La Piazza dei Cavalieri di Malta, sull’Aventino, a Roma.
C’è un luogo a Roma che rappresenta una tappa fissa nei percorsi turistici per spiriti romantici e si trova sul colle dell’Aventino, in posizione defilata rispetto al circuito tradizionale dei grandi monumenti del centro storico.
E’ il celebre buco della serratura – così viene chiamato familiarmente dai romani – nella Piazza dei Cavalieri di Malta: si tratta del foro sul portone della Villa, che consente di inquadrare, come attraverso la lente di un cannocchiale, in una prospettiva perfetta incorniciata dai cosiddetti giardini del Priorato, il Cupolone di San Pietro. Grazie alla fuga del viale e alla particolare illusione ottica che se ne ricava, la Basilica infatti appare magicamente più vicina di quel che sembrerebbe.
E’ un rituale al quale si sottopongono volentieri i molti turisti che ogni giorno salgono l’antica Via di Santa Sabina, alla scoperta di quello che sin dall’antichità viene chiamato il grande Aventino - il colle compreso tra le pendici sud del Circo Massimo, la riva sinistra del Tevere e la valle attraversata attualmente da Viale Aventino – per distinguerlo dal piccolo, identificabile dall’attuale quartiere di San Saba. Oltrepassati così lo splendido Giardino degli Aranci e le chiese di Santa Sabina e di Sant’Alessio, si giunge così sulla sommità del colle, teatro di molti e importanti eventi nella storia di Roma antica, scoprendo la quiete apparentemente surreale della Piazza dei Cavalieri di Malta, recintata verso sud dal muro di cinta della chiesa e dal monastero di Sant’Anselmo, e a nord dal perimetro murario della Villa dei Cavalieri di Malta, che comprende al suo interno la Chiesa del Priorato, di cui ci occuperemo tra breve.
La Piazza dei Cavalieri di Malta, vero gioiello architettonico partorito dal genio di Giovan Battista Piranesi nel 1765, ha suscitato e suscita da sempre interessi esoterici per diversi motivi, per la sua forma, per i simboli che ospita al suo interno e per la vicinanza con gli edifici che abbiamo appena nominato. In effetti, a ben guardare, la Piazza sembra essere uscita proprio da una delle fantasie grafiche del grande Piranesi, il geniale architetto, inventore di quel rovinismo capace di restituire vita ai fasti della storia romana attraverso l’utilizzo di simboli classici, come gli obelischi, i triangoli, le piramidi, le sfere reinterpretandoli con gusto moderno in centinaia e centinaia di incisioni, disegni, acqueforti.
Ma assai prima del Piranesi, e del progetto della piazza settecentesca, questo luogo era già stato segnato dalla presenza inconfondibile dell’Ordine dei Cavalieri Templari. Il complesso che si vede oggi, infatti, sorto nell’anno 939 d.C. come monastero benedettino (fu importantissimo e fu retto da Oddone di Cluny) passò a metà del 1100 d.C. di proprietà dei Templari. Allo scioglimento, cruento in Francia e poi in Italia, dell’Ordine, nel 1312 tutti gli edifici passarono poi ai Cavalieri Gerosolimitani – i Cavalieri di Malta – che alla fine del XIV secolo vi posero il loro priorato. Per comprendere la simbologia della Piazza disegnata dal Piranesi su incarico del Cardinale Carlo Rezzonico che divenuto Gran Maestro dell’Ordine nel 1764 gli affidò i lavori, dobbiamo innanzitutto risalire alle origini del Colle, che per molto tempo rimase al di fuori del tracciato cittadino delle mura romane, collegato al Foro Boario da una sola via d’accesso che era il Clivus Publicius, la più antica strada lastricata, costruita nel 240 a.C. e che corrisponde grosso modo all’attuale percorso di Via di Santa Prisca.
Questa zona, proprio per la sua posizione defilata, fuori dal Pomerio – cioè dal vero e proprio recinto cittadino - a partire dall’età regia fu scelta dapprima come sede dei culti di divinità straniere, come testimonia ad esempio il santuario intitolato a Giove Dolicheno, che sorgeva nell’attuale area di via di San Domenico.
Luogo di santuari dunque e di mitrei – nella zona ce ne sono di belli e importanti, basti pensare a quello riportato recentemente agli antichi fasti, alle Terme di Caracalla, quello del Circo Massimo, a fianco della chiesa di Santa Maria in Cosmedin e quello di Santa Prisca, ancora ottimamente conservato – la cui costruzione era dovuta, oltre che alla collocazione dell’Aventino, anche al fatto che in questa zona - prima che in età imperiale divenisse un quartiere residenziale - erano soliti accamparsi gli eserciti, prima della partenza o al ritorno dalle continue missioni belliche e il culto di mitra era particolarmente diffuso tra i milites romani.
tratto da Monumenti esoterici d'Italia .
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