07/07/25

"La persona peggiore del mondo", uno dei migliori film degli ultimi anni


La persona peggiore del mondo è uno dei migliori film degli ultimi anni.

Joachim Trier, del resto, oggi 51enne, continua a fare incetta di premi nei festival più importanti, e attendo con grande interesse il suo ultimo Affeksjonsverdi, che a Cannes a maggio scorso ha ricevuto il Gran Premio della Giuria.
Questo La persona peggiore del mondo è il suo penultimo, uscito nel 2021 per il quale la protagonista, Renate Reinsve (ne ho parlato anche per "Armand", qualche settimana fa, oggi forse la più dotata attrice in giro) ha vinto il Premio per la migliore interpretazione femminile a Cannes 2021.
Il film racconta nell'arco di due intensissime ore, in 12 capitoli, alcuni più estesi altri molto brevi (+ un prologo e un epilogo) le vicende della protagonista Julia, che sta per compiere 30 anni e che finora non ha messo radici da nessuna parte: laureata in medicina e studentessa brillante, ha lasciato per dedicarsi alla psicologia, poi ha lasciato anche questi studi con in testa l'idea di fare la fotografa, ma è finita a fare la commessa in libreria.
Nella gioventù dorata di Oslo (dove anche lavorare come cameriere è redditizio e dignitoso) ha molte avventure sessuali che gratificano il suo narcisismo e sembrano terminare quando incontra Axel, più grande di lei di 13 o 14 anni, fumettista di successo (una sorta di Zerocalcare norvegese), uomo intelligente e sensibile di cui Julia si innamora e con cui va a vivere.
Tutto andrebbe bene, se non fosse che Julia è sempre indecisa a tutto: soprattutto riguardo alla maternità. Axel vorrebbe un figlio, ritiene che Julia sarebbe un'ottima madre, cerca di persuaderla. Ma Julia esita, tentenna. E fatalmente, cerca vie di fuga, immaginarie o concrete.
La separazione da Axel è traumatica, specie per quanto avviene dopo e anche il nuovo compagno non può/sa colmare il vuoto decisionale di Julia.
Il film è un capolavoro di interiorità e cinema: un equilibrio quasi miracoloso collega i 12 capitoli, anche quando la storia include parentesi oniriche o allucinogene.
Per la Reisven gli aggettivi sono inutili: è un'attrice di straordinario carisma e straordinaria bravura.
Ma anche Anders Danielsen Lie, nel ruolo di Axel è di bravura superiore.
Tutto è vero ma anche toccante, perché la vita è così e non è una stupida favola come viene rappresentato in molto cinema e molta fiction americana di oggi.
Saper raccontare i rumori e i (falsi, come direbbero Handke e Wenders) movimenti dell'anima, in un'età così confusa, con la lucidità di Trier è veramente raro.
C'è una frase che Axel dice a Julia per segnare la differenza anagrafica tra di loro (che sembra incolmabile): "Sono cresciuto in un'epoca in cui la cultura passava attraverso gli oggetti."
E' il dramma di un passaggio che scontenta chi era abituato a un'altra vita e chi quell'altra vita non l'ha mai conosciuta e si trova però a nuotare in mare aperto.
Da non perdere. (Su Amazon Prime video)

07/06/25

CARAVAGGIO A ROMA - Il Podcast - ascolta gratuitamente qui

 


Proprio nel periodo in cui a Palazzo Barberini a Roma si svolge la grande mostra Caravaggio 2025, il racconto, con particolari insoliti, aneddoti, curiosità, della incredibile vita di Caravaggio nei suoi dodici anni a Roma, che hanno camb

Proprio nel periodo in cui a Palazzo Barberini a Roma si svolge la grande mostra Caravaggio 2025, il racconto, con particolari insoliti, aneddoti, curiosità, della incredibile vita di Caravaggio nei suoi dodici anni a Roma, che hanno cambiato per sempre la storia della pittura.

"PASSEGGIATE LETTERARIE A ROMA" DI FABRIZIO FALCONI - IL PODCAST

PRIMA PARTE - ASCOLTA GRATUITAMENTE QUI:

https://tinyurl.com/bdx32yd6

SECONDA PARTE - ASCOLTA GRATUITAMENTE QUI:

https://tinyurl.com/mr9cta3u

21/05/25

POETICA-MENTE ! - Secondo Incontro Domenica 25 maggio ore 18,30

 



Si svolgerà domenica prossima, 25 maggio 2025 alle ore 18,30 presso la Libreria Eli di Roma, Viale Somalia 50/A, il secondo incontro di Poetica-Mente!, confronto trans-generazionale sui temi della poesia, incentrato stavolta sui testi di canzoni di ieri e di oggi, sulla loro rilevanza poetica, e sulle differenze di scritture, di espressione e di fruizione.

Si ascolteranno canzoni, si discuterà insieme. E tutti saranno benvenuti!




25/04/25

Il nuovo libro di Raoul Precht: "Lo scrittore infedele"

 



Nato a Roma nel 1960, ma trapiantato a Lussemburgo dal 1990, Raoul Precht è uno degli autori più interessanti della scena contemporanea italiana, come dimostrano i suoi ultimi volumi pubblicati, Quintetto romano Il mare dei poeti (entrambi per Bordeaux Edizioni, 2022 e  2023), Stefan Zweig. La fine di un mondo (Edizioni Ares 2025) e ora questo Lo scrittore infedele, uscito per i tipi di Editoriale Scientifica. 

Stavolta Precht racconta in prima persona la sua vera ossessione per Carl Sternheim, maturata già negli anni universitari (a Roma, dove si è laureato in lingue e letterature straniere moderne con una tesi sul conflitto padre-figlio in Calderón de la Barca, Hofmannsthal e Pasolini). Al drammaturgo espressionista tedesco, misconosciuto in Italia e quasi del tutto intradotto, Precht aveva già dedicato un prezioso volumetto pubblicato dall'editore La Camera Verde, cimentandosi nella traduzione di un racconto di Sternheim, Schuhlin, (arricchito dalle fotografie di P. Dimpflmeier) in cui si narra della carriera di un giovane musicista immaginario, dall'infanzia, ai timidi esordi, fino alla consacrazione presso un pubblico ristretto di aristocratici e intenditori, come eccellente pianista.

Ne Lo scrittore infedele, invece, Precht, descrive il suo viaggio sulle (labili) tracce di Sternheim, lasciate dallo scrittore a Bruxelles e in Belgio, dove riparò nell'ultima parte della sua vita per scampare alla persecuzione nazista in patria. In pieno inverno dunque, approfittando di una noiosa trasferta di lavoro, lo scrittore di oggi muove i suoi passi dalla tomba dello scrittore di ieri, nel cimitero di Bruxelles. Nato a Lipsia nel 1878, Sternheim ha infatti trovato la morte a Bruxelles il 3 novembre del 1942, quand'era ancora considerato tra i narratori e drammaturghi più importanti del suo tempo, maestro e precursore fra gli altri di Bertolt Brecht. In realtà il vero successo Sternheim lo aveva consumato nei primi anni del Novecento, quand'era diventato popolarissimo, anche e soprattutto per i suoi drammi (vincitore fra l'altro del premio Fontane, che decise di devolvere al giovane Franz Kafka, allora semisconosciuto).

La vita e l'opera di Sternheim, da quel punto in poi, sembrarono essere saliti sulle montagne russe. Un mondo apparentemente dorato e certamente inebriante che Sternheim attraversò senza riserve, seminando donne, amanti, mogli, figli e figlie, delusioni e tragedie, fallimenti e successo, fino a un tiepido oblio che a un certo punto sembrò avvolgerlo insieme agli eventi tragici che divampavano in Europa e ai quali - forse per fortuna - non fece in tempo ad assistere fino in fondo.

Precht però qui gioca su un doppio registro: Sternheim è il pretesto per un romanzo interrogativo e interrogante che non si può liquidare sotto la generica etichetta di autofiction

Il centro di questo romanzo atipico è infatti la scrittura, lo scrivere. Demone e diletto di Precht, come di chiunque abbia contratto il morbo e si interroghi profondamente - e non soltanto per divertimento narcisistico - sul senso di una cosa che può apparire sommamente insensata come lo scrivere - e in particolare lo scrivere di sè.

Il problema è che non si finisce mai di conoscersi. E Precht, come ogni autore vero, non ha fatto ancora i conti pienamente con la propria interiorità, con le ansie, con i turbamenti, con il senso del fallimento o dell'incompiutezza e cerca in un eponimo che non può essere per lui altri che Sternheim, lo scrittore che ha giocato tutto, ha raggiunto tutto, ha toccato tutto e alla fine ha sperimentato la rovina e la caduta. 

La rovina infatti, è il segno che si è vissuto. E allora dunque, forse ci si può rivolgere alla vita di un altro per capire meglio qualcosa della nostra. Perché, come scrive Barthes, "solo l'Altro potrebbe scrivere il mio romanzo." Forse nella galleria di questi personaggi che raccontano (a Precht) le loro storie, orbitando intorno a quella del grande scrittore oggi trascurato, si trovano riflessi propizi, si scoprono echi o similitudini, diffrazioni, spostamenti che riguardano oggi e che riguardano noi stessi.

Nella polvere del tempo che non smette di cadere, Precht racconta le sue notti insonni, il suo agitarsi, il suo non riuscire a carpire, a dipanare, il suo non poter concludere. Ma in questo c'è la bellezza di un piccolo romanzo di meno di 200 pagine, che contiene tante storie, tanto tempo, tante vite. 

Raoul Precht
Lo scrittore infedele
Editoriale Scientifica
2025


21/04/25

"Passeggiate Letterarie a Roma" - Il nuovo Podcast di Fabrizio Falconi sulla Città Eterna

 


Passeggiate Letterarie a Roma è il nuovo podcast di Fabrizio Falconi dedicato a curiosità, leggende, storia e storie, aneddoti, vicende artistiche, della Città Eterna. 

Le nuove puntate del PODCAST vengono caricate ogni settimana (tra il martedì e il mercoledì) sulle piattaforme di SPOTIFY, AMAZON, APPLE.

Per trovare la pagina delle PASSEGGIATE LETTERARIE di Fabrizio Falconi IN PODCAST si può fare la ricerca con le parole chiave "Passeggiate Letterarie" all'interno delle 3 piattaforme oppure cliccare direttamente sui link qui sotto dove si trova indice e icone di tutte le puntate disponibili:

- SPOTIFY Passeggiate Letterarie

- AMAZON Passegggiate Letterarie

- APPLE Passeggiate Letterarie




30/03/25

POETICA-MENTE! - Sabato 12 aprile alle ore 18 alla Libreria Eli di Roma

 Primo incontro gratuito, aperto a tutti, sul tema della poesia nel confronto tra generazioni.

Moderano e conducono l’incontro con letture di testi propri e di grandi poeti:

Matteo Falconi

Fabrizio Falconi

LIBRERIA ELI 


21/03/25

"Wolf Hall" una serie inglese del 2015 bellissima, ancora purtroppo inedita in Italia


Ho l'impressione che, obnubilate dai tormentoni che impone il gigante Netflix ogni settimana, parecchie delle serie migliori in circolazione, siano - e rimangano - semiclandestine. Per gli algoritmi sono troppo rischiose, e quindi vengono lasciate a svernare in cantina senza che nessun network italiano le mandi in onda.

Succede anche con questa straordinaria serie BBC, prodotta addirittura nel 2015, e ancora del tutto inedita in Italia, intitolata "Wolf Hall" e tratta dall'omonimo romanzo della grande scrittrice inglese (pluripremiata) Hilary Mantel.
Racconta le vicende di Thomas Cromwell nella Inghilterra e nella corte di Enrico VIII, nel momento storico in cui il Re d'Inghilterra vuole divorziare dalla prima moglie spagnola, Caterina d'Aragona e convolare a nozze con Anna Bolena, misurandosi con l'ostilità del Papa romano e arrivando a sfidarlo apertamente e definitivamente proclamandosi capo spirituale della Chiesa d'Inghilterra, da allora detta "Anglicana".
Thomas Cromwell è un personaggio letterariamente fantastico. Prima dalla parte del papa, sopratutto per via del Cardinale Thomas Wolsey di cui è segretario fidato e poi, dopo la morte di questo, promosso a uomo di fiducia di Enrico VIII, suo principale consigliere.
La serie è di qualità altissima - soltanto i costumi e la fotografia sono da premio Oscar (sembra di girare per una quadreria del Cinquecento, tra Durer e Brueghel) - e il cast è formato da fuoriclasse del cinema inglese, da Mark Rylance (nei panni di Thomas Cromwell), premio Oscar per "Il ponte delle spie" di Spielberg, a Damian Lewis (Enrico VIII), da tutti ricordato per Homeland, a Jonathan Pryce, sul quale non bisogna aggiungere altro.
Un'opera magnifica che esplora le ambiguità del potere, i caratteri umani, i cortocircuiti della storia che generano conflitti, sofferenze e orrori. (Quanto mai attuale).



15/03/25

"Preparare la partenza"







Preparare la partenza 


Nel sogno sto sempre a preparare la roba 

e ogni cosa mi scappa e mi fa piangere: 

è come se si nascondesse. Ma ce n’è così tanta!

E a me non andrebbe di partire, di perdere

la tenerezza, il gioco della pelle e della bocca

della bella schiena e delle pieghe, mi volto

e mi ripiego in cerca di una spilla, di un guscio

o una moneta.

Ma che t’importa di uno spillo?

E cosa ti mette angoscia, cosa malinconia?

Il desiderio terrestre non dovrebbe appartenere

al sogno; nemmeno lì puoi volare a distesa, 

sempre qualcosa ti trattiene,

la tua roba che non è mai stata tua

la bocca che non è mai stata tua

lo spillo, il passaporto

la vecchiaia, la giovinezza

la rovina di un passaggio che non puoi

tramutare

in fretta d’andare. 


Fabrizio Falconi - 2025 (inedito ©)


03/03/25

3.000.000 di Visualizzazioni per Il Blog di Fabrizio Falconi - Si festeggia con i tre libri usciti da poco. Grazie a tutti!

 


Nato 16 anni fa, questo Blog, Il Blog di Fabrizio Falconi festeggia oggi un altro importante traguardo: quello dei 3.000.000 di visualizzazioni!

Molta strada è stata fatta in questi anni ed è doveroso ringraziare in primis i tanti lettori ovviamente, e anche gli inserzionisti che ci hanno permesso di continuare a crescere. 

Festeggiamo con le copertine dei 3 nuovi libri, usciti dalla fine dell'estate scorsa, tutti disponibili nelle librerie e online.

Grazie, e barra a dritta.

F.










24/02/25

"Il Grande Ritratto" - un profetico romanzo di Dino Buzzati dimenticato


La migliore libreria del mondo è ormai, di gran lunga, Ebay.

Stavo cercando un romanzo di Buzzati, mai letto, "Il grande ritratto", pubblicato nel 1960 (non due secoli fa).
Non più ristampato da parecchio, è inesistente nelle librerie e siccome volevo il libro vero, cartaceo, è inesistente anche su Amazon (dove esiste solo in versione kindle).
Questa edizione, pagata pochi soldi è del 1965 ed è perfetta.
L'ho letto, divorandolo. Senza riuscire a comprendere perché questi romanzi e questi autori siano quasi scomparsi dalla circolazione e dalle librerie (forse perché le librerie pure non se la passano bene, visto che nessuno o quasi, legge).
E' un romanzo stranissimo, che oggi si definirebbe "distopico" o "ucronico", ma una volta si parlava semplicemente di "fantascienza".
Ma è anche un libro terribilmente profetico, che sembra parlare proprio di oggi.
Un esperimento scientifico folle e segretissimo, realizzato nel cuore di una montagna super-protetta. Le vite di tre scienziati, legati tra di loro dall'amore e dalla paura. Una donna che non c'è più. Il tentativo (riuscito e mefistofelico) di farla rivivere - perfino nei suoi desideri carnali - attraverso una intelligenza artificiale in grado di creare sembianze più vere del vero (e indistinguibili dal vero).
Ciò che lo rende ancora "umano" - e lo era quasi tutta la bella fantascienza di quegli anni - è l'immaginare ingenuamente un computer enorme, come quasi una città, collegato da miliardi di connessioni elettriche, cavi tralicci e antenne.
Anche la fervida fantasia di Buzzati non riusciva a immaginare che per la creazione di nuovi e banali simulacri viventi, un giorno sarebbero bastati circuiti elettronici che possono stare su un polpastrello.

Fabrizio Falconi

E' possibile cambiare il nostro carattere, la nostra personalità ? La risposta di Carl Gustav Jung



Ci chiediamo spesso, durante la nostra vita, se è possibile cambiare (i difetti della) nostra personalità, del nostro carattere. Se possiamo migliorarci insomma, o comunque cambiare, nella direzione che intravediamo come soluzione per noi, ma che ci è difficile raggiungere. E la stessa cosa ci chiediamo a proposito di qualcun altro, che magari ci è a cuore, che è vicino a noi, ma che non riesce a compiere un cammino evolutivo come noi vorremmo, e come crediamo sia meglio anche per lui. La risposta che dà a questo quesito Carl Gustav Jung è piuttosto radicale e illuminante.


Nessuno sviluppa la propria personalità perché qualcuno gli ha detto che sarebbe utile farlo.

Senza necessità nulla si cambia, meno che mai la personalità umana.
Essa è tremendamente conservatrice, per non dire inerte.
Solo la necessità più acuta può stanarla.
Allo stesso modo anche lo sviluppo della personalità non obbedisce ad alcun desiderio, ad alcun ordine né ad alcuna comprensione profonda, ma solo alla necessità.
Ha bisogno della costrizione motivante di interni o esterni destini.
Carl Gustav Jung

10/02/25

"Il Giorno più Bello per Incontrarti" - RECENSIONE

 



IL LIBRO


La scena si apre su un funerale di provincia, in una giomata umida e afosa dell'autunno 1977. Giovanni, il giovane italiano dal passato tormentato, è annegato in Spagna, vicino a Barcellona, e in quella chiesetta, per l'estremo saluto, sono riuniti i suoi cari: la madre, il cui volto impietrito dal dolore ricorda le contadine dipinte da Grant Wood, la moglie americana, Vivienne, dallo sguardo dolce e assente, il suo migliore amico, Alessandro - voce narrante di questo romanzo davvero intrigante - e pochi altri.
La mesta cerimonia viene interrotta dalle urla di un uomo sulla sessantina, sdentato e infuriato, che pretende una non meglio chiarita "restituzione" brandisce un coltello e ferisce Alessandro.
E stato coinvolto da Giovanni in una truffa, si scoprirà poco dopo, e a sua volta derubato. Brandelli di un'esistenza oscura, come tante tessere scompagnate di un puzzle che stenta a prendere forma, saltano fuori a poco a poco dalle indagini delle polizia, dagli appunti dello psichiatra che aveva in cura il giovane e dai ricordi di chi lo aveva conosciuto e frequentato. 
Il quadro poi si complica ulteriormente quando Vivienne, quattordici anni dopo, riceve una strana cartolina anonima dall'Olanda, vergata con una calligrafia che sembra proprio quella di Giovanni. Ad essa fanno seguito altri messaggi, sempre anonimi, provenienti da varie parti d'Europa. È un'altra ritorsione, una messa in scena crudele, o davvero Giovanni è vivo e vuole vederci chiaro e riapre l'inchiesta, ma sarà Alessandro ad annodare i fili dell'enigma e a mettere il punto finale a questa storia dalla tensione sottile e vibrante. 
Un po' thriller psicologico e un po' diario filosofico, il romanzo d'esordio del gior- nalista romano quarantenne Fabrizio Falconi, già autore, e si sente, di versi apprezzati, unisce un forte grumo autobiografico (il difficile rapporto con un padre ammirato ma in fondo sconosciuto, il rimpianto per chi non c'è più) con l'eterna tentazione di fuggire i nostri errori e ricominciare, altrove, su un nuovo foglio: "nel breviario di una vita passata, riletto ogni glorno, arriva sempre, prima o poi, la pagina mancante. Quella che ti costringe a tornare indietro e chiederti come sarebbe stato.. a quel punto, come sarebbe stato se....

31/01/25

"Il Libro dei Bambini" di Antonia S. Byatt - Un grande libro


Ci sono libri difficili che ripagano la fatica del lettore. Con il tempo capisci quando vale la pena di insistere perché ti verrà dato il premio di un grande libro.

La Byatt, virtuosa della scrittura, scrive un'opera colossale: 700 pagine nelle quali si muovono, avanzando paralleli lungo la stessa linea di narrazione [neanche 1 solo flashback e nemmeno 1 flash forward] circa 50/60 personaggi contemporaneamente, dei quali la metà bambini che diventano poi adolescenti e adulti.
La capacità di portare avanti una narrazione così complessa [i personaggi sono tutti tra loro imparentati o relazionati] dove ad ogni personaggio sono dedicate ogni volta non più di 2 o 3 pagine è prodigiosa. Il lettore rischia di perdersi mille volte ma ogni volta riaffiora perché tutto avviene sullo sfondo di un'epoca e di luoghi che (ci) parlano della crescita, della evoluzione e della consapevolezza, della creazione artistica, del vero e del falso. L'Inghilterra vittoriana e poi edoardiana, la Baviera dei teatri e delle filosofie e delle ideologie. Prima che tutto venga ingoiato dal demone della guerra.
Antonia Byatt sì, avrebbe meritato il Nobel.


Dall'Inghilterra a Parigi, a Monaco e infine alle trincee della Somme, le vicende di un gruppo di uomini e donne che si propongono di modificare convinzioni, comportamenti, stili di vita e che per propria cecità e per l'incalzare della storia finiranno per soccombere.
Una lucida analisi sulla perfettibilità degli esseri umani, sul crudele egoismo della natura d'artista, sulla fascinazione per l'infanzia.

2010
Supercoralli
pp. 700
€ 25,00
ISBN 9788806199241

14/01/25

Ricordo di un incontro-intervista con Vittorio Gassman




Era l'estate del 1990. Vittorio Gassman era, ancora e pienamente, il "mattatore" del cinema e del teatro italiano e io un giovane cronista di cultura e spettacolo. 

Panorama, per cui lavoravo già da tempo, mi chiese di andare a intervistare Gassman a casa sua: una intervista piuttosto di routine, incentrata su quelli che erano in quel momento i progetti del grande attore. 

Varcai dunque il cancello di Villa Brasini - che i romani chiamano familiarmente "Il Castellaccio" per via della sua bizzarra architettura - nei pressi di Ponte Milvio, a Roma. Gassman era in quel periodo, da poco uscito dalla sua famosa "depressione", durata circa due anni, di cui l'attore parlò spesso anche in pubblico, in particolare durante la sua partecipazione al Maurizio Costanzo Show di quell'anno - un notevole e breve estratto è visibile su Youtube cliccando qui

Probabilmente, con il senno di poi (cioè dell'oggi), in quella occasione, avrei considerato non certo una felice scelta, quella, per un depresso, di andare a vivere proprio a Villa Brasini (pur splendido edificio), per via della fama sinistra che vi aleggia, anche per episodi assai recenti e di cui ho scritto in un libro di qualche successo (clicca qui).

Gassman mi venne incontro, affabile ed elegante,  mi fece accomodare nel grande salone vetrato della casa - con vista su un giardino interno - poi venne a sedersi, interrotto durante la nostra chiacchierata, dal figlio più piccolo, Jacopo, avuto dalla terza moglie, Diletta D'Andrea, nato nel 1980 e che dunque aveva all'epoca dieci anni, e del quale il padre dimostrava di essere innamorato. Riuscì a un certo punto a convincerlo a lasciarci soli e iniziò il nostro colloquio. 

Parlò a lungo del progetto assai ambizioso che all'epoca portava avanti: la messa in scena del Moby Dick di Melville, a teatro, con l'impianto scenico di Renzo Piano, che effettivamente andò in prima durante  le celebrazioni colombiane di Genova con il Teatro Stabile di quella città, poi portato anche a Siviglia e infine negli Stati Uniti (sempre nell'ambito di quelle celebrazioni). L'intero spettacolo è visibile cliccando qui

Mi parlò poi della serie TV Tutto il mondo è teatro alla quale stava lavorando e che avrebbe condotto l'anno seguente (1991) su RaiUno con grande successo (visibile un estratto qui).

Infine mi parlò di un progetto a cui teneva tantissimo e che invece - per quel che mi risulta - non si fece mai: un film dal terzo libro che aveva scritto, dopo Un'avvenire dietro le spalle (1981) e Vocalizzi (1989): Memorie dal sottoscala, di cui avrebbe dovuto essere regista, ma non protagonista ("preferisco concentrarmi sulla regia: l'interprete sarà forse straniero, magari un inglese, qualcuno che incarni lo spirito di quest'uomo inquietante e goffo"), nonostante fosse totalmente autobiografico e raccontasse "in chiave grottesca una nevrosi, non gli anni della mia depressione." 

Chissà che fine ha fatto quel copione, scritto con Giancarlo Scarchilli e chissà che prima o poi qualcuno non si decida a rispolverarlo. 

L'incontro, che ricordo vivamente - per la gentilezza e la simpatia che mi dimostrò - si concluse e salutai Gassman, che come molti grandi dell'epoca sapeva anche essere umile o semplice, che dir si voglia. Appena dieci anni dopo, ci ha lasciato. Con molti (nostri, di spettatori) rimpianti.

L'intervista uscì su Panorama il 19 agosto del 1990.