21/02/19

Massimo Gramellini: "Eros visita l'amante, non l'amato."




Vorrei farmi largo fra la rabbia e lo sgomento dei nostri giorni per concentrarmi su qualcosa di serio e di bello, ma anche di terribile e impronunciabile, tale è la sua forza misteriosa. Per alcuni studiosi l’amore deriverebbe dal sanscrito mar, morte, di cui rappresenta l’esatto contrario: Amar, non-morte, ovvero immortale.
Come chiunque abbia subito un torto precoce, sono cresciuto con la pretesa di essere in credito con Amar. 

Una sensazione che ho ritrovato nel corso della vita in tutte le persone che avevano perduto ingiustamente un affetto, un sogno, un lavoro. 

Nella loro sofferenza, o insofferenza, ho visto rispecchiarsi la mia.
Quel desiderio inestinguibile di essere risarciti, ricompensati. 

Una molla forsennata, ma alla lunga frustrante: chi pensa che la felicità consista nell’essere amati cerca negli altri qualcosa che, una volta trovato, lo rende stranamente infelice

Finché l’altalena della vita gli dischiuderà le porte di una scoperta, che come tante altre stava già scritta in un libro. Il «Simposio» di Platone. Tutti i personaggi concordano su un punto: Eros, il demone dell’amore, coincide con la persona amata. 

Tutti tranne Socrate, che nelle ultime pagine ribalta la prospettiva: Eros non visita l’amato, ma l’amante. 

E’ l’amante a essere posseduto dall’energia che trasforma le larve in uomini e gli uomini in dei. 

E’ l’amante che desidera, soffre, sublima. In una parola: ama. 

Ah, se avessi letto il Simposio con più attenzione al ginnasio. Ma forse non lo avrei capito. Ora invece so. So che la felicità non consiste nell’essere amati. Consiste nell’amare. Senza condizioni, nemmeno quella di essere ricambiati. 


Massimo Gramellini
L’amante immortale
BUONGIORNO
14/02/2013

20/02/19

Il Discorso agli Ateniesi di Pericle. Una pagina che bisogna rileggere oggi.






Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.


Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.


19/02/19

Il nome "ROMA" nel mondo. Tutte le curiosità, dopo il film di Cuaròn.




Grazie all'enorme successo del film Roma di Alfonso Cuaròn, vincitore del Leone d'Oro alla 75ma Mostra del Cinema di Venezia e Candidato come miglior film per l'Oscar che si assegna tra poco a Los Angeles, in molti hanno scoperto che così si chiama (originariamente Colonia Roma) un popoloso quartiere di Città del Messico in cui vivono circa 50.000 abitanti. 

Pochi sanno però che questo è uno dei molti esempi di località e città nel mondo che portano attualmente il nome della Città Eterna.  

A parte il quartiere messicano, infatti, una Roma esiste nel Queensland australiano (ha anche un aeroporto), una nel Lesotho; una nell'isola svedese di Gotland (dov'è anche una chiesa luterana medievale); una in Romania; in Perù, nel dipartimento La Libertad.  Anche in Texas c'è Roma - come del resto esiste anche una Parigi di circa 25.000 abitanti. 

Soltanto negli Stati Uniti si conoscono circa 15 tra città e villaggi dal nome inglesizzato, Rome: in Illinois, Indiana, Iowa, Maine, Maryland, Michigan, Minnesota, New York (con circa 40.000 abitanti), Ohio, Oregon, Pennsylvania (ben 3 località), Winsconsin.  In Georgia c'è una Rome con 37.000 abitanti, così chiamata perché fondata in un territorio dotato di sette colline e attraversato da vari corsi d'acqua.

Ma, parlando più in generale di ascendenze capitoline, si può ricordare che Capitolio si chiamano all'Avana di Cuba e a Buenos Aires i cuori monumentali delle città; che il moderno Parlamento costruito a Chandigarh, in India, su progetto di Le Corbusier prende anch'esso il nome di Capitol; che la collina dov'è il potere USA Capitol Hill, ospita il Capitol Building, Campidoglio degli Stati Uniti d'America - Senato e Camera dei Rappresentanti - oltre alla Corte Suprema e altri palazzi della democrazia USA. 

Dominati da una Cupola affrescata da un pittore romano dell'800, esiliato da Pio IX oltreoceano, Costantino Brumidi. 


Notizie tratte da: Francesco Rutelli - "Roma, la forza seduttiva di un nome: da Cuaròn alle gemelle sparse nel mondo" - Il Messaggero, Venerdì 15 febbraio 2019, p. 27.




18/02/19

Libro del Giorno: "Johann Sebastian Bach. Lo specchio di Dio e il segreto dell'immagine riflessa" di Mario Ruffini.


Qualcuno ricorderà quel meraviglioso saggio di Douglas Hofstadter, divenuto un classico, pubblicato in Italia da Adelphi e continuamente ristampato, Godel, Escher, Bach, un'eterna ghirlanda brillante in cui il grande filosofo e divulgatore scientifico intreccia l'opera del logico matematico (Godel), dell'artista (Escher) e del musicista (Bach) in un geniale trattato che esplora il senso e la significanza di sistemi complessi (logici e matematici) che sembrano obbedire a regole universali collegati allo stesso sistema neuronale umano. 

Il musicologo, direttore d'orchestra e compositore Mario Ruffini, in questo saggio pubblicato per Polistampa nel 2017, su quella scia, si inoltra nei meandri della immane produzione artistica di Johann Sebastian Bach, e dei riflessi logico-matematici, scientifici, teologici e perfino esoterici nascosti nell'opera immortale del compositore di Eisenach. 

Un libro dedicato non solo ai musicologi (alcuni capitoli sono veramente molto specialistici ed è difficile addentrarvisi senza una profonda conoscenza musicale) ma anche agli appassionati e ai neofiti. 

Ne viene fuori una incredibile cavalcata attraverso le innumerevoli tracce numeriche, giochi, acrostici musicali, riferimenti intrecciati, disseminati attraverso le opere del catalogo di Bach, da quelle meno conosciute ai capolavori come le Variazioni Goldberg, L'Arte della Fuga o il Clavicembalo ben temperato. 

Non solo: Ruffini racconta con uguale dovizia di particolari la personale biografia di Bach, la sua vita quotidiana, i malanni, i rapporti con le due mogli, i 22 figli avuti, gli spostamenti nella Germania dell'epoca tra corti, chiese e cantorie. 

Alcuni capitoli sono poi dedicati ai due misteriosi ritratti esistenti di Bach (apparentemente copie uno dell'altro, ma scopriremo che non è così) realizzati dal pittore Elias Gottlob Haussmann, i quali contengono anch'essi una quantità incredibile di misteri, criptati nello spartito che il musicista tiene nelle mani e che è rivolto all'osservatore. 

Arricchisce il volume una prefazione di uno dei più grandi esecutori di Bach contemporanei, Ramin Bahrami. 

Una lettura che affascina e fa vacillare la mente.

17/02/19

Poesia della Domenica: "La canzone della malinconia" di Friedrich Nietzsche da "Così parlò Zarathustra".




La canzone della malinconia

Quando la luce schiara,
e quando la rugiada il suo ristoro
sopra la terra piove;
invisibile, ed anche non udibile,
perché tènere scarpe porta ai piedi
quella ristoratrice come tutti
coloro che ristorano: pensa, mio caldo cuore,
come un giorno sitivi,
avevi sete di celesti lacrime
e di rugiada, combattuto e stanco,
mentre su erbosi sentieri giallastri
intorno a te, attraverso alberi neri,
maligni raggi a sera trascorrevano,
sguardi accecanti dell'occhio solare?

'Tu innamorato della verità?' e ridevano;
'No! Sei solo un poeta!
Un animale, lento, predatore,
che vuol mentire,
deve sapendo e volendo mentire:
cercare prede,
dipinto e mascherato,
di se stesso una larva,
e di se stesso preda.
Innamorato della verità?
No! Solo un pazzo! Soltanto un poeta!
Che parla per immagini,
da folli larve esalando i suoi gridi,
vien giù su ponti fatui di parole,
giù lungo variopinti arcobaleni,
tra falsi cieli
e false terre,
vagabondo vagante,
è solo un pazzo! Soltanto un poeta!

Innamorato della verità?
Non calmo, ma immoto, freddo e lucido,
divenuto una statua,
divina colonna,
non posto in faccia ai templi,
sentinella di un dio:
no! ma ostile egli a questi monumenti
del vero, in ogni selva più che in templi
di casa,-pieno di felino slancio,
sgattaiolante dentro ogni finestra,
dentro ogni caso,
frugante ogni foresta
primordiale appassionatamente,
onde tu nelle selve
primordiali tra variopinte belve
correvi sano e bello e peccatore,
con le labbra bramose,
sanguinano infernale ed irrisore,
correvi, insidiatore e rapitore:

oppure come l'aquila che lunghi, lunghi
sguardi configge nell'abisso,
nei precipizi suoi:
oh, com'esse laggiù,
sempre più laggiù in basso,
in sempre più profondi abissi volgono!
Poi,
d'un tratto, a capofitto
con istintivo volo,
si gettan sugli agnelli,
di colpo, affamate,
bramose degli agnelli,
terribili per le anime di agnello,
terribili per tutto ciò che ha occhi
pecorili, lanosi, occhi d'agnello,
grigi, benevoli occhi dell'agnello!

Così
aquilee e come di pantera
sono le bramosie del poeta,
i desideri tuoi fra mille larve,
tu pazzo! Tu poeta!

Tu che guardavi agli uomini,
pecora insieme e Dio:
strappare Iddio nell'uomo,
la pecora nell'uomo,
e ridere strappando:
questa, questa è la tua felicità!
Felicità d'aquila e di pantera!
Felicità di un poeta e di un pazzo!'

Quando l'aria si schiara,
la falce della luna
verde tra rossi fuochi
invidiosà vien fuori:
nemica del giorno,
furtiva ad ogni passo
su cascate di rose
falciando, finché cadono,
cadono a notte pallide spioventi:

così io stesso caddi un giorno giù
dalla follia della mia verità,
dall'ansia del mio giorno,
stanco del giorno, malato di luce;
discesi verso la sera e l'ombra:
solo, arso ed assetato
dell'Una Verità:
ricordi ancora, o caldo cuore tu,
qual sete avevi?
Ch'io sia dunque bandito
da ogni verità,
solo un pazzo!
Un poeta!



Friedrich Nietzsche 
tratto da: "Così parlò Zarathustra", parte Quarta, Il canto della Malinconia, 3. 

1.100.000 visitatori per il Blog di Fabrizio Falconi.



Continua questa bella avventura insieme.  

Vorrei ringraziarvi per aver tagliato il simbolico e significativo traguardo del 1.100.000 visitatori per il nostro Blog. 

Questo spazio è diventato, oltre a una vetrina di aggiornamento di attività personali - i libri certo, ma anche le passeggiate romane, le curiosità romane -  una finestra sul mondo della cultura, con notizie di attualità e aggiornamenti di interesse comune.

Grazie per le vostre letture.

Fabrizio

16/02/19

E' morto Bruno Ganz - Un ricordo personale.





E' una notizia molto triste, oggi, quella della morte a 77 anni di Bruno Ganz, uno dei migliori attori europei della sua generazione, attore feticcio per Wim Wenders prima e poi per altri come il grande Theo Angelopulos.

Vorrei riportare in questo Blog un ricordo personale che ho di lui, davvero strano. 

Ovviamente per me, come per molti altri, Bruno Ganz era soprattutto il meraviglioso angelo di Il Cielo sopra Berlino (The Wings of Desire), il film diretto da Wim Wenders nel 1987, vincitore come regista al Festival di Cannes di quell'anno. 

Bene, parecchi anni dopo quel film - che però avevo sempre in testa, compresi i dialoghi scritti da Peter Handke - una mattina d'inverno decisi di portare mio figlio a visitare Castel Sant'Angelo, qui a Roma. 

Doveva essere il 2002, mio figlio era molto piccolo.  La giornata era cupa, invernale, nuvolosa e con parecchio vento, con un cielo che sembrava più berlinese che romano. 

Giungemmo sulla Terrazza superiore, quella dove si trova il grande angelo in bronzo che sguaina la spada sul cielo di Roma, scolpito da Peter Anton von Verschaffelt nel 1753.

L'angelo di Von Verschaffelt

Quella mattina, sulla grande terrazza del Castello c'erano pochissimi turisti.  Ad un tratto scorsi, vicino al parapetto una figura di spalle, avvolta in un cappotto scuro, che sembrava piuttosto familiare. 

Aspettai di vederlo meglio.

Con un qualche sconcerto mi accorsi che era proprio lui, era proprio Bruno Ganz, con i capelli raccolti da un elastico sulla nuca e il lungo cappotto scuro fino ai piedi.  Per un momento pensai perfino di vedere le sue ali, quelle che portava nel film di Wenders, le ali dell'angelo, mentre si sporgeva sui tetti estremi di Berlino. 

Era solo.  Lo spiai per un po'.  Sembrava assorto nei suoi pensieri. Più volte rivolse lo sguardo all'angelo enorme in bronzo che lo sovrastava.  Rimase più di venti minuti, poi scomparve di fretta giù per le scale. 

Non ho mai dimenticato quell'incontro, e oggi - il giorno della sua morte - è tornato alla mente con ancora maggiore intensità.  

Chissà, forse Bruno Ganz un po' angelo lo era veramente. 

Forse non lo ha detto a nessuno. Forse oggi non è nemmeno morto. Ma è volato da qualche parte senza dir niente a nessuno.


Fabrizio Falconi 
2019 - riproduzione riservata








15/02/19

Einstein e Dio.






Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue.

Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti.

Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia.

Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. 

La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio.

Albert Einstein

14/02/19

Poesia del 14 febbraio - "sogno di pellebianca" di Fabrizio Falconi.







sogno di pellebianca


perché hai scelto di salvare me
che ero così stanco
di essere salvato,
il tuo biancore mi ha assalito nel colmo
della notte, mi hai ricoperto
come un lenzuolo
immacolato
la magrezza un vento impossibile
da mandar via con le lacrime
il profumo della tua pelle
… non sono riuscito
a non sussurrarlo
nell’orecchio, perché eravamo solo
io e te nel sogno
un bacio nell’incavo
del collo, una collina dispersa
senza fiumi, un utile dolore
svanito all’alba
accompagna il corpo nel risveglio
con il suo non-esserci
la mancanza la cruna
la cruna dell’ago
il cupo silenzio degli uccelli
la paura di fermare il tempo
che non può più essere
addomesticato.



https://www.amazon.it/Nessun-pensiero-conosce-Fabrizio-Falconi/dp/8885583156







13/02/19

Nuovo studio: 3 Tsunami in età medievale causati da Stromboli.




Un cedimento del fianco nord-occidentale del vulcano Stromboli, nell`arcipelago delle Eolie, sarebbe la causa dei tre maremoti che hanno raggiunto le coste della Campania tra il 1343 e il 1456. 

A dirlo, lo studio Geoarchaeological Evidence of Middle-Age Tsunamis at Stromboli and Consequences for the Tsunami Hazard in the Southern Tyrrhenian Sea, recentemente pubblicato su Scientific Reports, a cui hanno partecipato l`Istituto Nazionale di Geofisica eVulcanologia (INGV), il Dipartimento di Scienze della Terra dell`Universita' di Pisa, le Universita' italiane di Modena-Reggio Emilia e di Urbino, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), la City University e l`American Numismatic Society di New York

"L`identificazione di Stromboli come la sorgente dei maremoti avvenuti nel 1343, nel 1392 e il 5 dicembre 1456 - spiega Antonella Bertagnini, vulcanologa dell`INGV di Pisa e co-autrice del lavoro - e' stata possibile grazie ad un lavoro interdisciplinare che ha messo in campo competenze vulcanologiche e archeologiche. Era noto che l`isola di Stromboli fosse capace di produrre tsunami di piccola scala (analoghi a quello osservato il 30 dicembre 2002)" - prosegue l`esperta - "questo lavoro porta pero' alla luce, per la prima volta, la capacita' del vulcano di produrre, anche in tempi relativamente recenti, tsunami di scala nettamente superiore e potenzialmente in grado di raggiungere aree costiere anche molto distanti"

Il principale dei tre eventi, avvenuto nel 1343, sarebbe la causa della distruzione dei porti di Napoli e di Amalfi, di cui fu testimone oculare d`eccezione il poeta Francesco Petrarca

Lo scrittore si trovava in missione come ambasciatore inviato nella citta' partenopea da Papa Clemente VI e racconto' l`accaduto in una lettera, descrivendo il maremoto come una misteriosa quanto violenta tempesta marina avvenuta il 25 novembre di quell`anno e che aveva causato l`affondamento di numerose navi nel porto di Napoli. 

"Incrociando metodologie, tecniche e competenze diverse - prosegue Bertagnini - lo studio ha permesso anche di rivelare come nella prima meta' del 1300 l`isola di Stromboli fosse abitata e rivestisse un ruolo importante come snodo del traffico navale dei crociati provenienti dalle coste italiane, spagnole e greche. A seguito dei crolli responsabili della generazione delle onde di tsunami e di una contemporanea e particolarmente intensa attivita' eruttiva del vulcano, l`isola fu abbandonata a partire dalla meta' del 1300 e fino alla fine del 1600, quando inizio' il suo ripopolamento

La scoperta conferma, quindi, il pericolo da tsunami generato da Stromboli nel Tirreno Meridionale, sebbene una sua precisa quantificazione richieda ulteriori studi mirati al riconoscimento e alla caratterizzazione di questo fenomeno su un periodo temporale piu' esteso". La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile. 

12/02/19

Chi è Amore secondo Platone.




Chi è Amore ?  Quel demone o angelo che viene a visitarci quando non lo vogliamo o non lo pensiamo e ci impone le sue regole ? Questa è la definizione che ne ha dato Platone 2.500 anni fa, ancora così efficace (e insuperabile): 

Anzitutto è sempre povero e tutt'altro che delicato e bello, come i più se lo figurano; anzi è grossolano, mezzo selvatico, sempre scalzo, vagabondo, dorme sempre per terra, allo scoperto, davanti agli usci e nelle strade, sotto il sereno, perché ha la natura della madre ed è tutt'uno con la miseria. Per parte del padre, invece, è fatto per insidiare ciò che è bello e buono, essendo di natura virile, audace, violento, gran cacciatore, sempre pronto a tramare inganni, amico del sapere, ricco di espedienti, tutta la vita dedito a filosofare, abilissimo imbroglione, esperto di veleni, sofista. Inoltre né immortale, né mortale, ma, in uno stesso giorno, sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi torna a vivere grazie a mille espedienti e in virtù della natura paterna; sfumano tra le sue dita le ricchezze che si procura, così che Amore non è mai al verde e mai ricco. Inoltre è a mezzo tra sapienza e ignoranza. 


PLATONE, IL SIMPOSIO. XXIII

11/02/19

Libro del Giorno: "Follia" di Patrick Mc Grath.



Un classico, milioni di copie vendute nel mondo, per il capolavoro di Patrick Mc Grath, mai tornato in seguito su questi livelli. 

Pubblicato per la prima volta nel 1996, il romanzo si svolge nel 1959 e attinge abbondantemente ai ricordi d'infanzia e di vita dello stesso autore, nato a Londra e cresciuto vicino all'ospedale di Broadmoor dall'età di cinque anni, dove suo padre era sovrintendente medico. In effetti Mc Grath rischiò seriamente di seguire le orme paterne, se non l'avesse definitivamente tentato la carriera di scrittore.

Follia, come tutti i grandi romanzi, sfrutta con la massima efficienza e con l'uso di una macchina narrativa perfetta, un materiale essenziale. Sulla scena si affacciano pochissimi personaggi.  Peter, il narratore, uno psichiatra che lavora in un grande manicomio alle porte di Londra; Max, il vicedirettore che aspira al posto di principale e che arriva all'istituto accompagnato dalla inquieta moglie Stella e dal figlio Charlie un bambino di 12 anni; Edgar Stark un paziente in regime di semilibertà, artista fallito, ricoverato in manicomio dopo aver ammazzato la moglie e averne mutilato il corpo, staccandole la testa; Nick, un amico di Edgar che lo aiuta dopo la sua fuga dal manicomio. E infine Brenda, la madre di Max e suocera di Stella. 

L'inferno inizia a dipanarsi quando Stella, complice una grande serra vittoriana nel giardino del manicomio che viene restaurata da alcuni pazienti,  comincia una relazione con Edgar, il quale, fascinoso e manipolatore, la travolge dentro una passione senza limiti. 

Trascinata da un irrefrenabile desiderio e dalla acuta frustrazione della vita familiare e dalla freddezza di Max, Stella comincia il suo viaggio autodistruttivo, discendendo ad uno ad uno tutti i gradini della degradazione, abbandonando la famiglia e l'istituto per raggiungere l'amante in uno squallido loft alla periferia di Londra, subendone violenze e pressioni psicologiche, fino ad un tentativo di distacco che però non ottiene risultati. 

Fino all'ultima pagina Mc Grath districa abilmente i fili di una matassa psicologica in cui frustrazione femminile, desiderio, rancore, rivalsa e odio, passione e morte, sono l'uno all'altro collegati come il filo di un angoscioso e doloroso rosario. 

Non all'altezza la riduzione fatta da David Mackenzie nel 2005. 

Fabrizio Falconi


10/02/19

Poesia della Domenica - "Stanze come questa" di Pasquale Panella.






Stanze come questa

Prendiamo una carrozza anacronistica, 
aggiornandola in quanto inesistente. 
Saliamo alla sua guida. 
Di redini, di lacci se ne trovano, 
di legami tra noi, di dolci bende. 
Bardiamo un animale a caso il cuore 
dai fianchi pretenziosi da roano. 
Ecco che trotta. Che ci prende la mano. 
Abbiamo visto le regge, dietro le inferriate, 
e le foreste nere e le campate
non so di quanti ponti. 
Ho visto la tua nuca ad Alessandria, 
e poi me lo racconti se ci sei mai stata, 
se ti senti, ti sentivi osservata. 
Il posto è qui. 
è qui quel lavorio 
dell'erba, simile al pensiero 
che contiene nel vello 
quell'orma del tuo corpo 
ed uno stelo sconvolto 
dal tuo gomito che avrebbe 
dimenticato d'essere carnale, 
per non dimenticarlo in generale. 
Qui si incavano, 
senza corpi a pesare, 
le nostre impronte a muoversi, a sedere. 
Vedi là, vedi là 
e gli occhi saltano 
come chiaro e pupilla capinere. 
Ci sono posti al mondo
dai quali non c'è fuga. 
Stanze come questa, nelle quali 
restano le nostre rappresentanze, 
i nostri uffici doganali. 
Dove noi veramente 
ci impieghiamo, 
avviluppati in teneri sofismi, 
cavilli di permessi, 
arzigogoli, tropismi 
nella nostra direzione. 
Una frontiera è fatta di due righe. 
E bastavano le dita di una sola mano 
mandata avanti 
in viaggio, e l'altra le 
farà da testimone 
si può vedere tutto; 
e fermamente, 
se di due righe è fatta, 
facciamo la frontiera 
dove passa fauna e flora straniera. 


Stanze come questa è stata musicata da Lucio Battisti nel periodo di collaborazione con il poeta durato 8 anni (dal 1986 al 1994) e 5 album (da Don Giovanni a Hegel). 
Pubblico qui di seguito il video con la canzone originale.


08/02/19

Misteriose Stele di 10.000 anni fa scoperte in Marocco !




Misteriose pietre che risalgono fino a 10 mila anni fa sono state scoperte nella zona del Sahara Occidentale, lungo la costa a nord ovest, nel sud-ovest del Marocco. 

In parte classificate da archeologi britannici, i reperti potrebbero essere parte di una necropoli, anche se non e' ancora del tutto chiara la loro funzione. Joanne Clarke della University of East Anglia, e Nick Books, ricercatore freelance, sono gli autori di questa scoperta da cui e' nato il libro "Archeologia nel Sahara Occidentale, sintesi del lavoro di scavo sul campo dal 2002 al 2009", come riporta il sito di notizie Morocco World News. 

Scrivono gli archeologi: "La mappa archeologica del Sahara Occidentale resta letteralmente e anche figurativamente quasi vuota per quanto riguarda la piu' ampia comunita' di ricerca archeologica internazionale, in particolare lontano dalla costa atlantica". 

La presenza a varie riprese di gruppi terroristici impedisce il lavoro di ricerca, reso peraltro difficile anche dalla disputa continua tra Marocco e separatisti di Polisario sul possesso del territorio, una sorta di guerra intestina che dura da oltre 40 anni. 

05/02/19

Dal 2 Marzo a Torino una meravigliosa mostra dedicata alla Lettura con le foto di Steve Mc Curry.




Sessantacinque fotografie che ritraggono persone di tutto il mondo, assorte nella letture.

E' la mostra "Steve McCurry - Leggere", che si aprira' a Torino a Palazzo Madama il 2 marzo.

Le fotografie che rendono omaggio alla parola scritta sono accompagnate da una serie di brani letterari scelti da Roberto Cotroneo, in una sorta di percorso parallelo.

Un contrappunto di parole dedicate alla lettura che affiancano gli scatti di McCurry, coinvolgendo il visitatore in un rapporto intimo e diretto con la lettura e con le immagini.


Curata da Biba Giacchetti, la mostra e' costituita da una selezione di scatti realizzati da McCurry in oltre quarant'anni di carriera e comprende la serie di immagini che egli stesso ha riunito nel volume pubblicato come omaggio al grande fotografo ungherese Andre' Kerte'sz.

Arrivano dalla Turchia, dall'Italia, dall'Afghanistan, da Cuba e dagli Stati Uniti gli scatti che documentano momenti di quiete durante i quali le persone si immergono nei libri o nei giornali.



Giovani o anziani, ricchi o poveri, religiosi o laici: la lettura e' un atto trasversale, sembrano dirci le foto di McCurry.

La mostra, che si chiude il primo luglio, e' completata dalla sezione Leggere McCurry, dedicata ai libri pubblicati a partire dal 1985 con le foto di Steve McCurry, molti dei quali tradotti in varie lingue: ne sono esposti 15, alcuni ormai introvabili, insieme ai piu' recenti, tra cui il volume edito da Mondadori che ha ispirato la realizzazione di questa mostra.

Tutti i libri sono accompagnati dalle foto utilizzate per le copertine, che sono spesso le icone che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.

Fonte: Askanews



04/02/19

Grazie al Mecenatismo della Danimarca si torna a scavare nel Foro di Cesare !




Con l'allestimento del cantiere si avviano le attivita' preparatorie alla realizzazione del progetto di scavo del Foro di Cesare a Roma.

Le indagini preliminari prevedono la pulizia dell'area recintata, delimitata da via dei Fori Imperiali, dall'ex via Bonella, dall'ex via Cremona e dall'attuale belvedere sul Foro di Cesare, con la messa in luce degli strati di interro moderno.

Le attivita', finanziate con un milione e 500mila euro donati dall'Accademia di Danimarca grazie alla Fondazione Carlsberg di Copenhagen (senza alcun onere di spesa a carico del Campidoglio) - il gesto di mecenatismo fu presentato il 26 ottobre 2017, in occasione della visita a Roma di Sua Maesta' la Regina di Danimarca Margrethe II -, rientrano negli accordi stipulati in quello stesso anno tra la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e l'istituzione danese.

La convenzione, che ha una durata di tre anni, eventualmente rinnovabile, ha avviato nella fase preliminare la realizzazione di un programma di ricerche, finalizzato alla conoscenza delle varie fasi del complesso e alla loro fruizione.

Il programma prosegue ora con le attivita' propedeutiche all'ampliamento dell'area di scavo sul lato orientale, lungo Via dei Fori Imperiali.

Seguira' la fase operativa con la realizzazione dello scavo archeologico, durante il quale saranno effettuate le indagini stratigrafiche, la numerazione e schedatura dei reperti, il rilevamento e la documentazione grafica e fotografica dei ritrovamenti e gli interventi di primo restauro su murature e materiali.

 Grazie al significativo apporto danese, al termine dello scavo sara' possibile apprezzare nella sua interezza il primo dei cinque Fori di eta' imperiale.

Le parti gia' visibili, i lati occidentale e meridionale, occupati dai portici, e un ampio tratto di quello corto settentrionale, al cui centro rimangono i resti del Tempio di Venere Genitrice con le tre colonne della peristasi rimontate nel 1933, saranno integrate dal fianco oggi invisibile del tempio e dall'intero portico orientale della piazza, attualmente sepolto sotto la sede stradale di via dei Fori Imperiali e sotto i marciapiedi e le aiole che la fiancheggiano, nascondendo le connessioni e i passaggi verso gli altri due Fori contigui, quelli di Augusto e di Traiano.

Lo scavo si innesta in un percorso di risistemazione dell'area promosso dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in accordo con il Parco Archeologico del Colosseo, come prima tappa di un piu' articolato e complessivo disegno che mira alla creazione di un rapporto armonico tra l'antico e la citta' moderna, restituendo leggibilita' e continuita' al racconto storico di cui la Roma contemporanea e' il risultato.

Fonte: LaPresse


03/02/19

Poesia della Domenica: "Mediterraneo" di Annarita Rendina




Mediterraneo

Il mediterraneo è un tappeto
di schiene riverse e braccia molli.
Il folare delle ciglia non si stacca
dal fondo balenante della pagina
eppure la fisica del suono
si rivela un falso: non arrivano
più in fretta le voci dei naufragati
insabbiate come sono nella loro
comune fossa sottomarina.
Solo un’eco distorta di schiere
senza nome. L’esercito di Scilla
e Cariddi è uno stuolo di diseredati.
Il mare nasconde e ricaccia
tanti detriti umani.
Un intero dizionario del rifiuto
si declina sotto i nostri occhi
al ritmo incessante della risacca,
come una preghiera, il mormorare d’un folle:
il mare, con un rumore di strage.

Annarita Rendina 
tratta da Nasse, Interno Poesia, 2018

02/02/19

Storie Romane: Via Veneto e la vicenda di Fra' Pacifico, il frate che "dava i numeri".



Via Veneto e i numeri di Fra’ Pacifico.

Era la più elegante via di Roma, lo è anche oggi forse, anche se il suo fascino sembra essere decaduto, dopo il magico decennio degli anni ’60 dove per una serie di circostanze questa strada di Roma si trovò ad essere additata come il centro del mondo, il centro del mondo che contava: Via Veneto è universalmente nota. Eppure il suo nome completo è Via Vittorio Veneto.  La strada infatti, pur essendo ubicata nel dedalo di vie dedicate alle diverse regioni italiane, cambiò la sue denominazione dopo il 1918, quando si scelse di dedicarla al comune di Vittorio Veneto, teatro della gloriosa e decisiva battaglia vinta dagli italiani contro gli austriaci durante il primo conflitto mondiale.

Fu scelta dunque, forse per mera praticità, la Via che esisteva già dal 1886 quando era sorto il quartiere Ludovisi, dallo smembramento della bellissima Villa (vedi il capitolo precedente) e che era intitolata alla regione veneta.

Tra il 1890 e il 1960, la Via si arricchì di elegantissimi palazzi e ville (la più celebre è la Villa Margherita, oggi sede dell’Ambasciata degli Stati Uniti) divenuti con il tempo sontuosi alberghi, sedi diplomatiche o di istituti bancari.

Fu però il genio di un artista, Federico Fellini, a trasformare questa strada un mito. C’è qualcuno che oggi sostiene che la Via, in realtà, non fu mai un vero e proprio punto di aggregazione degli intellettuali di allora. E’ pur vero che i tavolini degli eleganti caffè ospitavano molti dei registi e degli scrittori più in voga, nel dopoguerra italiano, come racconta anche Eugenio Scalfari in un suo famoso libro di memorie.  Ma  Fellini ci mise molto del suo, inventando letteralmente un luogo, tanto è vero che pretese ed ottenne dalla produzione di allora di ricostruire la Via, così come era, fedelmente, nel rassicurante spazio dell’amatissimo teatro di posa numero 5 di Cinecittà dove il regista riminese girò la gran parte dei suoi film.

Federico Fellini seduto ai tavoli di Doney

E a Via Veneto, Fellini era in effetti un habitué come è possibile verificare dalle molte foto d’epoca che lo ritraggono seduto ai tavolini dei caffè.

Oggi la Via non ha più sicuramente lo charme di allora, anche se resta una meta privilegiata del turismo internazionale e presenta molti motivi di interesse e di curiosità, che riportano ai secoli del passato, come la celebre Fontana delle Api scolpita nel 1644 da Gian Lorenzo Bernini e commissionata da Papa Urbano VIII o come la celebre chiesa di Santa Maria della Concezione, eretta da Antonio Casoni nel 1626 per il cardinale Antonio Barberini, cappuccino, a sua volta fratello di Urbano VIII, che per i romani è la Chiesa dei Cappuccini (della quale parliamo anche in un altro capitolo di questo Rione) con il suo cimitero con più di quattromila scheletri di frati.

A proposito di questa Chiesa è poco conosciuta la vicenda di un converso del convento, un cappuccino, tale Fra Pacifico, vissuto nell’Ottocento, che a Roma divenne una vera e propria celebrità per una sua dote molto particolare: sembra infatti che avesse una incredibile capacità di predire numeri del lotto regolarmente vincenti.


Divenne una tale fenomeno, in città, che il popolo sembra si riunisse in vere calche e assembramenti di fronte alla Chiesa per poter avere dal fraticello le agognate combinazioni vincenti.  La cosa, ovviamente, suscitò ad un certo punto la contrarietà delle autorità ecclesiastiche: la notizia anzi arrivò direttamente all’orecchio di Papa Gregorio XVI (1831-1846), il quale dispose il trasferimento di Fra’ Pacifico.

La qual cosa fu accolta con vero e proprio dolore dalla popolazione, che si raccolse davanti a Santa Maria della Concezione per implorare un’ultima combinazione vincente.   In quella occasione, però, il frate sorprese tutti, declamando una frase sibillina che però i popolani non fecero molta fatica ad interpretare:  Roma, SE SANTA SEI/ perché crudel SE’ TANTA?/ SE DICI che SE’ SANTA/ certo bugiarda SEI !

Che, decrittato, significava una bella cinquina di numeri: 66,70,16,60,6. 

Le cronache riferiscono che anche stavolta il Frate non sbagliò e una buona parte di Romani festeggiò una cospicua vincita.