16/09/12

La poesia della Domenica - "Ulisse coperto di sale" di Roberto Roversi



Al grande Roberto Roversi, scomparso ieri, dedichiamo questa Poesia della domenica. 

Ulisse coperto di sale

Vedo le stanze imbiancate
tutte le finestre spalancate
neve non c'è, il sole c'è,
nebbia non c'è, il cielo c'è!

Tutto scomparso, tutto cambiato
mentre ritorno da un mio passato
tutto è uguale, irreale
sono Ulisse coperto di sale!

E' vero la vita è sempre un lungo, lungo ritorno
ascolta io non ho paura dei sentimenti
e allora guarda, io sono qui,
ho aperto adagio adagio con la chiave
come un tempo
ho lasciato la valigia sulla porta
ho lasciato la valigia sulla porta.

Ho guardato intorno prima di chiamare, chiamare
non ho paura, ti dico
che sono tornato per trovare, trovare
come una volta
dentro a questa casa
la mia forza
come Ulisse che torna dal mare
come Ulisse che torna dal mare.

Una mano di calce bianca
sulle pareti della mia stanza
cielo giallo di garbino,
occhio caldo di bambino!

Tiro il sole fin dentro la stanza
carro di fuoco che corre sul cuore
perchè ogni giorno è sabbia e furore
e sempre uguali non sono le ore!

Voglio dirti
non rovesciare gli anni come un cassetto vuoto,
ascolta
anche i giovani non hanno paura di un amore
e mai, mai, mai strappano dal cuore i sentimenti
io ti guardo
la tua forza è un'ombra di luce
la tua forza è un'ombra di luce.

La mano affondata nel vento del vento...
aria calda, urlano quelle nostre ore
strette in un pugno
urlano come gli uccelli,
i sassi si consumano, non si consuma la vita
la giornata è uguale a una mano che è ferita
io sono Ulisse al ritorno
Ulisse coperto di sale!
Ulisse al principio del giorno!

Roberto Roversi - tratto dall'album 'Anidride solforosa' di Lucio Dalla.


14/09/12

Festival della Filosofia di Modena: ecco come il Bosone di Higgs trasforma il nostro concetto di corporeità e materia.





E' una performance scientifica che - immagino - ha fatto molto riflettere coloro che vi parteciperanno, sui - per noi - consolidati concetti di corporeità e materia, alla luce delle straordinarie nuove scoperte della fisica moderna. 

Il bosone di Higgs, scoperto al Cern di Ginevra con il grande contributo dei fisici italiani dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e' uno dei protagonisti al Festival della Filosofia di Modena. 

Ieri alle 17 presso la Cappella di S. Nicolo', via Berengario 18, è stato inaugurato "Il dono della massa", il primo exhibit interattivo realizzato al mondo sul bosone di Higgs. 

L'exhibit, curato dall'Infn, permette di vivere in un ambiente immersivo il passaggio da un Universo dove le particelle si muovono indistintamente e senza una massa, a un Universo dove la massa si forma attraversando un mare invisibile, il campo di Higgs. 

Camminando su una pedana verso lo schermo si vede il proprio corpo trasformarsi. Informe e volatile all'inizio, acquisisce progressivamente consistenza e forma. 

Alla fine di questa trasformazione immaginaria e' possibile riconoscere la sagoma e i movimenti del proprio corpo. 

In Piazza Grande a Modena anche la conferenza: "Meccanismo di Higgs e principio antropico", un dibattito moderato dal direttore de Le Scienze, Marco Cattaneo, che ha come protagonisti due grandi fisici teorici: Andrei Linde, della Stanford University, membro della "National Academy of Sciences" e della "American Academy of Arts and Sciences", e Antonio Masiero dell'Universitá di Padova, vicepresidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. 

13/09/12

Murakami Haruki - "Kafka sulla spiaggia". Recensione.




“La felicità è una fiaba, l’infelicità è un romanzo”, di questo si dice convinto Murakami Haruki, una delle figure più interessanti della narrativa contemporanea, giunto alla consacrazione con Kafka sulla spiaggia. L’infelicità un romanzo? Eppure, leggendo i suoi romanzi, non si direbbe.

Murakami, nato nel 1949 da un padre ex monaco buddista e da una madre commerciante ad Osaka, ha esordito nel 1979, dopo aver fatto vari lavori, tra cui il gestore di un bar notturno, luogo che pare sia stato fonte di innumerevoli ispirazioni per le sue future storie, a furia di sentire i racconti degli avventori che vi capitavano. Murakami costruisce ogni romanzo come un incredibile tourbillon dal quale il lettore viene completamente soggiogato e travolto. La stessa cosa avviene qui. In più di 500 pagine si alternano e dipanano due storie: quella di un adolescente, Tamura Kafka (ha scelto il suo nome in onore del romanziere ceco) in fuga da una terribile profezia lanciatagli dal padre scultore; e quella di Nakata, un vecchio ritardato, ma geniale, che paga le conseguenze di un misteriosissimo incidente occorsogli insieme ad altri bambini, durante la seconda guerra mondiale. Il romanzo è un intreccio incredibile di simboli, presagi, storie, rivelazioni, spaventi, perturbazioni, contemplazioni, meditazioni sul senso del vivere, percorsi paralleli che sembrano senza senso, e che invece si riallineano prodigiosamente nelle ultime pagine.

E c’è anche molto, moltissimo spirito contemporaneo in questo romanzo: le paure, il senso vago di spiritualità, i rischi, le fobie e le manie che catturano gli uomini senza bussola che camminano per il mondo oggi. Non a caso Murakami identifica in Raymond Carver il suo maestro. Il gioco è talmente raffinato e avvolgente – e il lettore così inevitabilmente catturato – che sovente, tra pagina e pagina affiora il sospetto che Murakami un po’ “ci faccia”: che usi tutti questi ingredienti – mistero, sesso, ragione e un bel po’ di new age – per dare al lettore esattamente quello che vuole, come testimoniano le folte schiere di fans che ormai egli ha conquistato in tutto il mondo.

Fabrizio Falconi 



Murakami Haruki 
Kafka sulla spiaggia 
Einaudi – pag. 518 – Euro 20,00

12/09/12

Trovata una rarissima copia di "Frankenstein" con una dedica autografa di Mary Shelley a Lord Byron.



Una copia dell'edizione originale del romanzo "Frankenstein" di Mary Shelley che appartenne a Lord Byron (1788-1824), il maggior poeta romantico inglese, e' stata scoperta per caso nella biblioteca della famiglia dell'economista e politico britannico Lord Jay, dove era rimasta per mezzo secolo.

Sfogliando il volume, il nipote di Lord Jay si e' imbattuto nella dedica "To Lord Byron from the author", ovvero "A Lord Byron dall'autore". 

La firma autografa della Shelley e' stata auteticata dallo staff della Bodleian Library di Oxford. 

Questa rara edizione ritrovata del 1818 sara' esposta per una settimana a Londra a partire dal 26 settembre  e poi sara' messa all'asta con una stima di 400.000 sterline.

La storia della genesi di "Frankenstein" e' strettamente legata a Lord Byron. 

Il romanzo sarebbe nato una notte tempestosa del 1816 sul lago di Ginevra allorche' Byron e Shelley si divertivano a scrivere racconti di fantasmi. L'influenza di Byron e' incontestabile nell'opera di Mary Shelley. 

L'edizione del 1818 fu tirata in 500 esemplari, sei dei quali affidati alla scrittrice per il suo uso personale.


fonte adnkronos

11/09/12

Crisi, Hans Magnus Enzesberger durissimo: "Alla BCE omertà mafiosa."




Tra i componenti del Consiglio dei governatori della Bce regna la legge dell'omerta' come per la mafia: a sostenerlo e' il poeta e saggista tedesco, Hans MagnusEnzensberger, in un duro attacco all'istituto di Francoforte e all'euro pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz). 

Per Enzensberger i componenti dell'organo direttivo della Bce "si definiscono governatori come era in uso nei vecchi regimi coloniali e non devono rendere conto in alcun modo all'opinione pubblica". 

"Sono al contrario tenuti alla massima segretezza", prosegue il piu' famoso intellettuale tedesco, "e cio' ricorda l'omerta', il codice d'onore della mafia. I nostri padrini sono sottratti ad ogni controllo giudiziario e legislativo, un privilegio non consentito nemmeno al capo della camorra, l'assoluta immunita' giudiziaria". 

Per l'82enne autore di Musica del futuro, "l'esproprio politico dei cittadini ha raggiunto ora il suo culmine, ma era iniziata gia' molto prima, al piu' tardi con l'introduzione dell'euro". 

"Questa moneta e' il risultato di un mercato delle vacche politico", ha denunciato Enzesberger, "che ha ignorato le differenze di peso delle economie dei Paesi partecipanti, le loro divergenti competitivita' ed il loro carico debordante di debiti. Il piano di omogeneizzare l'Europa non ha tenuto nemmeno conto delle differenze di cultura e di mentalità del Continente". 

Per lo scrittore "a pochissimi viene in mente che da qualche tempo i Paesi europei non sono piu' governati da istituzioni democraticamente legittimate, ma da sigle come Efsf, Esm, Bce e Fmi". Per lo scrittore "senza costi, scontri e dolorose limitazioni non sara' possibile tornare indietro dal vicolo cieco in cui ci hanno condotto gli ideologi dell'interdizione". 

Quando si arrivera' alle cifre, spiega lo scrittore, "i popoli si risveglieranno dalla loro siesta politica, poiché già' cominciano a sospettare che alla fine dovranno assumersi il carico di ciò' che hanno causato i salvatori". 

10/09/12

La storia "gotica" di Villa Stuart a Roma e il fantasma di Emmeline.



Sui dolci pendii della collina di Monte Mario, il colle più famoso nello skyline attuale cittadino e dai gloriosi trascorsi – anche se mai incluso nell’elenco dei colli romani, a causa della sua extraterritorialità in epoca antica - sorgono alcune meravigliose residenze nobiliari che vantano una lunga e avventurosa storia e che oggi hanno subito destini e destinazioni diverse, come la Villa Mellini, divenuta un Osservatorio Astronomico e sede dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Villa Miani, costruita ai primi del Novecento dai Conti Miani su uno strepitoso belvedere naturale affacciato sulla città, e oggi sede di convegni e di rappresentanza, e la Villa Stuart, che oggi ospita una delle più note e prestigiose case di cura della Capitale.

Ancora oggi quest’ultima, si offre al visitatore come una specie di visione d’altri tempi, nel cuore convulso della città: protetta da un parco grandioso e lussureggiante, e introdotta da un doppio filare di cipressi, la Villa mantiene quell’aspetto severo e isolato che per molto tempo l’hanno contrassegnata, e che pochi sanno derivare anche dallo stretto legame con una tetra storia di fantasmi

La storia di queste apparizioni affonda nel passato, e più esattamente ai primi dell’Ottocento, tre secoli dopo che la Villa originaria, molto più piccola e modesta era stata ristrutturata da due fratelli, Alessandro e Giovanni Battista Siri, appartenenti a una nobile casata ligure, che l’avevano trasformata in una specie di giardino epicureo, frequentato da poeti, artisti e letterati, in cerca di pace, refrigerio e ispirazione.

Di mano in mano, la Villa passò attraverso una sfilza di nobili proprietari che nel corso dei secoli ne abbellirono ulteriormente l’esteso giardino e i preziosi interni. Ospiti illustri, da tutte le corti d’Europa vi trascorrevano le loro vacanze romane, stabilendo qui la dimora ideale per poter godere dei piaceri del Grand Tour tra i tesori archeologici dell’Urbe, senza restare invischiati nella vita troppo convulsa e popolare dei quartieri del centro. 

Tra questi, anche alcuni membri della famiglia reale degli Stuart, che era stata esclusa dalla successione al trono d’Inghilterra: in particolare, a metà del Settecento, da quel James Francis Edward Stuart, detto “The Old Pretender”, che morì a Roma e fu sepolto insieme ai suoi figli in San Pietro.

Cinquant’anni più tardi, la Villa, che era diventata nel frattempo proprietà dei Carpegna, fu venduta ad un altro membro della famiglia Stuart, seppure appartenente ad un ramo secondario: la contessa Emmeline Bathurst de Castle Stuart.

Si trattava di un personaggio contrassegnato da una storia sfortunata, ideale quindi per lo sviluppo della storia che ne seguì: 

Fabrizio Falconi  (C) - riproduzione riservata tratto da I Fantasmi di Roma. 

09/09/12

La poesia della Domenica - "Quartina n.1" di Hafez.




L’unica cosa che vedo è il tuo sguardo
e nulla seguo, se non la tua luce.
Trova ognuno nel sonno la pace,
quel sonno che è volato via dai miei occhi.

جز نـقـش تو در نـظر نیامد ما را
جز کوی تو رهـگذر نیامد ما را
خواب ارچه خوش آمد همه را در عهدت
حـقا کـه بـه چشم در نیامد ما را

The only vision I have is your sight
The only thing I follow is your light.
Everyone finds his repose in sleep,
Sleep from my eyes has taken flight.

Hāfez, per esteso in lingua persiana Khāje Shams o-Dīn Moḥammad Ḥāfeẓ-e Shīrāzī (خواجه شمس‌الدّین محمّد حافظ شیرازی ) (Shiraz, 1315 – Shiraz, 1390) - RUBAIYAT (QUARTINE) - n.1

07/09/12

Michel Serres: "E' il coraggio quello che manca oggi."




Michel Serres è uno straordinario intellettuale.  E le sue parole non sono mai 'neutre', non passano mai senza lasciare il segno come si vede nel video qui sopra che testimonia una sua - divertente - non consueta apparizione in una trasmissione televisiva. 

Un mio caro amico recentemente mi ha riferito la risposta che Serres ha dato, durante una riunione tra amici, quando gli è stato chiesto: “qual è, tra le virtù umane, la più importante?” .

Serres ha risposto: “Il coraggio.” L’interlocutore è rimasto interdetto perché si aspettava un’altra risposta, forse più scontata: la generosità, l’amore per gli altri, l’intelligenza, ecc..

Serres ha specificato che per lui oggi il coraggio è più importante delle altre qualità o virtù umane. Ed è sempre più decisivo. Ogni attitudine umana, dice - pensiamo alla politica, al giornalismo, o anche la fede – senza il coraggio, oggi non vale niente.

Occorre coraggio, si potrebbe aggiungere, nelle vite omologate di oggi, per raggiungere la pienezza dei propri convincimenti, per riconoscere anche la propria umanità, visto che nel mondo liquido di cui si parla tanto oggi e nel quale sembreremmo precipitati, c’è il rischio di annegare.

Ci vuole coraggio per essere se stessi. Ci vuole coraggio per avvicinare gli altri (la distanza è il nostro parametro preferito, attualmente, l’unica misura che sembra ci faccia dormire sonni relativamente tranquilli) e per fidarci di loro.

Ci vuole coraggio per pronunciare le cose con il loro nome e per rendere il pane alla verità, quando la verità – è affermato da ogni parte – non esiste più, anche se si continua a nascere, vivere e morire, e tutto questo sembrerebbe VERO, se solo fossimo capaci di osservarlo con occhi primigeni.

Ci vorrebbe il coraggio di un Cristo per tornare a stabilire la forza dell’aut-aut e non dell’et-et che oggi ci ha soggiogati del tutto. “Non potete servire Dio e la ricchezza” dice, con lingua tagliente, ed è una sentenza che non ammetterebbe discussioni e distinguo. Eppure, come siamo divenuti abili a discernere, a disquisire, a stemperare e ad annacquare. Come siamo divenuti poco coraggiosi.

06/09/12

"L'amore fa male, ma è necessario" - Una intervista di Enrique Vila-Matas.




Ognuno di noi crede di essere stato invitato davvero, e personalmente, all’amore – Un’intervista a Enrique Vila-Matas

di Elena Stancanelli

Mi piacerebbe riuscire a rendere con le parole tutti quei silenzi. Il modo in cui, alla fine di una frase, Enrique Vila-Matas si fermava e mi guardava senza parlare, con i suoi occhi grandissimi. E quando finalmente mi decidevo io a dire qualcosa, lui mi interrompeva e, dal profondo del suo semplice stare, mi diceva una cosa sublime. Non si deve mai tornare su una storia d’amore finita, per esempio. Perchè se ti volti indietro, se rifai la strada al contrario la prima cosa che incontrerai, di quell’amore, è la sua morte.

Ci siamo incontrati a Firenze, in occasione del premio Von Rezzori che Vila-Matas ha vinto con la raccolta di racconti “Esploratori dell’abisso” (Feltrinelli). Nato a Barcellona nel 1948, ha scritto saggi, romanzi e racconti. E’ uno scrittore che scrive di letteratura anche quando racconta il mondo, che non conosce il peccato di realtà. Nel salotto di un albergo elegante, mentre fuori il caldo bruciava la città, gli ho chiesto di parlarmi d’amore.

È un argomento difficile. Vede, il tema dell’amore è strettamente legato a quello della verità. Nel 1939, uno scrittore francese scrisse un saggio, intitolato “L’amore e l’occidente” (Rizzoli).  Denis Rougemont, questo era il suo nome, sosteneva che nel nostro mondo l’amore fosse fondato su un’idea narcisistica. Partendo dal mito di Tristano e Isotta, spiega che ciò di cui noi fatalmente ci innamoriamo, non è l’altro, ma l’idea stessa di amore. Che appunto prescinde dalla persona amata, ed è invece un’auto-esaltazione di colui che ama, del suo coraggio nell’affrontare gli ostacoli. Un amore-martirio, infelice e non sensuale, che si esaurisce nella passione che brucia. Questo concetto, centrale nella poesia trobadorica e i romanzi medievali, è arrivato intatto fino ai nostri giorni.

C’è una scena bellissima ne “Il Grande Gatsby”  di F. S. Fitzgerald, ce ne sono tante in verità in quella che io considero forse la più perfetta storia d’amore mai raccontata. Ma quella a cui mi riferisco è il primo incontro tra Gatsby e Daisy, dopo cinque anni. Nick ha invitato la ragazza a prendere un the a casa sua, su suggerimento di Gatsby. Vuole andarsene, lasciarli soli. Ma loro insistono che rimanga. Perchè, si chiede Nick. “Forse”, scrive Fitzgerald, “la mia presenza li faceva sentire più piacevolmente soli”. È una frase sibillina. Siri Hustvedt, la scrittrice moglie di Paul Auster, ha parlato di questo momento in un suo saggio. Mi piace molto quello che dice: l’amore, scrive Hustvedt, per esistere ha bisogno di essere visto. È una coppia composta da tre persone. Forse essere innamorati, amare, è una condizione talmente ineffabile che solo un testimone può renderla credibile, reale. Forse Daisy aveva bisogno di Nick per “vedere” il suo amore per Gatsby.

Si possono raccontare solo gli amori infelici?
Non necessariamente. Nabokov per esempio è uno scrittore che ha saputo descrivere anche amori leggeri, compiuti. Però è vero che i più bei romanzi d’amore raccontano di passioni che spezzano la vita. Amori che sono malattie, come quello tra Heathcliff e Catherine, in “Cime Tempestose” di Emily Bronte. Eterni, indissolubili. Amori disperati, come quello di Adele H, la figlia di Victor Hugo, per quello stupido tenente francese, nel film di Truffaut. Il più sublime esempio di amore che trascende la vita stessa, è quello raccontato da Hitchcock in “Vertigo” (La donna che visse due volte). Il legame che unisce il protagonista, James Stewart a Kim Novak, nel doppio ruolo di Madeleine/Judy. Chi è la donna di cui davvero lui si innamora? Un fantasma del passato che lui ricostruisce con pazienza nel corpo di lei, trasformandola in quello che il suo desiderio sta cercando. Questo storia ci rivela la complessità e il mistero di quello che chiamiamo l’amore passionale. Che si contrappone all’amore quieto e razionale che costituisce la base dei cosiddetti matrimoni per convenienza. Fondati non sull’innamoramento ma su un contratto sociale, una logica economica. Chi può dire quale delle due condizioni garantisce maggiore durata e felicità? Quel che è certo è che l’amore, in qualsiasi forma, è l’unico sentimento che ci introduce all’idea dell’altro, che ci permette di uscire dalla condizione stringente dell’identità, dell’io nevroticamente arroccato in se stesso, e conoscere il mondo.

Lamore  dunque fa male ma è necessario.
È ineludibile.

05/09/12

Letteratura: 50 anni fa veniva pubblicato 'On the road' di Kerouac.




Veniva pubblicato esattamente 55 anni fa 'On the road' ('Sulla strada'), dello scrittore statiunitense JackKerouac, manifesto della 'beat generation'.

Pubblicato nel '57 ma scritto nel '51, il romanzo e' basato su una serie di viaggi compiuti - per lo piu' in autostop - attraverso gli Stati Uniti d'America, ispirati a quelli realmente vissuti dall'autore insieme all'amico Neal Cassady.

L'opera contribui' a mitizzare l'idea del viaggio in automobile e l'esaltazione dei grandi spazi.

Il romanzo come si sa, divenne un'icona culturale per la generazione degli anni '50 proprio perche' propose uno stile di vita lontano dalla necessita' di avere una fissa dimora, un lavoro e delle responsabilita', e contribui' a mettere in discussione la societa' americana, all'epoca considerata la migliore possibile, facendosi carico della disillusione delle nuove generazioni.

Il romanzo fu duramente censurato dalla politica maccartista dell'epoca e rifiutato da diverse case editrici, anche perche' parlava apertamente di alcol e droga.

Eppure ancora oggi, dopo piu' di 50 anni, 'On the road' conserva il suo ascendente tra le nuove generazioni, restando un immortale best-seller anche nelle vendite in libreria. 

Ad accrescere il mito di quest'opera, il fatto che Jack Kerouac scrisse il libro all'età di 29 anni, dal 2 al 22 aprile 1951, in tre settimane, con l'aiuto di solo caffè e senza benzedrina, come scrisse in un diario, nella propria casa, a Ozone Park, nei sobborghi dei Queens, a New York, sulla base di una serie di appunti raccolti al tempo dei viaggi. e il fatto che fu dattiloscritto su un rotolo di carta per telescrivente o da tappezzeria, lungo 36 metri, che gli fu regalata. 

Il "rotolo" fu aggiudicato in asta nel 2001 per un prezzo superiore ai due milioni di dollari (nel video soprastante una delle occasioni in cui fu 'srotolato). 

fonte ASCA

01/09/12

"Lord Jim" di Joseph Conrad - una rilettura 'iniziatica'.




E' sempre curioso scoprire le differenze nella considerazione di un grande romanzo, quando è passato molto tempo dalla prima volta che si è letto.

Per Lord Jim di Joseph Conrad, la differenza è sostanziale: quando lo lessi durante gli anni del liceo, lo interpretai come un puro libro di avventura.

Riletto oggi, mi appare un grande libro iniziatico.  Nel senso che la storia di Jim, la storia della sua perdizione, dopo il quasi involontario atto di codardia, l'abbandono della nave che si crede stia affondando, è diventata ai miei occhi, la grande storia di una iniziazione alla comprensione più profonda della natura umana, che ciascuno deve compiere - quindi anche della sua natura - nel corso della propria vita.

Nelle pagine finali di questa celebre storia, Jim si sacrifica come un eroe sull'altare della sua pura idealità ferita - e riguadagnata proprio grazie a quel sacrificio finale, che appare in-evitabile. 

Qualche pagina prima della fine ho trovato questa frase pronunciata da Jim, che mi sembra paradigmatica dell'intero romanzo: Gli uomini a volte si comportano male senza essere per questo molto peggiori di altri.

Sembra una resa di fronte alla in-sindacabilità dei destini e delle scelte umane di fronte agli incredibili orditi del Fato, che riesce sempre a scombinare qualsiasi certezza noi pensiamo di possedere riguardo a ciò che motiva il nostro agire. Il Fato - si potrebbe dire - ne sa sempre di più. 

Eppure la resa di Jim non è totale, né unilaterale. Lui anzi, come dimostra il sacrificio finale, non si è in fondo mai arreso. Ha soltanto trovato una 'via giusta' (e dunque autentica, e quindi morale, per poter dire di aver vissuto sensatamente, nonostante la macchia originaria e indelebile che lo ha afflitto).

La parola che più mi viene in mente per definire questo romanzo è "struggente". E' struggente il destino di Jim, è struggente la sua vicenda umana - estrema. Struggente e appassionato il racconto che ne fa Marlow, il testimone. 


Tra i tanti gli spunti che offre un grande romanzo come questo, è particolarmente  interessante quello che suggerisce Czeslaw Milosz nella postfazione alla edizione Mondadori, cioè una possibile allegoria del Patna - il vascello -  come la 'Patria', che Jim abbandona senza staccarsene completamente mai.

Questo, pensando alla vicenda umana di Conrad, offrirebbe una lettura molto originale (pensando anche alla Patria non solo come luogo fisico) - addirittura psico-analitica - della storia: senso di colpa (il padre aveva dato tutto, compresa la vita, per la patria polacca), nostalgia, voglia di tradimento e allo stesso tempo di ritorno e di espiazione.

In fondo è anche per questo che l'opera di Conrad, insieme al suo sguardo triste, non smette mai di interrogarci. 

Fabrizio Falconi


31/08/12

E' morto Carlo Maria Martini. Quel giorno al Conclave.



Ero,  insieme ad altri, sul tetto del Collegio dei Padri Agostiniani, quella sera del 18 aprile 2005.  

Si stava tenendo il Conclave per la elezione al Soglio Pontificio del 265mo successore di Pietro. C'erano diversi motivi di disorientamento tra coloro che seguivano i lavori, in quei giorni. 

Il primo motivo era la morte di Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, avvenuta 16 giorni prima, il tardo pomeriggio del 2 aprile, dopo una lunga e lenta agonia.  Un pontefice che aveva segnato così profondamente la storia degli ultimi anni. 

Il secondo motivo era il tempo passato dalla elezione precedente: 27 anni. Essendo stato eletto il polacco, il 28 ottobre del 1978. 

Un tempo così lungo che perfino per i più esperti segnava una barriera temporale ostica: chi ricordava, tra i presenti, esattamente i riti del Conclave ? Chi poteva dirsi preparato ad affrontarli per descriverli minuziosamente, quei riti così complessi, sedimentati nei venti secoli precedenti, frutto di infinite variazioni e correzioni del cerimoniale canonico ?

Una sola certezza sembrava esservi, all'inizio di quello che fu poi uno dei Conclave più veloci della storia (e su questa velocità pesò sicuramente anche proprio quella necessità di riempire il più presto possibile il vuoto lasciato da un predecessore così "ingombrante"):  i due pretendenti più accreditati e più autorevoli erano Joseph Ratzinger da un lato e Carlo Maria Martini dall'altro. 

A molti - e la stampa ovviamente giocò molto su questa dicotomia - sembrava il confronto perfetto: la dogmatica contro il colloquio, la dottrina della fede contro l'umanità del confronto cristiano. 

Vinse Ratzinger.  Le cronache dei retroscena del Conclave riferirono che Martini, riluttante sin dal principio, a ricoprire un compito così gravoso,  sin dopo il primo scrutinio - avvenuto appunto la sera del 18 aprile - scelse esplicitamente di rinunciare,  convinto dal numero esiguo di voti ricevuti (il vero antagonista divenne Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, anche lui Gesuita; ma soltanto per altre due votazioni, al quarto scrutinio Ratzinger ottenne il quorum) nel primo scrutinio e dalla eventuale possibilità di frammentare in due il Collegio dei Cardinali, con la prospettiva di un lungo Conclave che avrebbe potuto avere conseguenze pesanti. 

Sulla decisione pesò anche sicuramente la consapevolezza di una malattia che non perdona - Martini aveva già da sette anni quel Parkinson che oggi l'ha portato alla morte, consumandolo lentamente. 

Mi sono chiesto più volte (me lo chiesi anche in quei giorni) - non sono il solo ovviamente - cosa sarebbe accaduto se Martini fosse divenuto Papa, se fosse stato lui l'erede di Wojtyla, e non Ratzinger. 

Oggi che la grande anima di Carlo Maria Martini ci ha lasciato su questa terra, è inevitabile - ma forse anche profondamente inutile - tornarselo a chiedere.    Eppure forse il progressivo, lento isolamento a cui la malattia  ha costretto Martini - isolamento dovuto negli ultimi tempi anche alla impossibilità di parlare -  ci ha regalato qualcosa di molto più grande, più grande perfino del ruolo di guida della Chiesa cattolica di Roma. 

Lo spirito infatti ha parlato in ogni momento, in ogni giorno, attraverso le sue parole pronunciate e scritte per coloro - sempre più numerosi - che hanno voluto ascoltarle.  E ha parlato anche - fortissimo - attraverso il suo silenzio sofferente.    Forse, anzi, lì più che altrove.  

Non c'era modo più esplicito e più concreto, per tutta quella che è stata la sua parabola terrestre,  per lasciare un segno duraturo della sua presenza che durerà a lungo, che sarà per molti incancellabile e che si racchiude forse in una sola parola: speranza. 

Fabrizio Falconi


26/08/12

La poesia della domenica - "Nel paese dove il pomeriggio è di ocra" di Derek Walcott.




Nel paese dove il pomeriggio è di ocra e tutto
è perennemente immobile nella calura con qualche rara
foglia riarsa che dondola insieme ai crotali dei gusci
secchi da una acacia che chiamano lingua di donna,

nel paese del pomeriggio dove i colli lontani
posano placidi nella foschia, ma più ancora nel centro
del paese del pomeriggio vedo il calor bruno della pelle
del mio primo amore – immobile, perfetto, inalterato –

e vedo lei che cammina, le mani bruciate dal sole
contro i mandorli di mare immobili, verso la
piccola baia dove nella memoria rimane ritta
sopra il pontile.. ed è lì che ho pensato

che fossimo immortali e che l’amore fossero le ali
ripiegate delle colombe, i remi in barca, l’acqua
che sciaborda sulla pietra che consuma
nel paese di ocra dove è sempre pomeriggio.


Derek Walcott (Castries, Santa Lucia, 1930)  inedito su The New Yorker, 2009.

21/08/12

Ludwig Wittgenstein: "Nessun grido d'aiuto può essere più forte di quello di un solo uomo."



E' una meravigliosa pagina tratta dai diari di Ludwig Wittgenstein, scritta nel 1944, che merita di essere letta con grande attenzione.


Nessun grido d’aiuto può essere più forte di quello di un solo uomo. 
Oppure nessuno sconforto può essere più grande di quello in cui può trovarsi un singolo essere umano.
Un uomo quindi può trovarsi in una situazione di bisogno estremo e aver bisogno di estremo aiuto.
La religione cristiana è solo per colui che ha estremo bisogno di aiuto e dunque solo per chi prova un estremo sconforto.
Il mondo intero non può trovarsi in una situazione di bisogno maggiore di quella in cui si trova una sola anima.
La fede cristiana - così io penso - è il rifugiarsi in questo supremo bisogno di aiuto.
Chi, invece di chiudersi in se stesso, in una situazione siffatta, riesce ad aprire il suo cuore, accoglie il rimedio nel suo cuore.
Chi apre così il suo cuore a Dio in confessione contrita, lo apre anche per gli altri. Perde con questo la sua dignità di uomo eccellente e diventa quindi come un bambino. E cioè senza gradi, dignità e distanza di fronte agli altri. Si può aprirsi di fronte agli altri solo per una sorta particolare di amore. Che riconosce, quasi, che siamo tutti bambini cattivi.
Si potrebbe dire che l'odio fra gli uomini deriva dal fatto che ci isoliamo gli uni dagli altri.   Perché non vogliamo che l'altro scruti dentro di noi non essendo bello lo spettacolo che si offrirebbe al suo sguardo.
Dobbiamo certo continuare a vergognarci del nostro intimo, ma non di noi stessi di fronte al nostro prossimo.
Non si può sentire uno sconforto maggiore di quello di un singolo essere umano. Perché lo sconforto più grande è quello di un uomo che si sente perduto.

circa 1944

Ludwig Wittgenstein, tratto da Pensieri diversi, traduz. dal tedesco di Michele Ranchetti, Adelphi, 1980 pag. 92.

15/08/12

Carl Gustav Jung: folgoranti citazioni dal Liber Novus (Libro Rosso).



La lettura del Liber Novus - Libro Rosso di Carl Gustav Jung, stampato con merito anche in Italia in una pregevole e preziosa edizione da Bollati Boringhieri è fonte di continua meraviglia.  E' un libro ricchissimo in cui si trovano molte e importanti risposte a quello che spesso si cerca senza comprenderlo e senza nemmeno saperlo. Ho raccolto qui alcune di queste (illuminanti) citazioni. 

Purtroppo, come tutto ciò che è sano e durevole, la verità si tiene più sulla via di mezzo che noi a torto detestiamo. 
(C.G.Jung, Liber Novus, pag.292)

Se il pensiero porta a ciò che è inconcepibile, allora è tempo di tornare alla vita semplice. Quello che non risolve il pensiero, lo risolve invece la vita. 
(cit. pag. 293)

Con il cristianesimo non siamo arrivati alla fine semplicemente mettendolo da parte. Mi sembra che di esso resti più di quanto possiamo vedere. Abbiamo combattuto il Cristo, l'abbiamo destituito e ci siamo sentiti vincitori. Ma lui è rimasto in noi e ci ha soggiogato. Tu puoi abbandonare Cristo, ma lui non ti abbandonerà. Il tuo volerti liberare di lui è un illusione. Cristo è la Via. Tu puoi compiere certamente delle deviazioni, ma poi non sei più sulla Via. La via di Cristo finisce sulla croce. Perciò siamo crocefissi con lui in noi stessi. Insieme a lui attendiamo la nostra resurrezione fino alla morte. Con Cristo chi è in vita non sperimenta risurrezione alcuna, se non dopo la morte.
(cit. pag. 293).

Tuttavia chiunque faccia della distruzione il proprio scopo perirà per autodistruzione.
(cit. pag. 296)



Siamo una razza accecata. Viviamo solo in superficie, solo nell'oggi e pensiamo solo al domani. Trattiamo brutalmente il passato, perché non ci prendiamo cura dei morti. Vogliamo fare soltanto lavori che assicurino un successo visibile. Soprattutto vogliamo essere pagati. Non v'è dubbio che le necessità della vita ci hanno costretto a preferire frutti tangibili. Ma chi soffre di più di coloro che si sono smarriti alla superficie del mondo ?
(cit. pag.298)

Una ragnatela di parole è l'inferno per chi vi resta impigliato. Sii cauto con le parole, sceglile bene, prendi parole sicure, parole prive di appigli. Non tesserne una all'altra, affinché non ne nasca una ragnatela, perché tu saresti il primo a restarvi impigliato. La parola è quel vi è di più futile e di più potente. Nella parola confluiscono il vuoto e il pieno.
(cit. pag. 299)

A chi viene dal mare l'affaccendarsi degli uomini appare come una follia. Ma gli uomini lo guardano come se il pazzo fosse lui.
(cit. pag. 299)

La parte in te più vile è la fonte della grazia.
(cit. pag.299)

Non ti accorgi che l'Altro è anche dentro di te. Pensi invece che venga in qualche modo da fuori e ritieni di scorgerlo anche nelle opinioni e azioni del tuo prossimo che ti ripugnano. Lì lo combatti, essendo del tutto accecato. Chi invece accetta l'Altro che gli viene incontro, perché è presente anche in lui, non lotta più, ma guarda dentro di sé e tace.
(cit. pag. 297).

A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (cit. pag.308).

Ma quante cose devono accadere a un uomo prima che egli si renda conto che il successo esteriore visibile, che si può toccare con mano, è una via sbagliata ! Quali sofferenze devono colpire gli uomini prima che essi rinuncino a saziare sul prossimo la loro brama di potere e a volere che tocchi sempre all'Altro ! Quanto sangue deve ancora scorrere prima che agli uomini si aprano gli occhi per vedere la propria personale via e il proprio nemico, finché non si rendano conto di quali siano i loro veri successi ! Tu devi poter vivere con te stesso, non a spese del tuo vicino. L'animale del gregge non è il parassita di suo fratello né il suo tormentatore. O uomo hai persino dimenticato che anche tu sei un animale. Ma credi ancora che si stia meglio là dove tu non ci sei. Guai a te, se anche il tuo vicino la pensa allo stesso modo. Ma puoi essere sicuro che lo fa. Qualcuno deve pur cominciare a non esser più infantile.
(cit. pag. 310)  

Che il tuo desiderio trovi soddisfazione in te stesso. Che la tua brama ti consumi, così essa si stancherà e si acquieterà e tu farai un buon sonno e considererai un bene il sole di ogni giorno. Se invece divorerai altri e altre cose rispetto a te, la tua brama rimarrà perennemente insoddisfatta, perché essa vuole di più, vuole ciò che vi è di più prelibato, vuole te. 
(cit. pag. 310/11)

E un altro comprende ciò che fai tu ? Da dove ti viene il diritto di avere opinioni sugli altri o di agire su di loro ? Tu hai trascurato te stesso, il tuo giardino è pieno di erbacce, e tu vuoi insegnare al tuo vicino l'ordine e fargli notare i suoi difetti ! Perché hai da tacere sugli altri ? Perché ci sarebbe molto da dire sui tuoi propri demoni. 
(cit. pag. 343).

14/08/12

Elsa Morante - 100 anni dalla nascita.



Tra quattro giorni, il prossimo 18, si celebra il centenario della nascita di uno dei massimi scrittori italiani del novecento, Elsa Morante.  

Il suo ricordo e' legato a grandi romanzi come 'Menzogna e sortilegio','L'isola di Arturo' e 'La Storia'. Ma anche alla sua lunga e complessa vicenda sentimentale con un altro scrittore, Alberto Moravia. 

Elsa Morante, la scrittrice che ha messo in scena tra l'altro i duri tempi del dopoguerra, e' nata il 18 agosto del 1912. Amica di Pierpaolo Pasolini e dei maggiori intellettuali del suo tempo, ha cominciato a scrivere fin da giovanissima. 

Romana di Testaccio, ha pubblicato i suoi racconti giovanili nel 1941 nel volume 'Il gioco segreto', edito da Garzanti. Un anno importante, per la scrittrice, il 1941: in aprile sposa Alberto Moravia che aveva conosciuto nel 1936.

La loro e' una vicenda sentimentale travagliata, durata per 20 anni. Ed e' proprio attraverso l'autore de 'Gli indifferenti', che Morante iniziò a frequentare Sandro Penna ed Enzo Siciliano. Senza dimenticare altri 'giganti' come Umberto Saba, Attilio Bertolucci e Giorgio Bassani. 

Intanto continua a dedicarsi alla scrittura. Il romanzo che l'ha imposta come scrittrice e' 'Menzogna e sortilegio', uscito da Einaudi grazie a Natalia Ginzburg, che vince il Premio Viareggio. 

Viene anche tradotto negli Usa, con il titolo 'House of Liars', nel 1951. Inizia cosi', con un vasto successo, la carriera letteraria di Morante. 

Le sue doti di affabulatrice si affinano e da un premio passa ad un altro: dopo il Viareggio e' la volta dello Strega. 

Nel 1957, infatti, vince il massimo riconoscimento letterario con 'L'isola di Arturo'. 

All'inizio degli anni Sessanta recita una breve parte nel film 'Accatone' di Pasolini. Ma proprio il decennio del boom coincide con una crisi artistica senza precedenti. Una crisi che, pero', non affievolisce la sua vena creativa. 

Ai grandi libri della narratrice romana si aggiunge 'La Storia', considerato da molti critici il suo vero capolavoro. Un successo popolare ambientato nella Capitale. 

Nel 1976 comincia la stesura del suo ultimo romanzo, 'Aracoeli' che vede la luce nel 1982. 

Costretta, dal 1980, a letto dopo la frattura del femore, Morante intraprende la sua discesa verso la fine. Subisce un intervento chirurgico e perde l'uso delle gambe. Nel 1983 tenta il suicidio. Il 25 novembre del 1985 ha luogo l'ultimo atto della sua vita: dopo un nuovo intervento, muore di infarto a 73 anni. 

Postumi, vengono pubblicati 'Opere' e i 'Racconti dimenticati' che raccoglie alcuni brani de 'Il gioco segreto'.  

13/08/12

Roland Barthes e l'Abbraccio.



Oltre all'accoppiamento (e al diavolo l'Immaginario), vi è quest'altro abbraccio, che è una stretta immobile: siamo ammaliati, stregati: siamo nel sonno, senza dormire; siamo nella voluttà infantile dell'addormentamento: è il momento delle storie raccontate, della voce che giunge a ipnotizzarmi, a straniarmi, è il ritorno alla madre (nell'amorosa quiete delle tue braccia, dice una poesia musicata da Duparc). In questo incesto rinnovato, tutto rimane sospeso: il tempo, la legge, la proibizione: niente si esaurisce, niente si desidera: tutti i desideri sono aboliti perché sembrano essere definitivamente appagati.

Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso. 

12/08/12

La poesia della Domenica - "Aprèslude" di Gottfried Benn.




Aprèslude

Devi saperti immergere, devi imparare,
una volta è felicità, un'altra vergogna,
non abbandonare, non puoi allontanarti
quando all'ora viene meno la sua luce.

Resistere, aspettare, una volta a fondo,
un'altra sommerso e ammutolito,
curiosa legge, non sono scintille,
non solo - guardati intorno:

la natura vuole le sue ciliegie
anche da pochi bocci in aprile
e conserva la sua frutta
silenziosa fino agli anni buoni.

Nessuno sa dove si nutrono i germogli,
nessuno, se mai la corona fiorisca -
resistere, aspettare, concedersi,
oscurarsi, invecchiare, aprèslude.



Gottfried Benn, da Aprèslude, traduzione di Ferruccio Masini, Einaudi, 1966