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14/06/22
*L'infelice destino di Daniel Auster, il figlio del grande Paul Auster*
31/05/22
Rivedere "A Midnight Cowboy" ("Un uomo da Marciapede"): perché è una pietra miliare
Ieri sera ho voluto rivedere, dopo tanto tempo A Midnight Cowboy ("Un uomo da marciapiede" era il non troppo felice titolo italiano).
28/05/22
Quella volta che Gigi Proietti recitò insieme a Gassman in un film di Robert Altman
11/05/22
La vera travolgente storia d'amore de "La mia Africa" - Karen Blixen e Denys Finch Hatton
E' un film memorabile, La mia Africa, girato da Sidney Pollack, nel 1985 e rimasto nel cuore di molti, insieme al romanzo da cui è tratto, della grande Karen Blixen.
28/03/22
Il film definitivo sulla guerra: "Apocalypse Now" e i versi profetici di T. S. Eliot che Coppola utilizzò nel film
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22/03/22
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10/02/22
Quando si incontrarono due geni: Pasolini e Orson Welles
Che incontro è stato, quello tra Pasolini e Orson Welles.
Il grande regista americano nei primi anni '60 era alle prese con problemi familiari e soprattutto problemi economici. Decise di tornare a lavorare in Italia visto l'ostracismo delle grandi majors americane, che gli avevano chiuso le porte per motivi politici e per motivi legati alla resa al botteghino dei suoi film, che costavano sempre tantissimo.
In Europa Welles accettò un po' di tutto, parti come attore in film popolari, e spesso anche di basso livello.
L'incontro con Pasolini, però fu diverso:
Nel 1962, Pier Paolo Pasolini, i cui primi film erano improntati al neorealismo, fece un balzo nella frenetica modernità con questo breve e apocalittico film - uno degli episodi del film collettivo Ro.Go.Pa.G. - che ha come tema la freddezza non cristiana della contemporaneità.
Orson Welles interpreta un regista che sta girando la Passione su una collina vicino a Roma. Stracci (Mario Cipriani), la comparsa che interpreta il ladro pentito, brama la ricotta per il suo misero sostentamento ma non può permettersela e, per averla, diventa, nella vita reale, un ladro.
Le sequenze sul set sono selvaggiamente satiriche, quando una diva nutre con il caviale il suo cane mentre Stracci lo guarda, gli attori nella scena della Crocifissione si mordono il naso o ridono nei momenti inappropriati mentre i membri della troupe invocano la corona di spine.
In una concisa intervista a un giornalista in visita, Welles esprime il credo del marxismo cattolico di Pasolini; e Stracci, il vero Cristo tra gli uomini, subisce un'intima flagellazione di proporzioni bibliche mentre attende la sua scena legato alla Croce.
Con dispositivi dirompenti come l'intersezione di filmati a colori e in bianco e nero, la parodia delle buffonate dei film muti e l'inserimento di scene di giovani che ballano il twist, Pasolini afferma la grandezza classica del modernismo cinematografico e trasmette il suo senso di un tempo ormai disconnesso.
Welles era arrivato in Italia accompagnato dalla terza moglie, l'italiana Paola Mori (nata Contessina Paola Di Gerfalco) che il regista sposò nel 1955 e dal quale ebbe una figlia, Beatrice (lo stesso nome della madre di Welles), nata il 13 novembre dello stesso anno.
Si erano conosciuti l'anno precedente a un party sul set del film Il maestro di Don Giovanni (1954) e per Welles, che aveva divorziato nel 1948 da Rita Hayworth, fu amore a prima vista.
La coppia rimase sposata dal 1955 fino alla morte di lui, avvenuta nel 1985. La Mori morì l'anno seguente a 57 anni di età, in seguito a un incidente stradale occorsole in Nevada.
I due non divorziarono mai, pur vivendo di fatto da tempo separati, poiché proprio in quell'anno, nel 1962 Welles aveva intrapreso una relazione con l'artista croata Oja Kodar, conosciuta durante la lavorazione del film Il processo (1962).
07/02/22
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21/01/22
Quando Gregory Peck interpretò (con sue grandi perplessità) il ruolo del criminale nazista Josef Mengele, "l'angelo della morte"
Nel 1976 uscì un romanzo, "I ragazzi venuti dal Brasile", dello scrittore americano (ebreo) Ira Levin che ebbe un successo strepitoso, raccontando l'immaginaria seconda vita del criminale nazista Josef Mengele, autore di atroci pratiche nei lager nazisti e sfuggito alla cattura dopo la fine della seconda guerra mondiale. Levin, appunto, lo immagina fuggito in Brasile sotto falsa identità e dedito, nella sua fazenda immersa nella foresta, alla realizzazione di un folle esperimento per creare dei cloni attraverso il sangue e i tessuti di Hitler, prelevati dallo stesso Mengele.
Nell'agosto 1976, visto il grande successo del romanzo, fu annunciato che il gruppo di produttori formato da Robert Fryer, Martin Richards, Mary Lee Johnson e James Cresson, aveva opzionato i diritti cinematografici. Il film, inizialmente offerto al regista Robert Mulligan fu poi assegnato a Franklin Schaffner, incaricato di dirigerlo. Nel maggio 1977 fu annunciata la notizia che il grande Laurence Olivier avrebbe recitato nel film.
A Olivier però, già malato (stava accettando tutti i lavori cinematografici ben retribuiti che poteva, ottenere per provvedere a sua moglie e ai suoi figli dopo la sua morte) che aveva appena interpretato la parte di un sadico medico nazista nel bellissimo The Marathon Man (Il maratoneta) di John Schlesinger (1976), non andava a genio l'idea di calarsi nuovamente nella parte di un criminale nazista come Mengele.
A questo punto, i produttori chiesero a Gregory Peck, che si era unito al film a luglio, di interpretarlo. Peck, che al cinema aveva quasi sempre interpretato ruoli virtuosi, era assai riluttante per questioni personali, ma alla fine accettò di interpretare Mengele solo perché in questo modo avrebbe avuto l'opportunità di lavorare con Sir Laurence Olivier, che stimava da sempre.
Anche Lilli Palmer, nel cast, accettò un piccolo ruolo solo per lavorare con Olivier.
Olivier ebbe così il ruolo dell'altro protagonista del film, l'immaginario Ezra Lieberman, che si ispirava direttamente al "cacciatore di nazisti" SimonWiesenthal
Il film fu girato quasi interamente in Portogallo.
Ne scaturì un film di grande qualità, soprattutto per la stellare levatura dei suoi interpreti, con diverse scene che vedono il confronto tra Peck e Olivier, tra cui quella del violento litigio tra Lieberman e Mengele che, raccontano le cronache, richiese circa tre o quattro giorni di riprese a causa della salute cagionevole di Olivier in quel momento.
Peck, più tardi, ricordò che lui e Olivier "erano sdraiati sul pavimento" ridendo dell'assurdità di dover filmare una scena di combattimento del genere alla loro età avanzata. Non solo due grandi attori, ma due vere pietre miliari nella storia del cinema.
10/01/22
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22/12/21
Quali sono le cose per cui vale la pena vivere? Risponde Woody Allen
E' una scena cult, di un film cult.
Considerato uno dei capolavori di Woody Allen, Manhattan uscì nel 1979 e presentato fuori concorso al 32º Festival di Cannes, ottenne un enorme successo in tutto il mondo.
Oggi è considerato un classico, al punto che nel 2001 il film è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Come si ricorderà, il film racconta le vicende di Isaac Davis (lo stesso Allen), autore televisivo di 42 anni che abita a Manhattan e che ha appena divorziato dalla sua seconda moglie, Jill, che l'ha lasciato per un'altra donna, Connie, e che sta scrivendo un libro su quel matrimonio fallimentare.
A sua volta, Isaac frequenta una ragazza di 17 anni, Tracy, in una relazione che egli immagina breve, a causa della differenza di età e a causa dell'attrazione che prova per Mary, una giornalista divorziata e sofisticata.
Nella scena in questione, Allen è alle prese, da solo in casa sua, con le sue questioni esistenziali, nuove idee da scrivere e soprattutto un bilancio sulla sua vita.
Ed è così che, utilizzando un registratore, ad un certo punto prende a elencare i motivi, o meglio le cose per cui vale la pena vivere.
Un gioco che forse ciascuno di noi ha fatto almeno una volta nella vita.
Ed è interessante riflettere sulle cose scelte da Allen.
Riportiamo per intero il brano del suo monologo sul divano:
Idea per un racconto sulla gente a Manhattan, che si crea costantemente dei problemi veramente inutili e nevrotici perché questo le impedisce di occuparsi dei più insolubili e terrificanti problemi universali. Ah, ehm… Deve essere ottimistico. Perché vale la pena di vivere? È un’ottima domanda. Be’, ci sono certe cose per cui valga la pena di vivere. Ehm… Per esempio… Ehm… Per me… boh, io direi… il vecchio Groucho Marx per dirne una e… Joe DiMaggio e… secondo movimento della sinfonia Jupiter e… Louis Armstrong, l’incisione di Potato Head Blues e… i film svedesi naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra… quelle incredibili… mele e pere dipinte da Cézanne… i granchi da Sam Wo… il viso di Tracy…
Dunque ricapitolando. Ecco i must alleniani:
1. Groucho Marx, uno dei più grandi attori e autori comici di sempre e vero feticcio per Allen.
2. Joe Di Maggio (ma qui potrebbe essere un qualsiasi campione sportivo a cui si è legati)
3. Il secondo movimento della Sinfonia Jupiter di Mozart. (lo puoi ascoltare qui).
4. Louis Armstrong (e la sua Potato Head Blues, che puoi ascoltare qui).
5. I film svedesi (si intende ovviamente soprattutto Ingmar Bergman, vero mito per Allen).
6. L'educazione sentimentale, un grandioso, bellissimo romanzo di Flaubert (che puoi acquistare qui).
7. Marlon Brando.
8. Frank Sinatra.
9. Le mele e pere dipinte da Cézanne (che puoi vedere qui).
10. I granchi di Sam Wo (immaginiamo sia il suo piatto preferito, e qui ciascuno potrebbe scegliere il suo piatto e il suo ristorante).
11. Il viso di Tracy, che nel film ha le fattezze di Mariel Hemingway (e che puoi vedere qui).
Questa dunque la Lista di Woody.
Naturalmente, ciascuno di voi può fare la sua.
Qua sotto la sequenza del film.
Fabrizio Falconi - 2021
23/10/21
I VENTI Capolavori di Woody Allen - Una collezione da guardare e riguardare
E' davvero incredibile la quantità di film d'alto livello prodotta dal geniale Woody Allen nel corso della sua cinquantennale attività di regista. Qui ho stilato la lista dei 20 capolavori imperdibili, all'interno di una filmografia estremamente feconda.
20 film straordinaria da vedere e rivedere.
1. BROADWAY DANNY ROSE, 1984
Una sceneggiatura meravigliosa, senza pause e in crescendo, un centinaio tra battute e gags travolgenti, la storia dell'agente teatrale ed ex comico Danny Rose, talmente fallito che i suoi unici clienti rimasti sono uno xilofonista cieco, un ballerino di tip tap con una gamba sola e un'anziana coppia di strozzapalloni.
La fotografia è del meraviglioso Gordon Willis.
E una fantastica Mia Farrow è Tina Vitale, l'amante dell'italoamericano Lou Canova, ex crooner di un certo successo.
Girato a New York in piena estate.
Rutilante e divertentissimo.
Un cast di attori strepitoso che va dalla Farrow a John Malkovich, da Donald Pleasence a Lily Tomlin, da Jodie Foster a Cathy Bates, da Joh Cusak (nella foto) fino addirittura a Madonna Ciccone.
3. AMORE E GUERRA, 1975
Si toglie dai protagonisti, limitando a girare un film assai rigoroso, quasi teatrale e a tratti gelido, privo di colonna sonora.
La critica lo snobba giudicandolo quasi un plagiatore.
Il pubblico diserta le sale.
Ma i membri dell'Academy lo candidano a ben 5 statuette (non ne vincerà nessuna).
Il dramma è interamente famigliare e quasi claustrofobico con una famiglia che va in pezzi dopo che il padre decide di lasciare la madre e si sposa, davanti alle tre figlie con una donna più giovane e apparentemente assai più volgare.
Rivisto oggi, il film è un Bergman rivisitato con rispetto e personalità da Allen in un bellissimo copione. Splendida la fotografia di Gordon Willis e le scene di Mel Bourne.
Un cast prestigiosissimo con Geraldine Page, Maureen Stapleton, E.G. Marshall, e naturalmente la giovane Diane Keaton.
7. MANHATTAN, 1979
8. ZELIG, 1983
11. MATCH POINT, 2005. L'ultimo capolavoro di Woody Allen, che risale ormai a 16 anni fa.
Girato a causa delle difficoltà economiche di quel periodo di Allen non a New York, come avrebbe voluto, ma a Londra e con cast interamente inglese (a parte Scarlet Johansson).
Un film tirato e crudele, che racconta la vicenda di Chris, giovane irlandese, bello e sicuro di sé, insegnante di tennis, che ha la possibilità di dare lezioni ai membri della famiglia Hewitt, nobili e ricchi, che sin da subito lo accolgono nel loro giro di amici.
Ne nascono intrighi e delitti che sottopongono allo spettatore questioni morali importanti.
Chris infatti riuscirà a restare impunito per i suoi misfatti grazie a un banale colpo di fortuna, come quello di una pallina da tennis lanciata sulla rete che può cadere da una parte all'altra del campo.
Sceneggiatura perfetta che mette in luce ancora una volta il pessimismo fondamentalista di Allen, che non recita ma resta dietro la macchina da presa.
Il botteghino arrise al film, che fu premiato da grandi incassi in tutto il mondo, fungendo da definitivo trampolino di lancio per la Johansson.
La splendida fotografia è di Remi Adefarasin, anche lui inglese di origini nigeriane.