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14/01/17

"Il retaggio" di Sybille Bedford (Recensione).


Sybille Bedford è una di quelle scrittrici minori  che hanno attraversato tutto il Novecento, sfiorando le vite dei più grandi, con cui hanno intrattenuto spesso rapporti molto stretti - spesso oscurati da questi -  e che vengono via via riscoperte come è già successo a Elizabeth Jane Howard e a diverse altre.

La biografia della Bedford è già di per sé una sorta di opera d'arte. Nata in Germania, nel 1911 a Charlottenburg, il padre è il nobile Maximilian von Schoenbeck, «un uomo educato al piacere, a godere delle cose belle della vita, ma presto intrappolato fra paure ed eventi». La madre, inglese, è bella e spregiudicata, ma sparirà presto dalla vita della figlia.

La vita della Bedford fin da piccola ha un'impronta decisamente cosmopolita. Lascia infatti la Germania ancora bambina, troncando poi ogni legame con il Paese dopo subito l'avvento del nazismo. Vive così in una specie di bel mondo dorato, tra la Gran Bretagna, la Francia e l'Italia, circondata da una ristretta schiera di donne e uomini colti, intelligenti e sensibili, provenienti da ogni parte del mondo.

Tra gli amici più intimi c'è Aldous Huxley, come lei viaggiatore instancabile oltre che romanziere e saggista, al quale la Bedford ha dedicato una biografia. Dopo una vita intensissima e molti romanzi scritti, muore il 17 febbraio 2006 all'età di 94 anni.

Il Retaggio, uscito nel 1956,  è quello che viene considerato il suo capolavoro. Si tratta di un classico romanzo familiare alla ricerca di un mondo perduto, che è quello della stessa scrittrice. Nei personaggi dei protagonisti, l'eccentrico Julius Felden e la moglie Caroline, sono infatti identificabili i genitori di Sybille e il Retaggio si apre proprio su quella scena della Germania di fine Ottocento, con la sua opulenza terriera e finanziaria, le aspre tensioni sociali, il presagio di una catastrofe lontana ma già chiaramente annunciata; la stessa scena nella quale ha visto i natali la scrittrice.

Nelle quasi 400 pagine del romanzo si dipanano le storie di tre famiglie, unite da divergenti tradizioni aristocratiche e separate da irreali visioni del futuro. 

La prima è costituita da solidi beneficiari ebrei di Berlino, nel cuore del Nord prussiano e protestante; le altre due appartengono «a realtà discordi del Sud cattolico: l’una sonnolenta, rurale, volta al passato; l’altra ossessionata da sogni ecumenici di dimensioni europee».

A unirle provvederanno due matrimoni e uno scandalo.

E su tutto aleggia lo stile leggero e turbinoso di Sybille Bedford, che accompagna e descrive la dissoluzione di questo mondo polveroso e perduto, facendolo rivivere nella memoria del lettore.

E' un romanzo a tratti macchinoso e difficile, perché la Bedford non è mai consequenziale e non ha rispetto per le regole narrative, giocando con dialoghi surreali fuori dal tempo e dai personaggi, e con rapidi salti di luogo e temporali, divertendosi a dilatare i tempi in alcune parti (come la fuga dalla terribile accademia, da parte di uno dei giovani rampolli aristocratici) e sorvolando brutalmente su altre, che restano misteriosamente sottratte alla curiosità del lettore.

Sybille Bedford 
Il retaggio 
Traduzione di Marina Antonielli 
Adelphi2016, pp. 388

06/06/16

Il Libro del giorno: "Il velo dipinto" di William Somerset Maugham.



Se cercate un libro per l'estate, prendete questo. 

Uno dei migliori romanzi di Maugham, ristampato finalmente qualche anno fa da Adelphi e subito divenuto un classico. 

La storia di Kitty, sciocca ragazza borghese che a Londra si sposa quasi per dispetto con un riservato medico batteriologo, inviato per lavoro in Cina. 

Qui Kitty diviene l'amante del fatuo Charlie. Scoperta la tresca, Kitty decide di seguire il marito - come in una forma di espiazione - in missione in una sperduta landa dove imperversa il colera.  (DA QUI IN POI NON LEGGERE, SE SI VUOLE EVITARE LO SPOILER).  Il marito muore, contagiato, Kitty crede, grazie all'aiuto delle monache locali, di essere cambiata, sa di essere incinta, ma tornata in città subisce di nuovo le avances di Charlie. Torna a casa a Londra, dove la madre è morta. E accetterà di seguire il padre ai Caraibi per tentare ancora una volta di cambiare vita. 

Romanzo degli inizi e di grande successo, anche questo di Maugham non è affatto puro intrattenimento. Dietro la leggerezza e la leggibilità, le ombre e i conflitti della condizione umana, le debolezze del carattere, la pietà e la miseria, la grandezza umana e l'eterna inquietudine.  Personaggi che restano vivi, come se si potessero toccare. 



W. Somerset Maugham 
Il velo dipinto 
Traduzione di Franco Salvatorelli 
gli Adelphi 2011, 5ª ediz.,
pp. 234 
 isbn: 9788845925733 

26/05/16

Esce "Figlie Sagge" di Angela Carter, una delle più brillanti autrici del Novecento.


«A parità di eccellenze, esistono scrittrici inconsapevoli del loro valore e a distanza di sicurezza da ciò che fanno: altrimenti non potrebbero scrivere. Lucia Berlin, Anna Maria Ortese sono di questa natura qui. Ma poi esistono le scrittrici consapevoli, che dominano la pagina offrendola al lettore senza alcuna distanza, come se la concedessero, e sicure al cento per cento del loro indubbio talento. È il caso di Elsa Morante come di Alice Munro, come di Angela Carter. Grande letteratura», dalla postfazione di Valeria Parrella.

Il libro È il 23 aprile – data di nascita di Shakespeare – e le gemelle Dora e Nora, attrici e ballerine di seconda categoria, si apprestano a festeggiare i loro settantacinque anni. Suonano alla porta: su un cartoncino bianco arriva l’invito alla festa del padre, il celebre attore Melchior Hazard, che nello stesso giorno di anni ne compie cento, e che di riconoscerle non ne ha mai voluto sapere.

Così si apre Figlie sagge, la storia di due donne libere ed eternamente giovani che, nate nel lato sbagliato della città, quello più misero, sono sempre state attratte dal bagliore del mondo dello spettacolo. Dall’infanzia anticonvenzionale, alla strampalata carriera, fino ai vibranti settant’anni, la vita delle due gemelle è un susseguirsi di episodi grotteschi: fra identità scambiate, fidanzati presi in prestito, spettacoli improvvisati e feste che culminano in incendi, quello di Dora e Nora è un mondo dove le regole non sono ammesse e la spregiudicatezza regna sovrana. Un mondo popolato di personaggi improbabili, con l’ingombrante presenza di una bizzarra famiglia allargata: una compagine di teatranti dalle alterne fortune, in cui le coppie di gemelli si moltiplicano in maniera inestricabile e spesso promiscua.
Nonostante i tanti personaggi che animano Figlie sagge, la scrittrice ha la capacità unica di riuscire a descriverci le loro sfaccettate personalità in poche frasi, addirittura poche parole; e il lettore si ritrova così in un mondo prodigioso dove la finzione e la teatralità si fondono con la realtà e la tragedia. A volte si ha quasi l’impressione di essere all’interno di una commedia apocrifa di Shakespeare con caotiche scene di massa, scambi di persone, equivoci continui, attori, primedonne, travestimenti e scena madre finale: è il tributo della Carter al magico mondo dello spettacolo: «Le luci si spensero, da sotto il sipario brillò qualcosa. L’ho amato allora e lo avrei amato sempre più di tutti gli altri quel momento, quando le luci si spengono, il palcoscenico si accende e sai che sta per compiersi un prodigio. Non importa se poi quello che segue rovina tutto; l’anticipazione è sempre pura.».
Ricco di momenti toccanti e di roboanti scene pirotecniche piene di personaggi che citano Shakespeare, Figlie sagge è un meraviglioso dono di addio di una grandissima autrice.

«Un libro davvero divertente». Salman Rushdie
«Talentuosa e fantasiosa scrittrice. L’immaginazione di Angela Carter non ha confini. Ricorda Orlando di Virginia Woolf». Joyce Carol Oates
«Una scrittrice raffinata dallo stile bizzarro, originale, barocco». Margaret Atwood

Angela Carter (1940-1992) è nata a Eastbourne, in Inghilterra. Fra le sue opere più note figurano le raccolte di racconti Fuochi d’artificio (1974) e La camera di sangue (1979) e il romanzo Notti al circo, di prossima pubblicazione per Fazi. Figlie sagge è il suo ultimo libro, uscito un anno prima della morte.

19/12/15

David Garnett, "Aspetti dell'amore" (RECENSIONE).


David Garnett ha scritto questo romanzo nel 1955, e per me è abbastanza misterioso comprendere come mai, in Italia sia passato così inosservato. 

Narratore, critico e protagonista del circolo di Bloomsbury, Garnett ha immaginato questo romanzo ambientandolo, all'inizio, in Provenza, quando un giovane inglese, Alexis, coglie al volo l'occasione di una prima avventura amorosa: una giovane attrice di teatro, Rose, capricciosa e sensuale che conosce tramite lo zio poeta di Alexis, George. 

Con Rose Alexis vive una breve e intensa storia d'amore, interrotta da un escamotage con il quale la ragazza decide di tornare da Marcel, il capo compagnia, per un nuovo spettacolo da mettere in scena. 

Quando torna da due anni all'estero, come militare, Alexis scopre che Rose vive ora insieme a George e ha intenzione di sposarlo.  Ne nasce una scenata, e un ferimento della ragazza, che però non solo non cambia idea, ma decide anche di avere un figlio dal nobile George, molto più grande di lei. 

Da quel momento, tutte le possibili implicazioni amorose tra questi esseri vengono scandagliate in una storia che pur apparendo lieve e aerea, nasconde un fondo assai bruciante. 

E' proprio questo il maggior pregio di questo romanzo di Garnett: parlare con levità e assenza totale di moralismo, delle questioni d'amore, dei capricci, dei fraintendimenti, dei bisogni, della superiorità della fortezza d'animo, della liberalità, della felicità intravista e ricercata, di tutto ciò insomma di cui è fatta l'esperienza amorosa, culmine di ogni possibilità vitale. 

La prosa di Garnett è precisa, elegantissima e controllata.  I sentimenti e le passioni sono asservite a questo controllo magistrale della lingua. 

E' insomma un libro da non perdere, per chi ha voglia di scoprire la maestria di David Garnett.

31/08/15

"La donna in bianco" di Wilkie Collins, un autore da riscoprire.



Una intricata trama si sviluppa lungo le 688 pagine de La donna in bianco scritto da Wilkie Collins nel 1860 sulle pagine della rivista All The Year Round che era diretta da Charles Dickens, amico dello scrittore.

Collins, laureato in legge, divenuto avvocato, non praticò mai la professione: nato a Londra nel 1824 era attratto dal demone della narrativa, e ad essa si dedicò con una furia fuori dal comune, firmando 25 romanzi, più di 50 racconti e numerose opere teatrali.

Fu penalizzato dal confronto con l'amico e contemporaneo Dickens, ma oggi viene riscoperto. 

La donna in bianco è interessante perché si tratta di un mystery ante litteram, anzi forse dell'antesignano di tutti i mystery.

I protagonisti sono una sfortunata protagonista, Anne Catherick (la donna in bianco del titolo), Lady Glide, e la sua sorellastra Marian Halcombe, il perfido e intelligentissimo Conte Fosco, e l'aspirante artista Walter Hartright (insegnante di disegno di Mrs. Fairlie, futura Lady Glide, di cui s'innamora), oltre a Sir Percival Glyde, altro pessimo figuro. 

Rispetto a Dickens, la narrativa di Collins è meno profonda, meno incisiva, meno fulminante.  Ma la macchina narrativa di questo romanzo che fu pubblicato a puntate per un anno intero appassionando i lettori dell'Inghilterra vittoriana, funziona alla perfezione, con i dovuti colpi di scena. 

Wilkie Collins, La donna in bianco, introduzione di Paolo Ruffilli, traduzione di Stefano Tummolini, 1996, Fazi Editore, Roma.


Fabrizio Falconi

31/05/14

D.H.Lawrence si ispirò ad un'italiana per l'Amante di Lady Chatterley?


D.H.Lawrence

Una delle eroine piu' famose e turbolente della letteratura inglese era in realtà una donna italiana molto emancipata vissuta negli anni Venti. 

Lo scrittore britannico D.H. Lawrence, per concepire il personaggio di Connie, protagonista nel suo celebre romanzo 'L'amante di Lady Chatterley', si sarebbe ispirato a Rina Secker, moglie del suo editore, Martin Secker. 

Rina Secker


Lo afferma un nuovo libro dell'autore Richard Owen, dal titolo 'Lady Chatterley's Villa'. Secondo il Daily Mail, sono stati scoperti molti parallelismi fra Connie e Rina, a partire dall'insoddisfazione coniugale che accomunava le due. 

La moglie di Secker, inoltre, trascorse lunghi soggiorni lontano dal marito e si dice che abbia avuto molte avventure extraconiugali, ricordando in questo Lady Chatterley. 

Fu la stessa moglie di Lawrence, Frieda, a dire in pubblico: "Rina, mia cara, Lady Chatterley sei tu". 

Il romanzo, scritto in Toscana, venne pubblicato nel 1928 per la prima volta a Firenze, ma da subito bandito per il suo contenuto esplicito e uscì in Gran Bretagna solo nel 1960. 

la prima edizione di Lady Chatterley

19/11/13

(Dieci grandi anime) - 3. Clive Staples Lewis (3)





(Dieci grandi anime) - 3Clive Staples Lewis (3)    

In effetti anche la ricerca di Clive Lewis riguardo la fede sembra oscillare, umanamente tra gli opposti di una fede radicalmente – e razionalmente – vissuta come vera, e i dolori di una ‘assenza’ di Dio che viene avvertita nelle notti buie del dolore.
Quel vestibolo, descritto prima, può sembrare anche un luogo molto molto oscuro.
Anni fa -  scrive in Diario di un dolore - dopo la morte di un amico, la certezza che la sua vita continuava, che anzi continuava su un piano più alto, fu per qualche tempo una sensazione nettissima.   Ho supplicato che mi venga data anche solo la centesima parte di quella assicurazione per H. (è Joy, la moglie scomparsa ndA) . Non c’è risposta.  Solo la porta sbarrata, la cortina di ferro, il vuoto, lo zero assoluto.  “Chi chiede non ottiene.” Sono stato uno sciocco a chiedere. Perché ora, anche se quella assicurazione venisse, ne diffiderei. La crederei un’autoipnosi indotta dalle mie preghiere. (6)

Ma più avanti, nello stesso testo, nel vestibolo compare una parvenza di luce, e la porta non è più così sbarrata.
Quando pongo queste domande davanti a Dio, non ricevo nessuna risposta. Ma è un “nessuna risposta” di tipo speciale.  Non è la porta sprangata.  Assomiglia piuttosto a un lungo sguardo silenzioso, e tutt’altro che indifferente. Come se Lui scuotesse il capo non in segno di rifiuto, ma per accantonare la domanda.  Come a dire “ Zitto, bimbo; tu non capisci. “ (7)

Il problema è sempre nella risposta, come si vede. Nell’elaborazione dei pensieri  anche contraddittori – è facile per ognuno che abbia vissuto il lutto di una persona cara, riconoscersi – nel flusso di sentimenti contrastanti, c’è anche spazio per una sintesi di grandiosa efficacia.
Una risposta, fin troppo facile, è che Dio sembra assente nel momento del nostro maggior bisogno appunto perché non esiste. Ma allora perché sembra così presente quando noi, per dirla con franchezza, non Lo cerchiamo? (8)
Parole che parlano – a cuore aperto – della vita vissuta da Clive Staples Lewis.

Probabilmente, a quel che egli stesso racconta nella sua autobiografia, anche Lewis era giunto ad archiviare la ‘pratica Dio’ quando, dopo aver abbandonato la fede cristiana, inizia ad insegnare Lingua e Letteratura Inglese alla prestigiosa università di Oxford (dove eserciterà per ben ventinove anni) . L’impegno accademico lo assorbe completamente.  C’è meno tempo adesso, per pensare alle questioni ultime, e forse è un bene così.  Si dedica invece con dedizione allo studio dei miti, compone poemi in versi ispirati alle leggende arcaiche e alle tradizioni nordiche.


Ma ecco che la questione ritorna. E ritorna sotto forma di una amicizia. John Ronald Reuel Tolkien, il futuro autore de Il Signore degli anelli e di Silmarillion  ha sei anni più di Lewis.  Anche Tolkien ha perso prematuramente la madre, a soli dodici anni.  Anche la famiglia di Tolkien ha radici cristiane, anche se cattoliche. Anche Tolkien ha combattuto nella Grande Guerra, in prima linea sul fronte occidentale.  E come lui, condivide un profondo interesse per la mitologia e insegna ad Oxford.  Una specie di gemello, o di fratello maggiore, per Lewis. Ed è forse proprio questa somiglianza a suscitargli una certa diffidenza. Scrive ironicamente  in Surprised of joy:  Alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista, e (apertamente) al mio arrivo nella facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era l'uno e l'altro.

(segue -3./) 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 

       
6.     Diario di un dolore, op.cit. pag.14.
7.     Diario di un dolore, op.cit. pag.78.
8.     Diario di un dolore, op.cit. pag. 13.

17/11/13

Dieci grandi anime - 3. C.S.Lewis (1)



     
 (Dieci grandi anime) - 3Clive Staples Lewis (1)    


     3Clive Staples Lewis


Credo sia difficile trovare una vita più esemplare di quella di Clive Staples Lewis, come appare dal resoconto che egli stesso ne ha fatto e dal racconto dei molti biografi - tutta giocata sulla drammatica dicotomia gioia-dolore.  In effetti la vicenda umana del grande scrittore irlandese si può riassumere semplicemente in questi due estremi e in un confine poco ampio  tra queste due parole. 

Sorpreso dalla gioia si chiama l’autobiografia scritta e pubblicata da Lewis nel 1955. (1)  Il titolo non è casuale. Da molti anni, prima di quella data, lo scrittore ha usato quella parola – joy – per descrivere il fine della ricerca con l’assoluto, con Dio.   Joy è quel sentimento indescrivibile  indistinto intorno a cui tutta l’opera di Lewis sembra ruotare, che comincia ad affascinare lo scrittore quando egli è poco più di un ragazzo. All’inizio è semplicemente il piacere fisico che deriva dalla lettura delle grandi saghe, dei miti del nord,  delle opere di John Donne e di Milton.  Poi si trasforma in un misto di amore per la natura, fascino per il mistero e l’insondabile, propensione a conoscere e svelare gli arcani che si celano dietro un destino, respiro di un disegno divino dietro l’apparenza delle cose.   Questa gioia prenderà, durante la vita di Lewis strade diverse e apparentemente contraddittorie: a soli 15 anni abbandona la fede cristiana con motivazioni molto dettagliate, espresse proprio nella autobiografia.  E’ un distacco dalle stesse radici famigliari:  il padre, Albert James Lewis era un avvocato con ascendenze gallesi, cattolico; la madre, Flora Augusta Hamilton veniva da una famiglia molto religiosa, suo padre era un pastore protestante. Sembrerebbe un distacco definitivo.

Ma nel 1931 Lewis fa ritorno al cristianesimo con una profonda conversione (nelle pagine autobiografiche di quel periodo c’è la descrizione ancora più circostanziata di quello spirito di gioia) e l’adesione alla chiesa anglicana, alla vigilia della esplosione di un successo letterario enorme, che farà di lui uno degli autori più popolari di lingua inglese nel periodo a cavallo della seconda guerra mondiale.

Quella parola – joy – ha però in serbo altre sorprese per lui: si presenta infatti, molti anni più tardi, quando ormai è uno scrittore celebre, sotto forma di un nome proprio, di una persona che sconvolgerà la vita di Lewis.  Un incontro fatale maturato dapprima attraverso una corrispondenza: comincia a scrivergli, alla fine del 1950, una donna americana, poetessa dilettante, che si dichiara appassionata lettrice delle sue opere. Si chiama Helen Joy Davidman-Greshman, ha trentasette anni, un marito con il quale non va più d’accordo, e due figli.  Si è convertita da poco al cristianesimo grazie anche alla profonda impressione che le ha suscitato la lettura dei libri di Lewis. Forse anche nella speranza di incontrare e conoscere lo scrittore, si trasferisce nel 1953 In Inghilterra, a Londra, insieme ai figli, dopo aver concordato un periodo di separazione dal marito, che si concluderà con la concessione del divorzio, nello stesso anno.    Joy e Lewis cominciano a scriversi lettere dapprima formali, e che riguardano soprattutto i romanzi dello scrittore. Poi, entrano sempre più in confidenza, decidono di incontrarsi. Scoppia, imprevedibilmente  (Clive ha all’epoca cinquantacinque anni) l’amore.  I due si sposano dapprima civilmente – per permettere alla donna il rinnovo del permesso di soggiorno che le è stato negato dalle autorità inglesi - nel 1956, e l’anno seguente anche con rito religioso.

Clive Lewis scriverà nella sua autobiografia che questa singolare circostanza di chiamarsi Joy – proprio come la qualità spirituale che aveva cercato per tutta la vita -   avrà un peso particolare,  nel racconto di questa storia.

Una favola ?  
Non proprio, perché – come dicevamo all’inizio – la vita di Clive Staples Lewis è un continuo ondeggiare tra gioia e dolore.  Il dolore, anzi, sembra seguire quest’uomo, questo scrittore affermato, come un’ombra fedele durante tutta la sua vita.   Al dolore – anzi – finirà per dedicare un testo capitale (2).


Il dolore gli si presenta subito, il 23 agosto del 1908 – il piccolo Clive ha dieci anni -  quando muore la madre. E’ una perdita disperante, per un bambino dalla straripante immaginazione. E’ stata proprio l’adorata madre, Flora, ad iniziarlo all’amore per i romanzi e la letteratura. Il resto l’ha fatto il trasloco, al seguito del padre, nella nuova casa, un nuovo elegante ed enorme cottage immerso nella campagna – chiamato nel libro di memorie, Little Lea -  e la lettura dei libri di Beatrix Potter (l’inventrice di Peter Coniglio), di Mark Twain e di Edith Nesbit. La morte della madre cambia completamente il quadro di una infanzia felice e fantasiosa. Clive, insieme al fratello Warner (Warnie) più grande di tre anni, finisce al seguito di diversi tutori, scelti dal padre per proseguire lo studio delle lingue classiche, poi nel campo di concentramento -   così le definisce Lewis nella sua autobiografia – di severe scuole inglesi, infine al fronte, in guerra, dove gli capita anche, nel 1918,  di veder morire il suo migliore amico, Paddy Moore, e di essere a propria volta ferito, prima di essere ricoverato a lungo in ospedale e ammalarsi di depressione.

(segue -1./) 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. 


1.      Surprised by Joy: The Shape of my Early Life è edito in Italia da Jaca Book, Milano, 1981, con il titolo Sorpreso dalla Gioia.

2.     A Grief Observed, pubblicato da Clive Staples Lewis con lo pseudonimo di N.W.Clerk nel 1961, è edito in Italia da Adelphi con il titolo Diario di un dolore, Milano 1990, traduzione di Anna Ravano.

12/08/13

In viaggio con la zia - di Graham Greene. Una riscoperta.





Mi piace andare controcorrente. Mi piace rileggere vecchi libri che nessuno legge più. E qualche volta anche libri di autori considerati snobisticamente troppo popolari, troppo di successo. 

Graham Greene (1904-1991) è uno scrittore meraviglioso.  Che, un po' come accadde a William Somerset Maugham o a Simenon, capitò in vita l'accidente di avere molto, molto successo. 

Cosa che, per la critica militante e benpensante dell'epoca, era imperdonabile. 

Greene ha venduto milioni di copie di libri in tutto il mondo, tradotti in ogni lingua. E quasi ogni suo romanzo, dei molti che ha scritto, sono diventati film e a loro volta grandi successi al cinema. 

E' accaduto anche a In viaggio con la zia, scritto nel 1969 e divenuto un grande successo internazionale con il film girato da George Cukor nel 1972 per la MGM che aveva come protagonista la grande Maggie Smith.

Come è accaduto a Maugham e a Simenon (ma un po' più a rilento rispetto a loro), anche per Greene è cominciata l'epoca della riscoperta. 

La scrittura facile di Greene, non è mai facile

E come sa bene chi scrive, scrivere bene facile è molto, molto più difficile che scrivere difficile (o complicato). 

Greene possedeva un talento naturale per la leggerezza (che non è mai superficialità).  Ha scritto romanzi importanti e di argomento molto serio e storie apparentemente più esili o divertenti, a cui apparterrebbe anche In viaggio con la zia. 

Che riletto oggi è però, un grande romanzo. 

Un romanzo nel quale il puro divertimento della lettura  si unisce all'intelligenza, alla sagacia, alla comprensione profonda delle leggi umane. 

Il pretesto è noto: Greene mette al centro di questa storia  la zia Augusta (modello neanche tanto nascosto della Zia Mame del recente romanzo che ha avuto successo notevole internazionale), dama smisuratamente eccentrica, formidabile esemplare di quella galleria di vecchie anticonformiste che sono una specialità della letteratura inglese. Insieme con noi ne fa la conoscenza il cinquantacinquenne Henry Pulling, suo nipote, educato, ironico, un po' timido, e che, dopo aver trascorso una decorosa esistenza in una banca della City, già pregusta un tranquillo life-end trascorso coltivando dalie nel suo giardinetto. 

L'incontro, al funerale della madre, sconvolgerà i suoi piani: recatosi a casa della zia avrà la sorpresa di vedere l'urna con le ceneri della madre trasformata in un contenitore di marijuana; verrà poi coinvolto in uno sfrenato carosello che lo trascinerà ai quattro angoli del mondo, al seguito sempre della terribile parente, e gli farà conoscere un variegato universo di loschi trafficanti, di ragazzine hippie in via per Katmandu, di decrepiti avventurieri italici, di agenti della CIA.

Il tutto scandito da una narrazione pirotecnica, sempre brillante, che nella seconda parte del libro diventa sempre più grave e introspettiva, con il lento dipanarsi del segreto che il lettore non tarda a scoprire (prima del protagonista).

Se siete alla ricerca di un libro per l'estate (ma anche per l'inverno), non vi pentirete di aver scelto questo romanzo.  

Fabrizio Falconi

10/12/12

Charles Dickens: riapre oggi a Londra la sua casa-museo .



A conclusione delle solenni celebrazioni per il bicentenario della nascita, riapre a Londra in pompa magna il Charles Dickens Museum, l'unica casa-museo dello scrittore che si puo' ancora ammirare nella capitale inglese. 

Dopo otto mesi di lavori di ristrutturazione, da oggi, lunedi' 10 dicembre, i visitatori potranno entrare di nuovo in quella che fu la casa abitata da uno dei maggiori romanzieri inglesi, vissuto tra il 1812 e il 1870. 

Il restauro dell'edificio in stile vittoriano e' costato 3,1 milioni di sterline, in gran parte pagato grazie ai proventi dell'Heritage Lottery, la lotteria nazionale britannica che raccoglie fondi per i beni storico-artistici. 

Il Charles Dickens Museum, al numero 48 di Doughty Street, nel quartiere di Bloomsbury, riapre dunque con nuove sale espositive e postazioni multimediali, con una sala conferenze, un caffe' e un bookshop. 

I visitatori durante il loro tour potranno anche ascoltare l'attore Simon Callow che recita alcuni passi dello scrittore. 

Nella casa di Doughty Street, dove visse tra il 1837 e il 1840, Dickens concepi' e scrisse alcuni dei romanzi piu' amati della letteratura inglese, come "Oliver Twist" e "David Copperfield". 

Il museo e' stato arredato con molti oggetti e mobili appartenuti a Dickens, tra i quali spicca sua scrivania personale. 

Sono esposti quadri, numerose fotografie della sua famiglia, molte delle quali inedite, e numerose lettere autografe. I visitatori potranno ammirare anche la ricostruzione della sala da pranzo originale. 

Il museo, riferisce la stampa inglese, sara' l'unico aperto a Londra nel giorno di Natale come omaggio a Dickens, considerato il 'padre' del Natale vittoriano. 

05/06/12

'Messaggero d'amore' di Leslie P.Hartley - Recensione.



Nutrimenti editore meritoriamente ri-pubblica in Italia dopo parecchi anni L'età incerta (The Go-Between) romanzo di L.P. Hartley, pubblicato a Londra nel 1953, e conosciuto per il film che ne fu tratto, Messaggero d'amore (titolo italiano di The Go-Between) nel 1970 diretto da Joseph Losey, vincitore del Grand Prix come miglior film al Festival di Cannes 1971.

Meritoriamente perché si tratta davvero di un grande romanzo. 

La storia: Leo Colston è un tredicenne che al termine dell'anno scolastico 1899-1900 viene mandato per un periodo di vacanza estivo nella magnifica residenza di Brandham Hall, presso la famiglia del compagno di classe Marcus.  

Qui Leo conoscerà e si innamorerà della sorella maggiore di Marcus,  Marian, promessa sposa del nono visconte di Trimingham (ferito in guerra), diventando il suo inconsapevole corriere: Marian ha infatti una relazione con il fattore Ted e Leo si presta, senza esserne consapevole, a fare da tramite per la consegna della loro corrispondenza amorosa.  Fino al tragico epilogo finale.

E' uno straordinario, finissimo romanzo, tutto giocato sulla psicologia del giovane Leo, che con i suoi occhi incontaminati osserva e scopre il mondo oscuro (e anche goffo) degli adulti.

Tradito e corrotto, Leo avrà la sua iniziazione e non basteranno a salvarlo le sue protezioni "magiche" alle quali ha preso ad appassionarsi da quando ha scoperto casualmente di "poter cambiare il corso degli eventi"; il suo culto per la botanica e per lo Zodiaco; la sua capacità di introspezione.

Bildungsroman sui generis,  Messaggero d'amore è una straordinaria opera sensibile, quieta e allo stesso tempo sottilmente febbrile, che ad ogni pagina induce il lettore a scoprire qualcosa di sé oltre che della semplice vicenda incantata..  

Fabrizio Falconi 

09/09/11

"Turisti nel tempo", Intervista a Ian Mc Ewan - di F.Falconi.



Nelle sue ‘passeggiate romane’  ciò che più ha attratto Ian Mc Ewan sono i cancelli elettronici posti a sorveglianza della Cappella Sistina e dei Musei Vaticani: “Messaggi registrati, display elettronici, cartelli dappertutto. Sarebbe molto difficile per un puro di cuore, lì dentro, un apprezzamento innocente dell’opera d’arte, guardare, amare e basta.”

Lo scrittore inglese è nel nostro paese per visitare il set di Cortesie per gli Ospiti, il film che il regista Paul Schrader sta girando per una coproduzione italo americana,  tratto dal suo secondo romanzo, in Italia pubblicato da Einaudi nel 1981.

Prima sorpresa: lo script del film porta la firma di Harold Pinter, non la sua. Come mai: “Pinter è un mio amico – risponde Mc Ewan stringendo gli occhi sotto le lenti da miope – Ci siamo visti prima che lui iniziasse il lavoro. Mi ha fatto qualche domanda. Io penso che o si è coinvolti interamente in un progett, o è meglio non entrarci per niente.”  E’ comunque entusiasta del set, che ha visitato nella mattina, allestito nel grande Teatro Uno degli Studi Pontini, dove Gianni Quaranta, il direttore delle scene, ha ricostruito un intero palazzo veneziano, quello in cui si svolge l’incontro tra la giovane coppia di turisti inglesi e Robert, l’inquietante e ambiguo protagonista del romano.

“ Di meglio era impossibile avere,” commenta Mc Ewan a proposito degli attori: Christopher Walken è Robert, Helen Mirren sua moglie, Rupert Everett e Natasha Richardson, la giovane figlia di Vanessa Redgrave, la coppia di turisti inglesi. Lo scrittore nutre una grande ammirazione per Paul Schrader, con cui condivide il carattere introverso e le parole misurate, retaggio per entrambi, forse, di una educazione severa – Schrader educato dai Gesuiti, Mc Ewan nei più selezionati college inglesi. Da Taxi Driver Schrader è uno dei migliori sceneggiatori americani; come regista ha firmato film controversi, subito diventati cult soprattutto in Europa, come Il bacio della pantera, Mishima, o il recente Patty.  “Quando gira, Schrader ha una cura molto simile a quella che ho io nel controllo della scrittura – dice Mc Ewan – Ma nel film c’è più enfasi, i personaggi sono diversi.”

Come sceneggiatore Mc Ewan, con The ploghsman’s lunch, ha scritto uno dei più bei film inglesi dell’ultimo decennio. “ Per molto tempo il cinema mi ha dato da vivere. Una volta, fino a qualche anno fa, in Inghilterra non avresti mai potuto vivere con i proventi di un libro. Oggi puoi farlo. Non voglio apparire ottimista, ma in Inghilterra, c’è molto fermento in questo periodo. Tra i lettori e tra gli scrittori.   Gente come Timothy Mo o Salman Rushdie, le cui esperienze arrivano da molto lontano, ha portato una nuova linfa alla letteratura e alla lingua britanniche. Non credo affatto che la letteratura risenta in Inghilterra della impasse politico in cui versa il paese. E credo che quando questo governo cadrà, la gente capirà di aver esagerato riguardo ai danni che il governo stesso ha causato.  Non dovremmo confondere il nostro governo con quello di Ceausescu, che limita attualmente l’immagine e la fantasia. Da noi gli scrittori sono liberi.”

E in effetti Mc Ewan ha rappresentato anche tra i giovani scrittori un modello, proprio a causa della sua "totale libertà" di scrittura. I primi racconti - Primo amore, ultimi riti, del 1975 e Fra le lenzuola del '76 - affrontavano temi duri come la pedofilia o l'incesto da un punto di vista del tutto straniato.  Oggi però, dopo Bambini nel Tempo, che Einaudi ha pubblicato in Italia alla fine dello scorso anno, Mc Ewan si scopre diverso. "Credo di essere cresciuto  molto lentamente come scrittore: sto apprendendo molto. Credo che dopo Cortesie per gli Ospiti, il romanzo che ora sta girando Schrader, ci sia stata come una morte dentro di me. Ho lavorato per il cinema, ho allargato i miei interessi.   Così, nel 1983, quando ho cominciato a scrivere Bambini nel Tempo, ho sentito che ero pronto a rischiare un argomento più importante, usando invece di un solo piano narrativo, tre o quattro diversi livelli."

E in effetti gran parte della critica ha parlato di Bambini nel tempo come di un romanzo della 'compiutezza', della 'maturità'. Mc Ewan non è d'accordo: "Semmai si tratta di un punto di partenza - dice - l'inizio di un cambiamento, di una 'crisi di mezza età'. Non sono d'accordo con chi vuole intravedere una svolta. Tutti i miei libri lo sono, forse Bambini nel tempo lo è più degli altri. "

Bambini nel tempo è forse il segnale di una nuova raggiunta condizione, quella di padre. Nel 1982 Mc Ewan ha sposato Penny, che aveva già due figlie di 14 e 16 anni. Dal matrimonio sono nati poi Gregory e William, che oggi ha tre anni.  E se Bambini nel Tempo è l'inizio, quale sarà il seguito ?  Il seguito è già cominciato, perché Mc Ewan ha da poco finito il suo nuovo romanzo. Uscirà contemporaneamente in tutta Europa nel prossimo marzo - distribuito da Einaudi - più o meno nello stesso periodo in cui il film di Schrader sarà pronto per il Festival di Cannes.  "Quello che posso dire a proposito del romanzo che ho appena finito è che non ho mai provato piacere più grande nello scrivere. L'ho scritto molto velocemente in quattordici mesi e ha due titoli diversi. In inglese si chiama The Innocent, ma l'editore lo ha voluto chiamare con il suo primo titolo, Lettera da Berlino. E infatti la storia è ambientata a Berlino e riguarda la fine della guerra fredda.  E' curioso perché alla fine del libro il protagonista decide di ritornare a Berlino dopo molti anni, in compagnia della giovane donna tedesca che aveva amato tanti anni prima, e decide di farlo perché vuole vedere il muro prima che venga abbattuto. E così, non potevo immaginare minimamente che dopo tre mesi che avevo finito il libro, il muro sarebbe stato finalmente abbattuto."

Ed è felice come un bambino McEwan, per nulla preoccupato che questa eccessiva "tempestività" possa essergli rinfacciata.  "Non è comunque un libro politico - vuole precisare - è una storia d'amore tra un uomo inglese e una donna tedesca. Ma la storia d'amore diventa  una specie di terreno di battaglia più grande, che si inserisce nel quadro politico del dopoguerra e coinvolge le lotte tra i servizi segreti di diverse nazioni e la costruzione di un tunnel segreto nel cuore di Berlino."

E' ancora un romanzo a più strati, sembra di capire.  "Sì, ultimamente vengono fuori così e da una parte mi dispiace, perché la lunghezza ideale, quella verso la quale vorrei tornare, è quella del mio primo romanzo, The cement garden. Gli editori mi chiedevano continuamente un romanzo, ma io rinviavo perché non avevo una buona storia da scrivere.  E quando l'ho avuta, è venuta fuori molto rapidamente.  The cement garden è molto corto, la struttura è molto simile a quella di un racconto, ed è proprio la lunghezza alla quale vorrei tornare: cinquantamila parole. La stessa lunghezza di Morte a Venezia di Thomas Mann e di Cuore di Tenebra di Conrad, di Giro di Vite di James e della Metamorfosi di Kafka.  Penso che questi quattro scrittori abbiano fatto le loro cose migliori proprio su questo 'formato'.  E' una lunghezza meravigliosa, la mia idea di libro ideale è quella di un libro che può essere letto in tre ore."

Fabrizio Falconi - "Turisti nel tempo", incontro con Ian Mc Ewan, Il manifesto del 17 dicembre 1989.