“Mi dica, allora”.
“Ecco: tutta la spiegazione si ricava da quel riferimento al ‘Borgo di Silke’. Vede, c’è già un accenno preciso quando, prima, nomina lo spirito di Amleto. La Danimarca… Io non ho fatto altro che inserire nel motore di ricerca la parola Silke, e poi la parola ‘mummia’, perché mi sembra che si parli di una mummia, che deve ‘consegnare il messaggio con la destra’.
Allora, è subito venuto fuori!”.
“Venuto fuori cosa?”.
Laura, prima di rispondere, estrasse dalla voluminosa borsa il computer portatile, divaricò lo schermo e spinse delicatamente il pulsante di accensione. Poi piantò i gomiti sul tavolo e guardò negli occhi il vecchio studioso: “In Danimarca esiste una mummia, chiamata L’uomo di Tollund. È stata scoperta nel 1950, in una torbiera, a pochi chilometri dalla città di Silkeborg, nello Jutland”.
“Non mi dica, ” borbottò Bonnard incredulo, “che la nostra sorgente di facezie pretenda ora di portarci davvero fino in Danimarca!”.
“Sembrerebbe proprio di sì, Bonnard”, disse Laura, perentoria, “il riferimento alla torba parla chiaro. È una mummia molto famosa. Il corpo fu ritrovato casualmente da due fratelli che erano andati a tagliare un po’ di torba in una zona di campagna. Mentre scavavano, affiorò dal terreno un cadavere, e loro, inorriditi, pensarono ad una recente sepoltura seguita a qualche fatto criminoso. Chiamarono la polizia. Ma una volta arrivati sul posto, gli inquirenti si resero conto che si trattava di un repertoarcheologico, straordinariamente conservato. Furono convocati studiosi, che prelevarono il corpo e lo portarono in un laboratorio per analizzarlo. E si scoprì così, dopo lunghi esami, che apparteneva ad un uomo vissuto circa 400 anni prima di Cristo!”.
Bonnard la interruppe: “Una mummia in Danimarca! Questa è bella. Ne è sicura?”.
“Sì, adesso il reperto è conservato nel museo di Silkeborg, un corpo intero ranicchiato in posizione fetale. L’uomo è stato impiccato e c’è ancora la corda al collo. Ma guardi qui, non è impressionante?”.
Finalmente sullo schermo del computer si materializzò una foto che Laura aveva trovato nel sito web del museo danese: ritraeva la testa di un uomo, con gli occhi chiusi, come dormiente, e i dettagli più minuti del volto straordinariamente realistici, come quelli di una maschera di cera perfettamente
disegnata.
“La nostra Ester non smette di sorprenderci!” esclamò Bonnard, avvicinandosi allo schermo per osservare meglio i particolari.
Dopo qualche secondo si alzò, armeggiò nel cassetto del secretaire, e tornò a sedersi, con la pipa in mano.
“Le dispiace se fumo?”.
“No, certo”, rispose Laura ipnotizzata dalla faccia marrone dell’uomo di Tollund, pietrificato dopo la sua agonia.
“Perché è stato impiccato?” chiese Bonnard.
“Non si sa, nessuno lo sa. È una mummia di più di duemila anni fa, come le ho detto. Ci sono diverse ipotesi, da quanto ho letto, su come sia stato ucciso. Nel suo stomaco sono state ritrovate diverse sementi e verdure, tra cui grani di segale cornuta, un particolare che ha fatto pensare ad un sacrificio. Tacito parla nel De Origine et situ Germanorum dei riti pagani germanici dedicati alla dea Nerthus, la dea della fertilità”.
“Parliamo di quali Germani per l’esattezza?”.
“Non lo so bene, Reudigni, Eudosi…”. ribattè Laura, “non ho avuto il tempo di approfondire. Quel che è certo è che la nuova traccia porta lì. Gliela rileggo: Proviene dal borgo di Silke quel lamento. La bocca è chiusa, ma canta ugualmente. Guarda i suoi occhi: non dorme, riposa. Il messaggio consegna alla destra, e della mummia non resta che un pezzo di torba, la testa. Mi sembra piuttosto chiaro”.
Bonnard, piuttosto disorientato di fronte all’idea di una trasferta all’estero, alla quale non aveva proprio pensato, prese tempo, accendendo con calma il braciere della pipa. Aspirò diverse boccate del buon tabacco – per fatalità di produzione danese – che aveva estratto dalla scatolina d’argento,
regalo di Elena di tanti anni prima.
“Che intende fare, allora?” chiese alla fine, sorvegliando le mani di Laura, che trafficavano senza posa tra i fogli sparsi sul tavolo.
Lei lo guardò a lungo, prima di rispondere. Bonnard si accorse che le tremava leggermente la palpebra dell’occhio destro.
“Dovremo andare, mi sembra chiaro”.
“Ha già detto qualcosa a Montenegro?”.
“È per questo che sono venuta subito qui. L’ho trovato, uscendo di casa, fuori della porta, mi aspettava sull’altro lato del marciapiede”.
“Davvero? Era da solo?”.
“Sì”.
“Che le ha detto?”.
“Mi ha fatto paura, aveva uno sguardo diverso dal solito. Con un cenno mi ha fatto segno di avvicinarsi e di seguirlo. Camminava velocemente, non riuscivo a stargli dietro”.
“Che le ha detto?”.
“Che anche loro hanno decifrato la traccia”.
“Oh questa è proprio bella!” sghignazzò Bonnard, “e allora che ci pagano a fare?”.
“Mi ha detto che i tempi si stanno accorciando, e che vogliono fare in fretta. Perciò, senza aggiungere altro, e presupponendo che io, cioè noi, sapessimo già tutto, mi ha detto che domani mattina alle undici c’è un volo per Copenhagen. Torneremo già in serata. Ci sono due biglietti a nostro nome,
l’appuntamento è alle dieci in punto, al gate 323. Noi dovremo arrivare separatamente, ha detto”.
“Un momento! Un momento!” fece Bonnard, agitando la mano con la pipa, diradando la nube di fumo azzurro sospesa nell’aria, “un momento, Laura! Analizziamo per bene la cosa”.
“In che modo ancora?”.
Sembrava impaziente di convincerlo della necessità di quella partenza, e della necessità di non contravvenire agli ordini di Montenegro.
“Se le cose stanno così, non c’è alcuna necessità che venga anch’io fin laggiù!”.
Laura lo spiò per capire se stesse dicendo sul serio.
“Ho una certa età”, aggiunse bonariamente Bonnard, “se si tratta soltanto di fare una visita in questo museo danese, di dare un’occhiata alla mummia in questione e prelevare l’ennesimo regalino in forma di biglietto, predisposto dal nostro misterioso tessitore di trame, non c’è alcuna necessità di andare in due”.
Laura, scrollò la testa:
“Non mi dirà che vuole lasciarmi da sola con Montenegro”.
Tratto da Fabrizio Falconi - Porpora e Nero - Edizioni Ponte Sisto, 2019
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