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10/01/14

Un luogo meraviglioso: La piazza dei Cavalieri di Malta all'Aventino, a Roma e il genio di Piranesi.




La Piazza dei Cavalieri di Malta, sull’Aventino, a Roma. 


C’è un luogo a Roma che rappresenta una tappa fissa nei percorsi turistici per spiriti romantici e si trova sul colle dell’Aventino, in posizione defilata rispetto al circuito tradizionale dei grandi monumenti del centro storico.

E’ il celebre buco della serratura – così viene chiamato familiarmente dai romani – nella Piazza dei Cavalieri di Malta: si tratta del foro sul portone della Villa, che consente di inquadrare, come attraverso la lente di un cannocchiale, in una prospettiva perfetta incorniciata dai cosiddetti giardini del Priorato, il Cupolone di San Pietro. Grazie alla fuga del viale e alla particolare illusione ottica che se ne ricava, la Basilica infatti appare magicamente più vicina di quel che sembrerebbe.

E’ un rituale al quale si sottopongono volentieri i molti turisti che ogni giorno salgono l’antica Via di Santa Sabina, alla scoperta di quello che sin dall’antichità viene chiamato il grande Aventino - il colle compreso tra le pendici sud del Circo Massimo, la riva sinistra del Tevere e la valle attraversata attualmente da Viale Aventino – per distinguerlo dal piccolo, identificabile dall’attuale quartiere di San Saba. Oltrepassati così lo splendido Giardino degli Aranci e le chiese di Santa Sabina e di Sant’Alessio, si giunge così sulla sommità del colle, teatro di molti e importanti eventi nella storia di Roma antica, scoprendo la quiete apparentemente surreale della Piazza dei Cavalieri di Malta, recintata verso sud dal muro di cinta della chiesa e dal monastero di Sant’Anselmo, e a nord dal perimetro murario della Villa dei Cavalieri di Malta, che comprende al suo interno la Chiesa del Priorato, di cui ci occuperemo tra breve.

La Piazza dei Cavalieri di Malta, vero gioiello architettonico partorito dal genio di Giovan Battista Piranesi nel 1765, ha suscitato e suscita da sempre interessi esoterici per diversi motivi, per la sua forma, per i simboli che ospita al suo interno e per la vicinanza con gli edifici che abbiamo appena nominato. In effetti, a ben guardare, la Piazza sembra essere uscita proprio da una delle fantasie grafiche del grande Piranesi, il geniale architetto, inventore di quel rovinismo capace di restituire vita ai fasti della storia romana attraverso l’utilizzo di simboli classici, come gli obelischi, i triangoli, le piramidi, le sfere reinterpretandoli con gusto moderno in centinaia e centinaia di incisioni, disegni, acqueforti.



Ma assai prima del Piranesi, e del progetto della piazza settecentesca, questo luogo era già stato segnato dalla presenza inconfondibile dell’Ordine dei Cavalieri Templari. Il complesso che si vede oggi, infatti, sorto nell’anno 939 d.C. come monastero benedettino (fu importantissimo e fu retto da Oddone di Cluny) passò a metà del 1100 d.C. di proprietà dei Templari. Allo scioglimento, cruento in Francia e poi in Italia, dell’Ordine, nel 1312 tutti gli edifici passarono poi ai Cavalieri Gerosolimitani – i Cavalieri di Malta – che alla fine del XIV secolo vi posero il loro priorato. Per comprendere la simbologia della Piazza disegnata dal Piranesi su incarico del Cardinale Carlo Rezzonico che divenuto Gran Maestro dell’Ordine nel 1764 gli affidò i lavori, dobbiamo innanzitutto risalire alle origini del Colle, che per molto tempo rimase al di fuori del tracciato cittadino delle mura romane, collegato al Foro Boario da una sola via d’accesso che era il Clivus Publicius, la più antica strada lastricata, costruita nel 240 a.C. e che corrisponde grosso modo all’attuale percorso di Via di Santa Prisca.

Questa zona, proprio per la sua posizione defilata, fuori dal Pomerio – cioè dal vero e proprio recinto cittadino - a partire dall’età regia fu scelta dapprima come sede dei culti di divinità straniere, come testimonia ad esempio il santuario intitolato a Giove Dolicheno, che sorgeva nell’attuale area di via di San Domenico. 

Luogo di santuari dunque e di mitrei – nella zona ce ne sono di belli e importanti, basti pensare a quello riportato recentemente agli antichi fasti, alle Terme di Caracalla, quello del Circo Massimo, a fianco della chiesa di Santa Maria in Cosmedin e quello di Santa Prisca, ancora ottimamente conservato – la cui costruzione era dovuta, oltre che alla collocazione dell’Aventino, anche al fatto che in questa zona - prima che in età imperiale divenisse un quartiere residenziale - erano soliti accamparsi gli eserciti, prima della partenza o al ritorno dalle continue missioni belliche e il culto di mitra era particolarmente diffuso tra i milites romani.

tratto da Monumenti esoterici d'Italia .


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 





30/07/13

Fabrizio Falconi ospite a "Il Viaggiatore" (RadioUno) per I Monumenti Esoterici d'Italia.




Dal Cenacolo a Castel del Monte, viaggio nell'Italia esoterica a Il Viaggiatore - RADIOUNO - Rai.
Il Podcast della puntata è scaricabile QUI.


Conduce Massimo Cerofolini, con Fabrizio Falconi

Un viaggio intorno alle leggende e ai segreti dell'Italia esoterica.
Perché decine di milioni di lettori in tutto il mondo si appassionano alle storie e agli enigmi nascosti nelle nostre opere d'arte?
Forse perché nessun paese al mondo, come il nostro, è così carico di luoghi che nascondono simboli e alchimie capaci di illuminare le parti più profonde della nostra anima.

Insieme a Fabrizio Falconi, autore del libro "I monumenti esoterici d'Italia", facciamo tappa nei luoghi più suggestivi di questo mondo iniziatico: il Cenacolo di Leonardo a Milano, Ca' Dario a Venezia, la Mole Antonelliana a Torino, l'abbazia di San Galgano vicino Siena, il Castello di Miramare a Trieste, la Porta magica di piazza Vittorio a Roma, il Quadrato magico di Pompei, Castel del Monte in Puglia.

Intervengono: Renzo Rossotti, autore di "Le strade del mistero di Torino"; Mario Moiraghi, autore di "L'enigma di San Galgano"; Dario Giardi, autore di "Roma, misteri e itinerari insoliti tra realtà e leggenda"; Rino Cammilleri, autore di "Il quadrato magico"; Nedim Vlora, autore di "Castel del Monte tra esoterismo e storia".

QUI IL PODCAST SCARICABILE GRATUITAMENTE DELLA TRASMISSIONE.

08/06/13

La Mole Antonelliana e la pazzia di Nietzsche.




Nell'ultimo libro che ho scritto, Monumenti Esoterici d'Italia, mi sono occupato, tra i 30 luoghi, anche della splendida Mole Antonelliana di Torino, monumento al quale sono attribuite misteriose proprietà. 

Ne era convinto lo stesso Friedrich Nietzsche che – come racconta il suo biografo Anacleto Verrocchia – negli anni della sua permanenza a Torino, dal 1888, amava pranzare nei dintorni della Mole, per goderne quelli che lui chiamava benefici influssi. 

Nella Mole, Nietzsche, a quanto pare, vedeva l’immagine stessa, simbolica, della personalità dello Zarathustra, scritto qualche anno prima. 

In una sua lettera, scritta da Torino, dice di averla ribattezzata Ecce Homo, come il libro che stava scrivendo in quel periodo, e di averla circondata nello spirito con un immenso spazio.  

E fa davvero impressione considerare che proprio a Torino, mentre si trovava a passeggiare a Piazza Carignano, distante appena un chilometro dalla Mole, il filosofo fu colto da quello spaventoso attacco inconsulto che lo portò rapidamente alla follia: nei pressi della sua casa torinese, scorgendo il cavallo di una carrozza che veniva fustigato a sangue dal cocchiere, abbracciò l'animale e pianse, baciandolo, stramazzando poi a terra urlando in preda a spasmi. 


Fu l’inizio di quella lunga malattia mentale – durata 12 anni – che colpì una delle menti più geniali e straordinarie del nostro tempo, e sulla cui autentica natura ancora oggi molto si discute. 

Nietzsche, che con i tratti di un vero profeta, nei suoi scritti vaticinava una forma di follia volontaria come anticamera verso una ascesi superiore, aveva dunque raggiunto alterati e più profondi e interiori stati di coscienza ? 

E nel raggiungimento di questa misteriosa diversa elevazione aveva avuto rilievo anche quella poderosa antenna sotto la quale amava passeggiare ? 

E’ una ipotesi che certamente, per molti cultori dell’esoterico, resta piuttosto affascinante.

Fabrizio Falconi   ©  tratto da Monumenti Esoterici d'Italia, Newton Compton editori, 2013. 

20/05/13

'Monumenti Esoterici d'Italia' - Recensione di Fabio Isman da 'Il Messaggero'.





Fabio Isman, Il Messaggero, 19/5/2013 (ripreso da Messaggero.it) 

L’Italia dei misteri e delle leggende; grotte di profeti o castelli, e palazzi, che non portano fortuna; indecifrabili altari oppure incredibili ossessioni di quanti edificano un monumento: dietro ad ogni pietra antica, o quasi, in Italia ci sono racconti ed avventure, che talora hanno addirittura dell’esoterico, se non del miracoloso. Si può iniziare dal Castello di Miramare a Trieste, «bel nido d’amore costruito invano» (rimava Carducci) da Massimiliano d’Austria nella seconda metà dell’Ottocento; ma l’arciduca andrà a morire a Queretaro, nel Messico, e la moglie Carlotta non potrà fare nulla, nelle peregrinazioni tra Vienna e la Roma del Papa, per salvarlo. Finirà pazza. Né avrà destino migliore Amedeo d’Aosta che lo abiterà poi, e altri ancora. Il neozelandese barone Bernard Cyril Freyberg neozelandese, capo del fonte di Montecassino durante il terribile bombardamento, comanda nel 1945 le truppe alleate a Trieste. Ma vive in una tenda da campo, nel parco lussureggiante: dormire lì dentro era sfidare la malasorte.

DISGRAZIE SUL CANALE
Come un alone terribile circonda Ca’ Dario a Venezia: l’unica dimora sul Canale con il nome di chi l’ha costruita orgogliosamente sulla facciata: l’ultima vittima ne è stato Raul Gardini, nel 1993; ma la prima, lo stesso fondatore della «vecchia cortigiana piegata sotto il peso dei suoi monili» (D’Annunzio); assurda la serie delle sue infinite disgrazie: tuttavia, ve la risparmiamo.

I GRADONI
Ma non c’è solo la sfortuna: ci mancherebbe. Vicino a Sassari, nessuno ha mai saputo spiegare l’altare preistorico di Monte d’Accoddi (anche se il monte è una semplice collinetta). Risale al IV millennio a.C., pare una ziqqurat mesopotamica: grande scalinata da sempre ritenuta il primo esempio di un tempio. Ma qualcosa di vagamente simile al caso sardo, non c’è nel continente: chi mai l’ha costruito, e perché? A cosa serviva e come era strutturato? Tanti misteri che a qualcuno (Peter Kolosimo) ha suggerito perfino una civiltà aliena. Su Monte d’Accoddi, scavato nel 1954 da Ercole Contu, sono ormai 60 anni che si strologa. Però, invano: resta un mistero. Ma c’è anche chi è andato a caccia di fantasmi, o fenomeni paranormali nella Rocca di Narni, una tra quelle che il cardinale Gil (Egidio) Alvarez Carrillo de Albornoz costruisce a metà del Trecento nel centro Italia, lo Stato della Chiesa, anche per favorire il ritorno da Avignone dei papi. L’incarico gliel’aveva dato Innocenzo VI Aubert: così nascono pure le «gemelle» a Spoleto, Assisi, Perugia, Todi, Gualdo Tadino, Piediluco, Orvieto, Cortona, Cesena, Città della Pieve e Viterbo. In pochi anni, i Papi conquistano l’intera Italia centrale. Forse, Narni si deve a Matteo Gattaponi, geniale ideatore della Rocca di Spoleto; è sopra l’antichissima fonte Feronia, ed è l’ultima delle sue: nel 1367 s’inizia a costruire, e il porporato muore. Ne nasce poi una leggenda che la lega alla Saga di Narnia, ad ali e gambe misteriosamente apparse in antiche foto. Di tutto questo, e assai altro ancora, si occupa un libro, in vendita dal 22 maggio, I monumenti esoterici d’Italia di Fabrizio Falconi (Newton Compton, 416 pag., 9,90 euro): ne racconta e ne esamina trenta, in una cavalcata tra storia e storie, più o meno da dimostrare. La Porta magica che è a Roma, come la Piramide Cestia, il Pantheon e la piazza dei Cavalieri di Malta; gli obelischi egizi della Capitale; la Cappella Sansevero, a Napoli; il pentagono federiciano di Castel del Monte; i mostri di Bomarzo, e via elencando. 

05/04/13

La splendida Mole Antonelliana di Torino compie 150 anni.




Alla Mole Antonelliana ho dedicato uno dei capitoli del nuovo libro, Monumenti Esoterici d'Italia, in uscita tra poche settimane in tutte le librerie.  La celebre, bellissima Mole compie proprio in questi giorni, 150 anni di vita. 

Osservando il solido monumento che da oltre un secolo simboleggia Torino, pochi immaginerebbero che subito dopo essere stata ultimata la Mole Antonelliana fosse sul punto di crollare. 

Il Comune aveva fatto predisporre un piano di evacuamento della zona e tentato di puntellare l'edificio, che aveva retto fino al consolidamento in cemento armato realizzato negli anni Venti del Novecento. 

 Lo ha raccontato l'architetto Gianfranco Gritella, responsabile dell'ultimo restauro, un cantiere di otto anni che ha trasformato la mancata sinagoga commissionata dalla comunita' ebraica torinese il 7 aprile 1863 nell'attuale sede del Museo Nazionale del Cinema. 

In occasione dei 150 anni, la Mole e' al centro di numerose iniziative, a partire da uno speciale di Bell'Italia illustrato questa sera a Torino dal direttore del magazine Emanuela Rosa-Clot. All'appuntamento anche l'assessore alla Cultura del Comune, Maurizio Braccialarghe, e lo scrittore Giuseppe Culicchia, che al monumento ha dedicato il suo ultimo libro Badabum, in uscita da Feltrinelli. 

E' un monologo di 150 pagine in cui Antonelli, ossessionato dalla contemporanea costruzione della Tour Eiffel a Parigi, rivela come prevarico' la committenza ebraica per realizzare l'ardita architettura che da allora segna lo sky-line torinese. Per Rosa-Clot, la Mole Antonelliana e' ''l'icona stravagante di una citta' altrettanto originale: poco italiana, paradossalmente - anche se da qui e' partita' l'Unita' nazionale - e molto europea''. 

Ed e' stato proprio per non superare i suoi 167,5 metri, che Renzo Piano ha dovuto fermare al di sotto di quell'altezza il nuovo grattacielo che sta costruendo a Torino. L'edificio, ha ricordato Gritella, avrebbe dovuto ospitare la sinagoga, un asilo, dei negozi e perfino una stazione di posta. Il progetto approvato dagli ebrei torinesi prevedeva una costruzione di 47 metri. Ma quando fu chiaro che Antonelli ignorava i committenti e si spingeva sempre piu' in alto, la comunita' ebraica si rifiuto' di continuare a pagare. Della Mole dovette cosi' farsi carico il Comune di Torino mentre l'architetto, ormai novantenne, si faceva issare in una cesta tirata da carrucole per seguire da vicino i lavori. 

 Oggi la Mole viene scalata dall'esterno da Maurizio Puato, che per un intero anno vi si appese allo scopo di monitorarne la salute in occasione dell'ultimo restauro. E' lui che ha montato il 'collare' tricolore che ha cinto la base della guglia nel 2011, lui che ha realizzato le fotografie che illustrano il servizio di Bell'Italia. 

E' ormai conosciuto come 'lo scalatore della Mole', tanto da essere diventato il protagonista di un fumetto di Espress Edizioni nel quale gli fanno scoprire un diario del maestro, in realtà inesistente.

''La Mole - sostiene l'alpinista - e' come una montagna, dalla cupola in su e' fatta di granito e pietra di Luserna. Sono certo che Antonelli nel progettarla si sia ispirato al Monviso, che le svetta di fronte''. Per chi volesse tentare una scalata meno pericolosa, e' in programma l'apertura al pubblico entro la prossima estate di una parte dell'edificio finora rimasta occulta, l'intercapedine con scala interna che sale dal livello terra fino in cima alla cupola. Da quel punto verso l'alto nessuno e' ammesso, anche se l'affilata guglia e' stata ricostruita molto solidamente dopo il crollo avvenuto nel 1954 durante un temporale.

30/03/13

La Sindone e la Cappella del Guarini - anticipazione dal nuovo libro.





In questi giorni di ricorrenze pasquali, si torna a parlare molto della Sindone, anche in occasione della ostensione straordinaria di Torino. 
Riporto qui sotto una anticipazione del capitolo dedicato alla Cappella della Sindone del Guarini, nel capoluogo piemontese - uno dei 30 capitoli del mio nuovo libro dedicato ai Monumenti esoterici d'Italia, in uscita dall'editore Newton Compton nel mese di maggio. 


Nel 1997, il destino era nuovamente in agguato per minacciare da vicino quella che senza alcun dubbio viene definita la più importante reliquia della cristianità, la Sindone. Il Mandylion, creduto dalle popolazioni di fedeli il sudario originale in cui fu avvolto il corpo di Cristo nel sepolcro, dopo la crocefissione, ha subìto infatti come vedremo, ogni forma di traversia e di manomissione, ed è stato più volte in serio pericolo nel corso della sua secolare storia, da quando a metà del 1300 esistono le prime notizie certe e documentate attestanti l’esistenza del Sacro Lino.
In quella notte del 1997, dunque, ed esattamente la notte dell’11 aprile (secondo molti esoterici il numero 11 ha valenze potenzialmente molto negative, essendo il primo dei numeri con proprietà palindrome e ovviamente anche il primo numero primo con questa caratteristica, e basti a questo proposito ricordare la coincidenza dei due attentati terroristici dell’11 settembre 2001 delle Torri Gemelle a New York e dell’11 marzo 2004 a Madrid) proprio mentre stavano per volgere al termine i lavori di restauro di quel gioiello del barocco italiano che è la Cappella del Guarini, a Torino, un violentissimo e misterioso incendio minacciò seriamente di distruggere una volta per tutte la preziosa Reliquia.
La Cappella della Santa Sindone appariva ormai completamente restaurata – per risolvere gli annosi problemi legati alla sua stabilità strutturale – e ripulita. Ancora qualche giorno e, tolti gli ultimi ponteggi, si sarebbe proceduto alla grande inaugurazione.
Quella notte, però, proprio mentre nel vicino Palazzo Reale, si svolgeva un ricevimento in onore dell’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, un banale contatto elettrico – almeno così fu raccontato in seguito – innescò un incendio che si propagò immediatamente alle strutture di legno dei ponteggi che stavano per essere smontati. Un incendio spaventoso in pochi minuti avviluppò la Cappella interamente: le fiamme si levarono altissime all’interno dell’edificio, propagandosi in men che non si dica al torrione nord-ovest del Palazzo Reale.
Per un puro caso, la Sindone, si salvò: poco tempo prima, infatti, il 24 febbraio del 1993, la reliquia, per consentire i lavori di restauro della Cappella, era stata spostata, all’interno della teca che la custodiva, al centro del coro della Cattedrale, proprio dietro l’Altare Maggiore.
Se fosse rimasta al posto dov’era conservata da secoli, e cioè nell’altare costruito da Antonio Bertola nel 1694, la distruzione sarebbe stata certa. 
Questo particolare consentì ad uno dei primi soccorritori, un coraggioso vigile del fuoco, proprio mentre l’incendio si sviluppava al centro della Cappella, di riuscire a rompere a colpi di mazza la teca di cristallo contenente la Sindone e a mettere in salvo il sacro sudario, come fu testimoniato da alcune foto che fecero immediatamente il giro del mondo.

© - Fabrizio Falconi (Monumenti esoterici d'Italia)