna, nato a Carrascosa  del Campo, in Castiglia, nel 1310.

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