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22/10/18

Libro del Giorno: "Jackson Pollock - Lettere, Riflessioni, Testimonianze".




La mostra attualmente in corso a Roma, al Vittoriano, dedicata a Jackson Pollock e alla "Scuola di New York" è l'occasione per tornare alla figura di questo gigante dell'arte del XXmo secolo, attraverso un prezioso libro, edito da Ascondita e curato da Elena Pontiggia, che ripercorre sua la vicenda umana e artistica attraverso le rare lettere e scritti dello stesso Pollock, e alle testimonianze e riflessioni di coloro che lo hanno conosciuto, che ne hanno condiviso il percorso artistico o che ne sono stati attratti e colpiti per sempre. 

Si ripercorre così la storia di questo ragazzo, nato in provincia, a Cody, nel Wyoming, nel 1912, ultimo di cinque fratelli, da un padre contadino (poi agrimensore) e da una madre di origini irlandesi. L'infanzia e la giovinezza irrequieti, in un'America poverissima, gli studi alla Art Students League di New York, l'attraversamento del Paese da Ovest a Est in autostop e su mezzi di fortuna, la dipendenza dall'alcool, il carattere introverso e irascibile, la leggenda che ne è scaturita, l'incontro con Benton (di cui frequentò i corsi a New York), e con il muralismo messicano di Orozco e Siqueiros, la scoperta delle arti manuali e visive dei nativi americani, l'incontro con Lee Krasner che diventa sua moglie e la sua sodale artistica, l'incontro ancora più decisivo con Peggy Guggenheim, che lo lancia definitivamente sul mercato dell'arte, specialmente quello europeo, gli anni del ritiro nella casa di Springs, nel Long Island, gli esperimenti sempre più arditi con il dripping, la partecipazione al gruppo degli Irascibili, la frattura alla caviglia che gli rende difficile il lavoro, la separazione con Lee e alla fine il terribile incidente stradale che a soli 44 anni mette fine alla sua vita e a quella di un'altra donna (la sua compagna dell'epoca, Ruth Klingman, sopravvive). 

Ne emerge il ritratto di un uomo-artista-assoluto, assolutamente non incline ai compromessi,  quasi del tutto incompreso eppure desideroso soltanto di esprimere se stesso, il groviglio che abita la sua anima e di cui è perfettamente consapevole - quasi fosse uno stato di trance - solo quando dipinge, nella sua tecnica particolare, con la grande tela disposta ai suoi piedi e lui che letteralmente gli danza intorno disponendo il colore a schizzi. 

Il rifiuto del caso: "Non utilizzo il caso. Solo quando perdo il contatto con il quadro il risultato è caotico. Altrimenti c'è armonia totale;"  la fede nell'arte: "L'arte moderna lavora per esprimere un mondo interiore... esprime l'energia, il movimento e altre forze interiori"; la consapevolezza di una sfida vinta: "Ho fatto uscire la pittura dallo spazio angusto dell'atelier per portarla nel mondo e nella vita"; l'importanza del rapporto con l'inconscio: "L'inconscio è un elemento importante dell'arte moderna e penso che le pulsioni dell'inconscio abbiano grande significato per chi guarda un quadro." 

Qualcuno ha detto che l'arte di Pollock è cosmogonica. Ricercatori hanno anche azzardato una stretta correlazione - di cui Pollock ovviamente non poteva essere consapevole - tra le sue tele e i frattali, le strutture di cui è composto l'universo. 

Il mistero della grande arte di Pollock è in questa forza incredibile. La forza interiore di un cuore che contiene in sé il segreto dell'universo intero. 






22/04/18

Il Libro del Giorno: "Conoscenza, Ignoranza, Mistero" di Edgar Morin.




E' uno dei libri più intensi e meravigliosi che mi sia stato dato di leggere negli ultimi decenni. 

Quasi centenario (l'8 luglio compirà 97 anni), Edgar Morin ha scritto lo scorso anno questo breve saggio (148 pagine) di incredibile lucidità e profondità di sguardo. 

Con la sua celebre prosa asciutta e densa, il nobile vegliardo della filosofia contemporanea riesce ad offrire un testo-compendio, o testo-testamento, summa del suo percorso di conoscenza, durato quasi 70 anni tra studi, cattedre, onorificenze, seminari, convegni internazionali, pieno di folgoranti illuminazioni e di profonda consapevolezza. 

Con gli occhi lucidi di chi si avvicina alla morte, Morin distilla un percorso lungo l'attuale panorama delle conoscenze umane più estreme: cosa è la realtà, cosa è l'universo immane che ci circonda, cosa è la vita biologica, come sia nata e come sia possibile l'evoluzione, cosa sia la creatività della vita vivente, cosa quella umana e che cosa sia l'umano, che è sconosciuto a se stesso, cosa siano il cervello e la mente, cosa sia l'orizzonte post-umano che sembra attenderci tutti.

La constatazione, l'elencazione di queste conoscenze, rende evidente ciò che già avevano intuito i nostri padri. Chi aumenta la sua conoscenza aumenta la sua ignoranza, scriveva Friedrich Schlegel.  E San Giovanni della Croce: E la sua scienza aumenta mentre rimane senza sapere.

Queste due frasi sono portate in ex ergo insieme a diverse altre e riassumono lo spirito del libro: La conoscenza - che Morin ama smisuratamente, al punto di averne fatto il centro della propria esistenza - è problematica, perché, come scrive nelle prime pagine, Tutto ciò che è evidente, tutto ciò che è conosciuto diventa stupore e mistero. 

L'essere umano, infatti vive gettato (Heidegger) in una realtà misteriosa nella quale armonia e disarmonia si combinano e ciò che concorda e ciò che discorda si uniscono (Eraclito).

Più sappiamo del nostro universo, dell'universo che abbiamo intorno e che esploriamo con i nostri mezzi tecnologici sempre più potenti, sempre meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare che il 95% del nostro universo è formato di massa oscura ed energia oscura che non sappiamo ancora cosa siano. Per non parlare di come esso si sia formato e da cosa, di cosa vi fosse prima, di cosa ci sia oltre, di quale sia il destino dell'universo stesso. 

Più sappiamo della vita biologica, attraverso le nostre conoscenze, e meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare a come e perché la vita si sia sviluppata da sostanze inerti, del come essa si sia evoluta, di come in quel filamento di DNA siano contenute le informazioni contenute in 2 miliardi di anni di evoluzione dal primo organismo unicellulare alla macchina infinitamente complessa che è il corpo umano. 

Più sappiamo del cervello e della mente, attraverso indagini sempre più affrofondite, meno sappiamo di una macchina formata da cento miliardi di neuroni (dieci alla undicesima) collegati tra di loro e intrecciati in centomila miliardi di connessioni sinaptiche immerse in bagni di cellule gliali, meno sappiamo di cosa sia la coscienza, di come essa si sia formata, meno sappiamo del confine che esiste - ammesso che esista - tra la mente e il cervello. 

Più sappiamo del mondo atomico, e meno sappiamo, meno riusciamo a capire come sia possibile che tutta la realtà che noi vediamo sia formata essenzialmente da vuoto e da minuscole cariche elettriche, da particelle che sono anche onde e da quanti di energia. 

Insomma, il libro di Morin è una sublime  e informatissima cavalcata attraverso le estreme frontiere della scienza e della conoscenza, attraverso quello che hanno rivelato e quello di ancora più grande che nascondono, attraverso il mistero sconfinato che ci circonda e ci abita. 

Il fiammifero che accendiamo nel buio, scrive Morin, nelle ultime pagine, non solo rischiara un piccolo spazio, rivela anche l'enorme oscurità che ci circonda.

E' però un libro mirabile perché non vi è in esso una abiura della conoscenza, una rinuncia delle sue facoltà. Il Mistero non sminuisce per nulla la conoscenza che conduce ad esso, scrive anzi Morin.

Si può vivere, come fanno in tanti, quasi tutti, ignorando, banalizzando, razionalizzando l'ignoto e l'inconoscibile, in definitiva rimuovendolo e facendo finta che non esista.

Ma non servirebbe e non serve a niente: Morin ci impartisce invece una lezione definitiva. Il Mistero va affrontato, il mistero ci incoraggia a decidere e ad agire nell'incertezza, ci pungola a partecipare all'avventura umana,  una avventura che mischia il sublima e l'orribile, ci spinge ad accettare consapevolmente e con pienezza, la nostra aspirazione alla gioia e all'estasi che ci dà il senso (illusiorio? veritiero?) di unirci a un'innominabile sublimità che ci trascende. 

Un libro che è una esperienza. Anzi che E' esperienza. E che non si dimentica.



02/04/18

Nuove scoperte rendono ancora più fitto il mistero sulla Materia Oscura dell'Universo.


Si infittisce il mistero sulla materia oscura dopo la scoperta della prima galassia priva di questa componente invisibile. 

Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta si deve ai ricercatori coordinati da Pieter van Dokkum, dell'universita' americana di Yale. 

Distante 65 milioni di anni luce, la galassia si chiama NGC1052-DF2 e la sua scoperta "e' sorprendente perche' non ci aspettiamo differenze nelle galassie" ha rilevato il vicepresidente dell'Istituto Nazionale di FisicaNucleare (Infn), Antonio Masiero. 

Nello stesso tempo, ha aggiunto, "il dibattito sulla materia oscura si fa ancora piu' vivo e intrigante, soprattutto sull'interazione che c'e' tra materia oscura e materia ordinaria". 

Questo aspetto infatti aiuterebbe a comprendere perché ci siano galassie senza materia oscura. Si pensa che le galassie si formino a partire da un grumo di materia oscura, che attirerebbe il gas da cui poi nascerebbero le stelle, e questa componente misteriosa rimarrebbe poi dominante

Questa infatti occupa il 25% dell'universo, contro il 5% della materia ordinaria, di cui sono fatti stelle, pianeti ed esseri umani. 

Questa sostanza non e' mai stata osservata direttamente, ma la sua esistenza e' ipotizzata dagli effetti che ha sulla materia ordinaria: "per esempio le stelle nelle periferie delle galassie ruotano piu' velocemente di quanto dovrebbero e questo fenomeno e' spiegato dalla materia oscura che, con la sua forza gravitazionale, darebbe velocita' alle stelle" ha spiegato Masiero. 

Proprio osservando le stelle della galassia NGC1052-DF2, gli astrofisici non hanno notato anomalie, concludendo che non vi sia traccia di materia oscura. 

15/03/18

"I due più importanti incontri della mia vita: con Krishnamurti e con Albert Einstein". Una bellissima intervista a proposito del grande fisico David Bohm.

David Bohm con Krishnamurti

Pubblico questa bellissima intervista realizzata da Simeon Alev allo scrittore e fisico David F. Peat - che oggi vive in Italia, in Toscana - per la rivista digitale Innernet.

David Peat è stato per molti anni amico intimo e biografo di uno dei più grandi fisici del Novecento, David Bohm. 

In questa bellissima e lunga intervista, Peat racconta l'amicizia di Bohm con Krishnamurti, la loro lunga proficua collaborazione, i loro dialoghi, e l'altra con Albert Einstein. Si parla di fisica, del senso della nostra vita biologica nell'Universo, della Teoria dei Quanti, della meccanica quantistica, delle teorie unificanti e di molto altro.  Buona lettura. 

La vita di molti scienziati fu influenzata dal grande insegnante spirituale J. Krishnamurti, ma nessuno di loro ebbe un rapporto intimo e duraturo con lui come lo ebbe David Bohm.
Bohm e Krishnamurti si incontrarono la prima volta nel 1961 e la loro amicizia si protrasse fino alla morte di Krishnamurti, nel 1986 (anche se nel 1984 entrò in crisi).
Bohm iniziò la carriera come pupillo di J. Robert Oppenheimer, il direttore del Manhattan Project, il progetto finalizzato alla realizzazione della bomba atomica, durante la seconda guerra mondiale. All’epoca del suo primo incontro con Krishnamurti, Bohm si era già guadagnato una grande e discussa fama come uno dei più brillanti fisici teoretici della nostra era. Egli aveva sviluppato la teoria del plasma – il quarto stato conosciuto della materia, dopo quello solido, liquido e gassoso – e la sua analisi del comportamento plasmatico degli elettroni nei metalli aveva posto le fondamenta per gran parte della fisica degli stati solidi.
Bohm, inoltre, esercitò un ruolo centrale nel dibattito sulla teoria dei quanti (ancora in corso ai giorni nostri), e fu l’autore di molte, provocatorie “interpretazioni” del quanto. Durante gli anni del suo insegnamento a Princeton, divenne amico di Albert Einstein, il quale, dopo aver trascorso vari anni cercando, senza successo, un’alternativa alla versione generalmente accettata della meccanica quantica, sembra aver indicato in Bohm il suo “successore intellettuale”, affermando: «Se qualcuno potrà riuscirci, questi è Bohm».

Il giovane Bohm con Albert Einstein
Ma David Bohm forse è più conosciuto, specialmente tra chi non è scienziato, per una teoria che è allo stesso tempo il frutto di una ricerca spirituale lunga una vita e il risultato di una profonda intuizione scientifica. Si tratta della teoria dell’ordine sottinteso, fondata su una visione globale, totale, nella quale la materia e la coscienza sono unite.
Bohm sembra essere stato ossessionato, sin da piccolo, dall’idea secondo cui viviamo in un universo nel quale la materia e il significato sono inseparabili; si dice che la parola “totalità”, da egli impiegata nel primo incontro con Krishnamurti per descrivere il suo lavoro scientifico, fece balzare quest’ultimo dalla sedia per dare un abbraccio a Bohm.
Leggendo Wholeness and the Implicate Order di David Bohm (in italiano Universo, mente, materia, RED edizioni), ho avuto spesso dei sentimenti simili. L’ampiezza e l’integrità della sua visione è efficacemente riflessa nella sua esposizione, che è allo stesso tempo lucida, ampia, precisa e profondamente, misteriosamente toccante. Leggendo Bohm, si rimane molto spesso sbalorditi dalla sua abilità nel connettere fenomeni di ordine radicalmente diverso, oltre che dalla sua passione per scoprire l’interrelazione e la coesione dinamica di un mondo generalmente considerato una forma di caos meccanizzato nel quale gli esseri umani sono destinati a svolgere una piccola parte.
Una volta abbandonata la vantaggiosa posizione di isolamento e distacco, l’essere umano si scopre profondamente inserito in un universo indivisibile che è allo stesso tempo reale ed eternamente misterioso; un unico evento multidimensionale senza inizio o fine.
Per molti colleghi di Bohm, comunque, la sua insistenza sul fatto che l’universo fosse da un lato intrinsecamente ordinato, dall’altro impossibile da comprendere appieno, era irritante piuttosto che fonte di ispirazione. Rievocando una frustrante intervista con Bohm nel libro The End of Science: Facing the Limits of Knowledge in the Twilight of the Scientific Age (La fine della scienza: a tu per tu con i limiti della conoscenza nel crepuscolo dell’Era Scientifica), lo scrittore di scienza John Horgan scrive: “Bohm anelava a conoscere, a scoprire il segreto di ogni cosa, sia attraverso la fisica… sia attraverso la conoscenza mistica. Tuttavia, insisteva sul fatto che la realtà era inconoscibile, perché, credo, provava repulsione verso l’idea della finalità”.
La premessa da cui parte Horgan, non insolita al giorno d’oggi, è che nel giro di venti anni la scienza avrà risposto a tutte le domande più importanti dell’uomo. Ma quello che Bohm riesce a comunicare in modo piuttosto chiaro durante quella intervista, è la sua concezione secondo cui le risposte finali non sono poi così importanti quanto il cercare di conoscere il mondo nel quale viviamo senza idee o conclusioni fisse. Fu caratteristico di Bohm insistere sul fatto che le idee fisse che sottintendono le ipotesi scientifiche non sono di aiuto, ma di ostacolo, e che una metodologia che unisca il rigore all’apertura mentale è la migliore per restare al passo della verità, man mano che essa si rivela nel corso dell’indagine scientifica.
Ma Bohm trovava ugualmente inadeguata la flessibilità senza il rigore, così comune nella vita spirituale. In un’intervista rilasciata per la rivista ReVision nel 1981, egli disse: “Dal momento in cui il mistico sceglie di parlare della sua esperienza… deve seguire le regole che governano il mondo ordinario, il che significa che deve essere ragionevole, logico e chiaro”.
E questo Bohm non lo chiedeva solo ai mistici, ma soprattutto ai fisici quantici contemporanei, molti dei quali, alla luce delle paradossali scoperte sul regno subatomico, si erano sentiti dispensati dalla necessità di offrire spiegazioni concrete o avevano sviluppato teorie e persino cosmologie più mistificanti delle visioni di uomini religiosi o spirituali. Ironicamente, fu proprio la richiesta di Bohm di spiegazioni puramente fisiche dei fenomeni quantici che lo portò a essere evitato da molti suoi colleghi.
Tuttavia, coloro che approvavano questo invito nutrivano per Bohm una grande fedeltà. Uno di questi è lo scrittore e fisico F. David Peat, che da giovane ascoltò catturato le spiegazioni di Bohm sulla meccanica quantica alla radio “BBS”, senza sapere che diversi anni più tardi avrebbe incontrato il suo eroe, apparentemente per caso, che sarebbero diventati amici e colleghi, che avrebbero scritto un libro insieme (Science, Order and Creativity), e che lui stesso avrebbe scritto alla fine la biografia di Bohm, Infinite Potential: The Life and Times of David Bohm.
Autore di molti libri, Peat è un uomo dai molteplici interessi, che l’hanno portato a girare tutto il mondo: tra questi la fisica moderna, le arti visive, la psicologia junghiana e la spiritualità dei nativi americani. La nostra intervista è stata condotta telefonicamente da Pari, il paese vicino a Siena dove egli vive attualmente. E’ stato un piacere parlare di David Bohm con qualcuno che lo conobbe intimamente e i cui ricordi sono ancora vivi nella sua memoria. Come si intuisce dalla nostra conversazione, il pensiero di Peat è stato influenzato, sotto molti aspetti, da Bohm.
Infinite Potential è un ritratto completo e imparziale. La maggior parte del lavoro di Bohm è una straordinaria fonte di ispirazione, frutto di una grande integrità, ma Peat ha ben presenti anche i difetti del suo amico. “Bohm visse per il trascendente”, scrive Peat, “sognava una luce universale… Ma la sua vita fu caratterizzata da una grande sofferenza e da periodi di grave depressione. Durante la sua vita, non raggiunse mai la completezza; tutto ciò che conquistò, e di cui ancora avvertiamo i benefici, fu raggiunto solo al prezzo di grandi sacrifici”.
Simeon Alev: Perché pensa che fosse importante scrivere una biografia di David Bohm, in questo momento?
David Peat: Penso che sia un libro utile perché aiuta a mettere la vita di Dave in prospettiva e perché riunisce tutta la sua opera, cosa che non è mai stata fatta prima. Dave aveva fatto cenno al proposito di scrivere un’autobiografia – da solo o con l’aiuto di qualcuno – e dopo la sua morte, nel 1992, ne parlai con le persone che gli erano state più vicini. Tutti eravamo preoccupati dal fatto che un’altra persona avrebbe potuto improvvisare una biografia, per cui decidemmo che forse avremmo dovuto farne una noi, e subito.
Vede, sembra che il lavoro di Dave abbia molti aspetti diversi: in esso troviamo, per esempio, le ricerche giovanili sul plasma, la teoria delle variabili nascoste, l’ordine sottinteso e la ricerca di nuovi ordini nella fisica; inoltre, la collaborazione con Krishnamurti e le ricerche sulla coscienza e sul significato del soma. Ma quando si considera la sua vita come un tutto, ci si accorge che questi sono aspetti dello stesso modo di vedere l’universo, e quindi non sono diversi. Ho pensato che sarebbe stata una buona cosa che la gente sapesse ciò, particolarmente coloro che, nel mondo della fisica, hanno cominciato a selezionare le idee di Dave, scegliendone alcune piuttosto di altre. Ho pensato che sarebbe stato utile presentarle tutte insieme, in modo che le persone possano rendersi conto del loro livello di integrazione, cosa che non comprendono del tutto nemmeno coloro che conobbero abbastanza bene Bohm.
Simeon Alev: La sua vita e il suo lavoro furono un tutt’uno coerente.
David Peat: Sì, mi sembra che ogni cosa sia legata al resto; semplicemente, non puoi estrarne una parte.
Simeon Alev: Dunque, sembra che la vita e il lavoro di Bohm contengano un messaggio globale per l’umanità?
David Peat: Beh, in un certo senso il messaggio è questa stessa visione dell’interezza… Che naturalmente non è nuova; è contenuta in molte altre filosofie e se ne parla da tempo. Ma credo che ogni volta che qualcuno ne parla, la rinnova o la reinventa, riportandola in vita per il tempo presente. E io penso che David lo abbia fatto per la nostra epoca. Egli, inoltre, evidenziò il fatto che la scienza si era scissa sia all’interno di se stessa sia dalle tematiche spirituali e dalla riflessione sulla coscienza e il sé. E nella biografia è possibile vedere come queste idee si esprimessero attraverso la sua lotta. La sua vita fu allo stesso tempo l’intuizione di qualcosa di trascendente e una lotta per raggiungere questa condizione di integrità. E oggi il suo lavoro appare sempre più rilevante.

27/02/18

L'universo si espande molto più velocemente del previsto. "Vediamo segnali arrivarci da qualche mondo nuovo, ma non sappiamo né come è fatto, né dove si trova".


L'universo si espande molto piu' velocemente del previsto: la sua velocita' e' del 10% superiore a quella misurata finora.

Lo indica la misura piu' precisa mai ottenuta, pubblicata sull'Astrophysical Journal.

A 100 anni dai primi calcoli della velocita' di espansione dell'universo, il risultato apre la finestra su un lato misterioso del cosmo, perche' fornisce i primi indizi di una nuova fisica.

Si deve a uno dei papa' della scoperta che l'espansione sta accelerando, il premio Nobel per la fisica Adam Riess.

Del suo gruppo, presso l'americano Space Telescope Science Institute (STScI) e Johns Hopkins University, fa parte anche l'italiano Stefano Casertano.

Possibile grazie ai dati del telescopio spaziale Hubble, dedicato all'astrofisico statunitense che ha scoperto l'espansione dell'universo, il risultato "apre le porte a un viaggio nel mistero: vediamo segnali arrivarci da qualche mondo nuovo, ma non sappiamo ne' come e' fatto, ne' dove si trova" ha detto all'ANSA il vicepresidente dell'Istituto Nazionale diFisica Nucleare (Infn), Antonio Masiero. 

11/02/18

Michio Kaku: "Il caso non esiste. C'è una forza intelligente che governa tutto".



Fisico e teorico americano molto rispettato, Michio Kaku, famoso per la formulazione della teoria rivoluzionaria delle stringhe (modello di fisica fondamentale che presuppone che le particelle materiali apparentemente specifici sono in realtà “stati vibrazionali”), ha recentemente causato una piccola scossa nella comunità scientifica sostenendo di aver trovato le prove dell’esistenza di una forza sconosciuta e intelligente che governa la natura. Più semplicemente, qualcuno di simile al concetto che molti hanno di Dio come creatore e organizzatore dell’universo. Per arrivare a questa conclusione Michio Kaku ha utilizzato una nuova tecnologia creata nel 2005 e che gli ha permesso di analizzare il comportamento della materia su scala subatomica, basandosi su un “primitivo tachioni semi-radio”. Tachioni, incidentalmente, sono tutte quelle ipotetiche particelle in grado di muoversi a velocità superluminali, cioè sono particelle teoriche, prive di qualsiasi contatto con l’universo. Quindi questa materia è pura, totalmente libera dalle influenze dell’universo che la circonda.

Secondo il fisico, osservando il comportamento di questi tachioni in diversi esperimenti, si arriva alla conclusione che gli esseri umani vivono in una sorta di “Matrice”, cioè un mondo governato da leggi e principi concepiti da una specie di grande architetto intelligente

“Sono giunto alla conclusione che siamo in un mondo fatto da regole create da un’intelligenza, non molto diversa da un gioco per computer, ma naturalmente, più complessa”, ha detto lo scienziato.

Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica, colpiti dalle primitive tachioni semi-radio , un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia, totalmente libero da ogni influenza dell’universo, la materia, la forza o la legge, è percepito il caos assoluto in forma inedita . 

“Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato caso, non ha alcun significato, per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali, Dio è un gran matematico” ha detto lo scienziato .

Michio Kaku ha ricordato che “qualcuno fece ad Einstein la grande domanda: c’è un Dio? Al che Einstein rispose dicendo che credeva in un Dio rappresentato dall’ordine, dall’armonia, dalla bellezza, dalla semplicità e dall’eleganza, il Dio di Spinoza. L’universo potrebbe essere caotico e brutto, invece è bello, semplice e governato da semplici regole matematiche. ”

Per quanto riguarda la formulazione del famoso “String Campo Theory”, o teoria delle stringhe, modello fondamentale della fisica che presuppone che particelle di materiale apparentemente specifici sono effettivamente “stati vibrazionali” un oggetto esteso più base chiamato ” corda “o” filamento “che renderebbe un elettrone, per esempio, non un” punto “struttura interna e dimensione zero, ma una massa di minuscole corde vibranti in uno spazio-tempo di più di quattro dimensioni , Kaku ha affermato che “per lungo tempo ho lavorato su questa teoria, che si basa su musica o piccole corde vibranti che ci danno le particelle che vediamo in natura. Le leggi della chimica con cui abbiamo avuto problemi alle superiori, sarebbero le melodie che possono essere suonate su queste corde vibranti. L’universo, sarebbe una sinfonia di queste corde vibranti e la mente di Dio, su cui Einstein scrisse molto, sarebbe la musica cosmica che risuona attraverso questo nirvana, attraverso uno spazio iper-dimensionale “.

Il fisico americano di origine giapponese ha concluso che “i fisici sono gli unici scienziati che possono pronunciare la parola “Dio” e non arrossire. 

Il fatto essenziale è che queste sono domande cosmiche di esistenza e significato. Thomas Huxley, il grande biologo del secolo scorso, ha affermato che la questione di tutte le questioni della scienza e della religione è determinare il nostro posto e il nostro vero ruolo nell’universo. Pertanto, scienza e religione trattano la stessa domanda. Tuttavia, c’è stato essenzialmente un divorzio nel secolo scorso, più o meno, tra scienza e umanesimo, e penso che sia molto triste che non parliamo più la stessa lingua “.


06/10/17

Quando vi chiederanno: "Dove siamo ?" potete dare ora Una risposta molto precisa.





Questa è l'epoca del "Dove sei?"  la domanda che ci sentiamo ripetere e che facciamo in ogni minuto, quando chiamiamo al cellulare qualcuno che chissà dove si trova in quel momento.  "Dove sei?" però anche, più metaforicamente la domanda simbolo dell'oggi, momento storico di estremo straniamento. Se comunque intendete essere precisi, nella vostra risposta, oggi potete esserlo con cura quasi maniacale (dopo almeno 4 secoli di osservazione astronomica dei cieli).

Viviamo su un confortevole pianeta a 150 milioni di chilometri da una stella di media grandezza, il Sole, collocata a 27.000 anni luce dal centro di una galassia spirale, la Via Lattea (centomila anni luce di diametro), che fa parte del Gruppo Locale (dieci milioni di anni luce di diametro), un insieme di galassie appartenenti al Superammasso della Vergine (cento milioni di anni luce diametro), una delle componenti del Complesso dei Pesci-Balena, che si estende per un miliardo di anni luce.


Tratto da: Vincenzo Barone, I nuovi confini del cosmo, Il sole 24 ore, Domenica 24 settembre 2017

27/09/17

Torna la Notte dei Ricercatori, il 29 settembre manifestazioni in tutta Italia tra telescopi e Galassie.



Seminari scientifici, mostre, laboratori, visite guidate. Tante le iniziative proposte dalle sedi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica sparse sul territorio italiano in occasione della Notte Europea dei Ricercatori, iniziativa promossa dalla Commissione europea, che chiudera' il prossimo 29 settembre l'edizione 2017 della Settimana della Scienza

Obiettivo dichiarato: divulgare la scienza al grande pubblico e rendere piu' familiare la figura del ricercatore. 

Tantissimi gli appuntamenti da nord a sud della penisola (maggiori dettagli su media.inaf.it). 

A Brera - ad esempio - all'Osservatorio Astronomico presso l'Aula Magna del Museo di Storia Naturale, Giardini di Via Palestro, venerdi' 29, dalle 16 alle 22, e sabato 30, dalle 16 alle 21, sara' possibile visitare la mostra "Grandi telescopi, grande scienza", organizzata congiuntamente dall'Osservatorio Europeo Australe (Eso) e dal progetto europeo "Darklight", finanziato dall'European Research Council (Erc). 

Il cuore dell'Universo e della sua straordinaria zoologia di forme e colori sara' scandagliato con gli occhi del VLT (Very Large Telescope), il telescopio all'avanguardia che ha portato a scoperte scientifiche straordinarie, come la gigantesca mappa dell'Universo creata e studiata dal progetto Darklight. 

Non manchera' uno sguardo al futuro, con immagini del progetto ELT (Extremely Large Telescope), l'enorme telescopio da 39 m di diametro in fase di costruzione da parte dell'Eso, di cui sabato 30 parlera' il responsabile di programma dell'ELT, Roberto Tamai dell'ESO. 

A Milano, presso il Museo della scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci, venerdi' 29 dalle 19 alle 20.30, presso l'Area Spazio si svolgera' l'inaugurazione della musealizzazione del telescopio Merz Repsold, utilizzato da Giovanni Virginio Schiaparelli alla fine del XIX secolo per i suoi studi del pianeta Marte. 

A seguire, nella Sala delle Colonne, si svolgera' l'incontro "150 anni col naso all'insu': dal telescopio di Schiaparelli agli strumenti astronomici di prossima generazione", con il presidente dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, con il responsabile tecnico del progetto europeo dell'ESO che costruira' in Cile il telescopio piu' grande e sofisticato mai realizzato e con alcuni scienziati che collaborano alla sua realizzazione e che lo utilizzeranno per indagare sempre piu' a fondo i segreti dell'Universo

A Padova proprio il 29 settembre si concludono le celebrazioni per i 250 anni dell'Osservatorio Astronomico della citta': ci saranno cacce al tesoro e robot spaziali per i piu' piccoli, si parlera' di storia, cieli da salvare, missioni da spedire nello spazio e galassie a forma di medusa per i piu' grandi, tutto fino a tarda sera. 

"Cari Pianeti vicini e Lontani" - informa l'Inaf - e' invece il titolo della tavola rotonda sullo sviluppo delle missioni spaziali future per l'esplorazione dei pianeti del nostro Sistema solare e per la scoperta di nuovi pianeti extrasolari che si terra' nel cortile interno dalle 19 alle 20.30. 

Dalle 19 alle 23 nella Sala Pigne ci sara' la presentazione "Galassie medusa e i buchi neri supermassicci" con filmati, simulazioni e proiezioni 3D dei recentissimi clamorosi risultati su queste galassie a forma di medusa che alimentano famelici buchi neri nascosti negli ammassi di galassie. 

 Tra gli appuntamenti di Bologna, l'evento congiunto Inaf/Infn "L'Universo oscuro: viaggio ai limiti della nostra conoscenza del Cosmo" una conversazione tra fisici e astrofisici sul tema della Materia e dell'Energia Oscura, con intervalli musicali e collegamento in streaming con il Cern (alle 21.00 nell'Auditorium Biagi di Sala Borsa). 

Nel Lazio l'Osservatorio Astronomico di Roma e l'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali organizzano diverse attivita' partecipando al progetto Made in Science, organizzato da FrascatiScienza

 Tra gli appuntamenti, quello con la mostra "In Viaggio con Cassini" realizzata in collaborazione con l'Associazione Stellaria, per celebrare insieme il gran finale della sonda Cassini-Huygens. 

A completamento della mostra verranno presentati alcuni dei principali progetti spaziali e di ricerca dell'Istituto, tra cui il progetto europeo AHEAD, con la proiezione del premiato documentario per planetari "L'Universo Caldo e violento". 

Venerdi' 29, in collaborazione con il CNR-ARTOV sara' possibile visitare i laboratori di ricerca dell'Inaf-Iaps ospitati presso ARTOV, Area di Ricerca di Tor Vergata (via Fosso del Cavaliere 100, Roma).

 Presso la sede dell'Osservatorio Astronomico di Roma, venerdi' 29, l'appuntamento e' con "ASTROJukeBox": i ricercatori incontreranno il pubblico, presso l'Osservatorio e organizzeranno un vero e proprio talk show, con ricercatori a rispondere alle domande piu' svariate del pubblico, secondo le loro curiosita', spaziando dal Sistema solare al Big Bang fino ai buchi neri

All'Inaf di Capodimonte laboratori, esperimenti, conferenze e osservazioni. Venerdi' 29 dalle 18 sino a tarda sera, l'Osservatorio invita grandi e piccini a "toccare con mano" l'Universo con un ricco e vario programma di attivita'. In Sicilia l'Osservatorio Astrofisico di Catania aprira' le porte delle sue sedi, mentre a Palermo l'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica offre diverse attivita' tra cui due presentazioni per la Science Happy Hour presso il "Caffe' Internazionale" di Palermo: "The dark side of the universe: materia oscura ed energia oscura" e "Il grande, il piccolo, l'io: storia del Cosmo a uso dei suoi abitanti". Per concludere, l'Osservatorio Astronomico di Cagliari venerdi' 29 aprira' le porte al pubblico gia' dal pomeriggio, mettendo a disposizione il suo personale di ricercatori, tecnologi e tecnici per chiacchierare con i visitatori e raccontare le attivita' scientifiche e tecnologiche portate avanti al suo interno. La serata proseguira' poi con una visita al Museo degli strumenti storici dell'Osservatorio, uno spettacolo al Planetario e si chiudera' con l'osservazione del cielo ai telescopi. Inoltre, durante la giornata sara' possibile visitare il Sardinia Radio Telescope.

22/06/17

Scoperte "anomalie" in una Galassia antichissima.



Una galassia giovane e massiccia, ma gia' "morta" in un'epoca in cui invece l'universo era nel massimo ritmo di produzione stellare e la cui fine resta misteriosa: a scoprirla e' stato un team internazionale di ricercatori, tra cui Anna Gallazzi e Stefano Zibetti dell'Istituto Nazionale diAstrofisica (INAF) di Firenze, e coordinato dall'Universita' di Copenhagen. 

La galassia MACS2129-1 e' lontanissima, a 10 miliardi di anni luce, quando l'Universo aveva appena 3 miliardi di anni. Al suo interno non si stanno formando nuove stelle, ma quelle presenti sono sorprendentemente disposte in un disco in rapida rotazione, proprio come la Via Lattea. 

La scoperta e' stata pubblicata sulla rivista Nature. Le galassie sono sistemi stellari che gli astronomi raggruppano in due categorie principali: a spirale, dalla tipica forma di disco, come la Via Lattea, ed ellittiche. Una delle differenze piu' importanti tra le due e' che, mentre le galassie a spirale sfornano nuove stelle, le ellittiche hanno smesso di farlo da lungo tempo, e per questo sono dette "morte". 

Mai prima d'ora era stata osservata una galassia primordiale di grande massa, che mostra allo stesso tempo di possedere un disco ben ordinato e un tasso di formazione stellare praticamente nullo: MACS2129-1 mette in crisi le piu' accreditate teorie secondo cui solo eventi catastrofici, che rimescolano le stelle e distruggono le ordinate strutture dei dischi, sono in grado di interrompere la formazione stellare in queste enormi galassie primordiali. 

Le osservazioni fatte con il Very Large Telescope (VLT), dello European Southern Observatory (ESO), e con il telescopio spaziale Hubble, di NASA ed Agenzia Spaziale Europea (ESA), hanno evidenziato le caratteristiche fuori dal comune della galassia: la sua massa e' circa il triplo della Via Lattea, ma e' grande circa la meta'. Inoltre le sue stelle ruotano attorno al centro ad oltre 500 chilometri al secondo, due volte piu' veloci di quelle della nostra galassia. 

I ricercatori sono riusciti ad analizzarla cosi' in dettaglio anche perche' si trova esattamente dietro un ammasso di altre galassie piu' vicine a noi, che si e' trasformato in una vera e propria lente di ingrandimento. 

27/04/17

La Materia Oscura esiste veramente. Un nuovo studio della Università di Durham.




La materia oscura esiste. Almeno nella versione `tascabile` dell`Universo riprodotto dentro a un computer: è quanto afferma un team di ricercatori guidati dall`Università di Durham, che, come riporta il sito dell'Agenzia spaziale italiana, grazie alle simulazioni ha trovato una prova dell`esistenza della signora dell`oscurità. 

La dark matter, ineffabile componente del cosmo che secondo recenti stime costituirebbe oltre l`80% della massa presente nell'Universo, resta uno dei più grandi misteri della scienza moderna

La maggioranza degli astronomi è oggi convinta della sua esistenza, eppure neanche le tecnologie più avanzate hanno permesso fino ad ora di osservarla

Per questo da tempo gli scienziati si stanno concentrando su metodi indiretti per ricostruire il possibile identikit della materia oscura, in modo da cercare di capire qualcosa di più sulla sua natura e la sua misteriosa composizione. 

Uno dei metodi più efficaci è quello che unisce dati osservativi e simulazioni al computer: riprodurre `virtualmente` porzioni di Universo a partire dalle informazioni disponibili permette di elaborare modelli simulativi da cui estrarre previsioni realistiche sull`evoluzione del cosmo

 Il nuovo studio dell`Università di Durham si muove esattamente in questo terreno. 

Utilizzando tecniche avanzate di simulazione computazionale, il team di ricerca ha ricostruito il processo di formazione delle galassie tenendo conto della presenza della materia oscura. 

E così miliardi di anni di evoluzione sono stati compressi in poche settimane, riproducendo in potentissimi supercomputer le complesse relazioni esistenti tra la massa, la dimensione e la luminosità delle galassie. 

I risultati, pubblicati su PhysicalReview Letters, mostrano che la dimensione e la velocità di rotazione delle galassie simulate erano collegate alla loro luminosità in un modo simile alle osservazioni reali fatte dagli astronomi. 

In altri termini, il micro-Universo virtuale si comportava in modo del tutto coerente con le informazioni disponibili sull`Universo reale. 

Il che, secondo gli autori dell`articolo, è un`ulteriore prova indiretta dell`esistenza della materia oscura. 

 "Questo risolve un antico problema che ha messo in difficoltà i modelli della materia oscura per oltre un decennio - commenta Aaron Ludlow, leader dello studio. - L`ipotesi dell`esistenza della materia oscura resta la migliore spiegazione per i fenomeni gravitazionali che tengono insieme le galassie. Per questo, anche se le sue particelle sono molto difficili da rilevare, la fisica deve insistere".

23/12/16

La Nasa fa gli auguri di Natale con la meravigliosa immagine di un "Nido di stelle".




Non sono la fantomatica cometa di Betlemme, ma sono ugualmente belle e luminose e arrivano al momento giusto.


In realta' si tratta di una galassia singolare, dalla forma a spirale, ma cosi' poco compatta da produrre l'impressione di un nido di stelle

E' la prima osservazione dettagliata di questa 'galassia stellare' fin dalla sua scoperta, avvenuta nell'aprile del 1789 fa a opera dell'astronomo William Herschel

 In una notte limpida di piu' di due secoli fa, Herschel vide la luce di NGC 4707, una galassia a spirale nascosta nella costellazione dei Cani da caccia, lontana 22 milioni di anni luce dalla Terra. 

Oltre duecento anni dopo, il telescopio spaziale Hubble e' riuscito a individuare e vedere la stessa galassia, ma con un dettaglio molto maggiore di quello di Herschel, cogliendone tutte le sue caratteristiche e complessita' come mai prima. 

La straordinaria immagine pubblicata raccoglie infatti le osservazioni della Advanced Camera for Surveys (ACS),uno degli strumenti ad alta risoluzione posto a bordo di Hubble

Herschel descriveva NGC 4707 come una "piccola galassia stellare"

Anche se classificata a spirale, i suoi bracci sono molto larghi e indefiniti, e il centro piccolissimo, quasi inesistente. Sembra piu' una spruzzata di stelle, con pennellate di lampi blu su una tela scura sulle regioni di formazione stellare, dove gli astri neonati brillano luminosi, circondati da ombre intense turchesi e azzurre.

19/11/16

"L'universo senza parole" di Dana Mackenzie (Recensione).



Una riprova della propensione divulgativa degli studiosi anglosassoni è questa fornita da Dana Mackenzie che dopo la laurea in matematica alla Princeton University è stato a lungo professore, per poi dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. 

Collaborando con importanti riviste di divulgazione-scientifica come Science, Discover e New Scientist, Dana Mackenzie ha sviluppato questo talento fino al tentativo quasi disperato rappresentato da questo volume: quello di spiegare la fortuna e la storia della matematica in 24 fondamentali equazioni che hanno cambiato la nostra percezione del mondo e la storia dell'umanità. 

Edito per la prima volta negli Stati Uniti nel 2012, L’universo senza parole è stato tradotto in varie lingue ed è divenuto in Francia un vero e proprio caso editoriale. 

Una sfida quasi disperata perché se la maggior parte dei libri di divulgazione sulla scienza, persino sulla matematica, evita le equazioni come se fossero qualcosa da risparmiare ai delicati occhi dei lettori, Dana Mackenzie fa esattamente il contrario concentrandosi proprio sulla magia della matematica che si riassume nella sintesi elegante e geniale delle equazioni.

Si snodano dunque, nel rapido succedersi dei 24 capitoli, altrettanto celebri formule, dalla più elementare di tutte: 1+1=2, attraverso la scoperta del Pigreco,  delle equazioni di Archimede, Pitagora, Galileo, Poincaré e Dirac fino alla più sofisticata (la formula di Black-Scholes sui derivati finanziari); dalla più famosa (E = mc2) alla più arcana (l'equazione dei quaternioni di Hamilton).

In questo lungo passaggio millenario il libro di Dana Mackenzie mette in evidenza come la funzione della matematica si sia radicalmente trasformata: dalla funzione di spiegare la realtà cioè di interpretare e rendere ragione della esistenza dei fenomeni del mondo: dalle figure geometriche al movimento dei pianeti, alla funzione di immaginarla e prevederla: il mondo della matematica infatti oggi è in grado, con le sue presunte astrazioni, di immaginare quello che la fisica scoprirà solo in un secondo momento, con le prove empiriche, come è successo ad esempio di recente, con il Bosone di Higgs, previsto da studi matematici con venti anni d'anticipo prima che l'acceleratore di particelle del CERN di Ginevra ne dimostrasse l'effettiva esistenza. 

L'esperimento di Mackenzie però funziona soltanto a metà. Il libro non è per niente chiaro e originale nelle illustrazioni scelte e nella esposizione dei diversi capitoli e la parte strettamente matematica - con lo sviluppo delle singole equazioni -  è molto tecnico e arduo per chi non abbia una preparazione specifica.

Resta così oscuro molto di quanto viene raccontato nei capitoli - specie gli ultimi che descrivono una matematica sempre più sofisticata  complessa e astratta -  anche se è godibile il quadro d'insieme che spinge a riflettere sulla perfezione misteriosa e matematica del nostro universo.

Dana Mackenzie
L'universo senza parole
Rizzoli 2016 Pagine: 224


Fabrizio Falconi


03/06/15

"Il nostro ambiente cosmico" di Martin Rees, un libro per conoscere il mistero dell'Universo.




Mi sento chiedere spesso l'indicazione per un libro che approfondisca i grandi temi, i grandi enigmi del cosmo - della nostra condizione umana dell'essere gettati in questo spaventoso mistero - in modo divulgativo, comprensibile e serio, sulla scia del grande successo ottenuto in Italia delle Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli, di cui abbiamo parlato anche qui. 

Credo che per chi ha interesse, non potrebbe prescindere da un grande libro scritto da uno dei maggiori cosmologi, nato nel 1942, e direttore della Royal Society, astronomo reale d'Inghilterra, Martin Rees.

E' Il nostro ambiente cosmico, edito da Adelphi già da qualche anno e più volte ristampato. 

In questo volume Rees espone in forma comprensibile tutte le vertiginose teorie sulla nascita e sul futuro del cosmo.  

Martin Rees


Emergono dalle ultime e più sofisticate ricerche mondiali novità clamorose e per molti versi sconvolgenti.  

Il Big Bang non è - come si credeva fino a qualche tempo fa - un evento unico, originario, ma un evento locale in un MULTIVERSO, di cui ci sfugge la configurazione globale.  

L'espansione dell'universo non sta affatto rallentando, come si credeva, ma accelerando, e forse è infinita. 

La materia oscura, l'antigravità, la forza repulsiva, l'energia del vuoto o quintessenza: altri misteri incredibili e affascinanti che evidenziano il nostro stare perennemente in bilico  di un grande mistero sospeso tra due infiniti: grande e piccolo.


Fabrizio Falconi

26/02/15

Il Buco Nero dei misteri che può riscrivere la storia dell'Universo - Una scoperta fantastica.



Pubblico a beneficio dei lettori questo meraviglioso articolo scritto da Emanuele Perugini per Il Messaggero, 26 febbraio 2015.


La storia dell’Universo, almeno così come la conosciamo, deve essere riscritta.

Se non del tutto, almeno per la parte che riguarda la formazione e il funzionamento dei buchi neri.

Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Arizona ha infatti scoperto un buco nero così grande e luminoso da scombinare tutti i calcoli finora effettuati e le teorie che su quei numeri trovano solide conferme.

Del resto, da un buco nero, dall’oggetto cioè più misterioso e affascinante dell’Universo non potevamo aspettarci altro. Mentre però di solito sono i fisici e gli astronomi a fare le pulci quando capita che un film o un libro prendano in considerazione questi corpi celesti, come di recente il film Interstellar di Christopher Nolan, stavolta è stato un buco nero a fare le pulci agli scienziati, costringendoli a mettere in dubbio le loro solide certezze. I numeri, come si dice in questi casi, proprio non tornano.

I dati rilevati dagli astrofisici dell’Università dell’Arizona guidati da Xue-Bing Wu e pubblicati su Nature, sono impressionanti.

Il buco nero SDSS J0100+2802 (questa la sua sigla) o meglio il quasar che lo circonda ha una massa pari a 12 miliardi di stelle come il nostro Sole. Un decimo di tutta la Via Lattea. La sua luminosità, è un altro record assoluto perché è pari a 420 trilioni di volte di quella del nostro Sole.

Si tratta di numeri impressionanti e mai rilevati fino ad oggi, ma non sono questi i dati che hanno fatto saltare sulla sedia gli astrofisici di tutto il mondo.

Quello che più colpisce ed è veramente fuori da ogni teoria fin qui messa in tavola è la sua lontananza. Questo buco nero si trova infatti a una distanza di circa 12,8 miliardi di anni luce dalla Terra. E siccome la distanza, nello spazio, equivale al tempo, significa che la luce emessa da questo enorme corpo celeste è stata generata quando l’Universo aveva appena 900 milioni di anni.

Troppo poco tempo per arrivare a generare un buco nero di tali proporzioni. «Questo quasar è davvero unico» dice Xue-Bing Wu. «Scoprire che questo Quasar ha emesso la radiazione che abbiamo studiato appena 900 milioni di anni dopo il Big Bang ci ha letteralmente galvanizzato. Proprio come un faro, il più brillante tra quelli ai confini del cosmo, la sua intensa luce ci aiuterà a sondare meglio l’universo primordiale».

Xue-Bing-Wu

 La scoperta è stata realizzata combinando i dati raccolti dal telescopio da 2,4 metri di diametro Lijiang nello Yunnan (Cina), il Multiple Mirror Telescope da 6,5 metri, il Large Binocular Telescope in Arizona, il Magellan Telescope dell’Osservatorio di Las Campanas in Cile e, infine, il telescopio Gemini North da 8,2 metri sul Mauna Kea, Hawaii.

«La formazione di un buco nero così grande e così precocemente – ha spiegato Fuyan Bian, dell’Università Nazionale Australiana e che ha partecipato al lavoro – è difficile da interpretare sulla base delle teorie attuali».

BULIMIA

Si tratta di un oggetto formatosi nelle prime fasi di formazione dell’Universo e risulta ad oggi il più brillante oggetto antico mai conosciuto. Il mistero da risolvere è infatti capire come possa essere cresciuto così rapidamente.

Per arrivare a quei numeri «dovrebbe aver divorato – ha spiegato Adriano Fontana, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf)l’equivalente della Grande Nube di Magellano, una galassia nana compagna della Via Lattea, in appena qualche centinaio di milioni di anni!».

 In realtà non è così e i buchi neri, per quanto dotati di supermassa non possono essere bulimici. A un certo punto anche per loro c’è il rischio indigestione. Nel caso in cui dovessero assorbire una quantità davvero enorme di materia, l’energia che verrebbe rilasciata sarebbe così potente da annullare la forza d’attrazione gravitazionale del buco nero.

«Fino ad oggi – ha spiegato Fontana, che è anche il responsabile italiano dei dati del Large Binocular Teleschope, uno degli strumenti che sono stati utilizzati per studiare il buco nero – pensavamo che si trattasse di una stella alquanto vicina a noi. Ora però che sappiamo quale sia veramente, quanto smisurata sia la sua massa e la sua distanza, la sfida che abbiamo di fronte è spiegare come sia possibile trovare un oggetto tanto massiccio in un’epoca così remota».

Le ipotesi sul tavolo degli scienziati sono tre.

 «La prima – spiega Fontana – è che non abbiamo ancora ben compreso come funzionano i buchi neri. La seconda è che forse, all’inizio, nella prima fase di espansione dell’Universo fossero più grandi di quelli che osserviamo in fasi più vicine a noi. La terza, che è anche la più affascinante sotto il profilo teorico, ma anche la meno probabile, è che in realtà questa scoperta potrebbe portare indietro il momento in cui c’è stato il Big Bang.

 Le prossime indagini già in programma, che coinvolgeranno anche i telescopi spaziali Hubble e Chandra, potranno aiutarci a capire meglio la natura e la storia di questo mostro cosmico».

Emanuele Perugini, Il Messaggero, 26 febbraio 2015

31/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 8. Il numero 137, Pauli e Jung (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014).

8.  IL NUMERO 137, PAULI E JUNG


E terminiamo questo excursus con ultimo numero, il 137.
Sul quale si potrà sapere tutto leggendo un bellissimo saggio di Arthur J. Miller, professore  di storia e filosofia della scienza presso l'University  College di Londra: L'equazione dell'anima, pubblicato da Rizzoli nel 2009, che racconta l'ossessione per un numero nella vita di due geni, Carl Gustav Jung e il fisico Wolfgang Pauli.
Negli anni '30, ad appena trent'anni, Pauli è uno dei teorici più brillanti della nascente fisica quantistica.  Eppure ogni notte si ritrova a vagare nei quartieri a luci rosse in preda all'alcol e alla depressione.




Ed è proprio la sua doppia vita ad indurlo a rivolgersi a Carl Gustav Jung, il discepolo eretico di Freud, divenuto in quegli anni un punto di riferimento della ricerca psichica mondiale.
L'incontro tra questi due geni, tra ragione e misticismo, diviene una potente alleanza tra due giovani scienze, la psicoanalisi e la meccanica quantistica, all'insegna di quello che appare come un numero magico: il 137. 

Un numero che da un lato descrive con grande precisione il dna della luce e dall'altro è la somma dei valori numerici dei caratteri ebraici che compongono la parola Kabbalah (Cabala). 


Perché il Dna della luce ? Perché – detto con parole semplici – 137, o meglio 1/137 è la cosiddetta COSTANTE DI STRUTTURA FINE, cioè uno di quei numeri che stanno alla base stessa dell’universo e di tutta la materia.



Le righe spettrali infatti, rappresentano una sorta di impronta digitale di un atomo e si rivelano quando la luce colpisce un atomo.

C’era qualcosa in questo numero primo (il 33.mo per l’esattezza) e primordiale, che stuzzicava la curiosità e l’immaginazione di tutti, fisici e scienziati, nel secondo dopoguerra.

I fisici – Planck fu preceduto in questa ossessione da Arthur Eddington – si convinsero che la costante di struttura fine non può avere quel valore per caso. Esiste là fuori, indipendentemente dalla struttura della nostra mente.

Ma Pauli rimase esterrefatto quando, dopo aver stretto amicizia con Gershom Sholem, uno dei massimi esperti di misticismo ebraico, scoprì che la parola Cabala in ebraico si scrive con quattro lettere, la cui somma dà proprio 137.
Ma altrettanto, gli disse Scholem, fanno altre parole contenute nella Bibbia, come “il dio fedele”, “circondato da splendore” e la parola ebraica che significa “crocefisso”, tutte danno come risultato 137.


Pauli cominciò a parlare di questo a Jung, durante le sedute e nei loro incontri di lavoro,  e anche Jung, ovviamente ne restò enormemente affascinato,  diventando anche un terreno di indagine parallela per Jung e per le sue ricerche sulla essenza e sul Sè.



L’ossessione per il numero 137, come simbolo accompagnò  Pauli fino al letto di morte. In modo veramente incredibile.  Il 5 dicembre del 1958, durante una lezione pomeridiana, Pauli fu colto da dolori lancinanti allo stomaco. Fino ad allora aveva sempre goduto di ottima salute, nonostante la sua vita non certamente morigerata.  Fu portato in tutta fretta all’ospedale della Croce Rossa di Zurigo.
Un amico, Charles Enz andò a trovarlo. Pauli era visibilmente agitato.  Aveva notato il numero della stanza ? Chiese ad Enz. ‘No’, rispose il suo assistente.  “E’ il 137!” gemette Pauli, “Non uscirò mai vivo da qui.”   Quando lo operarono i medici scoprirono un grosso carcinoma al pancreas. Pauli morì nella camera 137 il 15 dicembre. La sua ultima richiesta era stata di parlare con Jung.



Insomma, abbiamo chiuso con questo che è molto più di un aneddoto, questo piccolo viaggio nel mondo dei numeri archetipici.


La suggestione, come abbiamo visto, era ed  è ancora  quella di trovare un numero alla base dell'universo, un numero primordiale, un numero da cui tutto dipende e dà conto di tutto. Anche in questo momento in cui parliamo qui, in diverse parti del mondo matematici e fisici sono al lavoro per trovare le tracce di quel raccordo finale che speriamo un giorno di intravvedere dentro all’enorme, spaventoso mistero in cui la nostra vita biologica e spirituale sembra calato.

E' un vecchio sogno umano, inseguito da astronomi, scienziati, alchimisti, mistici, filosofi, matematici che prosegue e che probabilmente accompagnerà l’evoluzione dell’intelligenza umana ancora per molto.

La Galassia dell'Aquila, fotografata dal telescopio spaziale Hubble della Nasa


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata (8- fine)