09/01/20

Libro del Giorno: "Anni con mio padre" di Tatiana Tolstoj



E' un libro che interessa e interesserà gli appassionati di cultura russa e in particolare dell'opera di Tolstoj, fornendo una prospettiva inedita e assi interessante della sua vita familiare e dei rapporti con la famiglia e con la moglie Sof'ja Tolstaja, sulla quale sono stati scritti fiumi di libri. 

Stavolta però, le memorie famigliari vengono raccontate dall'interno, e per questo motivo il racconto è tanto più prezioso, perché provengono dalla figlia secondogenita del grande scrittore, Tat'jana L'vovna Tolstàja, coniugata Suchotina, che nacque a Jasnaja Poljana il 4 ottobre 1864 e morì in Italia, a Roma il 21 settembre 1950).

Tatiana è stata un'attivista e memorialista. Da ragazza frequentò l'Accademia di belle arti a Mosca, dove fu allieva di celebri pittori russi tra cui Il'ja Repin. 

Come la madre e le due sorelle, aiutò il padre nel suo lavoro in qualità di copista. In proposito, Pietro Citati scrive: «il grande fantasma amoroso, che occupava la mente di Tat'jana, era il padre. Davanti a lui, era come una timida vergine, pronta a venire immolata. Lo riconosceva lei stessa: "Sì, papà è il più grande rivale di tutti i miei innamorati, e nessuno di loro ha potuto vincerlo".» 

Nel 1899, contro il volere di Tolstoj, sposò l'amico di famiglia Michail Suchotin (che morirà nel 1914), un vedovo di quindici anni più anziano, padre di sei bambini, da cui ebbe, dopo quattro aborti spontanei, la figlia Tania. 

Dal 1878 al 1919 tenne un diario; verso il 1913 iniziò le proprie memorie (Infanzia e Adolescenza, pubblicate postume); alla fine degli anni venti scrisse e pubblicò Su mio padre, a cui seguirono Lampi di memoria.

Appassionata ai problemi di pedagogia, conobbe Maria Montessori, s'interessò al suo metodo e ne portò in Russia tutte le pubblicazioni.

Dopo la Rivoluzione, fra il disordine generale, fondò insieme alla madre, alla sorella Aleksandra e al fratello Sergej, il Museo Tolstoj, dirigendolo dal 1923 al 1925, poi lasciò la Russia: fu ospite a Praga del presidente Tomáš Masaryk (vecchio amico di Tolstoj) e a Vienna dall'attore Alessandro Moissi (che aveva recitato come protagonista del Cadavere vivente di Tolstoj); quindi emigrò in Francia (a Neuilly aprì una piccola pensione dove accolse altri profughi russi) e infine in Italia.

Con modeste risorse (Tolstoj aveva rinunciato ai diritti d'autore e quindi la famiglia non poté trarre nessun vantaggio economico dalla sua sterminata eredità letteraria), trascorse gli ultimi vent'anni con la figlia a Roma, dove allestì una «camera tolstoiana», ovvero un piccolo museo dedicato al padre.

Nel dicembre del 1931, il Mahatma Gandhi sostò in Italia per tre giorni: durante quel soggiorno, la visita di Tat'jana Tolstaja fu l'episodio che gli fece più piacere.

Il 3 novembre 1949 scrisse a Jawaharlal Nehru per invocare la grazia verso gli uccisori del Mahatma: «in virtù di ciò che senza dubbio sarebbe stata la volontà della stessa loro vittima Gandhi. Gandhi, che teneva a proclamarsi discepolo di Leone Tolstoj, e mio padre, eleverebbero la loro voce, se potessero, per evitare che un atto di violenza succeda al delitto commesso dai due assassini...» 

Fu sempre una convinta vegetariana, contraria al tabacco e profondamente antimilitarista. Quando si ammalò, poiché desiderava morire in piena coscienza, rifiutò decisamente l'uso di narcotici.

Questo diario di Tatiana si legge dunque come una commovente confessione, che nelle intenzioni della figlia tende a ristabilire la verità sui difficili rapporti tra Tolstoj e sua moglie, Sof'ja, che pur amandosi molto avevano differenze di vedute fondamentali, riguardo al modo di vivere, alla religione, al patrimonio.   Fino alla romantica e tragica fuga da casa di Tolstoj, che nel 1910 ne accelerò la morte, che avvenne come è noto all'interno della minuscola stazione di Astapovo, senza che alla moglie fosse stato concesso di assisterlo. 

Il libro è anche corredato di splendide fotografie dell'epoca.

08/01/20

La versione integrale dello Speciale "Fantasmi di Roma" di Fabrizio Falconi andato in onda ieri sera



Al link sottostante la versione integrata dello speciale sui "Fantasmi di Roma" di Fabrizio Falconi andato in onda su Italia Uno ieri sera alle 18.50.

Si tratta di una cavalcata notturna sui luoghi di Roma che raccontano le millenarie storie dei fantasmi della città. 

Ispirate al libro omonimo, scritto per Newton Compton e più volte ristampato. 

Per vedere la puntata CLICCA QUI:


https://www.mediasetplay.mediaset.it/video/studioaperto/i-misteri-di-roma_F310140601014C10

06/01/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 51. Il posto delle fragole (Smultronstället), di Ingmar Bergman (1957)



Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 51. Il posto delle fragole (Smultronstället), di Ingmar Bergman (1957)


Ingmar Bergman aveva 39 anni quando realizzò Il posto delle fragole, da molti ritenuto uno dei suoi più grandi capolavori, oltre a essere il lavoro che lo portò al definitivo successo internazionale.

E sembra incredibile ancora oggi che un'opera di così tale complessità, di così profonda meditazione riguardo alla vita e alla sua relazione con la morte, con il senso della vita, alla luce dei passi falsi della memoria, dei consuntivi, della malinconia che ogni uomo deve scontare con il passato degli anni (e anche con la relativa gioia e/o consapevolezza) sia stata concepita e realizzata da un uomo che non aveva ancora compiuto i quaranta anni.

Il film è e fu innovativo sotto ogni punto di vista, presentandosi anche come una sorta di on the road ante-litteram e assolutamente sui generis. 
 
La trama è piuttosto nota: il giorno prima della cerimonia che deve onorare e celebrare la sua lunga carriera come medico, il professor Isak Borg ha uno strano sogno in cui si trova ad affrontare la sua stessa morte. Il giorno successivo, decide di guidare alla volta della Lund University in compagnia di Marianne, sua nuora. 

Durante il viaggio, il vecchio professore fa il punto sulla sua vita viziata dall'egoismo. Rivede la sua giovinezza con "il posto delle fragoline di bosco" dove suo cugino una volta lo ha portato. 

Quindi rivede i suoi ricordi della sua vita di medico di campagna. 

Mentre Marianne guida, Isak si addormenta e fa un sogno in cui si manifestano angosciosi sensi di colpa. Dopo essere stato dichiarato "colpevole di colpa", è accusato della sua freddezza. Poi vede l'infedeltà di sua moglie quarant'anni prima 

Dopo un ultimo rimprovero che Marianne rivolge al patrigno un figlio che le sarebbe piaciuto mantenere nonostante l'opposizione di suo marito, Isak è solennemente incoronato dall'Università di Lund . 

Prima di addormentarsi, cerca di conciliare suo figlio e sua nuora. 

Quindi sogna le scene felici della sua infanzia. 

Il cast del film vede quasi tutti gli attori cari a Bergman. Il protagonista, Victor Sjöström, è un nome illustre del cinema svedese, nonché maestro professionale di Bergman, che lo aveva già voluto per un piccolo ruolo in Verso la gioia (1950). 

Il film, girato fra gli studi della Svensk Filmindustri e la città di Lund, nello Skåne län (la parte più meridionale della Svezia), esce in patria il 26 dicembre 1957.

In Italia sono uscite due versioni in DVD del film, una nel 2002 e un'altra, rimasterizzata, nel 2005. 

Un film che rappresenta la summa del lavoro di Bergman e una meditazione potente e necessaria per ogni spettatore, ieri come oggi.



05/01/20

Poesia della Domenica: "Il giorno più freddo dell'anno" di Fabrizio Falconi






il giorno più freddo dell'anno


se almeno non ci fosse
questo freddo rigido come un
ombrello aperto, a non far respirare
a troncare le notti
e l'infinito; per chi parlo ?

questa influenza depositata
nel fondo di caffè delle circostanze
non prevede nulla di buono,
lo sbaglio acclarato è umido
come una foglia d'acero
caduta al mattino
allo specchio non ti riconosci
e nemmeno nei passi
mancanti,  qualcosa o qualcuno
ha detto che ti ha perduto;
il bambino: forse, o forse
quel bambino è la tua salvezza
nei fiori di gennaio
e quando Giove tornerà a risplendere.

c'era un segnale di sconfitta
all'orizzonte, il comandante
nordista non voleva
vederlo,
gli indiani erano pronti per lo scalpo
tutto si sarebbe svolto
secondo piani
e tecniche
di abbandono non avrebbero
funzionato, il danno
sarebbe rimasto come una sveglia
scarica
o un'insegna
per altre battaglie,
combattute da altri.



04/01/20

Sabato d'arte: Michelangelo vide la giugulare 100 anni prima della medicina



C'e' un dettaglio nel David di Michelangelo sfuggito a 500 anni di osservazioni e che conferma il genio del grande scultore, pittore, architetto e poeta italiano, in grado col suo 'occhio clinico' di anticipare la scienza. 

Se in molte sculture, e nella fisiologia quotidiana delle persone, la vena giugulare dalla parte superiore del busto attraverso il collo non e' visibile, infatti, nel capolavoro del Rinascimento esposto a Firenze e' chiaramente "distesa" e in rilievo sopra la clavicola di David. 

Come accadrebbe in ogni giovane in salute che si trova ad un livello di eccitazione perche' deve affrontare un avversario potenzialmente letale - in questo caso, Golia. 

Un particolare che indica come lo spirito di osservazione abbia portato Michelangelo a scolpire qualcosa che poi sarebbe stato descritto nel dettaglio 100 anni dopo, cioe' la meccanica del sistema circolatorio

A rilevarlo e' un articolo di Daniel Gelfman, del Marian University College of Osteopathic Medicine di Indianapolis, su Jama Cardiology. 

Il medico americano che ha visto la statua quest'anno durante una visita in Italia e' stato il primo a notare il dettaglio. 

La distensione della vena giugulare secondo quanto spiega l'esperto puo' verificarsi anche con problematiche come "elevate pressioni intracardiache e possibili disfunzioni cardiache", ma il David e' giovane e in ottime condizioni fisiche

Solo in un altro contesto - uno stato di eccitazione temporanea - si distingue bene. 

"Michelangelo, come alcuni dei suoi contemporanei - scrive Gelfman - aveva una formazione anatomica. Mi sono reso conto che deve aver notato una distensione venosa giugulare temporanea in soggetti sani che sono eccitati"

"All'epoca della creazione del David - osserva - nel 1504, l'anatomista e medico William Harvey non aveva ancora descritto la vera meccanica del sistema circolatorio. Cio' non avvenne fino al 1628". 

Anche nel Mose' vi e' lo stesso particolare anatomico, mentre la vena giugulare di Gesu' nella Pieta' non e' distesa o visibile (anche in questo caso anatomicamente corretta nel contesto)

Per i cardiologi uno dei messaggi importanti che arrivano da questo articolo e' che anche i medici devono avere spirito di osservazione quando visitano i loro pazienti. 

Nell'era odierna delle scansioni e degli esami del sangue ad alta tecnologia, spiega Marcin Kowalski, dello Staten Island University Hospital, "mi stupisce sempre quando gli studenti di medicina sono in grado di diagnosticare le malattie con la semplice osservazione. Spero che l'arte dell'esame fisico non scompaia dal repertorio dei nostri giovani medici". 

03/01/20

Torna alla luce dopo 60 anni il carteggio tra T.S. Eliot e la sua musa, Emily Hale


  
T.S. Eliot con Emily Hale nel 1936

 Lui le aveva ordinato di bruciare le lettere

Lei, l'amica di sempre, aveva disobbedito. E cosi' oggi, dopo esser rimasta per 60 anni chiusa in dodici scatoloni negli archivi della Princeton University Library, la corrispondenza tra il poeta premio Nobel T.S. Eliot e la sua confidente e musa Emily Hale vedra' finalmente la luce

Per Anthony Cuda, studioso dell'autore di "La Terra Desolata", "e' forse l'evento letterario del decennio".  

Dagli scatoloni sono emerse oltre mille lettere datate tra 1930 e 1956 che promettono di gettare luce inedita sulla vita e il lavoro di Eliot: su opere ad esempio come "Il libro dei gatti tuttofare" portato a Broadway da Andrew Lloyd Webber con il musical "Cats". 

Il focus è ovviamente sulla relazione con Emily, rimasta al centro di congetture per decenni e che ha ispirato romanzi come "The Archivist" di Martha Cooley, ma non solo: come ha notato Princeton, sorprese potrebbero arrivare "sulla conversione religiosa del poeta, il suo atteggiamento verso le donne, le sue decisioni alla casa editrice Faber and Faber e il loro impatto sulla cultura del Regno Unito"

Era stata la Hale a donare l'archivio a Princeton con la condizione che le lettere restassero segrete fino a 50 anni dalla morte dell'ultimo dei loro autori: lei nel caso specifico, scomparsa nel 1969, mentre Eliot l'aveva preceduta di quattro anni. 

Si erano conosciuti ragazzi a Cambridge, Massachusetts, nel 1912 quando Eliot studiava a Harvard e lui, secondo un saggio pubblicano nel 2002 sul New Yorker, si sarebbe segretamente innamorato dell'intellettuale bostoniana. 

L'amicizia era rinata nel 1927, dopo la crisi del primo matrimonio del poeta con la britannica Vivienne Haigh-Wood, mentre la Hale, che non si era mai sposata, aveva continuato a insegnare teatro in universita' americane tra cui lo Scripps College in California

Secondo Cuda, la relazione con Emily doveva essere "incredibilmente importante" e la corrispondenza contenere "dettagli profondamente intimi", altrimenti non si capisce perche' Eliot fosse cosi preoccupato per la pubblicazione. 

Le lettere cominciano infatti dopo la fine del primo matrimonio con Vivienne, una donna instabile morta nel 1947 in manicomio. Studiosi hanno notato come "Burnt Norton", il primo poema della serie "Quartetti" che prende il nome da una casa in Inghilterra visitata con la Hale, e' significativo per alcuni versi che suggeriscono opportunita' mancate e quel che avrebbe potuto essere e non e' stato. 

02/01/20

Libro del Giorno: "Wittgenstein - Il dovere del genio" di Ray Monk


Quando si arriva al termine di questa monumentale, magnifica biografia di Ray Monk, scritta nel 1988, e diventata il testo di riferimento della materia, si sperimenta lo strano fenomeno - che accade soltanto per le opere notevoli - per cui la persona di Ludwig Wittgenstein sembra divenuta così familiare, che ne sentiamo perfino la perdita umana, come di qualcuno che conosciamo bene e che fa parte della nostra cerchia. 

Minuziosissimamente documentata, questa biografia, esprime già nel sottotitolo la linea che ha guidato Monk: quella di riconoscere nella vicenda storico-biografica di Wittgenstein la messa in scena degli imperativi descritti da Otto Weininger in Sesso e Carattere, il libro che più di ogni altro influenzò il filosofo viennese durante la sua formazione: quelli cioè di permettere al genio - al genio artistico, filosofico, speculativo, creativo - di emergere a qualunque costo, nel corso di una esistenza: esiste cioè un dovere che riguarda chi è depositario di un dono così grande, di un talento così grande, non solo di non disperderlo, ma di preservarlo da ogni sorta di interferenza e di contaminazione di qualunque implicazione mondana.

Wittgenstein prese così sul serio questo precetto nella sua vita, che al genio, al suo genio, sacrificò tutto: l'enorme patrimonio di famiglia (proveniva da una delle famiglie più ricche d'Europa), rinunciando a tutta la sua parte d'eredità; la comodità e la facilità di ogni sistemazione di vita e di professione; la vita sociale (costringendosi a esili solitari nelle sperdute lande di Norvegia o Irlanda); la vita accademica; gli affetti personali compresa la sessualità. 

Lungo le seicento, fitte pagine del testo di Monk si seguono così le vicende del grande filosofo, in quattro diversi tempi: la prima, gioventù, le radici familiari, l'arrivo in Inghilterra, prima a Manchester e poi a Cambridge, l'amicizia con Bertrand Russell (un sodalizio difficile che durante gli anni collasserà), la prima fuga nel fiordo norvegese e la partenza al fronte militare, per la prima guerra mondiale, durante la quale Wittgenstein rimase arruolato ininterrottamente per cinque anni;   la seconda parte con la faticosa pubblicazione del Tractatus, la sua opera capitale, l'unica che pubblicò durante la vita, e che sconvolse il mondo filosofico e accademico; la terza parte con il periodo tra le due guerre, la relazione con Francis Skinner, il crollo dell'Austria sotto l'incombere della minaccia nazista, la dissoluzione del patrimonio famigliare, il rischio concreto per i suoi congiunti di finire stritolati - in quanto ebrei - nella macchina della Shoah;  infine la quarta parte con il secondo conflitto mondiale vissuto in Inghilterra, da esule, come volontario negli ospedali di Londra e poi il faticoso e doloroso dopoguerra, fino alla scoperta della malattia fatale (cancro alla prostata) e la morte a soli 62 anni. 

Wittgenstein attraversò la prima metà del secolo con la profondità implacabile del suo pensiero, e soprattutto con la necessità di essere all'altezza del compito morale che lo attendeva, di diventare ed essere cioè prima di tutto una persona decente, la preoccupazione che ricorre praticamente ovunque nei diari e nelle riflessioni intime del filosofo. 

Un grande libro che si legge appassionatamente come un grande racconto a metà tra la pura narrazione e il rigore scientifico di studio dell'opera di quello che oggi è considerato - con Heidegger - il maggior filosofo del Novecento. 


27/12/19

Arriva a Roma la più grande mostra mai allestita su Raffaello, alle Scuderie del Quirinale



Raffallo in mostra dal 5 marzo alle Scuderie del Quirinale a Roma. Oltre cento opere dell'artista riunite insieme, come mai in passato.

Una grande mostra monografica, con oltre duecento capolavori tra dipinti, disegni ed opere di confronto, dedicata a Raffaello Sanzio, nel cinquecentenario della sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520 all'eta' di appena 37 anni

L'esposizione, intitolata semplicemente RAFFAELLO, costituisce l'apice delle celebrazioni mondiali a 500 anni dalla scomparsa e rappresenta l'evento di punta del programma approvato dal Comitato Nazionale appositamente istituito dal Ministro Dario Franceschini e presieduto da Antonio Paolucci. Realizzata dalle Scuderie del Quirinale (appartenenti alla Presidenza della Repubblica e gestite dal Mibact attraverso la societa' in-house ALES), in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, la mostra e' curata da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro. 

Un autorevole comitato scientifico presieduto da Sylvia Ferino ha affiancato e approfondito il lavoro del team curatoriale, stimolando un dialogo fruttuoso tra gli specialisti del settore piu' accreditati al mondo, come Nicholas Penny (gia' direttore National Gallery di Londra), Barbara Jatta (direttore Musei Vaticani), Dominique Cordellier (Muse'e du Louvre), Achim Gnann (Albertina, Vienna), Alessandro Nova (Kunsthistorisches Institut, Firenze). 

Anche in termini di capolavori in prestito (oltre che di lavoro scientifico svolto), e' stato determinante il contributo delle Gallerie degli Uffizi, con circa 50 opere delle quali oltre 40 dello stesso Raffaello

Ma anche tanti altri musei di importanza internazionale hanno contribuito ad arricchire la rassegna con capolavori dalle loro collezioni: tra questi, in Italia, le Gallerie Nazionali d'Arte Antica, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la Fondazione Brescia Musei, e all'estero, oltre ai Musei Vaticani, il Louvre, la National Gallery di Londra, il Museo del Prado, la National Gallery of Art di Washington, , l'Albertina di Vienna, il British Museum, la Royal Collection, l'Ashmolean Museum di Oxford, il Muse'e des Beaux-Arts di Lille. 

Complessivamente saranno piu' di 200 le opere in mostra. La mostra verra' inaugurata il 3 marzo 2020 alla presenza delle piu' alte cariche dello Stato e dei rappresentanti ufficiali dei principali paesi prestatori.

Dal 5 marzo la mostra aprira' al pubblico e sara' visitabile fino al 2 giugno. 

"La mostra su Raffaello e' una grande mostra europea che raccoglie capolavori mai riuniti finora. Il giusto modo per celebrare la grandezza e la fama di un artista universale a 500 anni dalla sua morte. La prestigiosa esposizione alle Scuderie del Quirinale, che come quella dedicata a Leonardo al Louvre vede la collaborazione dei piu' grandi musei italiani e internazionali, permettera' al pubblico di ammirare un corpus considerevole di opere di Raffaello". Cosi' ha affermato il ministro Mibact, Dario Franceschini. Il presidente e ad Ales-Scuderie del Quirinale, Mario Di Simoni ha aggiunto: "La mostra di Raffaello, realizzata in collaborazione scientifica e di prestiti con gli Uffizi, e' la dimostrazione di quanto sia corretta la collocazione delle Scuderie del Quirinale in stretto collegamento con il grande sistema dei musei statali. È il coronamento ideale dei vent'anni di apertura al pubblico delle Scuderie del Quirinale". Il direttore Gallerie degli Uffizi, Schmidt: "Le Gallerie degli Uffizi, dove si concentra il piu' grande numero di dipinti e disegni di Raffaello al mondo, partecipano con entusiasmo all'organizzazione di questa ricorrenza epocale, per offrire una nuova, approfondita visione di Raffaello, specialmente per il periodo in cui l'artista visse a Roma. La mostra, frutto di una collaborazione senza precedenti tra le Gallerie degli Uffizi e le Scuderie del Quirinale, si svolge non a caso nella capitale: Roma non e' solo una tappa biografica dell'artista, ma il simbolo della dimensione nazionale della sua arte e del suo pensiero". 

26/12/19

La Chiesa dedicata al protomartire cristiano: Santo Stefano Rotondo a Roma





La chiesa di Santo Stefano Rotondo, dedicata al protomartire romano, sul Celio, è una delle più antiche ed originali di Roma, nota soprattutto per la sua forma circolare che ha fatto supporre si trattasse di un edificio pagano, trasformato in chiesa nel V secolo d.C quando fu consacrata da papa Simplicio I (468-483), dedicandola a Santo Stefano il primo martire della Chiesa, martirizzato per lapidazione nel 35 d.C. In effetti scavi recenti hanno dimostrato che l’edificio di culto fu edificato sopra i resti di una caserma romana – i Castra peregrina – e di un antico mitreo.

La sua forma, in origine, era davvero misteriosa nella sua perfezione geometrica: tre anelli concentrici intersecati da quattro navate che formavano una croce greca.

Al giorno d’oggi gli anelli concentrici sono soltanto due e uno solo è il braccio della croce greca.   Anche così però l’interno dell’edificio resta molto impressionante, per la vastità dell’ambiente e la selva di colonne antiche (di diversi ordini) che sorreggono la grandiosa cupola.

L’interno è poi essenzialmente scarno, privo di altari o arredi sacri, con la sola sedia episcopale che troneggia vicino all’entrata e che sembra sia quella sulla quale sedeva San Gregorio Magno.

Ma quello che sicuramente impressiona di più nel severo vuoto dell’edificio è la serie di affreschi che ricopre l’interno sulle pareti tra le colonne. Sono ben trentaquattro. L’imponente complesso pittorico è opera di quattro mani, quelle del Pomarancio (Nicolò Circignani, 1519-1591) e di Antonio Tempesti (1555-1630). La serie – in parte danneggiata – comincia con La strage degli innocenti e prosegue di riquadro in riquadro illustrando con crescente realismo i più atroci supplizi che si possano immaginare. In modo talmente minuzioso e didascalico ( con cartigli al di sotto che forniscono ogni spiegazione ) da risultare per molti visitatori insopportabile alla vista.


Queste scene furono rappresentate proprio con intento didattico: in piena controriforma, la chiesa di Santo Stefano era infatti frequentata dai giovani gesuiti del Collegio Germanico Ungarico, custodi della Basilica, i quali sotto falso nome venivano inviati in Europa alla fine del Cinquecento con la missione di riacquistare clandestinamente fedeli per la Chiesa di Roma, pressata da una duplice minaccia: a nord il movimento riformatore di Martin Lutero, a est i turchi ottomani.

Gli affreschi di Santo Stefano fornivano dunque un compendio di quello che aspettava questi missionari, se fossero stati scoperti: come per i martiri romani, avrebbero subito terribili torture, che avrebbero fatto desiderare loro ardentemente la morte, in una sorta di Imitatio Christi.

E ancora oggi, a guardarle, queste scene atterriscono: un martire a cui sono state mozzate le mani, le quali poi legate ad una cordicella, gli sono state messe appese al collo; un uomo che viene scorticato a sangue, vivo, con un raschietto uncinato; un altro a cui viene estratta la lingua con una tenaglia e tagliata con un coltello da cucina; una doppia flagellazione con fascine di legno; due che vengono lasciati squartare da cani; un uomo appeso a due carrucole, con una palla di piombo appesa ai piedi, che viene bruciato pezzo a pezzo con le torce; un altro che viene disossato su una sorta di tavolo anatomico come una moderna scena tratta da un film horror; un uomo a cui viene infilato piombo fuso attraverso la bocca;  altri sui quali viene versato olio bollente; una donna cui viene infilato un tridente nel petto mentre uno dei torturatori muove l’argano che le tira le braccia fino a squartarla; un altro martire cui viene tagliata una mano con una scimitarra e il cui sangue molto realisticamente scorre a fiumi al di sotto del piedistallo.

Sotto ciascun riquadro gli artisti provvidero a sistemare una iscrizione in duplice lingua,  latino per i novizi e italiano per i frequentatori della chiesa, con la dettagliata spiegazione dei diversi episodi.
Insomma decapitati, mutilati, sbranati, sepolti vivi, bruciati che rimandano alle attuali persecuzioni che ancora oggi colpiscono gli infedeli in diverse parti del mondo: un vero campionario degli orrori che ancora oggi sortisce il suo effetto assai macabro.


Tratto da: Fabrizio Falconi - Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, Roma, 2015


25/12/19

Poesia di Natale: "A metà di un tetro inverno" di Christina Rossetti

A metà di un tetro inverno 


A metà di un tetro inverno
il vento gelido si lamentava,
la terra era dura come ferro,
l’acqua come pietra;
la neve era caduta, neve su neve
neve su neve
a metà di un tetro inverno
tanto tempo fa.
Il nostro Dio,
il cielo non può trattenerlo,
né la terra sostenerlo;
cielo e terra scompariranno
quando verrà il suo Regno;
a metà di un tetro inverno
una stalla fu sufficiente
per il Signore, Dio incarnato
Gesù Cristo
Bastò per lui,
dei cherubini
che lo adorassero notte e giorno,
un seno pieno di latte
e una mangiatoria piena di fieno.
Bastò per lui,
e gli angeli
caduti in passato,
il bue e l'asino e il cammello
lo adorassero
Angeli ed arcangeli
erano tutti lì riuniti,
cherubini e serafini
affollavano l’aria,
ma solo sua madre
nella sua beatitudine di vergine
adorò il suo Amato
con un bacio.
"Cosa posso dargli
povera come sono?
Se fossi un pastore
vorrei portare un agnello,
se fossi un Magio
vorrei fare la mia parte,
ecco ciò che posso donargli -
gli dono il mio cuore"






In the bleak mid-winter

In the bleak mid-winter,
Frosty wind made moan;
Earth stood hard as iron,
Water like a stone;
Snow on snow had fallen,
Snow on snow,
In the bleak mid-winter,
Long ago.
Our God,
Heaven cannot hold Him,
Nor earth sustain,
Heaven and earth shall flee away
When He comes to reign:
In the bleak mid-winter,
A stable-place sufficed,
The Lord God Almighty,
Jesus Christ.
Enough for Him
Whom Cherubim
Worship night and day,
A breastful of milk
And a mangerful of hay;
Enough for Him,
whom Angels
Fall down before,
The ox and ass and camel,
Which adore.
Angels and Archangels,
May have gathered there,
Cherubim and seraphim,
Thronged the air;
But only His Mother,
In her maiden bliss,
Worshipped the Beloved,
With a kiss.
What can I give Him,
Poor as I am?
If I were a Shepherd,
I would bring a lamb;
If I were a Wise Man,
I would do my part,
Yet what I can I give Him,
Give my heart.