04/11/15

"Primo Levi di fronte e di profilo", il nuovo libro di Marco Belpoliti (Einaudi) presentato a Roma alla Biblioteca Angelica.



Martedì 10 novembre 2015 alle 18.00, presso il Salone Vanvitelliano della Biblioteca Angelica, la presentazione del volume di Marco Belpoliti: Primo Levi di fronte e di profilo. Guanda, 2015. Intervengono: Andrea Cortellessa e Umberto Gentiloni. Modera Stefano Chiodi.
(Info: Biblioteca Angelica – Piazza di Sant’Agostino 8 – tel. 0668408045/32)

In questi settant’anni Primo Levi si è imposto come il testimone per eccellenza del genocidio nazista, eppure il suo libro più famoso Se questo è un uomo, uscito nel 1947, è stato rifiutato dalle case editrici, per quanto ora sia reputato in tutto il mondo un capolavoro assoluto. Anche la vicenda letteraria di Levi, il suo riconoscimento come scrittore, è complessa; per gran parte della sua vita Primo Levi è stato un chimico che scriveva quando era possibile, nelle pause dal lavoro o durante le vacanze.

Questo libro racconta la storia delle opere di Primo Levi, come sono nate, quando sono state scritte, di cosa parlano; s’addentra nell’universo dell’autore, nei suoi molti mondi: dalla deportazione alla chimica, dalla scienza alla antropologia, dalla biologia all’etologia, dall’ebraismo alle idee politiche.

Levi è stato un uomo che si è interessato di molti campi dello scibile umano e ha praticato diverse forme letterarie, dal memoriale alla poesia, dal romanzo all’autobiografia, dal saggio al racconto. Per la prima volta vengono qui esplorate contemporaneamente le sue molteplici facce.

Costruito come una sorta di enciclopedia portatile, Primo Levi di fronte e di profilo è il risultato del lavoro ventennale di uno dei maggiori studiosi di Levi, curatore delle opere complete presso Einaudi. Racconta attraverso dieci fotografie la vita dello scrittore torinese, s’addentra nella storia dei suo libri, spiega la passione per i voli spaziali, gli animali, le parole, la linguistica, i marciapiedi, il lavoro, la scienza, la chimica, indaga i diversi temi e risponde a molte possibili domande su una opera variegata e complessa.

La sua inconsueta struttura permette di utilizzarlo in diversi modi: lo si può leggere dall’inizio alla fine, seguendone l’andamento narrativo, o consultarlo come un manuale di istruzioni per l’uso, percorrere la pubblicazione dei suoi scritti dal 1947 al 1986, seguire i temi dell’opera, passare da un argomento all’altro seguendo la propria personale curiosità oppure ricostruire la storia di ogni libro, così come la vicenda della vita o il rapporto con i grandi scrittori del passato (Dante, Leopardi, Baudelaire, ecc.), ma anche con quelli contemporanei (Lévi-Strauss, Saul Bellow, Jean Améry, Bruno Bettelheim, Hannah Arendt, ecc.). Un libro per chiunque voglia approfondire l’opera di Primo Levi, ricco di riferimenti e materiali utili, informazioni, riflessioni, documenti, collegamenti, suggerimenti.
Scritto in uno stile scorrevole, a tratti con un passo narrativo, questa è un’opera senza eguali su un autore fondamentale per capire il nostro passato, ma anche il nostro futuro.

Marco Belpoliti, saggista e scrittore, insegna presso l’Università di Bergamo, collabora a vari giornali e riviste, condirettore della collana “Riga” (Marcos y Marcos) e della rivista on line di cultura “doppiozero”. I suoi ultimi libri sono: Senza vergogna (Guanda), Pasolini in salsa piccante (Guanda); Il segreto di Goya (Johan&Levi), L’età dell’estremismo (Guanda).

03/11/15

Citazioni da "Roma , la pioggia... (a che cosa serve la letteratura?)" di Robert Pogue Harrison




Citazioni tratte da Robert P. Harrison, Roma, la pioggia.... A che cosa serve la letteratura? Traduzione di Stefano Velotti,  Garzanti editore, Milano, 1995. 



Il nostro lavoro è fallito, ci rifiutiamo di porci le domande critiche, cospiriamo contro le condizioni dell'intuizione e della riflessione. 
(pag.110)

*
(i morti) hanno bisogno di mostrarsi periodicamente, di scivolare tra i nostri momenti vuoti, le nostre ore di noia e d'indolenza. Hanno bisogno di venirci a trovare di tanto in tanto, e di stendere un velo sul mondo, assentandoci dalle nostre immediatezza.
(p.109)

*
tu appartieni alla prima generazione di una storia millenaria per la quale l'incertezza è la regola, non l'eccezione.
(p.93)

*
So bene che c'è più di una natura nell'umano, ma quel che intendo dire, credo, è che ciascuno di noi possiede una disposizione propria , un peso - pondus amoris - che appartiene a uno dei quattro elementi: il mio, sembra, appartiene alla terra.
(p.92)

*
Quando le chiesi, tra lo scherzo e la fantasia, se voleva vivere con me, rispose: "voglio morire con te."
(p.91)

il linguaggio non è semplicemente uno strumento di comunicazione, un mezzo per esprimere o denotare, ma la nostra condizione. La letteratura in generale, e la poesia in particolare, ci ricordano che, chiunque noi siamo, siamo condannati all'alienazione della parola.
(p.80)

*
Il compito dello scrittore è trovare la voce, l'idioma, in cui sentiamo parlare in noi quell'altra dimensione.... Il valore di uno scrittore può essere misurato sulla capacità di attingere a questo straniamento. 
(p.74)

*
A che serve provare a giustificare il mondo, o credere che abbia bisogno del nostro consenso ?
(p.117)

*
L'arte di dimenticare. In questo siamo maestri.
(p.122)

*
E' così semplice. I nostri problemi non sono fuori della nostra portata. Dobbiamo farne l'inventario e agire - agire in nome di noi stessi, non in nome dell'idea che ci siamo fatti di ciò che crediamo di essere e di volere.  Agire come possiamo, ricordandoci che alcune cose sono in nostro potere, altre no. E' in nostro potere sapere cosa non è in nostro potere. 
(p.129)

*
La parte più difficile è sapere quello che vogliamo. Il resto è facile.







02/11/15

(L'universo, i morti) - 2 novembre di Mario Luzi.



(L'universo, i morti)

                                                                                              2 novembre




L'universo, i morti. Ne immagina
nell'etere gli opachi
o cristallini insediamenti. Loro
dove stanno ? - intende i suoi più cari.
Ne fissa per un attimo quel vago
sfavillio di firmamento,
                                       si sposta
lui, si sposta il desiderio
                                       col suo ago
da stella a stella
in tutto il mirifico quadrante,
e qualcuno ne ravvisa
o crede "ma è un'insidia
del rimpianto, quella" il senso
si ravvede. Con esso gioca, a volte,
nelle sue perenni ondate
                                        l'incessante
loro e nostro mutamento.
                                        E' vero, è vero
ma persiste il cuore,
                                        l'umano non si arrende.



Mario Luzi (1914 - 2005)
Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini,
Milano 1994, p.145

30/10/15

Lo "sguardo animato" del Salvatore del Perugino in Santa Maria sopra Minerva.




La Chiesa di Santa Maria sopra Minerva è una delle più straordinarie di Roma.  Fondata nel secolo VIII sui resti di un tempio di Minerva Calcidica e rifatta in forme gotiche nel 1280, deve il suo fascino anche a questo: il sorgere sullo stesso luogo esatto dell'antico Tempio di Iside al Campo Marzio  (o Iseo Campense o Iseum et Serapeum) che i Romani avevano dedicato al culto degli dei orientali e che nel corso dei secoli ha restituito preziosissimi reperti, provenienti dall'Egitto. 

La Chiesa è anche piena di tesori d'arte e una visita è densa di scoperte anche minime. 

Il dipinto che ho inserito in testa  decora, all'altare principale, la 3a cappella della navata di sinistra. 

Si tratta di un piccolo olio su tavola, che non può nemmeno essere ammirato da troppo vicino, per via di una inferriata sempre chiusa. 

Il dipinto è stato variamente attribuito.  E dopo una dubbia attribuzione al Pinturicchio, è oggi unanimemente considerato opera di Pietro di Cristoforo Vannucci, più famoso con il nome di Perugino (1448-1523), il maestro di Raffaello. 

Perugino (o allievi della sua stretta scuola) lo realizzò negli anni successivi al 1479, quando fu chiamato da Papa Sisto IV per decorare l'abside della Cappella della Concezione nel coro della Basilica Vaticana. 

E' un ritratto, quello del Salvatore del Perugino, estremamente affascinante. Per l'uso dei colori (il verde intenso del mantello sul rosso pompeiano della tunica), per l'effige del volto, in espressione dolcissima, con il capo debolmente reclinato sulla destra, il viso incorniciato dai capelli castani, le guance rosee, lo sguardo penetrante. 

Perugino usò la tecnica dello sguardo animato (comune ad altri celebri ritratti rinascimentali, tra cui La Gioconda): grazie ad un sapiente uso della prospettiva, lo sguardo del Cristo infatti, sembra seguire l'osservatore.  Lo si sperimenta davanti al dipinto, nella Chiesa, ma anche semplicemente davanti ad uno schermo del computer.  Spostandosi lentamente da destra verso sinistra e al contrario, lo sguardo del Cristo sembra continuare ad osservare direttamente negli occhi lo spettatore.

E' per questa sua particolarità che scelsi di inserire il fascino di questo piccolo quadro - e delle sue sorprendenti proprietà - nel romanzo Il giorno più bello per incontrarti.

Fabrizio Falconi (C) -2015 riproduzione riservata


29/10/15

SOS Biblioteche (sempre meno fondi, sempre più frequentate). Nasce Biblioraising !






Biblioraising: è on line il primo sito dedicato alla sostenibilità delle biblioteche 

Da tempo le biblioteche pubbliche italiane si ritrovano a stringere i denti per i continui tagli economici che subiscono

I tagli più consistenti riguardano la somma destinata all’acquisto dei libri, scesa da oltre 8 milioni annui a 3 milioni. 

Sotto la spinta della crisi economica, di fronte all’emergere di nuovi bisogni e nuove povertà questi luoghi di cultura stanno diventando luoghi di accoglienza, di inclusione e interazione per le diverse fasce di cittadini che la frequentano

Sì, perché con la crisi economica le persone preferiscono risparmiare sull’acquisto dei libri ma vanno di più in biblioteca. 

Per dare una risposta concreta a questa difficile situazione, da oggi sarà online il sito www.biblioraising.it, dedicato alle biblioteche di tutta Italia che vogliano approfondire e mettere in pratica il fundraising

Biblioraising fa parte di un progetto più ampio di Formazione sul fundraising e sull’uso dell’Art Bonus per le biblioteche promosso dal Centro per il Libro e la Lettura del Mibact e dall’ANCI e elaborato dalla Scuola di Roma Fund-raising.it che ne ha curato la realizzazione. 

Prezioso strumento, l’Art Bonus prevede importanti benefici fiscali, come previsto dalla legge, sotto forma di credito di imposta per chi effettua erogazioni liberali in denaro per il sostegno della cultura. 

Con la legge di stabilità ottobre 2015 il Ministro del MiBACT Dario Franceschini rende permanente l’agevolazione fiscale del 65%. 

Navigando nel sito, gli operatori e dirigenti delle biblioteche potranno trovare un kit contenente strumenti di comunicazione sociale e di gestione amministrativa sull’Art Bonus e altri strumenti di raccolta fondi rivolti ad individui, aziende e fondazioni. 

E’ presente, inoltre, uno spazio di confronto e condivisione delle esperienze tra bibliotecari che si occupano di fundraising. 

Biblioraising – che ha visto, tra gli altri, un’attiva partecipazione dei territori coinvolti nel progetto sperimentale In vitro - è iniziato a maggio, con un’azione di formazione e assistenza nei sistemi bibliotecari di Roma, Torino, Lecce, Nuoro, Ravenna, e Regione Umbria, e nasce dall’esigenza di diffondere l’uso dell’Art Bonus presso le biblioteche, quale strumento per favorire donazioni filantropiche e di rispondere all’urgente necessità di promuovere e realizzare azioni di raccolta di fondi a favore di questi luoghi di cultura, non solo come risposta alla crisi della finanza pubblica, ma soprattutto come strumenti atti a coinvolgere la comunità nel sostegno e nella gestione dei cosiddetti beni comuni. 


28/10/15

Toro - dalla mostra "Zodiac" di Justin Bradshaw e Fabrizio Falconi.




tratto dalla mostra Zodiac (Tuscania, ex Chiesa di Santa Croce, 2007), dipinti di Justin Bradshaw,testi di Fabrizio Falconi da Il canto dei segni.


Toro

Un giorno, forse, potrei essere felice. E fedele, allo spirito di questo mio proponimento. Il ciclo della vita, e il vento, mi sostiene. Spighe di grano ancora verdi, spazi immensi, li attraverso come se fossi un aratro, leggero e incisivo, senza sbavature. Colore di terra, bruno di solchi. 
La luce sale, ed è come il suono di una campana, fecondo. Giungerà il tempo della pienezza: ma io sono ancora elaborazione, concetto, riflessione. Paura. 
Nessuno può vincere la paura di vivere. Ma si vince solo vivendo. Ed ogni passo E’ quello giusto, ogni secondo scandisce il suo fremito, il suo spazio di tempo nel cielo. E’ mattino, è ora, è adesso. 
Mi tocco le braccia, carezzo i piedi, riposo, riprendo. Direttrice nord, sud. Est-ovest. Sono pure astrazioni. Io sento, felicemente, fedeltà alla vita, ed ogni mancanza, ogni paura, è un passo lasciato sulla strada.

in testa: bozzetto preparatorio per Toro, Justin Bradshaw, da Zodiac.

27/10/15

Il paradosso tutto italiano della poesia.




Il paradosso della poesia italiana sta tutto qui: un paese che registra un numero record di premi letterari, promossi da istituzioni, accademie più o meno presunte, associazioni culturali, municipi, enti della provincia, della regione, case editrici, ecc… Eppure tutto questo ‘mercato di premi’, rivolto al numero veramente impressionante di ‘dilettanti’ che scrivono poesie, non corrisponde ad un effettivo mercato culturale. Semmai, è l’opposto

I libri di poesia contemporanea pubblicati in Italia – pur essendo ogni anno in gran numero – non arrivano quasi mai nelle librerie. Hanno per il 90 per cento – e forse più – una vita clandestina: vengono stampati in poche centinaia di copie, molto spesso con una percentuale di spese a carico dello stesso autore, e distribuite a parenti e amici, in presentazioni ‘ a titolo personale ‘. 

Le librerie italiane – i grandi distributori che le gestiscono – sono convinti che la poesia sia un genere letterario che non vende. Cioè che gli italiani, sostanzialmente, non leggano la poesia. Per questo motivo sono assolutamente riluttanti a prendere copie di libri di poeti contemporanei. Se devono proprio farlo, mantengono una o due copie per qualche mese, in scaffale, e poi restituiscono come resa. Nelle librerie si trovano – al settore ‘Poesia’ - praticamente solo i classici

Per quanto riguarda l’Italia, ci si ferma a Montale, Quasimodo, Ungaretti, con poche eccezioni nel Novecento – una, per esempio Alda Merini, che è diventata un ragguardevole fenomeno commerciale. 

Il pregiudizio su un popolo di lettori che non comprano – e quindi non leggono – poesia è sbagliato

In Italia la poesia si legge, ma le vecchie generazioni prediligono i classici, la poesia nobile italiana. Anche i giovani dimostrano di essere interessati alla poesia: ogni qual volta, anche a Roma, si crea un evento di lettura pubblica, o un seminario poetico, si registrano forti affluenze di pubblico.

- Purtroppo, però, in Italia manca da sempre – manca proprio per ragioni direi quasi antropologiche (l’Italia è un paese dove molto si vive, individualmente, e assai poco si con-divide) la tradizione della ‘lettura in pubblico’ della poesia. 

Pur esistendo l’eccezione della poesia dialettale – anche quella ‘ a braccio ‘ – che anticamente si declamava nei paesi, oggi è difficilissimo trovare manifestazioni in Italia analoghe ai ‘readings’ letterari in America, o alle ‘letture di massa’ in Russia 

- Per questo in Italia i ‘readings’ americani hanno sempre avuto molto appeal, soprattutto negli anni ’70, quando c’è stato qualche timido tentativo di ‘importare’ il fenomeno dalle nostre parti (CastelPorziano). Sempre negli anni ’70 – e prima – peraltro ci sono stati tentativi di aggregazione in ‘correnti’ omogenee e gruppi di avanguardie poetiche, il cui ultimo significativo esempio, però è quello del Gruppo ’63 (che poi non era essenzialmente poetico, ma più in generale letterario), che risale a quarant’anni fa. Tanti altri tentativi sono stati fatti e si fanno per dare voce ad una corrente o ad una generazione, con scarsi esiti sulla fruizione generale della poesia presso un pubblico più vasto.

A fronte di questi balbettanti tentativi, il poeta italiano è rimasto, nella maggior parte – come del resto anche il narratore - una specie di monade, un creatore individuale che poco o quasi niente comunica con i suoi simili, chiuso nella torre della propria ricerca personale, che si basa sui propri testi elettivi, sulla propria sensibilità, sugli incontri casuali che hanno determinato uno stile, o una tendenza semantica. 

Eppure, nonostante questo, il panorama della poesia italiana contemporanea è attualmente assai disgregato, ma molto vivo.

Fabrizio Falconi - 2008  (1-segue). 

26/10/15

'Le correzioni' di Jonathan Franzen (Recensione).



E' sempre difficile recensire un libro che ha avuto così grande successo. Come è capitato a Le Correzioni (The Corrections, 2002), con il quale Jonathan Franzen ha vinto il National Book Award e che gli ha assicurato la notorietà internazionale. 

Il romanzo è stato pubblicato in Italia da Einaudi nell'ottima traduzione di Silvia Pareschi (ma con una copertina incredibilmente fuorviante: l'infanzia in questo libro non ha alcuna rilevanza, gli unici personaggi bambini, i figli di Gary, non entrano mai a pieno titolo nella narrazione).

Si tratta di un romanzo compiuto e felice, sebbene di contenuto molto duro e lucido.  Franzen affronta il preferito tema della famiglia (tornerà anche nel romanzo seguente, Libertà) e della sua apparente disgregazione e inaspettata sopravvivenza. 

La famiglia di Franzen è composta da due anziani genitori, la materna e fragile Enid e il roccioso Alfred, alle prese con l'avanzamento letale del Parkinson e con il disfacimento fisico e psichico. 

I tre figli della coppia sono - nell'ordine in cui il romanzo ce li presenta, in parti apparentemente distinte - Chip, insegnante licenziato e sceneggiatore fallito, il più irregolare dei tre, sempre attratto dalle donne e da una improbabile affermazione personale; Gary, il più regolare, sposato con la bella Caroline e padre di tre figli;  e Denise l'unica femmina, provetta cuoca e dilaniata dal una sessualità confusa (divisa tra l'attrazione per gli uomini e per le donne). 

Come sempre in Franzen, l'architettura del romanzo è prodigiosa.  In parti solo formalmente separate, si intrecciano le storie reciproche dei figli e dei genitori, con continui flash back e flash forward che danno al racconto una incontenibile forza fluida. 

Franzen ha il pregio di non assumersi mai il ruolo di giudice morale di quanto racconta.  Le sue considerazioni di narratore sono lievi, ironiche e non entrano mai nel merito dei destini individuali. 

L'orizzonte è confuso. Quel che resta della famiglia americana (e occidentale) è un grumo di sentimenti contrastanti: odio feroce, irrequietezza e forza del vincolo, che prevale o sembra prevalere su ogni istanza individuale dei protagonisti. 

Con la pazienza di un entomologo, Franzen dispone il catalogo delle personalità - e delle ferite che stanno alla base di queste - e risale al vizio ante-litteram del matrimonio generante (quello tra Enid e Alfred) fondato su un gigantesco equivoco: Enid ama il corpo di Alfred e vorrebbe essere riamata per quello che è; ma Alfred è un ostinato, che continua a ripetere il suo no alla vita, fino all'ultimo istante.

Questo no di Alfred pesa come un macigno anche sulle cronistorie dei figli, sui loro destini irrisolti. Anche e specie in quello di Gary, che sembra quello meglio sistemato e che invece è il più frustrato di tutti (e il più insopportabile nella sua presunzione di sapere sempre cosa è meglio e di poter dare ordini agli altri). 

Franzen racconta questi personaggi con enorme com-passione. Indugia a volte troppo, si esercita qui e là nell'auto-compiacimento di chi sa di disporre di tutti i mezzi narrativi. Ma in fondo non bara mai. E' cosciente e responsabile, lascia i personaggi agire, li osserva li perdona e li ama, come avveniva nella lezione del più grande dei narratori, Tolstoj. 

Il grande piacere della lettura - pur nel livello quasi straziante delle disperazioni personali - è forse dovuto proprio a questo. E non decade mai, fino al punto finale (che spetta, come sempre, alla morte). 

Fabrizio Falconi 
(C) - 2015 riproduzione riservata.


25/10/15

Oltre la Mente - L'attesa è il tempo della gioia.




L'attesa non è soltanto il tempo del tormento e dell'ansia. 

L'attesa, la vigilia, l'avvento (in termini religiosi/cristiani) è (anche) il tempo della gioia.

In psicologia, solo colui che aspetta (qualcosa o qualcuno) è realmente vivo. Quando non si aspetta più nulla o nessuno, si è semplicemente rassegnati o cinici (e in termini psichici formalmente morti).  

Anche chi pratica le discipline orientali (e occidentali) del distacco dalle cose materiali e dagli attaccamenti terrestri, non rinuncia mai ad attendere. Anche soltanto ad attendere ciò che arriva - e ad accettarlo incondizionatamente - dalla vita.

Attendibile è la verità che ci scuote, che dirime il dubbio. 

L'attesa è il tempo in cui la spada resta nell'elsa.  Il tempo nel quale il chicco di grano matura sotto le coltri di neve, in attesa della prossima primavere.  L'attesa è il tempo nel quale un feto si forma completamente nel ventre della madre. La madre che aspetta un figlio. 

L'attesa è carica di promesse.  E in fondo la nostra mente non fa che - continuamente - predisporsi all'attesa.  La nostra giornata è questo: disponiamo di un ordine mentale che ci fa aspettare la prossima cosa, il prossimo impegno, il prossimo svago, quella cosa che prima o poi arriverà e ci farà sentire un po' meglio. 

Quando non si desidera e non si aspetta più nulla, si dice clinicamente che si è inclini alla depressione. 

E non importa, generalmente, che le promesse dell'attesa si concretizzino o meno.  La fiducia o la speranza è più importante.  Soltanto una fede in quel che accadrà determina lo scenario futuro abitabile per la nostra mente. 

Contro questa determinazione vivente - la volontà naturale che si impone e trova sempre i mezzi per avverarsi - si oppone il realismo pessimistico di Schopenhauer e di diversi altri: la speranza è una vana illusione.  Bisogna vivere - dice S. - come se si fosse dentro una colonia penale. E gli altri non sono altro che i nostri compagni di prigionia. 

Ma perfino Schopenhauer concorderebbe sul fatto che anche un coscritto in un campo di prigionia attende qualcosa:  la fine della pena o una fuga, una evasione dalla colonia penale. 

In fondo ciò che possiamo fare di meglio in questa vita - che è essa stessa una attesa - è abitare lo stato/gli stati di attesa e viverli con la maggiore pienezza possibile. 

Pre-gustando, immaginando, interloquendo con i nostri sogni e aspettative, confrontandoli con il principio di realtà. Non rinunciando mai ad assaporare quel che di meglio la vita ha da offrirci e quello che di meglio noi abbiamo da offrire a lei. Il compimento (felice e consapevole) di una attesa.

Fabrizio Falconi (C) -2014 riproduzione riservata.
foto in testa dell'autore: particolare dell'Ares Ludovisi a Palazzo Altemps


24/10/15

Ecco l'enigmatico e controverso Balthus (alle Scuderie del Quirinale e a Villa Medici).





fonte Nicoletta Castagni per ANSA

Enigmatico e controverso, ma soprattutto uno dei pittori figurativi piu' importanti del '900, formatosi alla lezione dei maestri italiani del XIV e XV secolo: e' questo il Balthus, lontano dallo scandalo e dalla provocazione, celebrato a Roma in una grande mostra allestita da domani al 31 gennaio nelle due sedi delle Scuderie del Quirinale e di Villa Medici, di cui l'artista fu direttore dal 1961 al 1976. 

Esposte oltre 200 opere tra dipinti e disegni, provenienti dalle maggiori collezioni internazionali, presentate in un percorso unitario, che prevede, nella sede dell'Accademia di Francia, anche la visita agli appartamenti in cui visse e ai restauri da lui curati. "E' come se nell'aria fosse rimasta impressa la sua firma invisibile", dice la moglie Setsuko Klossowska de Rola ricordando gli anni romani e l'impegno di Balthus per riportare a splendore la magnifica residenza sul Pincio. 

"Era un'epoca meravigliosa", prosegue, ancora bellissima e rigorosamente in kimono, protagonista con il marito della vita culturale e artistica della capitale negli anni '60, condivisa con amici quali Visconti, Fellini, Moravia. "C'era una grande vivacita', Balthus era molto felice di farne parte". 

E del resto Balthasar Klossowski de Rola, nato e cresciuto nel cuore dell'elite europea (la madre, dopo un burrascoso matrimonio con il celebre storico dell'arte Erich Klossowski, si unisce al poeta austriaco Rainer Maria Rilke), ha sempre avuto con l'Italia un rapporto privilegiato. 

A 17 anni, aggiunge Setsuko, Balthus gira la Toscana in bicicletta, alla scoperta dell'arte quattrocentesca, da Masaccio a Piero della Francesca, per un'esercizio di copia che restera' fondamentale nella sua opera. Assimilata nel profondo, la pittura classica e' la lezione che sottende l'intera produzione di Balthus, come testimoniano i dipinti allestiti alle Scuderie fin dalla prima sala, occupata dalle copie di alcune scene della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, che ispirano tele come 'La rue', nelle versioni del 1929 e del '33. 

Una sorta di manifesto estetico, in cui la composizione prospettica si collega in modo evidente alla tradizione, contro i dettami del movimento surrealista e delle avanguardie all'epoca imperanti. E inoltre la scena inizia a popolarsi di quei temi scandalosi di fanciulle concupite e bambini morbosi, destinati a suscitare infinite polemiche. 

Nella selezione romana, soprattutto per le Scuderie, la curatrice Cecile Debray ha volutamente sorvolato sulla produzione piu' scabrosa (di 'Lezioni di chitarra' c'e' solo un disegno preparatorio, nel contesto del rapporto con Artaud e il Teatro della Crudelta') puntando invece a documentare gli influssi artistici e letterari. Ecco l'infanzia sospesa tra innocenza, sogno ed elementi di sensualita', scaturiti dalla lettura di Carrol. 

E non manca la serie dei disegni ispirati a 'Cime tempestose' della Bronte, dove i protagonisti hanno le sembianze di Balthus e della prima moglie, un legame cosi' drammatico e spietato, che porto' l'artista a tentare il suicidio. E come la donna e' al centro del celeberrimo 'La toeletta di Cathy', cosi' Satsuko e' raffigurata nelle grandi tele dipinte a Villa Medici come 'La camera turca', circondata dai disegni, dagli scatti, e dagli ultimi incompiuti.

23/10/15

Elogio dell'insostituibile Fontanella romana.




Questa è una dichiarazione d'amore. 

Senza questo oggetto, io non sarei quello che sono. Non so se sarebbe stato un bene o no, ma il principio di realtà vale anche per l'evoluzione umana e si è compiuto un cammino, esso deve pur avere un senso. 

Nascendo a roma 56 primavere fa, realizzai il mio primo amore cittadino per le fontanelle romane, che erano un po' ovunque.   Sorveglianti mormoranti dell'infanzia e dell'adolescenza.

Il cilindro di ghisa grigia, lo stemma del Senato Romano, quello strano copricapo lavorato, il naso con il foro, la fossa con la grata. 

L'acqua più buona del mondo. 

Sempre fresca l'estate, quasi gelata, piacevolmente gelata l'inverno.  

Avevo pochi anni quando ho imparato a bere, tappando con il dito il rubinetto e aspettando lo schizzo dal foro perpendicolare. Sciacqua sempre il naso, ci bevono i cani, ammoniva mio padre.  
Non era certo un deterrente. 

Ha placato i miei primi bollori, ha soddisfatto la mia sete sempre, ha rinfrescato il mio volto, il suo rumore ha fatto da sottofondo ad interminabili conversazioni con gli amici, a Via Andrea Doria, a Via della Giuliana, a Via Cunfida, a Via Leone IV, a Piazza Risorgimento, a Piazza Mazzini, a Via Angelo Emo, ha lavato la mia impurità, ha deterso la mia fronte, ha lavato le mie gambe dal fango l'estate, dopo la partita, ha ritemprato le mie cadute, ha scosso i miei sensi quando ero troppo stanco, ha abbeverato i miei figli, quando sono nati, ha reso familiare ogni angolo che io non conoscevo e che loro non conoscevano, ha rimproverato, ammonendomi, ha cantato nel silenzio di ferragosto, ha riempito le bottiglie quando nei '60 o '70 interrompevano la fornitura nelle case, ha osservato impassibilmente i miei anni. 

Da qualche tempo stanno scomparendo.  Le più tristi sono quelle secche, che non buttano più acqua, e se ne stanno lì come orpelli inutili.  Non c'è cosa più romana di loro. Ora che niente sembra romano. Gli zelanti neoamministratori di combutta con l'Acea, aprono ora i punti d'acqua trattata, l'acqua di Roma all'occorrenza, in orride centraline verdi. Occorre avere un recipiente o un bicchiere e spingere la levetta. 

Il Nasone - come lo chiamiamo noi - non aveva bisogno di niente.  Aveva soltanto bisogno di una bocca assetata.

Fabrizio Falconi
(C) - 2014 riproduzione riservata.
foto in testa dell'autore 
qui la mappa completa delle fontanelle romane:

21/10/15

"Io e Ingrid", il bellissimo documentario nelle sale, nel centenario della nascita di Ingrid Bergman.




Cercatelo, se potete.  Al cinema è difficile - è stato un evento simultaneo solo per due giorni - ma il dvd sarà presto reperibile.

Ieri ho visto il documentario Io e Ingrid, realizzato da Stig Björkman, con preziose immagini di repertorio, ricordi privati e l’immensa mole di pensieri contenuti nel diario che l’attrice teneva giornalmente come ha raccontato la figlia Isabella Rossellini, la cui voce è il fil rouge di questo memoir.

Sto cominciando a tenere un diario e lo aggiornerò sempre. Ho 14 anni, 2 mesi, 3 giorni. Sono nata il 25 agosto 1915. Sono vivace, indisponente, cocciuta e selvaggia. Sono Ingrid Bergman. Anno 1929.

Sono le prime parole del diario, cui Ingrid manterrà fede per tutta la vita.

E' l'omaggio alla diva svedese nel centenario della sua nascita. Un collage di ricordi, interviste, lettere e filmati di famiglia inediti, provenienti dall’archivio privato della diva (che amava girare sempre con la sua inseparabile cinepresa super 8), con le testimonianze di amici e artisti che hanno avuto il privilegio di conoscerla e di lavorare con lei.

Ma è molto più di questo.

Il docu-film è un ritratto autentico senza nessun intento oleografico.  Le testimonianze dei figli non trascurano le ombre di una donna autentica, che fece scelte molto coraggiose nella sua vita, accettandone le conseguenze. 

«Mia madre era una delle prime donne veramente indipendenti...diventare attrice è stato come rispondere a una vocazione. Diceva sempre che non era stata lei a scegliere la recitazione, ma tutto il contrario», racconta Isabella.

Sono molte le immagini che non si dimenticano di questo film.  In particolare quelle del primo provino per David O. Selznick, che la chiamò ad Hollywood - senza trucco e senza rossetto, veramente stabiliante (per capire cosa significa possedere un'aura).

I frammenti di un mondo perduto, ma rimasti impressi nella memoria collettiva - forse per intere generazioni future. 

Fabrizio Falconi

19/10/15

Apre a Roma la Galleria dedicata ad un grande maestro del Novecento italiano: Umberto Prencipe.




Umberto Prencipe (Napoli, 14 luglio 1879 – Roma, 22 gennaio 1962) è stato uno dei maggiori artisti del Novecento italiano.

Pittore e incisore, si trasferì da Napoli a Roma molto presto, a diciotto anni, con la famiglia nel 1897. 

Visse anche ad Orvieto agli inizi del Novecento, e successivamente a Lucca e di nuovo a Roma.

Nel 1905 la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma acquistò da Prencipe una sua tela dal titolo Clausura.

Dopo un altro lungo soggiorno ad Orvieto tornò a Roma nel 1926, allontanandosene nuovamente negli anni trenta per insegnare incisione presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli (1932-1936). Tornato a Roma nel 1936, si mosse da allora nell'ambiente artistico capitolino, imponendosi fra gli incisori del cosiddetto Verismo crepuscolare e alternando la propria attività artistica con l'insegnamento presso l'Accademia di Belle Arti di Roma fino al 1949.

Sono celebri  i suoi paesaggi dei piccoli centri rurali e delle borgate storiche italiane (Borgo toscano, Tristezza maremmana, Primavera orvietana ecc.)

E a questo interessantissimo artista, spesso trascurato, viene dedicato un nuovo spazio, inaugurato  giovedì 29 ottobre alle ore 18, la Galleria Prencipe, in cui avranno sede l'Archivio Umberto Prencipe e l'Archivio dell'Ottocento Romano.

La Galleria si trova nel quartiere di Monteverde Vecchio e comprende una sala espositiva, dedicata a ospitare mostre d'arte, corsi e conferenze, e due ambienti che accolgono la biblioteca, la collezione di dipinti, disegni e incisioni e il cospicuo materiale d'archivio - scritti autografi, rassegna stampa e fotografie - presenti nello studio dell'artista Umberto Prencipe al momento della sua scomparsa, nonché tutto il materiale documentario di proprietà dell'Archivio dell'Ottocento Romano.

 La biblioteca, specializzata sull'arte tra Ottocento e Novecento e sull'incisione, raccoglie circa 1.500 titoli e numerose riviste.

Il catalogo sarà presto disponibile online. Lo spazio verrà inaugurato con una selezione di opere di proprietà dell'Archivio Umberto Prencipe.
Per info:


Archivio dell'Ottocento Romano 

Archivio Umberto Prencipe
www.ottocentoromano.it 
www.umbertoprencipe.it 

Galleria Prencipe via Ludovico di Monreale 42-44 Roma


16/10/15

Il 40% dei professionisti italiani non legge nemmeno un libro all'anno. Tutti i dati dell'editoria alla Fiera di Francoforte.





Resta ancora il segno meno per il mercato del libro in Italia ma si attenua nel 2014 e ancora di più nei primi otto mesi del 2015 in cui, secondo i dati Nielsen per l'Associazione Italiana Editori, si e' registrato un - 1,9% di fatturato nei canali trade (librerie, librerie online e grande distribuzione) e un - 4,6% per le copie vendute

Si aprono dunque spiragli positivi e i più ottimisti ipotizzano che con l'impulso delle vendite a Natale, ci si potrebbe avvicinare per la fine del 2015 una decrescita zero. 

E' il quadro che viene fuori dal Rapporto sullo stato dell'editoria in Italia 2015, a cura dell'Ufficio Studi AIE, presentato nel giorno d'apertura della Fiera Internazionale delLibro di Francoforte a cui sono intervenuti la sottosegretaria del Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, Ilaria Borletti Buitoni e il presidente dell'Aie, Federico Motta. 

Il cambiamento produttivo più evidente è la crescita dei titoli in formato ebook, stimolata anche dalla nuova Iva al 4%

Una crescita del 50% tra il periodo gennaio-giugno 2013 e il corrispondente periodo di quest'anno: dai 13.403 del 2013 ai 26.908 del semestre 2015. 

L'incidenza che l'ebook ha sulla produzione di carta ha raggiunto la soglia dell'86,9%: era del 28,8% quattro anni fa.

L'insieme del digitale oggi rappresenta il 9,4% del mercato (nel 2011 era del 5,2%)

"L'editoria italiana intravede un miglioramento nel 2015 ma il segno e' ancora meno. Stiamo lavorando duro per arrivare al segno piu', attraverso investimenti, innovazione, cambiamenti nell'essere editore oggi. C'e' pero' un problema di fondo: e' arrivato il momento di smetterla con i proclami d'amore per il libro e la lettura che non si traducono in azioni serie ed efficaci. Vi sono sistemi semplici per definire cos'e' una priorita': e' dove si investe prima che altrove. E allora: 33 milioni di euro e' il budget del Centre national du livre francese, meno di 1 milione quello del nostro Centro per il Libro" " ha sottolineato Motta. 

"La verita' - ha continuato - e' che la classe dirigente, politica ma non solo, non sa cosa e' un libro perché' non legge nemmeno un libro all'anno: e' cosi' per il 39,1% dei dirigenti e professionisti italiani (contro il 17% di francesi e spagnoli)". 

"La mia presenza all'apertura della Buchmesse - ha sottolineato il Sottosegretario Borletti Buitoni - vuole essere una testimonianza di quanto siano sbagliate quelle credenze che, malgrado le attuali difficolta' del settore, ritengono il libro non un oggetto del futuro ma da consegnare al passato. Non si puo' avere sviluppo civico, prima ancora che culturale e sociale, senza il libro". 

 I dati del Rapporto mostrano che quello a cavallo tra il 2014 e il 2015 e' ancora un momento di grande trasformazione per il mercato del libro. 

Tra i segni positivi del 2014, la crescita dell'editoria per ragazzi sia per i titoli prodotti (+5,9%) che per la quota di mercato (+5,7%) e del mercato dell'ebook, sia per fatturato (ha raggiunto i 40,5 milioni di euro) che per numero di titoli prodotti (+26,7%). 

Ed e' positivo anche il peso e il ruolo dell'editoria italiana in chiave internazionale: la vendita di diritti di autori italiani all'estero registra un +6,8% nel numero di titoli trattati e l'export di libri italiani all'estero segna un fatturato di 40 milioni di euro (+2,6% sul 2013)

Tutti spiragli buoni che si aprono in uno scenario ancora di segni meno: il bacino dei lettori nel 2014 si restringe di 848 mila (-3,4%), si ridimensiona il mercato (-3,6%), si conferma l'andamento negativo nel numero di titoli pubblicati (-3,5%) e diminuiscono le copie vendute di "carta" (-6,4%) ma non sappiamo quanti download di ebook sono stati fatti (Amazon non fornisce dati su questo)

Nel 2014 il fatturato del mercato del libro e' sceso a quota 2,6 miliardi di euro, una flessione del -3,6% sull'anno precedente e sono 97,5 milioni di euro di minori ricavi

Dal punto di vista dei titoli pubblicati si passa dai 25.521 dei primi sei mesi del 2013 (novita' e nuove edizioni) ai 30.961 pubblicati tra gennaio e giugno di quest'anno e sono state 1.190 le case editrici che hanno pubblicato piu' di 10 libri nel 2014 (+0,3%).

15/10/15

Robert P. Harrison vince la prima edizione del premio The Bridge . La premiazione il 19 ottobre a Roma.

Robert Pogue Harrison

Lunedi' 19 ottobre 2015, l'Ambasciata d'Italia a Washington ospitera' la cerimonia di premiazione degli autori italiani vincitori della prima edizione del premio letterario The Bridge Book Award

Il Premio The Bridge rappresenta un "ponte" ideale che unisce le culture italiana e americana per rafforzarne la comprensione reciproca attraverso la promozione di alcune tra le migliori e piu' recenti pubblicazioni sia di narrativa che di saggistica dei due paesi. 

 "E' un vero onore poter ospitare questo importante premio, che quest'anno inaugura la XV Settimana della lingua italiana nel mondo e che come indica il titolo - dice l'Ambasciatore d'Italia negli Stati Uniti Claudio Bisogniero- "The Bridge", si propone l'ambizioso obiettivo di avvicinare come un ponte le culture di Italia e Stati Uniti. Mi rallegro in particolare con i vincitori di questa prima edizione, Domenico Starnone per la narrativa e Quinto Antonelli per la saggistica". 

Il Premio si articola in una sezione italiana ed una americana con una struttura speculare. I libri in concorso, dieci per ognuno dei due paesi e cinque per ogni categoria di narrativa e saggistica, sono pubblicati nei rispettivi paesi nel corso dell'anno che precede il Premio

Gli autori italiani e americani sono giudicati in due turni di votazione nel mese di settembre da una giuria appartenente all'opposta dell'altra nazionalita', composta da 50 giurati, 25 per ciascuna categoria. 

I vincitori ricevono un premio in denaro, seguirà inoltre la traduzione e la pubblicazione del loro libro nell'altra lingua.

La cerimonia di premiazione dei vincitori americani della prima edizione del The Bridge Book Award, Laird Hunt per la narrativa e Robert Harrison per la saggistica, si terra' il 19 ottobre 2015 presso l'Ambasciata degli Stati Uniti a Roma

Il Premio The Bridge/Il Ponte e' ideato e promosso dalla Casa delle Letterature del Comune di Roma, con l'American Initiative for Italian Culture Foundation (AIFIC), con l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma, la National Italian American Foundation (NIAF) e la Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS). 

Si avvale del patrocinio dell'Ambasciata d'Italia a Washington e del Ministero degli Affari Esteri Italiano, della collaborazione dell'American Academy in Rome, dell'Istituto Italiano di Cultura di Washington, dell'Istituto Calandra di New York e di altre Istituzioni culturali e Universita' italiane e americane. 

14/10/15

Oltre la Mente - L'elaborazione del lutto e il lutto ineluttabile.




Da qualche giorno mi girava intorno la bellezza ultrasensibile della parola 'ineluttabilità', e ragionavo sulla parola 'lutto' che sembra contenere: perché in fondo 'ineluttabilità' è anche qualcosa che non può essere elaborato come lutto, come distacco o mancanza. 

La radice etimologica però ci spiega che le due parole hanno origini dissimili e diverse. 

'Lutto' viene dalla stessa radice di 'lugubre' che è il latino lugere, ovvero piangere (che ha una radice ancora più suggestiva in leug, 'rompere', e nel tedesco loch 'strappo'), mentre ineluttabilità deriva da luctari, lottare. 

Quindi il lutto è qualcosa che si rompe e provoca dolore, l'ineluttabile è qualcosa contro cui non si può lottare.

Eppure chiunque l'ha sperimentato, sa che un lutto (chi ha perso un genitore, un compagno, un amico, un figlio) è per sua natura ineluttabile. Cioè è qualcosa contro cui non si può lottare. 

O meglio, esiste una fase, nel lutto, nel quale si lotta con le unghie e con i denti contro quel dolore divorante, e lo si rifiuta. 

Questa è per esattezza la seconda fase del lutto, nella definizione classica di Elisabeth Kübler Ross, quella della rabbia (come è noto le fasi sono 5: negazione o rifiuto; rabbia; contrattazione o patteggiamento; depressione; accettazione).

Un lutto dunque, dovrebbe terminare sempre con una accettazione. Che è il mezzo attraverso il quale una persona continua a vivere, ad avere riconoscibilità sociale (oltre il lutto) e a sopravvivere. 

L'esperienza insegna però che la Mente sfugge a ogni catalogazione: le sue risorse sono illimitate anche nella risposta agli stimoli esterni (che in questo caso sono la perdita di una persona cara).

Le risposte dunque sono le più varie, e non accade di rado che un lutto sia realmente inaccettabile e inaccettato. 

In questi casi l'elaborazione non si completa: la persona rimane monca, come mutilata, incapace di accettare il distacco, di viverlo profondamente e com-prenderlo. 

Un lutto ineluttabile è perciò per noi quel lutto che resta come tale e senza che contro di esso si riesca a lottare, ma nemmeno si riesca ad accettare

Nessuna efficace lotta per ristabilire il sopravvento della coscienza e per inquadrare questo sentimento nella ragione, riesce.  Ci si ferma ai bordi, senza essere capaci di fluire dall'altra parte.  Ci si affida a pratiche e terapie nella speranza che i farmaci o i suoi surrogati riescano a far fuoriuscire dal tunnel nel quale ci si sente prigionieri: la mancanza di quella persona che è parte di noi, che c'è ancora ma non c'è, che è finita da un'altra parte dove noi non possiamo arrivare, dove noi non possiamo (più) toccarla.

Il fenomeno mi sembra in crescita - e si allarga anche ad altri tipi di lutto (non solo la morte di una persona, ma anche il suo allontanamento, la perdita amorosa, ecc..)  e ciò è dovuto anche allo spaventoso ridimensionamento di quegli 'ammortizzatori' sociali che fino a qualche generazione fa aiutavano nella elaborazione del lutto: i segni esteriori, la riconoscibilità dell'ambiente intorno, il tempo assegnato alla persona rimasta 'orfana'. 

Oggi chi vive un lutto è spesso lasciato nella più completa solitudine

La morte è un argomento fastidioso, che si evita nei consessi sociali, che si preferisce non nominare. Il distacco dalla persona è brutalizzato da pratiche terrificanti: il morto viene chiuso, seppellito e congedato nel modo più frettoloso possibile. I cimiteri sono luoghi che vengono evitati, al morto si preferisce pensare come ad una entità astratta. Il corpo morto non ha più nessun valore, nessun significato. 

Questa mancata elaborazione esteriore rende sempre più difficile la vera elaborazione interiore. 

Il lutto ineluttabile diventa così sempre più diffuso, sempre più pericolosamente reale nel conto delle nostre vite. 


Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015.
foto in testa dell'autore


13/10/15

40 anni dalla morte di Pasolini - Tutte le iniziative a Casarsa, il paese natale.


Dare voce al mondo di Pasolini, composto da due facce, il pubblico e il privato. La poesia ma anche la critica serrata della società. 

E' con questo obiettivo che la Regione Friuli Venezia Giulia propone una serie di eventi che partono dalla sua terra natale e si dipanano in un percorso che tocca Udine, Pordenone e Trieste

Il programma da ottobre 2015 a marzo 2016 e' organizzato da Css Teatro stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, Cinemazero, Centro Studi Pier Paolo Pasolini, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Verdi di Pordenone e Comune di Casarsa della Delizia, per citare i principali artefici, che sono stati inseriti nelle commemorazioni del 40/o anniversario dell'assassinio. 

Il 2 novembre, data della morte di Pasolini, e' in programma alle ore 11.00 una commemorazione pubblica promossa dal Comune di Casarsa presso la tomba

In quella stessa data, alle ore 20.45, il Teatro Verdi di Pordenone propone un omaggio musicale con un brano di Azio Corghi in prima mondiale e testi di Pasolini per voce recitante, con l'orchestra Filarmonica di Torino diretta da Tito Ceccherini. 

Gli eventi si susseguiranno prima e dopo tale data. 

Tra essi si segnala il Convegno internazionale di studi in programma il 30 e 31 ottobre a Casarsa, in cui si indagano le ragioni del successo di Pasolini nel mondo

Il Css di Udine presenta un progetto fittissimo che parte il primo novembre in contemporanea con due spettacoli: "Non c'e' acqua piu' fresca" con Giuseppe Battiston e Piero Sidoti e "Fuga Pasolini" di Virgilio Sieni. 

 Il Teatro Rossetti di Trieste dedica una settimana intera, dal 23 al 29 novembre, a diversi eventi, rimettendo in scena "Porcile" con la regia di Binasco e inaugurando una mostra fotografica di Claudio Erne' a cura dell'associazione Cizerouno su "I funerali a Casarsa". 

Cinemazero di Pordenone ha infine messo a punto pubblicazioni, mostre fotografiche, videoinstallazioni e rassegne cinematografiche tra cui, il 30 ottobre, "Il Vangelo secondo Matteo. Dal Corpo di Pasolini a Casa Colussi" con archivio sonoro della voce di Pasolini