11/09/19

Scoperta sorprendente: Gli "Amanti di Modena" erano due individui di sesso maschile.



Quando furono scoperti, nel 2009, durante gli scavi in una necropoli modenese di epoca tardo-antica (IV-VI secolo), divennero subito gli 'amanti di Modena': due individui sepolti nella stessa tomba e deposti mano nella mano. Nonostante il pessimo stato di conservazione delle ossa rendesse impossibile individuarne il sesso, la particolare sepoltura fece subito ipotizzare si trattasse di un uomo e una donna deposti insieme nell'atto di mostrare simbolicamente il loro amore eterno

Ma un nuovo studio guidato da ricercatori dell'Universita' di Bologna smentisce ora questa ipotesi: gli 'amanti di Modena', infatti, erano due uomini. 

Nella loro analisi - i cui risultati sono pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature - gli studiosi hanno utilizzato una tecnica innovativa che permette di determinare il sesso di un individuo a partire dalla presenza di particolari proteine contenute nello smalto dei denti

Il risultato - entrambi gli 'amanti di Modena' erano di sesso maschile - rende ora ancora piu' particolare questa tomba, che dal 2014, in seguito ad un progetto di restauro e valorizzazione, e' visibile nelle sale del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena. 

"Allo stato attuale non si conoscono altre sepolture di questo tipo", spiega infatti Federico Lugli, ricercatore dell'Universita' di Bologna e primo autore dello studio. "In passato sono state trovate diverse tombe con coppie di individui deposti mano nella mano, ma in tutti i casi si trattava di un uomo e una donna. Quale fosse il legame tra i due individui della sepoltura modenese, invece, resta per il momento un mistero"

Quando furono scoperti nel 2009, gli scheletri dei due 'amanti di Modena' erano in pessime condizioni di conservazione, tanto che con i tradizionali metodi di analisi delle ossa non si riusci' ad attribuire con certezza il sesso dei due individui. 

Per arrivare finalmente ad una risposta, i ricercatori hanno deciso allora di utilizzare una nuova tecnica basata sull'analisi dello smalto dentale. Nello smalto, infatti, possono essere contenute due particolari proteine: Amelx, presente in individui di entrambi i sessi, e Amely, presente solo negli individui di sesso maschile

Applicando questa tecnica, gli studiosi hanno analizzato i reperti dentali dei due 'amanti di Modena' insieme a quelli di altri 14 individui selezionati come campione di controllo, dimostrando cosi' che i due individui trovati nella necropoli modenese mano nella mano sono entrambi di sesso maschile. 

"Il successo del metodo di analisi che abbiamo utilizzato rappresenta una vera rivoluzione per questo tipo di studi", dice Antonino Vazzana, ricercatore dell'Universita' di Bologna tra gli autori dello studio. "Questa tecnica puo' rivelarsi determinante per la paleoantropologia, la bioarcheologia e anche l'antropologia forense in tutti quei casi in cui il pessimo stato di conservazione dei resti o la giovane eta' degli individui rende impossibile determinare il sesso a livello osteologico", aggiunge.La conferma che entrambi gli 'amanti di Modena' erano di sesso maschile apre pero' ora un altro interrogativo: qual e' il significato di questa sepoltura dall'aspetto unico? 

I ritrovamenti di tombe con due individui deposti mano nella mano, o anche abbracciati, sono diversi, sparsi in tutto il mondo e di epoche differenti: dagli 'amanti di Valdaro', trovati in provincia di Mantova e risalenti a circa 6mila anni fa, a casi simili in Grecia, in Turchia ed anche in Siberia, fino ad una coppia di scheletri rinvenuta in Romania risalente al XV-XVI secolo. 

In tutti queste occasioni, pero', si tratta sempre di coppie composte da un individuo di sesso maschile e uno di sesso femminile. 

"In letteratura non esistono altri casi di sepolture con due uomini deposti mano nella mano: non era certamente una pratica comune in epoca tardo-antica", spiega infatti Federico Lugli. "Crediamo che questa scelta simboleggi una particolare relazione esistente tra i due individui, non sappiamo pero' di quale tipo"

Tra le diverse ipotesi in campo quella degli amanti sembra essere la piu' remota. "In epoca tardo-antica e' improbabile che un amore omosessuale potesse essere riconosciuto in modo tanto evidente dalle persone che hanno preparato la sepoltura", dice ancora Lugli

"Visto che i due individui hanno eta' simili, potrebbero invece essere parenti, ad esempio fratelli o cugini. Oppure potrebbero essere soldati morti insieme in battaglia: la necropoli in cui sono stati rinvenuti potrebbe infatti essere un cimitero di guerra". 

10/09/19

Finalmente anche gli scrittori cominciano a mobilitarsi sul clima. Jonathan Safran Foer a Mantova: 4 cose concrete da fare subito.



"Non è un mistero per nessuno quello che dovremmo effettivamente fare. Sappiamo, senza ambiguità né controversie, che ci sono quattro cose con cui ogni persona puo' fare la differenza. E sono: avere meno figli, prendere meno l'aereo, vivere senza automobile e seguire una dieta piu' vegetariana. Tre di queste cose sono molto difficili, una, la quarta, invece potrebbe essere fatta subito". 

Lo ha detto, in un'intervista con askanews, lo scrittore americano Jonathan Safran Foer, a Festivaletteratura a Mantova per presentare il suo libro "Possiamo salvare il mondo prima di cena", edito in Italiada Guanda e dedicato al tema dei cambiamenti climatici. 

Un saggio che indica nell'allevamento intensivo, e quindi nella nostra alimentazione fortemente incentrata sulla carne, una delle piu' gravi e taciute cause della crisi climatica. 

"Ho avuto un momento - ci ha raccontato Foer a proposito della genesi del libro - nel quale mi sono detto: quando e' troppo e' troppo. Me lo ricordo molto bene, ero a casa e ho pensato che dovevo assolutamente fare qualcosa. E non solo sul cambiamento climatico, ma anche su Trump o sul controllo delle armi o sui problemi dell'immigrazione, ma sul clima questa sensazione e' stata ancora piu' forte, pensavo agli incendi in California, alle super tempeste, allo scioglimento dei ghiacci. Bisogna fare qualcosa, mi dicevo, bisogna fare qualcosa. E lo dicevano continuamente anche i miei amici, ce lo ripetevamo ininterrottamente. E a u certo punto mi sono reso conto che era assurdo dirlo e poi non fare nulla".

A quel punto, per lo scrittore, la cosa piu' naturale e' stata pensare a un nuovo libro, anche se, ci ha spiegato Foer, all'inizio non era chiaro quale sarebbe stato il risultato finale della ricerca. 

"Scrivere - ci ha pero' detto - e' il mio modo migliore per essere serio, per essere attento a qualcosa. Quindi mi sono preso del tempo per prestare attenzione e pensare a questo tema"

"La gente - ha concluso Jonathan Safran Foer - di solito non fa nulla fino a quando non viene toccata profondamente, e questo e' necessario, ma non sufficiente. E il problema e' invece che tendiamo a credere che sia sufficiente: se partecipo o a una manifestazione mi dico che ho fatto qualcosa; se piango quando vedo un'immagine dei profughi climatici mi dico che ho fatto qualcosa, ho pianto; se sostengo le posizioni della scienza quel sostegno lo considero fare qualcosa o addirittura se dico che bisogna fare qualcosa anche questo è già fare qualcosa. Ma non e' cosi'". 

Per questo il libro ha uno dei suoi pregi maggiori nella non indulgenza, nella consapevolezza che lo stesso narratore e' "compromesso", nel mettere sulla pagina tutte le difficoltà. Ma in queste difficoltà e in questa compromissione, che e' la metodologia per escludere ogni forma di integralismo, c'e' probabilmente l'unica possibilità di un approccio che abbia un minimo di speranza di successo.

09/09/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 38. "Corvo rosso non avrai il mio scalpo" ("Jeremiah Johnson") di Sidney Pollack (1972)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 38. "Corvo rosso non avrai il mio scalpo" ("Jeremiah Johnson") di Sidney Pollack (1972)

Corvo rosso non avrai il mio scalpo è uno degli esempi più eclatanti nella storia nefasta della traduzione dei titoli di film stranieri in Italia. I titolisti italiani da sempre, alla ricerca del facile successo al botteghino, si sono sbizzarriti per molti decenni a "inventare" letteralmente i titoli italiani, spesso storpiandone il senso, o semplicemente riducendoli ad altro.  Sulla scia del successo italiano dello spaghetti-western, questa sorte toccò così anche ad uno dei film più evoluti del nuovo cinema americano che negli anni '70, propose pellicole magistrali: quel Jeremiah Johnson (un titolo che dovette sembrare molto poco appetibile per i traduttori italiani) diretto nel 1972 da Sydney Pollack e presentato in concorso al 25º Festival di Cannes, incentrato incentrato sulla figura di un trapper, interpretato da Robert Redford, figura liberamente ispirata alla vita del leggendario Mangiafegato Johnson. 

Il soggetto è tratto dal racconto Crow Killer: The saga of Liver-Eating Johnson (L'uccisore dei Corvi: la saga di "Mangiafegato" Johnson) di Raymond Thorp e Robert Bunker e dal romanzo Mountain Man di Vardis Fisher, con la sceneggiatura scritta da John Milius ed Edward Anhalt. 

Le maestose riprese, in un film coraggioso, quasi completamente privo di dialoghi, vennero effettuate in varie località dello Utah.

La storia è vede protagonista un veterano della guerra messicano-statunitense (1846-48), Jeremiah Johnson, che cerca rifugio nel West. 

Intende intraprendere la vita da mountain man stabilendosi sulle Montagne Rocciose e cacciando animali alla maniera dei trapper. Inizialmente, nel gelido inverno, ha difficoltà a sopravvivere ed ha un breve incontro con Mano Che Segna Rosso, un nativo americano capo della tribù dei Corvi. 

Johnson trova poco dopo un fucile Hawken calibro 12 sul corpo congelato di Hatchet Jack, un altro mountain man, sostituendo così l'inadeguato Hawken calibro 20 in suo possesso.

In seguito Johnson rovina inavvertitamente la caccia all'orso grizzly dell'anziano ed eccentrico Artiglio d'orso Chris Lapp. Dopo le inevitabili diffidenze iniziali, Lapp lo accoglie e gli fa da maestro su come vivere nelle montagne. 

Johnson dimostra la sua abilità nello scuoiare un orso grizzly consegnatogli vivo nella sua capanna da Lapp, quindi, dopo una schermaglia con i Corvi, compreso Mano Che Segna Rosso (amico di Lapp), parte per conto suo. Passando vicino ad un'abitazione nota le chiare tracce di un attacco di guerrieri Piedi Neri che hanno massacrato una famiglia lasciando in vita solo una donna con il figlio più piccolo. 

La donna, impazzita dal dolore, convince Johnson a portare con sé suo figlio, restato muto a causa dello choc subito. A Johnson e al ragazzino, che viene chiamato "Caleb", si aggiunge casualmente un altro mountain man, vittima anche lui dei Piedi Neri, che lo hanno derubato e lasciato seppellito fino al collo sotto al sole. 

Si tratta di Del Gue, che conosce molto bene gli indiani e li teme al punto da radersi la testa per evitarne lo scotennamento. Dopo alcuni giorni di cammino i tre si imbattono proprio nel bivacco dei Piedi Neri. Johnson vorrebbe solo derubarli, ma qualcosa va storto e Del Gue li stermina senza pietà. 

Rimessisi in cammino vengono in contatto con la tribù delle Teste Piatte, indiani cristianizzati che li accolgono come ospiti d'onore per le loro imprese. Quando Johnson offre gli scalpi e i cavalli dei Piedi Neri (i loro mortali nemici), il capo secondo l'usanza delle Teste Piatte si trova obbligato a ricambiare con un dono ancora più grande, così gli dona sua figlia Cigno (Swan nella versione americana) che Johnson, sebbene riluttante, è costretto a sposare. 

Seguono molte altre avventure, in cui protagonista assoluto è il paesaggio. La natura. Da un certo punto di vista, anzi Jeremiah Johnson può essere definito il primo film ecologista della storia, un film che illumina sui disastrosi rapporti tra l'uomo e l'ambiente che lo ospita, dell'uomo come elemento che da preda, diventa cacciatore, quindi distruttore, distruggendo gli altri uomini che si contendono lo stesso territorio, distruggendo gli animali, gli esseri viventi, le piante.  E' di certo l'impatto dell'uomo bianco, da questa prospettiva, è devastante. Il film di Pollack è anche uno dei primi che rovescia, dalla visuale americana, i rapporti tra bianchi e nativi americani, mettendo i bianchi conquistatori di fronte alle loro responsabilità. 

Un film maestoso, che non si smette di ammirare. 



"Corvo rosso non avrai il mio scalpo" 
("Jeremiah Johnson") 
regia di Sidney Pollack,
con Robert Redford, Will Geer
Usa, 1972

05/09/19

Baudelaire: "Il vero eroe si diverte da solo" (Il mio cuore messo a nudo)




Credere nel progresso è una dottrina da pigri, una dottrina da Belgi . E' l'individuo che conta sui suoi vicini per sbrigare le proprie faccende. 

Non può esservi progresso (vero, cioè morale) se non nell'individuo e mediante l'individuo.

Ma il mondo è fatto di gente che non può pensare se non in comune con gli altri, in bande. Come le Società belghe.

C'è anche gente che può divertirsi soltanto intruppata.  Il vero eroe si diverte da solo. 







04/09/19

La Gatta "paranormale" di Kubrick. L'intervista di Michel Ciment a Stanley Kubrick.




Michel Ciment: 
"A proposito di Shining, Lei ha fatto delle ricerche sui fenomeni paranormali?"

Stanley Kubrick: 
"In realtà non era necessario fare alcuna ricerca.  La vicenda non ne aveva bisogno ed essendomi sempre interessato a questo argomento ne ero informato quanto bastava.

Spero che i fenomeni paranormali ed i fenomeni psichici ad essi correlati vengano ampiamente riconosciuti dalla scienza.

Già parecchi studiosi sono talmente colpiti dall'evidenza dei fenomeni da dedicare le loro ricerche all'argomento.

Se una volta o l'altra emergeranno prove definitive, non sarà un fatto emozionante, quanto, ad esempio, la scoperta di un'intelligenza aliena nell'universo, però si tratterà certamente di un elemento che allargherà i confini della nostra mente. 

Oltre alla vasta gamma di esperienze psichiche inspiegabili che probabilmente tutti possiamo raccontare, credo di poter scorgere negli animali un comportamento molto vicino a qualcosa di extrasensoriale. 

Ho una gatta di nome Polly con un pelo lungo spesso arruffato che io devo spazzolare e sforbiciare.

Lei lo detesta e più volte mentre stavo accarezzandola e solo pensavo che i nodi erano così fitti che andavano spazzolati, lei, improvvisamente, prima ancora che facessi la benché minima mossa di andare a prendere la spazzola o le forbici, andava a nascondersi sotto il letto. 

Ovviamente ho anche pensato che lei riesca a capire quando mi preparo ad usare la spazzola da come la tocco, ma non credo che sia proprio così.

Ha quasi sempre dei nodi nel pelo ed io la accarezzo innumerevoli volte ogni giorno, ma è solo quando ho deciso davvero di spazzolarla che lei scappa via e si nasconde.

Da quando me ne sono reso conto sto particolarmente attento a non toccare quei nodi in qualche maniera diversa, che pensi o meno che abbiano bisogno di essere spazzolati. 

Ma il più delle volte sembra che conosca la differenza." 

Tratto da Michel Ciment, Kubrick, Traduzione Lorenzo Codelli, Milano Libri, 1981, pag. 189

03/09/19

Il Libro del Giorno: "Due occhi azzurri" di Thomas Hardy



Ci sono romanzi considerati minori di grandi, assoluti scrittori che valgono assai di più di molti dei romanzi maggiori di una grande quantità di autori contemporanei. 

E' il caso di A Pair of Blue Eyes, scritto da Thomas Hardy nel 1872, e uscito a puntate tra quell'anno e il seguente, fino a luglio 1873. 

Si trattava del terzo romanzo pubblicato di Hardy e del primo non pubblicato in forma anonima alla sua prima pubblicazione. 

Il libro descrive il triangolo amoroso di una giovane donna, Elfride Swancourt, e dei suoi due pretendenti di origini molto diverse

Stephen Smith è un giovane socialmente inferiore ma ambizioso che la adora e con la quale condivide le stesse origini di campagna. 

Henry Knight è il rispettabile, affermato, uomo più anziano che rappresenta la società di Londra. 

Sebbene i due siano amici, Knight non è a conoscenza del precedente collegamento di Smith con Elfride

Elfride si ritrova coinvolta in una battaglia tra il suo cuore, la sua mente e le aspettative di coloro che la circondano: i suoi genitori e la società

Quando il padre di Elfride scopre che il suo ospite e candidato per la mano di sua figlia, l'assistente dell'architetto, Stephen Smith, è figlio di un muratore, gli ordina immediatamente di andarsene. 

Giunge dunque sulla scena Knight, che è un parente della matrigna di Elfride, il quale si innamora a tal punto, ignorando del tutto i precedenti trascorsi della ragazza, da proporre a Elfride di sposarla. 

(spoiler

Elfride, per disperazione, sposa un terzo uomo, Lord Luxellian. La conclusione trova entrambi i pretendenti che viaggiano insieme verso Elfride, entrambi intenti a reclamare la sua mano, e non sapendo né che è già sposata o che stanno accompagnando il suo cadavere e la sua bara mentre viaggiano.

Il romanzo è denso di riferimenti autobiografici relativi ad Hardy e la sua prima moglie Emma Gifford e, in pieno trionfante clima vittoriano, offre un esempio del pessimismo gotico dello scrittore, della fallibilità dei sentimenti umani, della illusorietà delle passioni e della incapacità di tutti, uomini e donne, di essere padroni del proprio destino.  E' estremamente moderna la confusione psicologica dei personaggi che si muovono sul teatro della lugubre campagna inglese, affacciata sulle estreme scogliere atlantiche. E' grandiosa la capacità di alternare la pura narrazione evolutiva - con colpi di scena che tengono sempre desta l'attenzione del lettore fino all'ultima pagina - alle profonde notazioni introspettive delle inconsistenti passioni dei personaggi, che si dimenano senza posa - e senza apparente scopo - come sotto la lente di ingrandimento di un entomologo. 

Fabrizio Falconi



02/09/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 37. "Barton Fink" di Joel e Ethan Coen (1991)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 37. "Barton Fink" di Joel e Ethan Coen (1991)

Anche se è sempre molto difficile nella filmografia dei fratelli Coen un solo film, vista la qualità altissima di molte loro opere, scelgo il primo capolavoro realizzato, Barton Fink, il cui titolo fu come al solito, in Italia, deturpato dall'aggiunta di un sottotitolo assurdo e inutile: È successo a Hollywood.

Lo scelgo perché da molti punti di vista rappresenta comunque la summa dell'idea di cinema dei due geniali registi statunitensi. 

Il film è ambientato nel 1941 e racconta le vicende di Barton Fink, scrittore e drammaturgo newyorkese di origine ebraica, reduce da uno strepitoso successo di critica e pubblico a Broadway grazie ad una pièce sulla gente comune, che in seguito a questo, viene chiamato ad Hollywood da una major per lavorare alla sceneggiatura di un film sul wrestling, lontano cioè anni luce dai suoi interessi.

Giunto a Los Angeles, Barton prende una camera all'hotel Earle, un buio e polveroso albergo i cui unici residenti visibili sono il portinaio Chet, l'anziano addetto all'ascensore e Charlie Meadows, un bonario agente assicurativo, suo vicino di stanza, che subito instaura un buon rapporto con Fink.

Barton, messosi al lavoro nella sua stanza con due finestre vista muro, tappezzeria scollata ed un piccolo quadro raffigurante una ragazza che guarda una spiaggia, incappa nel classico "blocco dello scrittore" e per risolverlo si rivolge al romanziere/sceneggiatore J.P. Mayhew e alla sua segretaria/amante Audrey, colei che da tempo si occupa di scrivere le sceneggiature di Mayhew ormai alcolizzato e incapace di produrre.

Al risveglio dopo una notte d'amore Barton trova al suo fianco il cadavere di Audrey e le sue urla richiamano il vicino Charlie che decide di aiutare Barton preoccupandosi di occultare il cadavere. 

Charlie poi parte per New York lasciando a Barton un pacco e promettendo di fare visita ai suoi genitori, ma poco dopo all'hotel giungono due poliziotti, i detective Mastrionotti e Deutsch, che spiegano a Barton che Charlie in realtà è un pericoloso serial killer il cui vero nome è Karl Mundt.

Travolto dalla scoperta, Barton ritrova l'ispirazione e scrive rapidamente un soggetto, che però viene rifiutato dal produttore.

Tornato all'albergo Barton ritrova i due poliziotti che vogliono arrestarlo ma in quel momento scoppia un incendio e ritorna Charlie che uccide i due poliziotti e, mentre Barton fugge, rimane nell'hotel in fiamme.

Barton si ritrova sulla spiaggia, dove incontra una ragazza, del tutto uguale a quella raffigurata nel quadro della sua stanza. 

Sotto le mentite spoglie di un noir, anzi di un hard-boiled, di genere, Barton Fink è invece una poderosa meditazione sul potere dell'arte, sul rapporto sempre in bilico tra realtà e finzione, sulla creatività e l'amore, sul potere che corrompe, sull'amicizia che non salva, sulla deriva dei valori umani nella società americana. Tutti temi che si ritroveranno abbondantemente nei film successivi dei fratelli americani.

Barton Fink, con questo film trionfò a Cannes dove vinse la Palma d'oro come miglior film al Festival di Cannes 1991. 

Fabrizio Falconi

Barton Fink
di Ethan e Joel Coen
Usa, 1991
durata 114 minuti
con Michael Lerner, John Turturro, John Goodman, Judy Davis, John Mahoney, Tony Shalhoub



01/09/19

Poesia della Domenica: "Nessuno può conoscermi" di Paul Eluard




Nessuno può conoscermi

Nessuno può conoscermi
Come tu mi conosci

Gli occhi tuoi dove dormiamo
Tutti e due
Alle mie luci d’uomo hanno dato destino
Migliore che alle notti della terra

Gli occhi tuoi dove viaggio
Ai gesti delle strade hanno donato
Un senso distinto dal mondo

Negli occhi tuoi coloro che ci svelano
La solitudine nostra infinita
Non sono più quelli che credevano essere

Nessuno può conoscerti
Come io ti conosco.


Paul Eluard


(Traduzione di Franco Fortini)

da Les yeux fertiles, 1936, in Paul Éluard, Poesie, Supercoralli Einaudi, 1955

31/08/19

Ancora due mesi per vedere all'Ermitage a San Pietroburgo la grande mostra dedicata alla Collezione Campana, con il Dito e la Mano Colossale di Costantino finalmente riunite!


Erano gli anni del Risorgimento quando il marchese Giampietro Campana si affaccendava tra scavi archeologici, antiquari e mercanti d’arte per mettere insieme una delle più ambiziose raccolte private del XIX secolo.

Poi la smania del collezionismo lo travolse e il direttore del Monte di Pietà di Roma giunse a contrarre debiti per tre milioni: fu condannato per appropriazione indebita di denaro pubblico e le sue 112 mila opere d’arte messe in vendita, attraendo compratori del calibro dello zar Alessandro II e di Napoleone III. 

Lo smembramento della collezione suscitò emozione in tutta Europa: la maggior parte dei pezzi fu trasferita all’Ermitage e al Louvre, porzioni minori finirono in seguito al Victoria and Albert Museum e al British Museum di Londra, al Metropolitan Museum di New York e ai nostri Musei Capitolini. 

Oggi una grande mostra ricompone il sogno di Campana: dopo la tappa invernale al Louvre, per la prima volta il pubblico russo può ammirare una selezione che restituisce la varietà e la ricchezza del patrimonio del marchese

In mostra circa 700 opere d’arte e reperti archeologici di altissima qualità, tra cui il celebre Sarcofago degli Sposi, di fattura etrusca, e la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello

Gli appetiti di Campana erano decisamente onnivori: se per amore della scultura antica il marchese giunse a finanziare scavi di grande successo e perfino a dirigerli, come nel caso di Ostia, con altrettanta bramosia si dedicò alla raccolta di dipinti dei primitivi italiani e del Rinascimento (più di 400), dal prezioso Crocifisso di Giotto alla Madonna con Bambino di Sandro Botticelli. 

A tutto questo aggiunse vasi, terrecotte, gioielli di immenso valore, armi e armature, fino alle sculture di ceramica invetriata dei Della Robbia e, naturalmente, a preziosi marmi di età romana come il Busto di Antinoo o il gruppo di Venere e Cupido. 

La dispersione della collezione portò anche allo smembramento di singole opere, le cui parti sono ora separate da molti chilometri: è recente la scoperta di una giovane francese, Aurélia Azéma, che ha collegato il dito bronzeo di età romana conservato al Louvre all’enorme statua dell’imperatore Costantino i cui pezzi troneggiano nell’esedra del Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini

Per la prima volta in 160 anni la mostra coprodotta da Louvre ed Ermitage ha ricomposto l’anatomia della mano colossale



Nel percorso espositivo di San Pietroburgo rivivono ascesa e declino di Campana, evidenziando i suoi interessi variegati, le tappe nella costruzione di una raccolta “universale”, ma anche l’influenza che esercitò sul gusto del tempo, tra cui figura l’impulso dato alla produzione di falsi e pastiches. Da non perdere la ricostruzione di ambienti del palazzo del marchese, una sorta di museo personale che i curatori della mostra hanno potuto osservare attraverso rare foto d’epoca. 

 Dream of Italy – The Marquis Campana Collection sarà visitabile all’Ermitage fino al prossimo 20 ottobre.

30/08/19

Il giorno in cui Hemingway liberò il bar dell'Hotel Ritz a Parigi.


Ufficialmente l'autore del premio Nobel di "Addio alle Armi" e "Il sole sorge ancora" doveva essere un corrispondente di guerra per la rivista americana Collier quando entrò nella capitale francese il 25 agosto 1944. 

In realtà, il romanziere  che si allontanò da una Jeep comandata con tutta la spavalderia di un generale per impadronirsi dell'hotel più lussuoso della città, stava conducendo la sua spietata guerra privata contro il Terzo Reich.

Dopo essere sopravvissuto alla prima guerra mondiale e alla guerra civile spagnola - dove aveva abbattuto i confini tra reporter e combattente - Hemingway era riuscito a infilarsi tra le truppe statunitensi della 4a divisione che sbarcarono sulle spiagge della Normandia il D-Day.

Come alcuni "gloriosi dilettanti" che si erano offerti volontari per aiutare l'Ufficio dei servizi strategici, un ramo dei servizi di intelligence statunitensi, trascorse un mese a sfrecciare in una jeep tra le prime linee, entrando in contatto con i combattenti della resistenza francese locali tra le forze statunitensi in progresso e i tedeschi in ritirata.

Era esattamente il tipo di situazione ad alto rischio e drammaturgica in cui lo scrittore si crogiolava, anche se imbarazzava sua moglie Martha Gellhorn, che prendeva il suo lavoro come reporter di guerra molto più seriamente. Uno di quei combattenti della Resistenza in seguito ricordò l'ossessione di Hemingway per il lussuoso hotel di Parigi, dicendo che parlava di poco altro ma "essere il primo americano a Parigi e liberare il Ritz".

Hemingway si era innamorato del Ritz come scrittore senza un soldo a Parigi negli anni '20 insieme a F. Scott Fitzgerald, una volta in seguito immortalato in "Una festa mobile". Con l'aiuto dei suoi contatti nella divisione corazzata americana, comandata dal altrettanto appariscente generale George S. Patton, Hemingway combatté insieme al comandante francese Generale Philippe Leclerc, i cui carri armati avevano ricevuto l'onore di liberare Parigi.

La sua umile richiesta: avere abbastanza uomini per liberare il bar del Ritz. Con sorpresa dello scrittore, ricevette un'accoglienza gelida e fu licenziato. Ma Hemingway perseverò e il 25 agosto si presentò all'hotel sulla bellissima Place Vendome di Parigi in una jeep montata con una mitragliatrice alla testa di un gruppo di combattenti della Resistenza.

Fece irruzione nell'hotel e annunciò che era venuto a liberarlo personalmente e il suo bar, che era servito da abbeveratoio per una lunga fila di dignitari nazisti, tra cui Hermann Goering e Joseph Goebbels.

Il direttore dell'albergo, Claude Auzello, gli si avvicinò e Hemingway chiese: "Dove sono i tedeschi? Sono venuto per liberare il Ritz".

"Monsieur", rispose il direttore: "Se ne sono andati molto tempo fa. E non posso lasciarla entrare con un'arma."

Hemingway mise la pistola nella jeep e tornò al bar, dove si dice che avesse corso un conto per 51 martini a secco. "Indossava l'uniforme e impartiva ordini con tale autorità che molti pensavano che fosse un generale", ha ricordato il capo barman del Ritz, Colin Field.

Secondo il fratello di Hemingway, Leicester, lo scrittore perquisì la cantina con i suoi uomini, prendendo due prigionieri e trovando un eccellente stock di brandy. Ispezionando il tetto e i piani superiori, non trovarono altro che le lenzuola che si asciugavano nel vento, che erano piene di fori di proiettili.

Hemingway in seguito scrisse che non poteva sopportare il pensiero che i tedeschi avessero sporcato la stanza che condivideva con la sua amante Mary Welsh, che avrebbe sposato nel 1946. 

I due rimasero insieme fino al suicidio di lui nel 1961.

Hemingway scrisse del suo soggiorno in hotel con il suo gruppo di irregolari in un racconto del 1956, "Una stanza sul lato giardino", che è stato recentemente portato alla luce dalla rivista Strand negli Stati Uniti. In esso cita il poeta simbolista francese Charles Baudelaire e descrive come i suoi uomini abbiano bevuto lo champagne del Ritz mentre pulivano le loro armi e si preparavano per la fase successiva nello "sporco commercio della guerra". 

Gli studiosi ritengono che potrebbe essere questa, la parte di un lavoro più grande che Hemingway aveva pianificato, per descrivere nel dettaglio le sue esperienze in guerra.

Le scorrerie di Hemingway al Ritz non sfuggirono all'attenzione dei suoi superiori, con minacce di essere deferito alla corteo marziale per aver indossato le armi come corrispondente di guerra.

Le accuse furono tranquillamente lasciate cadere, per evitare imbarazzo per i servizi segreti statunitensi, e dopo la guerra lo scrittore ricevette silenziosamente una medaglia di stella di bronzo per aver lavorato "sotto tiro nelle aree di combattimento per ottenere un quadro accurato delle condizioni belliche e delle posizioni". 

Anche il Ritz alla fine lo perdonò, nominando un piccolo bar dopo Hemingway nel 1994.

Fonte LPN - La Presse

29/08/19

Guarda Qui lo Speciale "Roma Segreta e Misteriosa" di Fabrizio Falconi in Onda su Italia Uno



Ecco il Link dove trovare lo Speciale Roma Segreta e Misteriosa che ho realizzato per Studio Aperto/Italia Uno andato in onda lo scorso 19 Agosto. 

Una passeggiata suggestiva attraverso i luoghi di cui ho scritto nel mio libro pubblicato nel 2017 per Newton Compton.

Durata: 19 minuti.

Per vedere lo speciale cliccare al Link qui sotto - dal minuto 26.00


https://www.mediasetplay.mediaset.it/video/studioaperto/edizione-ore-1830-del-19-agosto_F309455501046201

Fabrizio Falconi

Sparito murales di Bansky sulla Brexit a Dover




È giallo su un murale di Banksy dedicato alla Brexit.

L'opera che nel 2017 lo street artist aveva realizzato nella citta' inglese di Dover, che mostrava un operaio intento a cancellare una delle stelle gialle della bandiera dell'Unione europea, e' scomparsa nel fine settimana.

Ma non e' chiaro se sia stata cancellata o rimossa per metterla in vendita.

Il murale era apparso a maggio del 2017 sull'edificio Castle Amusements, vicino al terminal dei traghetti di Dover.

Effettivamente quell'anno stesso la famiglia Godden, proprietaria del palazzo, fece sapere che stava "valutando opzioni per mantenere, rimuovere o vendere" l'opera, assicurando che in caso di vendita avrebbe devoluto gli incassi a enti benefici locali.

E la famiglia in passato aveva perso una battaglia legale presso l'Alta corte dopo aver provato a vendere un altro capolavoro di Banksy.

Ma su cosa sia avvenuto adesso regna il mistero. 

L'unica cosa certa e' che l'opera e' scomparsa e il muro su cui si trovava adesso appare bianco e coperto da un ponteggio. 

Bbc riporta che la societa' Deal Scaffolding ha detto di essere ignara del motivo per cui le sia stato chiesto di montare l'impalcatura.

E secondo una testimonianza racconta dalla Cnn, l'impalcatura e' stata montata sabato e gia' la mattina dopo l'opera non c'era piu'. A Dover, citta' portuale da cui partono i traghetti che collegano il Regno Unito alla Francia, il murale era diventato un polo di attrazione e i turisti si fermavano spesso per scattare foto o fare selfie.

Sui social network tanti residenti hanno espresso il proprio sgomento per la scomparsa del murale. 

Chi invece non si e' ancora espresso in merito e' Banksy. Il suo ultimo post su Instagram risale al 24 luglio.

Fonte: LaPresse

13/08/19

Processo a Machiavelli: "Assolto!"


John Milton l'avra' pure definito "figura del demonio", ma in Romagna il pensiero e' stato decisamente diverso.

Il 'tribunale' di San Mauro Pascoli ha assolto Niccolo' Machiavelli con formula piena: 81 voti per la condanna, 600 per l'assoluzione. 

Un verdetto senza appello nell'evento di Sammauroindustria davanti a un pubblico di 800 persone, che ancora una volta ha confermato - per alzata di paletta - l'anima "garantista" della Romagna nei tradizionali processi storici di agosto alla Torre Pascoliana. 

Il dibattito, coordinato dal presidente del Tribunale Miro Gori, e' stato acceso tra i due contendenti, i politologi Carlo Galli (accusa) e Maurizio Viroli (difesa). Galli, docente dell'universita' di Bologna, ha subito messo le cose in chiaro: "Accusare Machiavelli e' un'impresa disperata. L'autore del Principe e' stato il Galileo della politica, l'ha rivoluzionata. Eppure ci sono diversi capi di imputazione che gli possono essere rivolti"

Il primo, secondo Galli: "Machiavelli ha fatto della politica un mito esistenziale onni-coinvolgente. La politica non puo' essere l'unica chiave per interpretare la vita sociale". Ma il suo principale reato "e' un utopismo fuori dallo spazio e dal tempo: ha avuto troppa fiducia negli uomini, li ha considerati troppo virtuosi. È un rivoluzionario di una realta' disincantata". 

E come condanna ha chiesto per Machiavelli "un esilio temporaneo da trascorrere nel deserto della politica di oggi. Qualche anno di purgatorio per depurarsi dalla sua ingenuita', magari da passare in una legislatura nel nostro Parlamento. Condannare Machiavelli infatti e' condannare la politica di oggi". 

 Di parere opposto Maurizio Viroli, docente a Princeton (Usa): "Machiavelli e' piu' difficile difenderlo che accusarlo, vista la quantita' di insinuazioni che sono state scritte sul suo conto". 

E ha contestato l'accusa della "centralita'" della politica nel suo pensiero: "Non e' sostenibile la tesi che Machiavelli metta al centro di tutto la politica, come soluzione onnicomprensiva dell'esistenza. 

Nel suo pensiero la dimensione della leggerezza della vita, del gioco, del sorriso, dello scherzo e' molto forte. 

Cosi' come e' fuorviante l'accusa di utopismo, perche' sa leggere la realta' come pochi. Machiavelli non solo capisce la politica ma vuole fare qualcosa di piu', vuole ispirare (principi e cittadini) sui fini possibili: ispirare un redentore che possa liberare l'Italia; lottare contro la corruzione a Firenze; ispirare la rigenerazione morale di un popolo. 

Non e' un caso che a lui si siano ispirati gli scrittori risorgimentali, cosi' come grandi pensatori come Gobetti e Gramsci". Il finale e' sull'oggi: "Siamo noi che abbiamo bisogno di Machiavelli se vogliamo vedere rinascere il nostro Paese. Non mi resta che chiudere con le parole di Francesco De Sanctis: 'Sia gloria a Machiavelli'". 

12/08/19

Pompei: Dagli Eterni Scavi spunta fuori il Tesoro della Fattucchiera !


Morbide ambre, lucidi cristalli, ametiste. Ma anche bottoni in osso, delicate fayence , scarabei dell'oriente

A Pompei, nella Regio V, la Casa del Giardino restituisce un nuovo strabiliante tesoro: i resti di uno scrigno in legno e metallo colmo di gemme e di amuleti, dalle bamboline alle campanelle, e poi falli, pugni chiusi, persino un piccolo teschio

"Decine di portafortuna accanto ad altri oggetti ai quali si attribuiva il potere di scacciare la malasorte", anticipa all'ANSA il direttore del Parco Massimo Osanna. Si tratta di meraviglie che certo potrebbero essere appartenute alla padrona di casa. Ma non e' detto. Perche' la cassetta si trovava in un ambiente di servizio, lontano dalla stanza da letto della matrona e anche dall'atrio della domus dove gli archeologi hanno ritrovato gli scheletri di dieci persone, praticamente l'intera famiglia, sterminata dalla violenza dell'eruzione mentre tentava di mettersi in salvo. 

Non solo: mancano gli ori che a Pompei tutte le donne amavano esibire e che certamente non potevano mancare nel portagioie di una giovane signora, seppure di media ricchezza.

Le collane contenute nel piccolo forziere sembrano quindi raccontare un'altra storia: "Si potrebbe trattare di monili da indossare per occasioni rituali, piu' che per mostrarsi elegante", ragiona Osanna. Oggetti preziosi, ma in un senso diverso dai gioielli. 

Una raccolta di piccole cose in qualche modo legate alla magia che potrebbero essere state l'armamentario di una persona, forse anche una schiava, dotata di particolari capacita' taumaturgiche e di un rapporto privilegiato con gli aspetti piu' magici del vivere quotidiano. 

Si potrebbe spiegare cosi' questa collezione di strani oggetti che nel mondo romano avevano a che fare con la fertilità, la seduzione, il buon esito di un parto o di un matrimonio, dai falli alle pigne, dalla spiga di grano alle ambre. 

Per il momento si tratta di ipotesi. 

Gli studi sulla Casa del Giardino (la stessa nella quale e' stata ritrovata l'iscrizione che ha cambiato la data dell'eruzione del Vesuvio posticipandola dal 24 agosto al 24 ottobre del 79 d.C) sono di fatto ancora agli inizi. 

Gli oggetti che compongono il tesoretto sono appena stati ripuliti e restaurati e soltanto ora si potra' cominciare ad esaminarli e studiarli uno ad uno. Il team di specialisti del Grande Progetto Pompei sta lavorando per fare luce sulla composizione della famiglia, il primo passo per cercare di ricostruirne la storia.

11/08/19

Poesia della Domenica - "Bagni popolari" di Sergio Solmi




Bagni popolari
 
Uomo che sfioro per via col braccio
e sempre a me così paurosamente
estraneo, ti ritrovo
in questa bigia caserma, che grava
l'oscura sera di dicembre.
Tra gli scrosci dell'acqua, a mezza voce
un motivo tu accenni, ti fa eco,
invisibile, un altro.
 
Dal finestrino in sé raccolti tremano
gli alberi scarni del cortile.
 
Penso perché t'ho tradito, perché
l'istessa tua lingua io non parli, perché
l'eguale nostra pena
io debba in queste confuse parole
che non intendi, esprimere. La muta
poesia mi fa nodo in cuore. Questa
mano ch'io porgo, inutile
lasci cadere.
 
Ma stasera, invisibile, anch'io sono
un tuo fratello. Tra gli scrosci d'acqua
un motivo tu accenni, io seguo, un altro
fischiettando fa eco, un coro sorge.
Dalla dura ubbidienza quotidiana
sciolte alfine le membra dentro il lene
bagno domenicale, prigionieri
rassegnati, la timida
libertà nostra in musica s'esala;
 
a mezza voce, finalmente insieme,
miei fratelli, cantiamo.

Sergio Solmi (1899-1981), da Fine Stagione, in Poesie, Mondadori, 1950

10/08/19

L'incredibile vicenda del Busto dell'Imperatore Settimio Severo ritrovato e finalmente esposto al Colosseo.



Lo straordinario busto di Settimio Severo, che da qualche settimana apre al II ordine del Colosseo la mostra temporanea "Roma Universalis", viene finalmente restituito alla pubblica fruizione dopo essere stato protagonista di una incredibile vicenda. 

Il ritratto dell'imperatore appartenente alla "dinastia venuta dall'Africa" e' infatti l`esito di una operazione di recupero che risale al settembre del 2017 quando, al termine di un pedinamento, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma rinvengono il prezioso reperto all`interno del portabagagli di un SUV, avvolto in una coperta, nella centralissima piazza Esedra, tra decine di turisti incuriositi.

L`opera proveniva dall`area di Guidonia - Montecelio, comune della citta' metropolitana di Roma, e dopo il recupero e' stata consegnata alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l'Etruria Meridionale, competente per il territorio, con la quale il Parco archeologico del Colosseo ha stabilito una collaborazione finalizzata al restauro ma soprattutto alla sensibilizzazione sui reati contro il Patrimonio.

L`operazione che ha permesso il ritrovamento di questo reperto straordinario, e' frutto del costante monitoraggio della circolazione delle opere d`arte, svolto dalle Fiamme Gialle ai fini della prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni economico-finanziarie, in stretta sinergia con il MiBAC.

Nel peculiare settore dei beni appartenenti al patrimonio culturale dello Stato, l`attenzione della Guardia di Finanza si concentra sulle connesse movimentazioni finanziarie, considerato che il loro intrinseco valore le rende particolarmente appetibili per gli interessi della criminalita', alla continua ricerca di strumenti per riciclare i proventi delle attivita' illecite.

L'opera rimarra' esposta al Colosseo fino al 25 agosto, quando l'intera mostra sara' disallestita e il reperto verra' restituito alla Soprintendenza, dove sara' custodito sino alla fine della vicenda giudiziaria di cui e' tutt'oggi ancora protagonista.

fonte: askanews 

09/08/19

Libro del Giorno: "Amore" di Inoue Yasushi



Tre racconti, tre perle.

L'arte di raccontare usando parole distillate, essenziali, come insegna la grande tradizione della letteratura giapponese. 

Non si finisce di meravigliarsi, leggendo queste poche pagine pubblicate da Adelphi, dell'arte di Yasushi (1907-1991), uno dei massimi scrittori giapponesi che i lettori italiani hanno già conosciuto per lo splendido romanzo breve Il fucile da caccia, pubblicato sempre da Adelphi  nel 2004.

Amore riunisce tre racconti collegati dall'amore che da il titolo al volume, scritti tra il 1950 e il 1951 e poi raccolti e pubblicati nel 1959. 

I titoli dei tre racconti, sono già suggestivi: Giardino di rocce (Sekitei), Anniversario di matrimonio (Kekkon kinenbi), e il più lungo, La morte, l'amore, le onde (Shi to koi to nami to). 

Nel primo, Giardino di rocce,  Uomi Jirō, sposato con Mitsuko, decide di andare a Kyōto per il viaggio di nozze, poiché in quella località aveva trascorso molto tempo, negli anni degli studi. Giunti sul posto, i due decidono di andare a visitare il giardino delle rocce del Ryōanji, dove Uomi e Mitsuko affrontano le loro ombre individuali, fino a una inattesa separazione. 

In Anniversario di matrimonio Kanako e Shunkichi decidono di festeggiare la vincita alla lotteria di  diecimila yen e decidono di spendere la metà della somma di denaro per una notte in un lussuoso albergo a Hakone. 
L'idea del costoso soggiorno abortisce nel corso di una tortuosa passeggiata e i due decidono di tornare a casa, di comune accordo, tutto sommato felici di essere a casa, andando a letto come in una normale giornata. 

La morte, l'amore, le onde infine racconta la storia di Sugi Sennosuke che decide di pernottare in un hotel, che si affaccia su una ripida scogliera, con l'idea di suicidarsi al termine del soggiorno.
Durante la permanenza però fa conoscenza dell'unico altro soggiornante dell'albergo, una ragazza,  Nami, e al termine di una cena con lei, apprende che anche Nami è lì per lo stesso motivo. 
Misteriosamente i destini dei due si intrecciano, fino alla notte fatale. 

Sono tre piccole grandi lezioni di scrittura, ma anche tre storie universali che molto raccontano di noi, delle nostre paure, delle nostre ansie più sottili, della nostra incapacità di essere realmente padroni delle nostre vite.

Fabrizio Falconi


Yasushi Inoue
Amore
Traduzione di Giorgio Amitrano 
Adelphi, Milano
2006 
Pagine: 117 Euro 8.50

06/08/19

Libro del Giorno: "Dove va l'anima dopo la morte" di Cesare Boni




Al contrario di molti libri futili pubblicati sull'argomento, questo volume è uno studio serio, erudito, profondo e comparato dei più grandi testi sapienziali di tutte le tradizioni che descrivono, istante per istante, il viaggio dell'anima dopo la morte, una ricerca condotta meticolosamente da uno dei più brillanti tanatologi italiani. 

E dunque quest'opera non è affatto di facile lettura. 

Ma se si ha costanza e voglia di conoscenza, spalanca notevoli orizzonti.

Cesare Boni, già docente alla Scuola di Specializzazione in "Psicologia del Ciclo della Vita" ed insegnante nei Corsi di Perfezionamento dell'Università Statale Federico II di Napoli, ha insegnato nelle più prestigiose scuole di psicologia in Italia e nel "Master in psicologia oncologica" dell'Ospedale Bellaria di Bologna. e in questo libro ha condensato le pratiche di conoscenza della vita e della morte e dell'accompagnamento del morente maturata sul campo in numerosi grandi ospedali italiani.

Boni parte anche da esperienze personali approfondite poi in lunghe permanenze in India e in numerosi convegni universitari in Italia e all'estero, collaborando con l'Università di Roma "La Sapienza", con quelle di Parma, Magonza (Spagna), Monaco di Baviera (Germania), New Delhi, Mumbai e Varanasi (India).

La morte come si sa, è divenuta, nel mondo contemporaneo l'ultimo dei grandi tabù.  Della morte, sempre in Occidente, è divenuto sempre più difficile parlare. Come altrettanto difficile è parlare, informare, diffondere conoscenza sul cammino di avvicinamento della morte e su quello che le grandi tradizioni sapienziali e quelle spirituali dicono sul post-mortem (in alcune parti rilevanti suffragate dalle testimonianze di coloro che hanno vissuto esperienze di pre-morte, le cosiddette NDE, Near Death Experience). 

L'Occidente ha un ossessivo timore per un processo che non conosce: è ossessionato dal mito dell'eterna giovinezza, vede la morte come la fine della vita, e dunque la tratta come un argomento tabù. 

Eppure i grandi libri sapienziali di tutte le tradizioni e i grandi saggi di ogni epoca dicono esattamente l'opposto, descrivendo una dimensione eterna della vita, che già esisteva ben prima della nascita e che non finirà con la nostra morte. 

Cesare Boni in questo testo più volte ristampato, ripercorre l'affascinante cammino di conoscenza delle pratiche di pre e post-morte, confrontate con  le teorie dei maggiori studiosi di questa fase dell'esistenza umana, il professor Moody, la dottoressa Kübler-Ross e il dottor Melvin Morse. 

Dalle oltre 400 pagine di questo libro si esce affascinati dalla constatazione del pozzo di misteri nel quale la nostra vita terrestre è calata, ma anche fortificati dalle massime sapienziali di culture antichissime che hanno indagato ad Oriente, come ad Occidente, i limiti della vita, o meglio - come direbbe l'autore - l'altra faccia della vita, perché la morte, se soltanto vi si riflette, non è qualcosa di separato dalla vita, ma qualcosa che è essenzialmente legato alla vita, dal suo punto di vista più naturale. 

Come scrive Mario Mastropaolo nella prefazione: "Il libro è un racconto attendibile e circostanziato del viaggio che attende l'anima, una volta lasciato il corpo, verso il compimento del suo destino: la fusione con la Luce. Intriso della tristezza del distacco, struggente per l'inevitabilità dell'evento e nello stesso tempo gioioso, aperto, fiducioso della realtà ultima dell'uomo."

Un viaggio, insomma, che è necessario prepararsi immediatamente, dopo aver preso coscienza della dimensione dualistica dell'esistere e di quella profonda nostalgia per l'unità perduta che viene continuamente espressa dal tentativo di confluire nell'indifferenziato senza aver raggiunto la piena consapevolezza della separazione e della disperazione che ne consegue.

Fabrizio Falconi