05/07/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 33. "Metropolis" di Fritz Lang (1926)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 33. "Metropolis" di Fritz Lang (1926)

Pochi altri film nella storia del cinema hanno influenzato tutto ciò che è venuto dopo, come il capolavoro distopico-kolossal diretto da Fritz Lang nel 1926.


Le immagini del film ispirano da decenni il mondo del cinema, della pubblicità e della musica.  E tanto per citare qualche nome, il Ridley Scott di Blade Runner, il George Lucas di Star Wars o il Terry Gilliam di Brazil sono enormemente debitori al capolavoro tedesco.

L'idea di Metropolis venne a Fritz Lang ammirando lo skyline notturno di New York dal transatlantico con il quale aveva raggiunto gli Stati Uniti qualche anno prima, per la messa in scena del suo I Nibelunghi.

Metropolis venne realizzato dalla casa di produzione tedesca UFA e dal produttore Erich Pommer con una ricchezza di mezzi assolutamente incredibile, con ben diciannove mesi di riprese e un totale di 310 giorni e 60 notti di riprese, 600.000 metri di pellicola impressionata, 36.000 comparse tra uomini, donne e bambini per un costo totale di 50 milioni di marchi tedeschi dell'epoca (che provocò la bancarotta della UFA, la quale fu rilevata dell'editore Hugenberg, membro del partito nazista, che la trasformò nella fabbrica di consenso del Regime.

Metropolis è un film modernissimo e visionario, rappresentando la società della megalopoli Metropolis, che nel 2026 (ci siamo quasi arrivati!) è spaccata in due: vicini al cielo, in vetta ai loro immensi grattacieli, gli aristocratici godono di un'esistenza felice, immersi nel lusso; mentre nelle tenebre delle sconfinate catacombe sotterranee, all'ombra di mostruose macchine che ne dispongono l'esistenza quotidiana, gli operai vivono e lavorano come formiche secondo ritmi ossessivi e disumani.

Per stroncare la ribellione degli operai, il supermagnate Fredersen ordina allo scienziato-mago Rotwang di costruire un robot-femmina che, assunta l'identità della dolce operaia Maria, seduca le masse di lavoratori e le inciti alla rivolta, offrendo così alla classe dominante l'alibi per reprimere una volta per tutte ogni ribellione.

Ma la situazione sfugge ad ogni controllo e a salvare Metropolis saranno proprio il cuore della vera Maria e del suo innamorato, il figlio di Fredersen.

Una parabola definitiva sul potere e le masse, che ha segnato la storia del Novecento e continua a gravitare con i suoi potenti simboli anche sulla contemporaneità. 

Metropolis 
di Fritz Lang
Germania, 1926
durata da 80 minuti a 200 minuti a seconda delle diverse versioni
con Alfred Abel

notizie tratte da "Un secolo di grande cinema", "Il grande cinema di Ciak", vol.II  Milano, Aprile 2000




04/07/19

A Luglio la Luna grande protagonista con l'Eclissi Parziale e il 50mo anniversario dell'Allunaggio . Tutte le iniziative a Milano e Roma




Luna protagonista in questo mese di luglio con l'eclissi parziale di martedi' 16 e le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della partenza della missione Apollo 11 e lo storico allunaggio nella notte tra il 20 e il 21

Per rendere omaggio al nostro satellite naturale l'Istituto nazionale di astrofisica ha in programma numerosi eventi organizzati dalle sedi Inaf per divulgare, raccontare e appassionare il pubblico ai temi scientifici, con particolare riguardo alla Luna, e riportati da Media Inaf, il notiziario online dell'Istituto. 

* A Milano, la sede di Merate dell'Osservatorio astronomico di Brera, giovedi' 4 luglio apre le porte al pubblico per una serata di "teatro-scienza" con lo spettacolo serale Luna dove sei? Liberamente tratto dall'Odissea di un fisico ed un attore. 

Nella suggestiva cornice dello storico telescopio Zeiss, esempio di ottica e meccanica degli anni Venti, Bianca Salmaso e Marco Ballerini intratterranno i partecipanti in una serata alla ricerca della Luna, passando per l'odissea di un fisico e di un attore. 

Sabato 6 luglio, alle ore 20.30 per la rassegna "Aperti per voi sotto le stelle", apertura straordinaria del cortile di Palazzo Litta, per il ciclo "No si volta chi a stelle e' fisso", storie di donne e uomini geniali, al chiaro di Luna. 

Nel magico ambiente del palazzo si terra' l'evento "L'ochiale per veder la luna grande" Leonardo da Vinci e l'astronomia del suo tempo, un incontro teatralizzato a cura di Valeria Palumbo. Interverra' Mario Carpino dell'Osservatorio astronomico dell'Inaf di Brera, per parlare di Galileo Galilei e del Sidereus Nuncius. 

Ancora nella sede di Merate dell'Inaf, il 9 luglio alle ore 20.45, serata di osservazione guidata della Luna, nell'ambito della rassegna Turismo Lunare presso la Cupola Zeiss. La prenotazione e' obbligatoria (02-72320416) e la serata e' consigliata sopra ai 15 anni. 

Martedi' 16 luglio alle 21, Ilaria Arosio dell'Inaf di Brera, terra' una conferenza per il pubblico dal titolo Ritorno alla Luna, presso la Biblioteca Civica di Biassono, nella quale verranno ripercorsi i passi che hanno portato l'uomo sulla Luna.

*Nella Capitale, il 10 luglio dalle 20.30 fino alle 24, il Planetario di Roma e l'Inaf propongono una suggestiva rievocazione dell'impresa che segno' in maniera indelebile la memoria collettiva dell'umanita', dimostrando che l'uomo e' capace di lasciare il proprio pianeta per avventurarsi nello spazio. Nello scenario dell'area archeologica del Circo Massimo, verra' rievocata la corsa alla Luna che culmino' il 20 luglio 1969 nel Mare della Tranquillita'

L'osservazione diretta della Luna proseguira' per tutta la serata ai telescopi allestiti sul prato, con l'assistenza degli astronomi e ricercatori dell'Osservatorio astronomico dell'Inaf di Roma e del Planetario, mentre sul palco naturale delle rovine del Circo si alterneranno gli interventi di ospiti prestigiosi e grandi narratori dell'epopea spaziale: Nichi D'Amico (presidente Inaf), Marco Ciardi (Universita' di Bologna) ed Ettore Perozzi (Asi)

L'evento Luna - Memorie di un Satellite e' realizzato nell'ambito del progetto Roma Citta' delle Stelle, una collaborazione fra Planetario di Roma e Inaf per promuovere la divulgazione astronomica a Roma, in occasione del ventennale dalla fondazione dell'Inaf. 

Sabato 20 luglio, dalle 20.30 alle 24, presso la Sala Gratton dell'Osservatorio astronomico di Roma si terra' una serata per celebrare l'allunaggio che prevede l'apertura delle sale storiche con l'esposizione della Luna di Padre Secchi e i disegni di Galilei tratte dal Siderius Nuncius, l'osservazione della Luna con il telescopio di Monte Porzio e i telescopi didattici dell'Osservatorio, e un tour delle costellazioni con i laser. Sempre a Roma, tutti i giovedi' sera di luglio e agosto, si terranno serate organizzata dal Planetario di Roma in collaborazione con Inaf, presso l'Arena della casa del cinema con proiezioni di film sullo spazio che prevedono un'introduzione da parte di un ricercatore e a seguire osservazioni ai telescopi.

03/07/19

I misteri della Rocca degli Albornoz a Narni, il castello di Narnia




I misteri della Rocca degli Albornoz a Narni, il castello di Narnia

Anche se sembrerebbe il frutto di mere fantasie cinematografiche, esistono davvero istituti e organismi internazionali, che più o meno seriamente, si dedicano alla caccia di segni del paranormale, quel che negli USA chiamano: fenomeno di ghost hunting, ovvero caccia ai fantasmi. Anche in  Italia ne esistono di diversi tipi, e alcuni di essi si ispirano direttamente  al lavoro di Harry Price, quello che viene considerato il padre della ricerca nel settore dei fenomeni paranormali.
Price, ai primi del Novecento, si dedicò – subendo mille accuse, prima fra tutte quello di essere un profittatore della credulità popolare – alla caccia ai fantasmi nelle case e nei manieri della vecchia Inghilterra, realizzando numerosi inquietanti scatti di spiriti catturati, che ancora oggi fanno discutere.
I ghostbusters di oggi però dispongono di strumenti molto più sofisticati delle prime lastre fotografiche di Price, come ad esempio il cosiddetto DVR, una unità informatica a disco rigido corredata di processore, memorie e sistema operativo, che può essere sistemata all'interno di ambienti chiusi in grado di percepire e registrare qualsiasi tipo di immagine.
E’ con questa particolare strumentazione che recentemente alcuni di questi ricercatori del paranormale, che si riconoscono sotto la sigla dell'Epas (European paranormal activity society) hanno setacciato la Rocca degli Albornoz di Narni. Per verificare cioè se sia veramente abitata da fantasmi o da altre strane presenze, come ormai da tempo si sosteneva.
Le ricerche sono proseguite per alcuni giorni e alcune notti, con la collaborazione della società che gestisce attualmente l’antico complesso medievale soffermandosi all'interno di ciascuna sala del castello, nei sotterranei e nelle ali meno frequentate del vecchio Castello.
Una lunga e minuziosa ricerca, durante la quale sono state raccolti i video e le immagini catturate dal DVR e dalle altre camere disseminate.
Ma prima di raccontare quello che i ghostbusters avrebbero trovato realmente, con i risultati della ricerca a cui è stato dato anche ampio spazio da parte della stampa (1), è il caso di domandarsi qui, perché proprio il Castello degli Albornoz di Narni sia divenuto oggetto di così intensi interessi paranormali.
La Rocca di Narni, in realtà, fa parte di quella serie di grandiose fortificazioni che furono erette a metà del 1300 nel Centro d’Italia per restaurare l’autorità papale nei territori della Chiesa che si erano ribellati e favorire così il ritorno del Pontefice da Avignone.
L’operazione, un misto di forza militare e di fervide attività diplomatiche, fu affidata ad un uomo di grandi capacità, una delle menti più illuminate del periodo, uomo fedelissimo e allo stesso tempo ambizioso: Gil (Egidio) Alvarez Carrillo de Albornoz, discendente di Re Alfonso V di Spagna, nato a Carrascosa  del Campo, in Castiglia, nel 1310.

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02/07/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 32. "Il sorpasso" di Dino Risi (1962)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 32. "Il sorpasso" di Dino Risi (1962)

Di sicuro il road movie famoso del cinema italiano e uno dei migliori in assoluto, capolavoro della commedia all'italiana (genere anzi che qualche critico fa originare proprio da questo film), al punto che dopo l'enorme successo registrato anche negli USA con il titolo Easy Life, Dennis Hopper dichiarò: "Ho girato Easy Rider prendendo lo spunto dal Sorpasso. Mi avevano affascinato quei due uomini sulla strada".

E trionfo personale di Vittorio Gassman che per la sua interpretazione vinse nel '63 sia il David di Donatello che il Nastro d'Argento.

Il film è frutto del puro talento di Dino Risi e di Rodolfo Sonego - che avevano scritto il copione pensando ad Alberto Sordi per il ruolo di Bruno (andato poi a Gassman) - al quale si aggiunsero poi, per volontà del produttore Mario Cecchi Gori, Ettore Scola e Ruggero Maccari.

Il Sorpasso è un folgorante ritratto agrodolce dell'Italia del boom , ambientato in un ferragosto romano di esaltazione e di rabbia: il quindici d'agosto, in una Roma deserta, il burino spavaldo e spaccone Bruno Cortona (Vittorio Gassman) riesce a convincere un timido student, Robert (Jean-Louis Trintignat), a fare un giro con lui sulla sua "Aurelia decappottabile e supercompressa"; comincia così un tour iniziatico, con tappa a Castiglioncello, dove Bruno incontra la ex moglie, e la figlia adolescente (la splendida e giovanissima Catherine Spaak), e meta finale Viareggio, dove però i due non arriveranno a causa di un incidente fatale (causato proprio da uno spericolato sorpasso).

Lineare nell'intreccio, il film mantiene la stessa linearità nello stile.  E il suo segreto, più che nella storia, è evidentemente nei personaggi, nei caratteri, con l'italiano fanfarone, superficiale, affetto da un horror vacui che riempie con un vagabondaggio consumista (quanto mai attuale) e scaltrissimo nell'azione; e  l'altro personaggio introverso, timoroso di ogni cosa, lento in qualsiasi reazione e quindi facilmente plasmabile. Una miscela esplosiva che deborda facilmente dalla farsa al dramma, nella inconsistenza di vite inconsistenti.

Ciò che colpisce del film è la sua estrema freschezza- oltre alla scrittura impeccabile di ogni scena -  che ne ha fatto un classico.

Il sorpasso 
di Dino Risi
Italia, 1962
durata 1h.45m
con Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angiolillo 

notizie tratte da "Un secolo di grande cinema", "Il grande cinema di Ciak", vol.II  Milano, Aprile 2000





29/06/19

Eccezionale a Roma ! Spunta all'Aventino un affresco medievale intatto.





Nascosto da un muro per quasi 900 anni, riemerge a Roma in un'intercapedine nella chiesa di Sant'Alessio all'Aventino, un grande affresco medievale dai colori in incredibile stato di conservazione.

"Un ritrovamento assolutamente eccezionale", illustra in esclusiva all'ANSA, la storica dell'arte Claudia Viggiani, autrice della scoperta, "anche per l'iconografia rarissima dei due personaggi che si riconoscono nella parte del dipinto al momento visibile, con tutta probabilita' Sant' Alessio e il Cristo pellegrino".

Il grande mantello color della porpora sulle vesti succinte del pellegrino, la mano alzata quasi a voler presentare la maesta' del Cristo che accanto a lui benedice i fedeli.

La scoperta e' il frutto di un'indagine lunga anni e un po' ha il sapore del giallo.

"Tutto e' partito durante una ricerca d'archivio", racconta Viggiani, che al lavoro di ricercatrice ha alternato quello di consulente culturale di sindaci e ministri. Ad accendere la sua curiosita', una lettera scritta nel 1965 dall'Ufficio speciale del Genio Civile per le Opere edilizie della capitale alla Soprintendenza ai monumenti per il Lazio, nella quale si parla di "un affresco in ottimo stato di conservazione" casualmente rinvenuto durante i lavori per il consolidamento di una torre campanaria.

Gia', ma di quale chiesa? il documento, racconta Viggiani, non lo diceva. L'oscuro funzionario che negli anni Sessanta si era trovato di fronte alla meraviglia di quei colori aveva alla fine richiuso la porta lasciando il dipinto al suo secolare oblio.

"C'e' voluto un po', ma alla fine l'ho trovato", sorride oggi la studiosa. In questa storia, racconta, la determinazione e' stata determinante. Qualche mese fa l'opera e' stata messa in sicurezza dalla restauratrice Susanna Sarmati con un progetto realizzato grazie alla soprintendenza speciale di Roma guidata da Francesco Prosperetti con la direzione lavori di Mariella Nuzzo e Carlo Festa. Il portoncino sul retro di Sant'Alessio che nasconde l'intercapedine del tesoro e' pero' ancora inaccessibile per evidenti problemi di sicurezza. Tant'e'. Varcare quella porta con il permesso di don Bruno, storico parroco di Sant'Alessio, e' una sorpresa che toglie il fiato, con l'esplosione dei colori, il nero cosi' intenso dello sfondo, il cinabro del mantello, la lucentezza delle aureole. Ma anche lo sguardo penetrante nel volto roseo del Cristo, la serenita' ieratica nei tratti del Santo che lo imita e un po' gli rassomiglia, quasi volesse presentarsi come una copia 'umana' del Messia.


Riferibile alla meta' del XII secolo, il dipinto e' inquadrato da una cornice policroma che la restauratrice Sarmati definisce di una "eccezionale raffinatezza", difficile soprattutto "trovarne di cosi' complete e integre", spiega, mentre indica sulla parete le pennellate originali che e' ancora possibile distinguere.

Anche per lei e' un'emozione. Perche' e' vero che a Roma esistono altri affreschi medievali, dice citando tra gli altri le decorazioni pittoriche dell'Oratorio mariano di Santa Prudenziana, quelle della chiesa di San Giovanni a Porta Latina o dell'Oratorio di San Giuliano in San Paolo. "Ma il loro stato di conservazione, nonostante i restauri e' mediocre, mentre questo, che pure non e' stato mai toccato e' quasi perfetto".

Nella chiesa delle origini, illustra Viggiani, il dipinto occupava la parete della controfacciata, in una posizione di rilievo dovuta anche alla fama che accompagnava in quell'epoca le vicende di Sant'Alessio. E proprio il rispetto devozionale per il santo che si diceva fosse figlio del senatore romano Eufemiano e che in qualche modo sembra aver fatto da trait d'union tra la Roma pagana e quella medievale, sarebbe alla base dell'incredibile conservazione del dipinto. "Chi ristrutturo' la chiesa nei secoli successivi murando la controfacciata fece comunque attenzione a proteggere l'affresco", fa notare. Tanto che probabilmente una piccola parte di questo, con il volto di Sant'Alessio, rimase per secoli a disposizione dei fedeli attraverso una feritoia aperta sull'interno della navata. Attualmente il dipinto misura 90 centimetri di larghezza per oltre 4 di altezza. Un'altra porzione, grande almeno altrettanto, e' ancora nascosta dal muro. Viggiani e' decisa a riportarla alla luce: "Lo dobbiamo ai romani - dice - e ci aspettiamo ancora sorprese".

27/06/19

Per la festa dei Patroni di Roma Pietro e Paolo, sabato 29 Giugno Ingresso Gratuito ai Fori Romani e Visita Notturna al Museo di Palazzo Braschi !



In occasione della Festivita' dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di Roma, due grandi iniziative promosse da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali per il prossimo 29 giugno. 

Prende il via la bigliettazione congiunta del nuovo ticket Forum Pass. Alla scoperta dei Fori per accedere al percorso unificato dell'area archeologica dal Foro Romano ai Fori Imperiali, realizzato grazie all'intesa siglata dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali e dal Parco archeologico del Colosseo per conto di Roma Capitale e MIBAC. 

E per festeggiare i patroni della Capitale, questa prima giornata sara' ad ingresso gratuito, con ingressi dalle 8.30 alle 19.15 per cittadini e turisti. 

Saranno in tutto cinque gli ingressi dai quali si potra' accedere all'area archeologica unificata con il nuovo unico biglietto'Forum Pass. Alla scoperta dei Fori': quattro del Parco Archeologico del Colosseo (largo Corrado Ricci, via Sacra in prossimita' dell'arco di Tito, via di San Gregorio, via del Tulliano di fronte al carcere Mamertino) e uno della Sovrintendenza Capitolina (piazza della Madonna di Loreto vicino alla Colonna Traiana). 

Inoltre, il Museo di Roma a Palazzo Braschi sara' straordinariamente aperto dalle 19 alle 24 (ultimo ingresso alle 23) con la serata-evento Tutt'altra musica. La marchesa Boccapaduli e il suo Cabinet di storia naturale al Museo di Roma, in collaborazione con la Fondazione Teatro dell'Opera di Roma. La serata iniziera' alle 19.

26/06/19

"Porpora e Nero" da oggi anche su Amazon (e sulle altre librerie online)



Da oggi Porpora e Nero è acquistabile anche su Amazon, Feltrinelli, Ibs e tutte le librerie on line, oltre che direttamente sul sito dell'Editore Ponte Sisto.


Porpora e Nero è la lettura ideale per le vostre vacanze. Come recita il retro di copertina: un mistero nel cuore di Roma. Chi c'è dietro il clamoroso furto della "Palla Sansonis", il preziosissimo reperto romano, conservato ai Musei Capitolini? Sette esoteriche, Vaticano e servizi stranieri in gara per scoprire un inquietante segreto della storia di Roma, strettamente legato alla vita, alle imprese e alle leggende dell'imperatore Costantino. A districare la trama due improbabili detective: il vecchio erudito Bonnard e la giovane archeologa Laura Balme.





Come ho ricordato più volte la vicenda prende spunto da un reperto realmente esistente e che è ammirabile visitando i Musei Capitolini: la colossale mano squarciata e la cosiddetta Palla Sansonis, i quali erano anticamente un unico pezzo di fusione (in bronzo), appartenenti a un gigantesco acrolico probabilmente attinente all'Imperatore Costantino il Grande. 

Qui sotto due foto del meraviglioso reperto romano, messo a raffronto con la mano di un visitatore.




Fabrizio Falconi

24/06/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 31. Moby Dick, la balena bianca (Moby Dick) di John Huston (1956)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 31. Moby Dick, la balena bianca (Moby Dick) di John Huston (1956)

Le avventure del Capitano Achab, interpretato da un memorabile Gregory Peck, e della mitica balena bianca, protagonisti del romanzo-mondo di Melville, portate sullo schermo da un gigante della regia, John Huston. 

Come avviene nel libro, Achab coinvolge tutto l'equipaggio della sua baleniera Pequod in un duello mortale contro la balena bianca, Moby Dick, che in un precedente scontro in alto mare gli aveva mangiato una gamba. 

Di tutto l'equipaggio si salverà soltanto il giovane Ismaele (Richard Basehart), che è la voce narrante della storia, nel libro e nel film. 

Huston decise coraggiosamente di affrontare il gigante letterario creato da Melville, realizzandone il secondo rifacimento al cinema (il primo era stato nel 1930 con protagonista John Barrymore), affidandosi al cosceneggiatore Ray Bradbury, che all'epoca aveva soltanto 26 anni e che sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori americani di sempre del genere fantastico. 

Huston rende mitologica la storia, infondendola di forti significati simbolico-religioso: nel cetaceo è identificata la cieca spietatezza di un Dio che decide le sorti umane, contro cui l'uomo scatena la sua disperata rivolta. 

Lo stesso regista si sorprese che il film non scandalizzasse come nelle sue intenzioni avrebbe voluto: "Questo film è una bestemmia", disse, "e mi sorprendo che nessuno protesti".

In realtà il film oggi si apprezza come un classico, con un cast stellare che comprende perfino Orson Welles nei panni di invasato predicatore che ammonisce da un pulpito a forma di nave. 

L'impresa di tradurre un libro come quello di Melville - un monumento della letteratura - in un film di due ore, appariva come una impresa impossibile.  Huston vinse la sfida realizzando un film appassionante che - come l'originale melvilliano - riflette sulla origine e sulla natura del male, sulla colpa, sul destino umano, sulla redenzione e sulla sofferenza, sulle capacità umane e sulle sue inevitabili finitudini e sconfitte.




23/06/19

L'amore malato - Intervista (immaginaria) al Visconte di Valmont



- Dottor Visconte, che piacere averla qui e come la trovo in forma, nonostante il trapasso ! Qual è il segreto di tanta freschezza?
- Valmont:  Ho chiesto suffragi al Conte di Saint-German, il quale come lei è sa, è Maestro di trasformazioni ectoplasmatiche. Lui mi ha insegnato a indossare i panni dello spirito che vaga.  Soltanto, non mi aveva avvertito della sofferenza di questa condizione.  

- Sofferenza ? Perché mai ? Non è bello essere un fantasma ?
- No.  Non si trova mai pace.  E per uno come me che pace non l'ha avuta nemmeno in terra, non è una bella cosa. Oltretutto, devo vedere ciò che succede ora, ai vostri tempi e non mi piace.

- Non le piace il mondo moderno ?
- Di tutte le cose del mondo moderno, mi interessa poco. Come sa, le mie competenze riguardano soltanto l'amore, la seduzione, il desiderio. E' questo il mio terreno, come le infezioni e la gotta lo sono per i dottori. 

- E cosa vede, dunque, che non le aggrada?
- Devo dire, tutto.  Il vostro amore è diventato così ordinario e così malato. 
- Malato ? Lei Visconte, non dovrebbe proprio dirlo. Insieme alla sua degna compare e complice, la Marchesa di Marteuil, siete praticamente gli inventori del sotterfugio e della crudeltà amorosa, praticata con metodo scientifico. 
- Lo contesto.  Il nostro amore - anche se perverso, eccessivo, debordante, era una forma d'arte.  Oggi la gente si ama quasi inconsapevolmente, come fanno gli animali, senza sapere nulla di cosa sia veramente l'amore. 

- E cosa è l'amore, dunque ?
- L'amore è spirito. L'amore è fatto di bella conversazione, di sentimento poetico (la prosa, gli impegni, gli appuntamenti, la cronaca, le faccende, le complicazioni, le contorsioni sono l'esatto contrario dell'amore), di desiderio senza ombre. E' uno spirito che si incarna e che vive soltanto attraverso gli amanti. Gli amanti sono il corpo dello spirito.  Sono loro che devono essere all'altezza dello spirito che si incarna in loro, che li sceglie.  L'amore è sublime, è la cosa più alta che sperimentiamo in vita.  Qui invece sembra che ci si ami soltanto per un vuoto, per riempire un desiderio.  Mentre si ama, o piuttosto mentre si crede di amare, si dicono cose folli, soltanto per ottenere ciò che si vuole in quel momento. 

- Per esempio ?
- Una donna che vuole raggiungere lo scopo di sentirsi al sicuro, di sentirsi protetta, di avere un futuro, di avere un uomo che la rassicuri, potrà dire a quell'uomo - che ha sessant'anni - che lei "ama i vecchi" e che i giovani non la interessano minimamente. Salvo, pochi mesi dopo manifestare l'esatto appassionato contrario.  Un uomo che vuole allontanare da lui una donna, che ha cinquant'anni e lui sessanta, dirà a quella donna che il sesso "è roba per giovani", e che corpi non più giovani dovrebbero astenersi dalle belle pratiche erotiche; salvo, pochi mesi dopo, quando la donna si è allontanata da lui, frequentare soltanto giovani e disinibite pulzelle, dai corpi freschi e giovanili. 

- L'amore non ha sempre utilizzato questi espedienti ? 
- Non l'amore, gli esseri umani. Gli esseri umani sono meschini, non sanno nemmeno cosa sia veramente l'amore.  Cercano soltanto, come in uno spazio vuoto, l'immagine di se stessi riflessa nell'altro. Non c'è amore, non c'è in realtà nessun vero interesse per l'altro, per la mente dell'altro, per il cuore o l'anima dell'altro, per la sua sofferenza, per la battaglia che lui o lei conduce quotidianamente. C'è solo il conto dei possibili vantaggi.  Uomini e donne si usano come "mezzi" per raggiungere qualcosa dentro il proprio sé: quella che è pensata e creduta come una evoluzione personale (e invece è soltanto una involuzione), una emancipazione, una "maggiore libertà". Da cosa poi ? La libertà di oggi fa ridere.  Ci si sente liberi se si possono fare le sei di mattina in un locale da ballo. La vera libertà si conquista soltanto scendendo nelle proprie profondità, affrontandole veramente, capendo quali sono le proprie dipendenze e le proprie distorsioni, le cose che ci allontanano costantemente dalla nostra autenticità. 
- Visconte non mi sta facendo troppo lo psicologo ? Lassù nel vostro regno di fantasmi siete così pesanti ?
- No, è solo che personalmente, avendo vissuto, si vorrebbe risparmiare a voi viventi qualche sofferenza di troppo. Ma in fondo ha ragione: anche le sofferenze, qui giù da voi, non sono autentiche.  L'autenticità in effetti è la cartina di tornasole dell'amore. E' così difficile essere autentici. E solo chi ama veramente lo è davvero.  Per il resto, si interpreta una parte.  Si gioca alla passione romantica, si crede alla potenza dell'amore per l'uomo o per la donna tormentati, perché soltanto così si ha l'alibi per non crescere mai, perché come si sa, nessun amante è mai riuscito a cambiare, a trasformare a redimere, un uomo o una donna realmente "tormentati" (ammesso e non concesso poi che quei tormenti, a loro volta, siano autentici). 

- Dunque non abbiamo speranza ? Dobbiamo continuare ad libitum il gioco delle eterne seduzioni, dei balletti per illuderci di riempire di senso le nostre vite ?
- L'intento mio e della Marchesa - questo nessuno lo ha capito - era proprio questo: smascherare tutte le bassezze dell'amore malato.  Far capire quanto sia facile con un piccolo inganno, con l'arte più semplice della seduzione, con la glorificazione dell'altro, con il farlo sentire al centro del tuo - e del suo mondo - con il fingersi "tormentati" (ah, io ero uno specialista in questo ! Quella povera Madame de Tourvel! Come ha abboccato, la poverina!)  - prendere possesso del cuore di qualcuno e del suo corpo, e farne quel che si vuole.  
Ma per mostrare che tutto questo NON è amore! 
- Quindi voi due, Visconte, lei e Marchesa, sareste due benefattori dell'umanità ?
- Non aspiro a tanto, certamente. Soltanto che il mio cuore non è nero, come si è sempre pensato. Soffrivo per le mie vittime, sa ? Soffrivo molto, per la loro completa dabbenaggine, per la loro inconsapevolezza, per la facilità con cui la loro parte infantile cadeva, desiderava con tutte le forze, cadere nella trappola della atroce sofferenza d'amore. 

- Dunque si pente ?
- No, non mi pento. Ho svolto un compito pedagogicoL'amore è davvero l'unica forza trasformativa della vita. Voi - come noi - l'abbiamo ridotta a un riempitivo, a un aperitivo, a un gioco di ruoli. 

Ma quindi anche lei ha spesso di credere all'amore ?
- Neanche per sogno. L'amore esiste. Ne è la prova il fatto che sia qui, ad espiare ciò che ho fatto, vedendo questo triste mondo delle relazioni - com'è che le chiamate adesso voi, "liquide" - che si svolge sotto i miei occhi. Che terribile babele ! Che legami, che cose senza senso! 

E a quale tipo di amore crede ?
- A quell'amore unico e raro che spetta solo ai rari.  Che non tradisce e non scolora. Che non può essere profanato, perché è sacro.  

- Sacro ?
- Sì, ha presente quando fu detto: "E dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine" ? L'amore è soltanto questo.


Fabrizio Falconi
2019


21/06/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 30. "Missing-scomparso" (Missing) di Costantin Costa-Gavras



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 30. "Missing-scomparso" (Missing) di Costantin Costa-Gavras

Il padre (Lemmon) di un giornalista americano vola in un paese dell'America Latina (presumibilmente e con ogni probabilità il Cile di Pinochet) per cercare il figlio desaparecido (Shea): lo aiuterà la compagna di questi (Sissy Spacek), mentre le autorità statunitensi cercano di nascondere la verità. 

Basato sulla vera esperienza di Ed Horman, uno straordinario dramma umano e politico costruito come un vibrante thriller cospirativo, dove il classico tema della sparizione della vittima è sviluppato ed esaltato attraverso la scioccante disillusione degli "investigatori".

Un colpo di Stato e un colpo al cuore di tutti gli spettatori democratici, una conferma per chi crede nel cinema d'impegno civile.

Grandioso Lemmon nell'impersonare il tipico middle-classe man americano, che crede nei valori fondamentali della giustizia (occidentale) e che è costretto a discendere fino nel pozzo dell'inferno, vedendo sconvolti tutti i suoi punti di riferimento; bravissima la Spacek.

Un film perfetto che arriva dritto al cuore dello spettatore, senza sentimentalismi né effetti.

Vinse, tra i moltissimi premi,  meritatamente la Palma d'Oro per Costa Gavras e quella per Jack Lemmon al Festival di Cannes del 1982 e il Premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale a Costa Gavras, nel 1982. 

Missing-Scomparso
(Missing)
di Costantin Costa-Gavras
Usa, 1982
con Jack Lemmon, Sissy Spacek, John Shea


20/06/19

Venduta all'asta per 162.500 euro la pistola con cui si suicidò Vincent Van Gogh



La pistola che Vincent van Gogh potrebbe aver usato per togliersi la vita e' stata venduta all'asta per 162.500 euro, quasi tre volte piu' del previsto.

Il revolver arrugginito è stato acquistato da un collezionista privato via telefono, scrive il sito della Bbc.

L'arma era stata trovata da un contadino nel 1965 vicino al villaggio in cui l'artista trascorse i suoi ultimi giorni.

Aveva all'incirca l'età giusta ed era dello stesso calibro del proiettile utilizzato da Van Gogh. Tuttavia, permangono dubbi sulla sua autenticità. 

Il 27 luglio 1890 l'artista olandese raggiunse un campo vicino a Auvers-sur-Oise, un villaggio a pochi chilometri a Nord di Parigi, e si sparo' al petto.


La pistola era di potenza limitata e ci vollero giorni perche' Van Gogh morisse per le ferite riportate. 

Secondo gli esperti la pistola era rimasta nel campo tra 50 e 80 anni.

Ma rimane il dubbio se il revolver, che era stato precedentemente conservato al Museo Van Gogh di Amsterdam, sia l'arma che il pittore effettivamente utilizzo' per uccidersi.

Il Van Gogh Institute, che si occupa della casa dove il pittore visse i suoi ultimi giorni, ha criticato l'asta.

"Niente suggerisce che i resti (della pistola) siano collegati alla morte di Van Gogh", ha scritto in una nota, deplorando la "commercializzazione di una tragedia che merita piu' rispetto". 

Fonte Askanews

18/06/19

Libro del Giorno: "Silenzi" di Emily Dickinson


Arrivata in Italia soltanto con la prima edizione critica del 1955, l'opera di Emily Dickinson ha conosciuto un crescente successo cui ha certamente contribuito il lavoro di divulgazione e di traduzione di Barbara Lanati, innanzitutto con questo fortunato libro, uscito per la prima volta nel 1990 che raccoglie una meditata selezione dell'opera della grande poetessa di Amherst. 

Con l'interesse per l'opera è parimenti cresciuto in Italia quello per il personaggio Emily, per la sua vicenda biografica interessantissima nella sua particolarità unica.  Una vita vissuta in autoreclusione, in perenne ombra, al riparo della stanza al secondo piano della Mansion in perfetto stile New England dove la Dickinson visse praticamente i 56 anni della sua vita, con la misera eccezione di qualche rarissimo viaggio nelle città vicine.  

Come è noto, la Dickinson visse una vita di totale anonimato - in tutta la sua esistenza non pubblicò che sette poesie, in alcune riviste letterarie dell'epoca - anche se per la eccentricità della sua scelta di vita, per il riserbo assoluto con cui visse, per la maniacalità con cui per molto tempo evitò perfino di farsi vedere dagli ospiti nella sua stessa casa - sembra che per quindici anni non uscì mai dalla sua stanza, se non una sola volta per partecipare ai funerali di uno dei suoi nipoti morto prematuramente - per la fitta e corposissima corrispondenza che curò - più di duemila lettere - con interlocutori diversi, anche uomini con cui tessé amori platonici, per la sua straordinaria conoscenza della poesia classica, era già soprannominata dai vicini Il Mito

Barbara Lanati nella bella prefazione al volume ricostruisce in parte questa vicenda biografica, scandagliando le pieghe misteriose di una poesia metafisica e crepuscolare: estasi e passione, dolore e morte nutrono i versi della Dickinson che a dispetto della sua immagine di vergine riservata, chiusa e timida del Massachussets, vittima dell'autorità morale paterna e del vittorianesimo imperante, seppe esprimere una scrittura inquieta e inquietante, "astratta e insieme raffinatamente sensuale sgorgata da una vita fatta di reclusione, silenzio, attesa."

Eremita moderna fuori dalla religiosità dogmatica o confessionale, la Dickinson continua a interrogarci con i suoi meravigliosi, enigmatici, affascinanti versi immortali. 


Silenzi
cura e traduzione di Barbara Lanati 
Feltrinelli, 2014 
Pagine: 240 Prezzo: 9,50€ 
ISBN: 9788807900853 

17/06/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 29. "The Hours" di Stephen Daldry (2002)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 29. "The Hours" di Stephen Daldry (2002) 


E' uno dei film migliori degli ultimi due decenni, The Hours diretto nel 2002 dall'inglese Stephen Daldry, basato sul romanzo omonimo di Michael Cunningham, che vinse il premio Pulitzer.

Nel film - come anche nel libro - si intrecciano le vicende di tre donne, in tre diversi momenti della nostra storia. 

Quella della scrittrice Virginia Woolf - il film inizia nel 1941, nel Sussex quando, dopo avere lasciato una lettera al marito Leonard in cui dice di non potere più combattere contro la depressione, ringraziandolo per la felicità che le ha dato, si suicida annegandosi nel fiume Ouse; quella di Laura Brown, una casalinga infelice che aspetta un bambino, nel 1951; quella di una editor bisessuale, Clarissa Vaughan, che sta preparando una festa per il suo ex-amante Richard che sta per morire di AIDS, nel 2001.

Le tre donne sono interpretate rispettivamente da Nicole Kidman, Julianne Moore e Meryl Streep. 

Il film dunque racconta una giornata vissuta da tre donne, nel 1923, nel 1951 e nel 2001.

In quel giorno del 1923 Virginia si è stabilita a Richmond, sperando che l'aria di campagna le faccia passare gli esaurimenti nervosi e il profondissimo disagio psichico con cui convive e quella mattina comincia a scrivere quello che diventerà uno dei suoi romanzi più famosi: La signora Dalloway. Virginia riceve la visita di sua sorella Vanessa e dei due figli maschi di lei, Quentin e Julian. Il disagio aumenta, Virginia tenta una fuga da casa e va alla stazione dei treni, ma viene raggiunta da Leonard, al quale spiega in un drammatico colloquio che non può più restare lì con lui e che  vorrebbe tornare a Londra. 

In quel giorno del 1951, a  Los Angeles invece, Laura Brown è una donna che vive col marito Dan e il figlio Richie. Laura è una donna infelice, e non vuole nemmeno avere il bambino che aspetta. Il marito la ama tanto, ma lei in fondo sa di non ricambiare il sentimento. L'unica cosa che la conforta è la lettura del romanzo La signora Dalloway. E proprio in quel giorno, che è il compleanno di Dan, e in cui perfino la torta che ha preparato non riesce bene, riceve la visita di Kitty, una vicina di casa che le rivela di dover essere operata per la rimozione di un tumore all'utero. E' il campanello d'allarme per  Laura che non riesce più a sopportare la sua vita e decide di suicidarsi nella camera di un albergo, senza riuscire a portare a termine il suo proposito. 

In quel giorno del 2001 a New York, infine, Clarissa saluta la sua fidanzata Sally e va a comprare i fiori per Richard, che la chiama ostinatamente "Signora Dalloway", suo ex amante ora malato di AIDS, che proprio quella sera riceverà un'onorificenza per il suo lavoro nel campo della letteratura. Richard, un premio che lui non ritiene di meritare. Nel pomeriggio Clarissa va da Richard, che confessa alla donna l'amore che ha sempre provato per lei, citando le parole che Virginia Woolf aveva scritto nella lettera d'addio per il marito, e finisce per gettarsi dalla finestra sotto gli occhi di lei.

Il film finisce come è iniziato, ovvero con il suicidio di Virginia nel 1941. Mentre si immerge si sente la voce di Virginia pronunciare le frasi finali del film, rivolte a Leonard: «Caro Leonard, guardare la vita in faccia, sempre; guardare la vita, sempre, riconoscerla per quello che è; alla fine, conoscerla, amarla per quello che è, e poi metterla da parte. Leonard, per sempre gli anni che abbiamo trascorso; per sempre gli anni; per sempre, l'amore; per sempre, le ore.»

E' un film meravigliosamente riuscito, scandito dalle superbe musiche di Philip Glass, che rappresentano un capolavoro nel capolavoro, impreziosito dalla interpretazione delle tre straordinarie attrici e dai loro comprimari. 

Un film sul dolore del vivere, sulla inquietudine interiore, sulla impossibilità di essere felici e di dimenticare il peso della morte, sulla forza invisibile della vita e degli affetti veri, dell'amore che cura e dell'amore che fallisce. 

The Hours è un film che non si dimentica e si rivede con le stesse emozioni della prima volta, lasciandosi avvolgere dall'intenso profumo di vita e di morte che vi si respira.

Moltissimi premi ricevuti in tutto il mondo, compresa la statuetta per la migliore attrice a Nicole Kidman, autrice di una prova al limite delle capacità interpretative, sotto un pesante trucco che le ha dato le sembianze della grande Virginia Woolf. 

Fabrizio Falconi





13/06/19

28 giugno presentazione a Napoli di "Rima di frattura"




Sarà presentato a Napoli, Venerdì 28 giugno alle ore 18.00, allo  Spazio Guida in via Bisignano 11, "Rima di Frattura" il nuovo libro di Paola d'Agnese e Fabrizio Falconi appena uscito da Guida Editori.
Poesie che mirano a creare una “Rima di frattura” (Guida editori), di Paola D’Agnese e Fabrizio Falconi. “Ognuno di noi, almeno una volta, ha chiesto tempo. Tempo per andare, tempo per parlare… A chi me ne chiede dico sì… una, due, mille volte. Prendo tempo al tempo, formando una lunga catena di minuti. Minuti importanti, preziosissimi. Me li regalo. Te li regalo. Eccoli” scrive D’Agnese. 
Con gli autori ci saranno Antonio Pietropaoli e Floriana Coppola.

12/06/19

Libro del Giorno: "Di là dal fiume e tra gli alberi" di Ernest Hemingway




Pubblicato nel 1950, questo romanzo fa seguito al silenzio di Hemingway, durato 10 anni e seguito alla pubblicazione di Per chi suona la campana, nel 1939, uno dei più grandi successi. 

Il contrario di quello che accadde a Di là dal fiume e tra gli alberi, che fu ferocemente stroncato dalla critica, che aspettava al varco il ritorno di Hemingway dopo tanta inattività da scrittore, visto che in quei 10 lunghi anni era stato impegnato su ogni fronte: da quello bellico, in Europa durante la seconda guerra mondiale, a quello giornalistico, con le corrispondenze dalla Cina, da quello privato, con nuovi amori e nuove mogli, a quello itinerante, con i suoi viaggi avventurosi che lo condussero ovunque. 

Di là dal fiume e tra gli alberi è un romanzo singolarissimo,  quasi un non-romanzo che su 350 pagine si compone di quasi 200 pagine di ininterrotto dialogo tra i due protagonisti, un colonnello di fanteria USA, Cantwell, cinquantenne, alter-ego dello scrittore, e una diciannovenne contessina veneziana, sullo sfondo della Venezia più amata da Hemingway, quella invernale e notturna dell'Hotel Gritti, del caffè Florian e delle continue bevute al mitico Harry's Bar di Cipriani, che deve proprio allo scrittore americano la sua fama ormai universale. 

Nulla o quasi succede nel romanzo, che respira un'aria stagnante - paludosa - di morte.  Cantwell è un reduce di mille battaglie, è stato gravemente ferito, è ossessionato dalle vicende che hanno visto, durante l'avanzata verso Parigi, sterminato il reggimento di cui era a capo, e sente la morte vicina, per il suo cuore ormai fragile. 

L'amore impossibile per la ragazza - "l'ultimo e vero amore" ripete incessantemente Cantwell tra sé e sé e a lei - è il coronamento di una vita vissuta - come quella del vero Hemingway - con la presenza continua e ossessiva del rischio e della morte. 

I dialoghi e le visioni allucinate dall'alcool - memorabile almeno una scena, quella del giro notturno in gondola dei due amanti, tra le onde scure e il freddo gelido della laguna - sono la cornice; il sottotesto è un drammatico congedo dal mondo, di un distacco dalle amate e sofferte cose terrene, che non si possono possedere e che si possono soltanto perdere. 

Il vecchio leone - negli anni seguenti Hemingway vincerà il Premio Nobel e si congederà con quello che fu considerato il suo capolavoro, Il vecchio e il mare - preconizza la sua stessa morte, che avverrà realmente nelle modalità estreme del celebre suicidio con l'arma da caccia. 

Il romanzo fu tradotto in Italia da Fernanda Pivano, che nella bella introduzione racconta le sue mille vicende con il romanziere, i viaggi, gli inciampi, le sue debolezze, il suo fascino irresistibile, il bel mondo degli anni '60; ma in ritardo: per volontà stessa di Hemingway infatti, il romanzo fu tradotto in Italia soltanto dopo la sua morte, certamente per tutelare l'identità della giovane contessina su cui comunque i giornali scandalistici americani all'epoca si scatenarono comunque. 

Ricostruendo così la genesi del libro: nell'autunno del 1948, infatti, Hemingway, impegnato in una battuta di caccia alle anatre in compagnia di un amico aristocratico, incontrò a Venezia la giovane Adriana Ivancich, nobile di una familia di origine dalmata, nata a Venezia nel 1930 (e morta suicida nel 1983). 

Successivamente, quando era a Cortina d'Ampezzo a sciare con la moglie, lei si ruppe la caviglia e  Hemingway, annoiato, iniziò a scrivere il romanzo. Nella primavera successiva si recò a Venezia, approfondendo la conoscenza dell'adolescente, con la quale intrattenne una fitta corrispondenza nei mesi seguenti e terminando poi la scrittura del romanzo nella villa della Finca Vigia, a Cuba

Fabrizio Falconi 

Ernest Hemingway
Di là dal fiume e tra gli alberi
Traduzione e introduzione di Fernanda Pivano
Mondadori Editore Milano,1965
pp. 349
Euro 11.05

11/06/19

Libro del Giorno: "Il lavoro su di sé" di René Daumal



Negli ultimi tre anni della sua vita René Daumal intrecciò un intenso rapporto epistolare con una giovane coppia di amici nell’intento di condurla fattualmente, precisamente, sulla via della «conoscenza di sé».

Una conoscenza che esige un lavoro, un’opera di trasformazione incessante secondo modalità che solo un vero maestro spirituale può trasmettere.

E tale, indubitabilmente, Daumal era. Ispirato dall’insegnamento di Gurdjieff e della sua scuola, dotato di una straordinaria perizia nella comprensione della spiritualità indiana, Daumal sa offrire a tutti i lettori – con un’abilità e una determinazione che è possibile ritrovare solo nelle lettere di Pascal a Mademoiselle de Roannez – una bussola capace di guidarli sulla strada, lunga e difficile, che porta all’«acquisizione della coscienza».

Queste lettere sono dunque un invito al viaggio – al viaggio in se stessi per non scoprirsi automi. 

René Daumal nacque a Boulzicourt, nelle Ardenne nel 1908 e morì a Parigi nel 1944.

Animatore del gruppo Le grand jeu e dell'omonima rivista (1928-30), fu per qualche tempo vicino ai surrealisti.

Si dedicò allo studio del sanscrito e delle filosofie orientali, seguendo l'insegnamento di A. de Salzmann, a sua volta allievo di G. I. Gurdjieff.

In vita pubblicò poesie (Le contre-ciel, 1936), saggi, traduzioni e un racconto (La grande beuverie, 1938; trad. it. 1970), che si ispira alla "patafisica" di A. Jarry.

Incompiuto rimase Le mont analogue (post., 1952; trad. it. 1968), sorta di libro iniziatico dell'alpinismo e metafora narrativa del difficile viaggio alla ricerca dell'autenticità dell'essere. Altre opere postume: Poésie noire. Poesie blanche (1954); Les pouvoirs de la parole (1972)



René Daumal
Il lavoro su di sé
Lettere a Geneviève e Louis Lief
Traduzione di Cosima Campagnolo
Piccola Biblioteca Adelphi 
pp. 140 
Euro € 12,00