Parigi. V13. Il processo del secolo al terrorismo islamico. V come venerdì, 13 come 13 novembre 2015, il giorno in cui Parigi fu attaccata dal commando jihadista di Salah Abdeslam, l’unico terrorista sopravvissuto di quella notte maledetta: 130 morti e 350 feriti tra il Bataclan, lo Stade de France e alcuni bistrot della capitale.
27/09/22
Arriva il nuovo libro di Emmanuel Carrère sul processo del secolo, a Parigi, contro i terroristi del Bataclan
Parigi. V13. Il processo del secolo al terrorismo islamico. V come venerdì, 13 come 13 novembre 2015, il giorno in cui Parigi fu attaccata dal commando jihadista di Salah Abdeslam, l’unico terrorista sopravvissuto di quella notte maledetta: 130 morti e 350 feriti tra il Bataclan, lo Stade de France e alcuni bistrot della capitale.
24/09/22
La vera storia di "Mocha Dick" la Balena Albina che fu l'ispirazione del Moby Dick di Melville
20/09/22
La lunga lotta di Vittorio Gassman contro la depressione
E già dal titolo, il romanzo raccontava l'effetto dirompente della depressione, sulla propria visione della vita: che è come si guardasse, appunto, da sottoterra.
Anche il grande Vittorio Gassman, come si sa, è stato per lungo tempo affetto da depressione bipolare, una malattia di cui il celebre attore si decise a parlare anche in pubblico. Gassman raccontò di un periodo durato circa due anni - il più duro della sua malattia - in cui non riusciva più a provare interesse o piacere per alcuna cosa, compresa la sua vita. Anche risvegliarsi era un dramma e neppure la suo famiglia riscuoteva in lui un interesse, motivo per il quale quel periodo coincise con un allontanamento dai suoi figli.
Le parole di Gassman furono forti e profonde, in una Italia che non era ancora abituata a sentir parlare di depressione. La sua, in particolare era chiamata, ed è chiamata, in psichiatria, anedonia. Che comportava per lui anche l'effetto di non riuscire a dimostrare amore e affetto verso le persone che aveva accanto, compresa la sua famiglia. Anche se i suoi familiari, raccontò, avevano continuato sempre a sostenerlo nella lotta contro la malattia, che fu combattuta anche con l’assunzione di psicofarmaci. “La depressione è una brutta bestia. – disse Gassman in una intervista televisiva –Quando tocca l’apice coincide con uno sgomento totale, con l’angoscia e dunque si vorrebbe ad un momento non esserci più. Io credo di non essere portato al suicidio, però molte mattine di quel periodo io mi svegliavo – e me ne sono accorto dopo un po’ – con i muscoli delle gambe e delle braccia che mi dolevano. Poi ho capito che il mio corpo inconsciamente faceva uno sforzo fisico anche per non risvegliarsi, che era un modo dolce, senza intervento cruento, di non esserci più, di cessare questo tipo di sofferenza.
Un lungo incubo, dal quale Gassman non si liberò mai completamente, ma con il quale imparò a convivere, superando la crisi più nera e aprendosi alla guarigione:"Quando stavo per guarire," raccontò, "ho sognato la mia guarigione. Allora mi sono alzato, sono corso in bagno e ho visto che gli occhi erano tornati normali dopo che per due anni li ho avuto che si leggeva il vuoto, che stavo male, e curiosamente proprio mio figlio, che per quel tempo mi aveva evitato, è arrivato in bagno e ha ripreso il suo rapporto con me.”
Fabrizio Falconi - 2022
11/09/22
Poesia della domenica: "I'm the one who doesnt' look for you"/ Sono io che non ti cerco di Fabrizio Falconi (Traduzione in angloamericano di Lynne Lawner)
10/09/22
LIBRO DEL GIORNO: "Bruciare i giorni" di James Salter
29/06/22
Elogio di James Salter, un grande scrittore americano che merita di essere scoperto
Ha scritto soltanto sette romanzi, nella sua vita ma James Salter è uno degli scrittori più interessanti del Novecento americano, anche se purtroppo da noi è ancora poco conosciuto.
21/06/22
Libro del Giorno: "Spettri della mia vita" di Mark Fisher
14/06/22
*L'infelice destino di Daniel Auster, il figlio del grande Paul Auster*
12/06/22
Il grande Saul Bellow, uno dei più grandi narratori americani: perché ci manca
16/05/22
Come nacque veramente il fenomeno "Amazon", che oggi è il maggiore distributore (anche) di libri al mondo ?
03/05/22
A Roma esisteva una "Via Tiradiavoli" - una storia di apparizioni e bizzarrie
Non è celebrata come la sorella consolare Appia Antica, che per una lunghezza di quasi dodici chilometri di percorso cittadino (entro il Raccordo Anulare) ha mantenuto lo stesso aspetto che aveva duemila anni fa, ma anche la Via Aurelia è capace oggi di stupire il visitatore.
Del resto questa consolare fu una
delle primissime costruite a Roma, esattamente nella metà del III secolo a.C. e
come le altre prese il nome del suo costruttore, Gaio Aurelio Cotta. Aveva lo
scopo di collegare l’Urbe a Cerveteri, l’antica Caere Vetus, etrusca, la cui fondazione sembra risalire addirittura
al XII secolo a.C.
L’Aurelia Vetus – questo
primo tratto – fu poi prolungato fino alla colonia di Pyrgi, alle pendici del
Monte della Tolfa, e poi sempre più su fino a Cosa – la colonia che si trovava
sul promontorio di Ansedonia – a Populonia, Vada (oggi in provincia di Livorno,
che sorgeva al duecentottantasettesimo chilometro della Via), Pisa, Luna,
Genova e Sabatia, cioè fino al confine naturale delle Alpi liguri, al confine
con la Francia odierna, scavalcando con la geniale ingegneria romana, zone
paludose (come quella nel Versiliese) e popolazioni ostili che si incontravano
durante la costruzione (come i temibili Apuani).
Una costruzione che durò per tre
secoli e che fu completata nel 13 a.C. sotto Augusto, con la via Julia Augusta
che celebrò il consolidamento delle conquiste del nord e la sottomissione delle
popolazioni alpine.
Ma a noi interessa qui il circuito
cittadino della Via consolare, che prende origine dalla Porta San Pancrazio,
anche se anticamente la Via partiva proprio dal Campidoglio, come tutte le
altre consolari, nella computazione chilometrica (e come del resto avviene
anche oggi), scavalcando il Tevere attraverso il cosiddetto Ponte Rotto, i cui
resti monumentali sono ancora oggi visibili a valle dell’Isola Tiberina, opera
del console Manlio Emilio Lepido e costruito negli stessi anni della Via
Aurelia, intorno al 241 a.C.
La Via Aurelia poi, si inerpicava
sul colle del Gianicolo, attraversava le campagne oggi occupate dalla Villa
Doria-Pamphilj ( attraverso un sentiero laterale si accedeva al Casale di
Giovio) per spingersi poi sempre più a nord, a una distanza più o meno regolare
dal litorale.
Al giorno d’oggi, l’Aurelia antica, nel suo tracciato,
rimasto lo stesso da secoli, separa con esattezza il confine tra il quartiere
Aurelio e il quartiere Gianicolense, fino all’altezza della via Bravetta.
E proprio lungo questo itinerario
c’è una vecchia consolidata leggenda romana, secondo cui una carrozza trainata
da cavalli con occhi di fuoco e con a bordo il fantasma di donna Olimpia (la
celebre cognata di papa Innocenzo X Pamphilj) partiva a tutta velocità dalla
villa della famiglia, in direzione del centro di Roma, lungo la Via Aurelia
Antica, attraversava come un fulmine Ponte Sisto per tornare poi nuovamente a
sparire all’interno della stessa villa percorrendo obbligatoriamente la via
Tiradiavoli, una strada ricordata fino a tutto il 1914 nella toponomastica
romana (e dall’origine piuttosto eloquente), poi incorporata anch’essa
nell’Aurelia Antica.
Come nacque la leggenda è opportuno
brevemente narrare.
A Donna Olimpia Maldaichini, che il
popolo dell’Urbe chiamava, a metà tra il familiare e lo sprezzante, la pimpaccia, il nomignolo che alla temuta
dama aveva affibbiato l’irriverente Pasquino, sono ancora oggi intitolate a
Roma una importante via e una piazza.
La gente di Roma la chiamava anche Papessa, per le sue frequentazioni importanti
oltretevere e la sua parentela acquisita con il Papa, e per le stesse ragioni: il
Cardinal padrone.
Quello invece di pimpaccia derivava dalla geniale scritta
che giocando sulla separazione delle lettere del suo nome, apparve un giorno affissa
sulla più celebre statua parlante di Roma, Pasquino: « Olim pia, nunc impia », che tradotto dal latino si leggeva: olim (una volta) pia (religiosa), nunc adesso) impia (peccatrice).
Nata a Viterbo nel 1592 da una
famiglia modesta, Olimpia Maidalchini aveva sposato in seconde nozze Pamfilio amphilj, fratello di quel cardinale, Giovanni Battista
Pamphilj, che pochi anni dopo sarebbe diventato papa con il nome di
Innocenzo X.
Grazie alla sua sottile
intelligenza e alle sue arti politiche, Olimpia divenne con gli anni la consigliera molto influente del papa, ed
in poco tempo la donna più potente e temuta di Roma, al punto che alla sua
morte lasciò l’incredibile somma di due milioni di scudi d’oro,
contribuendo in questo modo a consolidare la fortuna dei Pamphilj.
Innocenzo X, avvalendosi dell’opera
dei più geniali architetti e artisti dell’epoca – in primis Bernini e Borromini – cambiò il volto alla città, risistemando
Piazza Navona, la Basilica di San Giovanni in Laterano, edificando la sontuosa Villa Pamphilj,
organizzando una celebrazione sfarzosa, destinata a rimanere negli annali,
dell’Anno Santo del 1650, il tutto con la stretta collaborazione della cognata.
Dopo la morte di Panfilio, il
fratello del futuro papa, che aveva sposato in seconde nozze e che era più
vecchio di lei di trent’anni, infatti Olimpia si era ritrovata nel 1639 libera dall’assolvere i doveri
coniugali, e soprattutto libera di dedicarsi completamente al cognato,
alimentando in tal modo le dicerie e i veleni (generati in gran parte proprio
dalle pasquinate) secondo le quali i due erano stati amanti, ed
era stata la stessa Olimpia a provocare la morte del marito, somministrandogli
nel sonno un potente veleno.
Cinque anni dopo, l’ascesa di
Giovanni Battista Pamphilj, si completò con la sua elezione a papa: era il
trionfo per Donna Olimpia: ad essa, il
cognato consegnò un potere immenso. Non v’era praticamente affare
importante che a Roma potesse essere
deciso senza averla prima consultata, non v’era la possibilità di essere
ricevuti in udienza privata dal pontefice, senza prima passare dal suo
avallo. Al figlio della nobildonna,
Camillo, fu inoltre concesso l’onore di diventare dapprima capo della flotta e
delle forze dell’Ordine della Chiesa, e poi di divenire a sua volta Cardinale,
ricevendo la porpora nel concistoro del 1644 direttamente dalle mani dello zio
paterno.
Questo potere smisurato attirò però
su Olimpia, inevitabilmente, l’odio feroce di molti avversari, con la
proliferazione di rumorosi scandali, che
ne aumentarono la fama controversa.
Un ultimo
episodio infamante fu attribuito ad Olimpia nella occasione della morte di
Innocenzo X, che morì il 7 gennaio del
1655 – alla bella età di 81 anni: sembra proprio che, con il cadavere ancora
caldo del Pontefice, Olimpia non si
fece problemi a cavare, dal di sotto del suo letto, due casse piene d’oro, e al contempo, professandosi ‘una povera vedova’, a esimersi dal fargli
fabbricare una cassa da morto. Non solo, l’ingrata cognata non volle saper
nulla, né di esequie, né di sepoltura o
dei convenzionali, lussuosi abiti da lutto che si imponevano al pontefice
morto: con il risultato che la salma di
Innocenzo fu abbandonata per tre giorni in una segreta del Vaticano, dove venne
vegliato da tre operai i quali si incaricarono quanto meno di proteggere il
cadavere dall’insidia dei topi. Sembra incredibile, ma anche la poverissima
bara e le esequie furono poi pagate da due generosi maggiordomi (uno dei quali fra l’altro era
stato da lui perfino malamente licenziato), nella indifferenza totale
dell’austera Olimpia.
Ritiratasi a vivere nelle sue sconfinate tenute di San Martino al
Cimino, nel viterbese, Olimpia
sopravvisse due anni, prima di morire.
Ma anche dopo la morte la leggenda nera intorno ad Olimpia continuò per
molti e molti anni. Basti pensare, come abbiamo detto, che soltanto nel 1914 fu
cancellata dagli stradari cittadini quella certa Via Tiradiavoli, nella quale
la tradizione popolare voleva che il carro fiammeggiante con a bordo il celebre
fantasma fosse bloccata, nelle notti di tempesta, dai demoni che volevano
portare con loro l’anima avida della signora.
Ma anche l’abolizione della Via e del suo lugubre nome, non ha
cancellato la memoria del curioso destino di Donna Olimpia e del suo inquieto,
esoterico andirivieni, lungo il tracciato della antica Via Aurelia.
Tratto da: Fabrizio Falconi, Misteri e Segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton, 2013
30/04/22
Libro del Giorno: "La Roma di Pasolini" (Dizionario urbano) di Dario Pontuale
29/04/22
Libro del Giorno: "Troviamo le Parole" - Lettere (1948-1973) di Paul Celan e Ingeborg Bachmann