15/08/12

Carl Gustav Jung: folgoranti citazioni dal Liber Novus (Libro Rosso).



La lettura del Liber Novus - Libro Rosso di Carl Gustav Jung, stampato con merito anche in Italia in una pregevole e preziosa edizione da Bollati Boringhieri è fonte di continua meraviglia.  E' un libro ricchissimo in cui si trovano molte e importanti risposte a quello che spesso si cerca senza comprenderlo e senza nemmeno saperlo. Ho raccolto qui alcune di queste (illuminanti) citazioni. 

Purtroppo, come tutto ciò che è sano e durevole, la verità si tiene più sulla via di mezzo che noi a torto detestiamo. 
(C.G.Jung, Liber Novus, pag.292)

Se il pensiero porta a ciò che è inconcepibile, allora è tempo di tornare alla vita semplice. Quello che non risolve il pensiero, lo risolve invece la vita. 
(cit. pag. 293)

Con il cristianesimo non siamo arrivati alla fine semplicemente mettendolo da parte. Mi sembra che di esso resti più di quanto possiamo vedere. Abbiamo combattuto il Cristo, l'abbiamo destituito e ci siamo sentiti vincitori. Ma lui è rimasto in noi e ci ha soggiogato. Tu puoi abbandonare Cristo, ma lui non ti abbandonerà. Il tuo volerti liberare di lui è un illusione. Cristo è la Via. Tu puoi compiere certamente delle deviazioni, ma poi non sei più sulla Via. La via di Cristo finisce sulla croce. Perciò siamo crocefissi con lui in noi stessi. Insieme a lui attendiamo la nostra resurrezione fino alla morte. Con Cristo chi è in vita non sperimenta risurrezione alcuna, se non dopo la morte.
(cit. pag. 293).

Tuttavia chiunque faccia della distruzione il proprio scopo perirà per autodistruzione.
(cit. pag. 296)



Siamo una razza accecata. Viviamo solo in superficie, solo nell'oggi e pensiamo solo al domani. Trattiamo brutalmente il passato, perché non ci prendiamo cura dei morti. Vogliamo fare soltanto lavori che assicurino un successo visibile. Soprattutto vogliamo essere pagati. Non v'è dubbio che le necessità della vita ci hanno costretto a preferire frutti tangibili. Ma chi soffre di più di coloro che si sono smarriti alla superficie del mondo ?
(cit. pag.298)

Una ragnatela di parole è l'inferno per chi vi resta impigliato. Sii cauto con le parole, sceglile bene, prendi parole sicure, parole prive di appigli. Non tesserne una all'altra, affinché non ne nasca una ragnatela, perché tu saresti il primo a restarvi impigliato. La parola è quel vi è di più futile e di più potente. Nella parola confluiscono il vuoto e il pieno.
(cit. pag. 299)

A chi viene dal mare l'affaccendarsi degli uomini appare come una follia. Ma gli uomini lo guardano come se il pazzo fosse lui.
(cit. pag. 299)

La parte in te più vile è la fonte della grazia.
(cit. pag.299)

Non ti accorgi che l'Altro è anche dentro di te. Pensi invece che venga in qualche modo da fuori e ritieni di scorgerlo anche nelle opinioni e azioni del tuo prossimo che ti ripugnano. Lì lo combatti, essendo del tutto accecato. Chi invece accetta l'Altro che gli viene incontro, perché è presente anche in lui, non lotta più, ma guarda dentro di sé e tace.
(cit. pag. 297).

A chi può procedere malgrado gli enigmi, si apre una via. Sottomettiti agli enigmi e a ciò che è assolutamente incomprensibile. Ci sono ponti da capogiro, sospesi su abissi di perenne profondità. Ma tu segui gli enigmi. (cit. pag.308).

Ma quante cose devono accadere a un uomo prima che egli si renda conto che il successo esteriore visibile, che si può toccare con mano, è una via sbagliata ! Quali sofferenze devono colpire gli uomini prima che essi rinuncino a saziare sul prossimo la loro brama di potere e a volere che tocchi sempre all'Altro ! Quanto sangue deve ancora scorrere prima che agli uomini si aprano gli occhi per vedere la propria personale via e il proprio nemico, finché non si rendano conto di quali siano i loro veri successi ! Tu devi poter vivere con te stesso, non a spese del tuo vicino. L'animale del gregge non è il parassita di suo fratello né il suo tormentatore. O uomo hai persino dimenticato che anche tu sei un animale. Ma credi ancora che si stia meglio là dove tu non ci sei. Guai a te, se anche il tuo vicino la pensa allo stesso modo. Ma puoi essere sicuro che lo fa. Qualcuno deve pur cominciare a non esser più infantile.
(cit. pag. 310)  

Che il tuo desiderio trovi soddisfazione in te stesso. Che la tua brama ti consumi, così essa si stancherà e si acquieterà e tu farai un buon sonno e considererai un bene il sole di ogni giorno. Se invece divorerai altri e altre cose rispetto a te, la tua brama rimarrà perennemente insoddisfatta, perché essa vuole di più, vuole ciò che vi è di più prelibato, vuole te. 
(cit. pag. 310/11)

E un altro comprende ciò che fai tu ? Da dove ti viene il diritto di avere opinioni sugli altri o di agire su di loro ? Tu hai trascurato te stesso, il tuo giardino è pieno di erbacce, e tu vuoi insegnare al tuo vicino l'ordine e fargli notare i suoi difetti ! Perché hai da tacere sugli altri ? Perché ci sarebbe molto da dire sui tuoi propri demoni. 
(cit. pag. 343).

14/08/12

Elsa Morante - 100 anni dalla nascita.



Tra quattro giorni, il prossimo 18, si celebra il centenario della nascita di uno dei massimi scrittori italiani del novecento, Elsa Morante.  

Il suo ricordo e' legato a grandi romanzi come 'Menzogna e sortilegio','L'isola di Arturo' e 'La Storia'. Ma anche alla sua lunga e complessa vicenda sentimentale con un altro scrittore, Alberto Moravia. 

Elsa Morante, la scrittrice che ha messo in scena tra l'altro i duri tempi del dopoguerra, e' nata il 18 agosto del 1912. Amica di Pierpaolo Pasolini e dei maggiori intellettuali del suo tempo, ha cominciato a scrivere fin da giovanissima. 

Romana di Testaccio, ha pubblicato i suoi racconti giovanili nel 1941 nel volume 'Il gioco segreto', edito da Garzanti. Un anno importante, per la scrittrice, il 1941: in aprile sposa Alberto Moravia che aveva conosciuto nel 1936.

La loro e' una vicenda sentimentale travagliata, durata per 20 anni. Ed e' proprio attraverso l'autore de 'Gli indifferenti', che Morante iniziò a frequentare Sandro Penna ed Enzo Siciliano. Senza dimenticare altri 'giganti' come Umberto Saba, Attilio Bertolucci e Giorgio Bassani. 

Intanto continua a dedicarsi alla scrittura. Il romanzo che l'ha imposta come scrittrice e' 'Menzogna e sortilegio', uscito da Einaudi grazie a Natalia Ginzburg, che vince il Premio Viareggio. 

Viene anche tradotto negli Usa, con il titolo 'House of Liars', nel 1951. Inizia cosi', con un vasto successo, la carriera letteraria di Morante. 

Le sue doti di affabulatrice si affinano e da un premio passa ad un altro: dopo il Viareggio e' la volta dello Strega. 

Nel 1957, infatti, vince il massimo riconoscimento letterario con 'L'isola di Arturo'. 

All'inizio degli anni Sessanta recita una breve parte nel film 'Accatone' di Pasolini. Ma proprio il decennio del boom coincide con una crisi artistica senza precedenti. Una crisi che, pero', non affievolisce la sua vena creativa. 

Ai grandi libri della narratrice romana si aggiunge 'La Storia', considerato da molti critici il suo vero capolavoro. Un successo popolare ambientato nella Capitale. 

Nel 1976 comincia la stesura del suo ultimo romanzo, 'Aracoeli' che vede la luce nel 1982. 

Costretta, dal 1980, a letto dopo la frattura del femore, Morante intraprende la sua discesa verso la fine. Subisce un intervento chirurgico e perde l'uso delle gambe. Nel 1983 tenta il suicidio. Il 25 novembre del 1985 ha luogo l'ultimo atto della sua vita: dopo un nuovo intervento, muore di infarto a 73 anni. 

Postumi, vengono pubblicati 'Opere' e i 'Racconti dimenticati' che raccoglie alcuni brani de 'Il gioco segreto'.  

13/08/12

Roland Barthes e l'Abbraccio.



Oltre all'accoppiamento (e al diavolo l'Immaginario), vi è quest'altro abbraccio, che è una stretta immobile: siamo ammaliati, stregati: siamo nel sonno, senza dormire; siamo nella voluttà infantile dell'addormentamento: è il momento delle storie raccontate, della voce che giunge a ipnotizzarmi, a straniarmi, è il ritorno alla madre (nell'amorosa quiete delle tue braccia, dice una poesia musicata da Duparc). In questo incesto rinnovato, tutto rimane sospeso: il tempo, la legge, la proibizione: niente si esaurisce, niente si desidera: tutti i desideri sono aboliti perché sembrano essere definitivamente appagati.

Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso. 

12/08/12

La poesia della Domenica - "Aprèslude" di Gottfried Benn.




Aprèslude

Devi saperti immergere, devi imparare,
una volta è felicità, un'altra vergogna,
non abbandonare, non puoi allontanarti
quando all'ora viene meno la sua luce.

Resistere, aspettare, una volta a fondo,
un'altra sommerso e ammutolito,
curiosa legge, non sono scintille,
non solo - guardati intorno:

la natura vuole le sue ciliegie
anche da pochi bocci in aprile
e conserva la sua frutta
silenziosa fino agli anni buoni.

Nessuno sa dove si nutrono i germogli,
nessuno, se mai la corona fiorisca -
resistere, aspettare, concedersi,
oscurarsi, invecchiare, aprèslude.



Gottfried Benn, da Aprèslude, traduzione di Ferruccio Masini, Einaudi, 1966



11/08/12

La scala dell'Universo - un meraviglioso sito.





E' un meraviglioso sito - ormai tra i più cliccati della rete - e nasce da una geniale idea di due ragazzi Cary e Michael Huang che hanno creato un mezzo sorprendente, rapido ed efficace per darci conto della immensa complessità nella quale è calata la nostra vita, dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo. 

Con un semplice movimento del vostro mouse è possibile compiere un viaggio nel nostro intero universo tra pianeti, batteri, monumenti, galassie, animali e atomi. 

Sembra un gioco, ma il tutto è perfettamente rispondente alle attuali conoscenze scientifiche. E se vi va, potrete spingervi fino all'estremo large del nostro universo - ma chissà cosa c'è oltre - e fino all'estremo small della nostra realtà sub-atomica che ci porta ad un altrettanto inconoscibile mistero su cosa vi sia... oltre.

E' una bella lezione di umiltà (e di conoscenza). Buon viaggio, allora.

Cliccate qui:

http://scaleofuniverse.com/

10/08/12

A un filosofo americano 5 milioni di dollari per studiare l'immortalità.



Un professore dell'universita' dellaCalifornia a Riverside ha ricevuto 5 milioni di dollari per studiare i segreti dell'immortalita'. 

Lo annuncia lo stesso ateneo californiano, secondo cui la cifra e' messa a disposizione da una fondazione privata. I fondi sono stati stanziati dalla John Templeton foundation per il filosofo JohnFischer, che avra' tre anni per capire tutti gli aspetti dell'immortalita', comprese le esperienze di "quasi-morte" e l'impatto delle convinzioni religiose nell'aldila' sul comportamento umano. 

"Le persone hanno pensato all'immortalita' per tutta la storia - spiega Fischer - abbiamo un bisogno innato di sapere cosa ci succedera' dopo la morte. Molto del dibattito ha riguardato la letteratura, in particolare fantastica, e la teologia in termini di aldila', paradiso, purgatorio o karma. Nessuno ha ancora offerto uno sguardo complessivo al tema che metta insieme la scienza, la teologia e la filosofia". 

Meta' della cifra verra' impiegata per progetti di ricerca, spiega l'universita', mentre il progetto comprende anche due conferenze, la prima delle quali da tenersi alla fine del secondo anno, e un sito web dove seguire i progressi. 

fonte AGI

clicca qui per approfondire

06/08/12

Paolo Borsellino - Un ricordo personale.




Nell'estate del 1988 - quattro anni prima della sua morte - intervistai Paolo Borsellino a casa sua, a Palermo. Un ricordo indelebile.

Avevo proposto al direttore Corrado Guerzoni - lavoravo all'epoca per Radiodue 3131 - di realizzare una inchiesta sul fenomeno degli scomparsi, quelle persone che si dissolvono nel nulla ogni anno (non esisteva allora nessuna Chi l'ha visto?). 

Tra le diverse idee per il programma, avevo in mente di ricostruire anche la vicenda del più famoso scomparso italiano. Ettore Majorana. Dissolto nel nulla il 27 marzo 1938.

La storia del fisico italiano aveva suscitato, come è noto, l'interesse di Leonardo Sciascia che gli aveva dedicato un celebre libro, La scomparsa di Ettore Majorana.

Sciascia avanzava lì l'ipotesi che il grande fisico si fosse ritirato - dopo una finta messinscena di suicidio - nel Convento di Serra San Bruno, in Calabria. 

Ma la curiosità di Sciascia, riguardo alla sorte di Majorana era sempre in allerta, pronta a valutare ogni altra ipotesi. Finì dunque per interessarsi alla stravagante ricostruzione di due fratelli di Mazara del Vallo - i Romeo, i quali si dicevano convinti di aver trovato il vero Majorana, nientemeno che sotto le mentite spoglie di un povero barbone, che i pescatori di Mazara chiamavano da sempre l'uomo cane, e che aveva l'abitudine di dormire all'aperto, sotto il monumento sulla piazza principale.


Sciascia, seppure recalcitrante aveva accettato di incontrare i Romeo, aveva ascoltato la loro versione dei fatti: che quell'uomo sapeva di matematica, che non era certamente del luogo, che lui stesso, prima di morire, aveva confidato di essere il grande fisico. 

Pur dubbioso, Sciascia per escludere ogni possibilità, aveva interessato del caso Paolo Borsellino, che era procuratore capo della Repubblica di Marsala e con il quale vi era stato qualche dissapore nel recente passato per via della nota polemica sui professionisti dell'antimafia, innescata dallo stesso Sciascia. 

Fu così che partii per la Sicilia, per ricostruire il caso dell'uomo cane: l'ultima ipotesi sulla scomparsa di Majorana. 

Dopo qualche giorno passato a Mazara - e dopo aver parlato con i Romeo, e con tutti quelli che potevano dare notizie del barbone - mi trasferii a Palermo per incontrare Borsellino. 

Mi ricevette nel suo appartamento, insieme alla moglie Agnese.  Un'ospitalità molto semplice. Seduti nel salotto buono, l'appartamento di un tranquillo borghese, dai modi cortesissimi. 

Restammo a parlare a lungo. Mi fece vedere le foto dell'uomo cane, mi spiegò come i dettagli delle foto, ma soprattutto le perizie calligrafiche (c'erano alcune firme lasciate dal barbone nel commissariato locale quando lo avevano fermato per controlli di rito) escludessero in modo categorico qualsiasi identificazione con il grande fisico siciliano. 


Ettore Majorana 

Realizzammo l'intervista.   Al termine, ci fu un episodio che non ho più potuto dimenticare.   Borsellino, con affabilità - aveva rispetto formale per l'interlocutore, insieme a curiosità vivissima - si interessò riguardo la prosecuzione del mio viaggio. Gli spiegai che stavo per partire per Catania, dove mi aspettavano altre 'verifiche' su Majorana.

"Ma è qui con la sua macchina?" mi chiese.  "Non è mia, ho una macchina a noleggio," risposi.  I suoi occhi si illuminarono. "Non mi dica che l'ha parcheggiata qui sotto."  

In effetti, arrivando, avevo constatato con meraviglia, nella giungla di parcheggi congestionati delle vie di Palermo, un grande spazio libero, sterrato, proprio di fronte al portone di casa del magistrato. 

"Sì," risposi.  Sorrise: "Allora gliel'hanno portata via."   Sbirciò fuori dalla finestra: in effetti della mia auto restavano solo le strisce degli pneumatici sulla sabbia dello sterrato.  

"Venga," mi disse infilando un gilet di cotone. L'ascensore ci portò nel sotterraneo del palazzo dove c'era la sua auto. Uno della scorta si offrì di salire al volante, lui gli fece cenno di no.  Mi aprì la portiera, salii a bordo: non avevo mai visto una macchina blindata, con le portiere e i vetri spessi come quelle di un mezzo militare. 

Mi accompagnò dunque, guidando, al garage poco distante dove avevano portato la mia auto, che in effetti era lì, con due o tre tizi che vi armeggiavano intorno.  

Borsellino rivolse loro un sorriso: "E' un giornalista". 

Lo ringraziai.  Mi strinse la mano, mi augurò buon viaggio e mi pregò di aggiornarlo se per caso fossero emerse novità importanti.

L'estate di quattro anni dopo, in quel 19 luglio del 1992, mi tornò - e non mi abbandonò più - il ricordo forte del chiaro sorriso e dello sguardo triste dell'uomo che aveva provato ad essere se stesso nella terra dove tanti - prima e dopo Majorana - si erano perduti per sempre. 

Fabrizio Falconi  

© riproduzione riservata.


05/08/12

La poesia della Domenica - Francisco de Quevedo: "Amore da un solo sguardo nasce, vive, cresce e s'eterna".







Amore da un solo sguardo nasce, vive, cresce e s'eterna


In fuga sorda e rapida ha rubato
dieci anni di mia vita il Sole ardente
dacché vidi negli occhi tuoi l’Oriente,
Livida, di bellezza raddoppiato.

Dieci anni nelle vene mie ho serbato
il dolce fuoco che alimento, assente,
col mio sangue. Dieci anni nella mente
tirannici i tuoi lumi han governato.

Chi contempla ogni volta una sì pura
bellezza, eternamente se ne accende
e nell’anima impressa eterna dura.

Fiamma che l’immortal vita trascende
non teme con il corpo sepoltura
né il tempo l’appassisce né l’offende.



Francisco de Quevedo (1580 - 1645), da Sonetti amorosi e morali, traduz. di Vittorio Bodini, Einaudi, 1965.



Diez años de mí vida se ha llevado
en veloz fuga y sorda el sol ardiente,
después que en tus dos ojos vi el Oriente,
Lísida, en hermosura duplicado.

Diez años en mis venas he guardado
el dulce fuego que alimento ausente
de mi sangre. Diez años en mi mente
con imperio tus luces han reinado.

Basta ver una vez grande hermosura,
que una vez vista eternamente enciende,
y en Taima impresa eternamente dura.

Llama que a la inmortal vida trasciende,
ni teme con el cuerpo sepultura,
ni el tiempo la marchita ni la ofende.

04/08/12

Joseph Conrad e le donne.





Essere donna è terribilmente difficile perché consiste principalmente nel trattare con gli uomini.

Being a woman is a terribly difficult trade since it consists principally of dealings with men.


Joseph Conrad (Berdicev, 3 dicembre 1857 – Bishopsbourne, 3 agosto 1924) da Chance, Parte II, cap. 5.

03/08/12

Il ritratto del Salvatore nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Una storia antichissima.




Tra le varie meraviglie romane, spicca, nella Basilica Lateranense - la prima cristiana fondata a Roma per volere di Costantino Imperatore, dopo la vittoria di Ponte Milvio -  il grande, immenso catino absidale, interamente mosaicato che si può ammirare qui.

Questo mosaico è stato rifatto più volte nel corso della storia, a causa anche delle molte vicissitudini - saccheggi, incendi, danneggiamenti - che hanno segnato la vita della Basilica nei millenni. 

Quel che è certo è che la porzione di mosaico più antica è senza alcun dubbio quella del centro, relativa al ritratto del Salvatore, che campeggia proprio al centro dell'abside. 

Un ritratto moderno e misterioso che è servito da modello per tutta la iconografia successiva nella raffigurazione del volto di Cristo nella storia dell'arte pre e post medievale. 

Questo ritratto viene citato più volte, nelle fonti più antiche che descrivono la Basilica. Vediamo.

Nel corso dei grandi lavori di restauro alla Basilica di San Giovanni in Laterano, effettuati dal francescano Nicolò IV (1227-1292) nel 1291, forse in un parziale rifacimento del mosaico anche la scena dell'abside dovette subire qualche manomissione: ma non il busto del Cristo.

La qual cosa ci tenne quel papa a ricordare in una iscrizione che si legge tuttora al di sotto della rappresentazione principale, dove, con la data del 1291 dice di aver fatto "riporre integralmente nel mosaico il sacro volto nello stesso luogo là dove apparve per la prima volta miracolosamente apparve (apparuit) al popolo romano allorché questa fu consacrata", cui fa eco un'altra del medesimo nell'ambulacro attorno all'abside: "infine quel venerabile volto (facies) di Dio che per primo risplendé dinanzi agli occhi degli uomini, ricollocò integro nello stesso luogo dove era sempre stato." 

Un accenno fugace a questa immagine era già stata fatta in un officium dedicationis  della fine del Xo secolo, con le parole: "allorché per la prima volta fu consacrata a Roma una chiesa pubblica ed apparve (apparuit) al popolo romano l'immagine del Salvatore raffigurata sulla parete." (cfr. Crescimbeni, Stato della SS.Chiesa Papale lateranense nell'anno 1723, pp.151 e 181).

Qualche maggiore dettaglio si trova poi nella descrizione della Basilica lateranense di Giovanni Diacono, databile intorno al 1180, il quale scrive che, consacrata il 9 dicembre da Papa Silvestro, questa fu la chiesa aperta per prima al pubblico: "e l'immagine del Salvatore infissa alla parete fu quella che apparve (apparuit) visibile per la prima volta a tutto il popolo romano."  

Dai vari testi sopra riferiti appaiono due elementi di grande interesse: il primo riguarda quel verbo apparuit (apparve); il secondo la struttura del volto del Salvatore che, per quanto immersa nel grande mosaico, costituiva (e costituisce tuttora) come un piccolo mosaico a sé.   

Sappiamo infatti, oltre che dalla iscrizione di Nicolò IV, anche da descrizioni del 'pezzo' fatte in loco nel Settecento (vedi lo stesso Crescimbeni, e Marangoni, S.S. 174)  ed ampiamente confermate dai restauri (infelici) del Vespignani del 1876 (G.Wilpert, La decorazione costantiniana della basilica lateranense in RAC, 1929, I-74)  che  il ritratto del Salvatore era (ed è) formato dalle tessere musive poste sulla superficie di una tavoletta di travertino (cm.75 X 105), la quale a sua volta è infissa (infixa) nel catino dell'abside. 

Tanto singolare realizzazione lascia chiaramente intendere quanto antico e venerato fosse quel volto, cui fa degno commento quel comune denominatore nei testi esaminati del verbo apparuit, in seguito volutamente interpretato in senso metafisico. 

© Fabrizio Falconi


02/08/12

Morto a Hollywood Gore Vidal.



Feroce critico dell'impero americano, intellettuale scomodo, omosessuale dichiarato che scandalizzo' gli Stati Uniti a 22 anni con la storia gay 'La statua di sale', Gore Vidal, morto ieri a 86 anni nella sua casa di Hollywood Hills, a Los Angeles, per le complicazioni di una polmonite, era un pensatore indipendente, allergico alle etichette e all'establishment. 

Una delle ultime figure, con Truman Capote e Norman Mailer, di giganti della letteratura pronti ad accendere e a provocare dibattiti. Autore di 25 romanzi, autobiografie e numerosi saggi sul declino dell'America, fra cui 'Palinsesto', 'Impero', 'Navigando a vista', drammaturgo, sceneggiatore di film come 'Improvvisamente l'estate scorsa' di Joseph L. Mankiewicz e 'Ben-Hur' di William Wyler, e di serie tv, Vidal venne chiamato da Federico Fellini per interpretare se stesso in 'Roma'. 

Nella citta' eterna, che adorava, visse circa trent'anni facendo dell'Italia, dove aveva anche la celebre villa La Rondinaia a Ravello, sulla costiera amalfitana, la sua patria dell'elezione. Ma, negli ultimi anni, per una operazione alla gambe mal riuscita non camminava piu' e l'accesso alla Rondinaia, venduta sei anni fa, dopo la morte del compagno di una vita, Howard Austen, era diventato impossibile. L'ultima volta che lo scrittore venne nel nostro Paese fu nel 2010 per il matrimonio di Elido Fazi al quale indosso', racconta l'editore, "i gemelli che gli aveva regalato Paul Newman. L'oggetto a cui teneva di piu"'. 


31/07/12

Morto a mosca Evgenij Pasternak, il figlio di Boris, maggiore studioso delle opere del padre.



E' morto a Mosca Evgenij Borisovich Pasternak, all'eta' di 89 anni.

Era il figlio maggiore dell'autore del Dottor Zivago, nato dal matrimonio con l'artista Evgenia Lourie. 

Ne da' notizia l'editore italiano, Feltrinelli, che pubblico' per primo nel mondo il capolavoro dello scrittore russo. 

Letterato e ricercatore, Evgeni Pasternak e' stato uno dei piu' grandi studiosi dell'opera del padre, di cui ha scritto la prima biografia e curato la raccolta delle opere. 

Il 26 novembre 2007 Evgenij Borisovich, prosegue una nota dell'editore, Pasternak ha presenziato alla mostra "Il dottor Zivago, la seconda nascita" che ricostruiva attraverso documenti e fotografie provenienti dall'archivio della famiglia Pasternak, dagli archivi della Fondazione, della casa editrice Feltrinelli e dagli archivi De Michelis, Garzonio e Ripellino, la vicenda della pubblicazione del capolavoro di Pasternak a cinquant'anni dalla sua pubblicazione.

30/07/12

Joseph Conrad aveva un alter Ego - di Elisabetta Rasy.




Apollo Korzeniowski, il padre di Joseph Conrad, traduceva Shakespeare e Dickens in polacco, ma al figlio consigliò di conoscere bene, oltre quella nazionale, la letteratura francese. 

Così fu solo a vent'anni, quando cominciò a navigare nei mari del Sud e dell'Oriente con i brigantini britannici, che il ragazzo si appassionò ai classici e ai contemporanei di quella che sarebbe diventata la sua lingua di scrittore. 

Non senza problemi. Anche dopo aver pubblicato nel 1898 un capolavoro come Il negro del Narciso confessò al suo editore W.E. Henley una grande difficoltà: «Quando scrivo penso in francese e poi traduco in inglese le parole dei miei pensieri. Questo è un procedimento impossibile per uno che desidera guadagnarsi da vivere scrivendo...». 

Decise dunque di trovarsi un collaboratore, una sorta di consulente linguistico-letterario e la scelta cadde su un giovanotto di belle speranze e molte ambizioni, uscito per vincoli di sangue dall'ambiente sofisticato e nervoso dei pittori preraffaelliti, Ford Madox Ford. 

Fu proprio quest'ultimo, alla notizia della morte dello scrittore nell'agosto del 1924, a raccontare le tortuose vicissitudini della strana collaborazione in un ritratto scritto a caldo, e forse un po' fantasiosamente, dell'amico defunto: Joseph Conrad, a personal remembrance (tradotto in italiano venti anni fa in un volume curato da Vita Fortunati per l'editore Gallio). I due sembravano fatti per non incontrarsi e comunque per non andare d'accordo, nemmeno fisiognomicamente.

Elisabetta Rasy - Il Sole 24 Ore - continua a leggere qui.

29/07/12

La poesia della Domenica - "Riders on the storm" ("Cavalieri nella tempesta") di Jim Morrison.







Cavalieri nella tempesta

Cavalieri vanno nella tempesta
nella tempesta,
in questa casa siamo nati
buttati in questo mondo
come cani senza osso
o un attore rimasto solo,
cavalieri vanno nella tempesta.

Un assassino sulla strada
ha il cervello contorto come un rospo,
prendi una lunga vacanza,
lascia che giochino i bambini,
se prendi a bordo quest'uomo
anche il dolce ricordo svanirà,
un assassino sulla strada

Prova ad amare il tuo uomo,
ragazza ama il tuo uomo,
conducilo per mano
fagli capire bene
che il mondo dipende da te
il mondo non potrà finire mai
per questo devi amare il tuo uomo,

Cavalieri vanno nella tempesta,
nella tempesta,
in questa casa siamo cresciuti,
in questo mondo ci hanno gettati
come un cane senza osso
o un attore rimasto solo,
cavalieri vanno nella tempesta.

Jim Morrison (1943-1971) - traduzione italiana © Fabrizio Falconi


Riders on the storm


Riders on the storm
Riders on the storm
Into this house we're born
Into this world we're thrown
Like a dog without a bone
An actor out alone
Riders on the storm

There's a killer on the road
His brain is squirmin' like a toad
Take a long holiday
Let your children play
If ya give this man a ride
Sweet memory will die
Killer on the road, yeah

Girl ya gotta love your man
Girl ya gotta love your man
Take him by the hand
Make him understand
The world on you depends
Our life will never end
Gotta love your man, yeah

Riders on the storm
Riders on the storm
Into this house we're born
Into this world we're thrown
Like a dog without a bone
An actor out alone
Riders on the storm

28/07/12

Le fasce dell'Apostolo Pietro - la Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo. Il Titulus Fasciolae, un episodio tra realtà e leggenda.




Tra i testi apocrifi - quelli cioè che circolano già nei primi secoli negli ambienti cristiani, ma che per la non verificabilità storica e il tono leggendario non godono della stessa reputazione di quelli canonici della Chiesa - ci sono molti documenti che narrano le vicende dell'apostolo Pietro a Roma, del suo presunto incontro con Simon Mago, delle vicissitudini della cattura, della prigionia e del martirio. 

Si tratta degli Atti di Pietro, della Passione di Pietro dello Pseudo-Lino, e degli Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo-Marcello, tutti testi databili tra il IIo e il IVo secolo dopo Cristo.   

Nella Passione di Pietro, dello Pseudo-Lino, scritto intorno al IVo secolo, è descritta la scena del dialogo tra l'Apostolo e i custodi del carcere Mamertino,  Processo e Martiniano (poi Martiri anch'essi) che erano stati da lui battezzati proprio durante la detenzione nel carcere ancora oggi visitabile all'interno del Foro Romano. 

Processo e Martiniano, dunque, scongiurano Pietro, che è stato liberato, di andarsene da Roma.  E così viene raccontata la scena nella Passione di Pietro:

La notte seguente, compiuta la preghiera liturgica, salutò i fratelli e raccomandatili a Dio con la benedizione, partì solo. Mentre camminava, gli caddero le fasce della gamba, consunte dal ceppo.   Stava però per varcare la porta della città, quando si vide venire incontro Cristo.  Lo adorò e gli disse: 'Signore, dove vai ?'. Cristo gli rispose: 'Vengo a Roma per essere crocefisso di nuovo'.   Pietro a lui: 'Signore, sarai crocefisso di nuovo ?'.  Il Signore a lui: ' Sì, sarò crocefisso di nuovo!"  Pietro replicò: 'Signore, torno indietro per seguirti.' Quindi il Signore prese la via per il cielo.  Pietro l'accompagnò, fisso con lo sguardo e piangendo di consolazione. Tornando in sé, capì che le parole si riferivano al martirio, come cioè lui avrebbe sofferto. Il Signore, il quale soffre negli eletti mediante la compassione pietosa e la loro celebrazione gloriosa. E così ritornò festante in città, glorificando Dio. Raccontò ai fratelli che il Signore gli era andato incontro e gli aveva detto che sarebbe stato crocefisso nuovamente per mezzo suo.


Come abbiamo visto, nel testo si accenna chiaramente ad una fascia, che rivestiva le caviglie dell'Apostolo e che si usava per attenuare la stretta dei ceppi e della catene dei prigionieri, fascia che cadde per strada durante la fuga notturna. 

Negli Atti di Processo e Martiniano - altro testo apocrifo - l'episodio viene confermato e si parla ancora della fascia, specificando che sarebbe caduta sulla Via Nova (l'Appia Antica). Lì sarebbe stata raccolta da una matrona romana cristiana, che l'avrebbe conservata nella sua abitazione, divenendo più tardi uno dei primi Tituli cristiani di Roma, con il nome di Titulus Fasciolae, per ricordare proprio la fuga di Pietro e la caduta delle bende. 

Negli Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo-Marcello, scritto intorno al 400 d.C. già la dicitura del Titulus viene modificata, e si parla del Titolo di Nereo e Achilleo, proto-martiri romani le cui spoglie venivano venerate nella non lontana catacomba di Domitilla, e che qui furono trasportate e deposte al di sotto dell'altare, dove si trovano ancora oggi, nella Chiesa omonima dei Santi Nereo ed Achilleo, che si può visitare, completamente isolata dal contesto urbanistico, sulla destra di Via delle Terme di Caracalla, che un tempo rappresentava invece il primo tracciato extraurbano della Via Appia, appena fuori dalla Porta Capena. 

Fabrizio Falconi 

27/07/12

'Per dirmi che sei fuoco' - Recensione di Anna Vasta.






Per dirmi che sei fuoco- romanzo di Fabrizio Falconi, scrittore e giornalista romano- Gaffi Editore (pgg. 287, €16, 50), è titolo di  vaghezza evocativa, oltre che di  suggestiva citazione-Giuseppe Ungaretti-poetica, e nello stesso tempo di forte impatto e incisività. Nella  metafora del fuoco che “consuma e riaccende” si concentra  il senso di un'opera narrativa che non si lascia inquadrare in un genere. Pur presentando i tratti ora del giallo, ora del romanzo d'inchiesta, di denuncia civile, per i temi di impellente, drammatica attualità che affronta- la fecondazione artificiale con  i suoi risvolti culturali, etici, umani, esistenziali; lo smaltimento clandestino, abusivo, criminoso dei rifiuti radioattivi, con quanto implica  di illegalità, di contiguità con le mafie locali e internazionali, di rischi ambientali e di degrado-, il libro non esaurisce nell'ambito di queste tipologie le potenzialità, gli intenti  espressivi e di racconto.

La vicenda personale del protagonista, Nico, giovane universitario studioso di Ungaretti, uno dei tanti figli della provetta, nato da una procreazione eterologa, il suo percorso biografico di ricostruzione di una identità  soggettiva attraverso la ricerca del padre biologico- che nello svolgersi della trama si scopre essere un uomo-contro, un uomo-lupo, in guerra contro le devastazioni dei boschi, delle montagne, delle valli, delle foreste, dei fiumi, ad opera dei suoi simili-si intrecciano con storie di crimine, di violenza, di affari sporchi e inchieste giudiziarie. Michele, temerario e solitario, ambiguo eroe di una lotta senza quartiere e senza speranze  contro forze che lo sovrastano e di cui resterà vittima, da inquietante fantasma, sfuggente e inafferrabile, diventerà figura di padre, nel momento della fine e in quello successivo del viaggio che il figlio intraprende insieme con la sorella naturale, Brigitte, alla scoperta di una appartenenza filiale in cui riconoscersi e ritrovarsi.

Il romanzo si muove su un doppio binario, come ogni accadimento della vita reale: quello del dentro, degli  eventi introspettivi del protagonista e l'altro del fuori, dei fatti esterni. Binari che si intersecano, si incrociano, si separano, si sdoppiano, per  reincrociarsi e procedere in parallelo in direzione di un'ultima stazione che viene a configurarsi come il punto di arrivo di un itinerario di formazione, di educazione ai sentimenti, ai grandi temi dell'uomo: l'amore, il dolore, la perdita, il male di vivere.
In una sorta di discesa agli Inferi alla ricerca di una paternità di sangue che sia anche consanguineità dello spirito, dove affondare radici e portare alla luce nascoste oscurità, il giovane Nico segue il fil rouge di un altro viaggio, di un altro tempo, di un'altra dimensione d'esistenza: il ritorno in Brasile del poeta dagli occhi cinesi e dalla barba da sciamano, Giuseppe Ungaretti, sulle tracce del figlioletto morto anni addietro, sepolto entro il recinto erboso del cimitero di San Paolo, e destinato a durare nei versi del padre come la forte, maestosa araucaria dai fiori viola.  Indefesso odisseo, piegato, non vinto dalle prove e dalle durezze della vita, è in prossimità della tomba di Antonietto che gli viene concessa un'ultima, estrema chance di opporsi alla fine: l'amore improvviso, imprevisto per la donna vestita di rosso, Bruna Bianco, che consuma e riaccende. Il viaggio al termine della notte, di Nico, figlio in cerca di un padre che gli sia stato padre pur nell'assenza, si conclude con il ritrovamento nella casa di Michele, di una foto di sé bambino in una vecchia polaroid. Anche la sua ricerca di Bruna, approda a una foto di lei in una cornice, mentre viene incontro al poeta, per dirmi che sei fuoco/che consuma e riaccende.

25/07/12

J.M. Coetzee e il disegno intelligente.




Mi ha colpito leggere, nel penultimo romanzo scritto da J.M. Coetzee (un romanzo veramente sui generis, strutturato su di un doppio versante tra saggio e fiction), Diario di un anno difficile (pubblicato da Einaudi in Italia, nel 2006), un capitolo intitolato Del disegno intelligente, sorprendente per chiarezza, da parte di uno scrittore che di certo non si sente vicino ad alcun credo religioso. 

Coetzee commenta la sentenza di un tribunale statunitense, il quale ha decretato che nelle scuole pubbliche di una certa cittadina della Pennsylvania, durante le ore di scienze, è vietato insegnare la storia dell'universo come prodotto del disegno intelligente come alternativa al darwinismo. 

Ecco cosa scrive Coetzee:

Non desidero associarmi a chi sottoscrive il movimento del Disegno Intelligente. E nondimeno continuo a trovare la teoria dell'evoluzione basata sulla mutazione casuale e sulla selezione naturale non solo poco convincente ma anche insensata come spiegazione della comparsa degli organismi complessi. Fintanto che nessuno di noi non avrà la minima idea di costruire una mosca domestica dal nulla, come possiamo scartare in quanto intellettualmente ingenua la conclusione che la mosca sia stata creata da una intelligenza di ordine superiore alla nostra?

Se qualcuno è ingenuo, in questa storia, è chi eleva le regole operative della scienza occidentale ad assiomi epistemologici, sostenendo che ciò che non può essere scientificamente dimostrato vero (o valido per usare la parola più cauta preferita dalla scienza), non può essere vero (valido), non solo per gli standard della verità (validità) adottati dagli scienziati, ma per qualsiasi altro standard.  

Non mi sembra filosoficamente retrogrado attribuire un'intelligenza all'universo nel suo complesso, piuttosto che a una sola sottospecie di mammiferi sulla Terra.  Un universo intelligente si evolve intenzionalmente nel tempo, anche se quell'intenzione può essere sempre inafferrabile per l'intelletto umano e magari esulare dalla nostra stessa idea di finalità.

Argomentazioni molto difficilmente controvertibili.  E più avanti, Coetzee ancora più concretamente scrive: 

Coloro che sostengono che dietro ogni carattere di ogni organismo c'è una storia di selezione avvenuta per mutazione casuale dovrebbero cercare di rispondere alla domanda: come mai l'apparato intellettuale che si è evoluto per gli esseri umani sembra incapace di comprendere con una qualche accuratezza la sua stessa complessità ?   

Perché noi esseri umani reagiamo con una sorta di timore reverenziale - come un ritrarsi della mente di fronte all'abisso - quando cerchiamo di comprendere, afferrare, certe cose come l'origine dello spazio e del tempo, come l'esistenza del nulla, o la natura stessa del comprendere ? Non vedo quali vantaggi evolutivi rappresenti la combinazione che ci è data - la combinazione di un'insufficiente comprensione intellettuale con la consapevolezza di quella inefficienza.

Un apparato intellettuale contrassegnato da una conoscenza consapevole della propria insufficienza è un'aberrazione dell'evoluzione. 

Bisognerebbe meditare a lungo su queste considerazioni.

(Citazioni tratte da J.M.Coetzee, 'Diario di un anno difficile', Einaudi 2006, pag.85)

24/07/12

Il Paradosso dell'Orologiaio. L'argomento teleologico, ancora attuale.





Inaspettatamente, si torna a parlare dell'argomento teleologico. 

Si tratta del celebre paradosso formulato nel 1802 dal teologo e pastore anglicano William Paley (Peterborough, 14 luglio 1743 – Lincoln, 25 maggio 1805) :  Questi sosteneva che se trovassimo in terra un orologio da taschino, quando anche non ne avessimo mai visto uno, capiremmo all'istante che si tratta di un oggetto prodotto da un'entità intelligente.

Lo stesso valeva, secondo lui, per la natura: la sua complessità dimostrava che era frutto di un progetto intelligente.

In realtà Paley non aveva inventato nulla: l'argomento teleologico - cioè l'evidenza della esistenza di Dio giustificata dalla complessità, dall'armonia, e dal mistero della natura - era già stato utilizzato dai grandi pensatori del passato: primi fra tutti, Averroè e Sant'Agostino.

Il primo era un convinto assertore che la Verità può essere conquistata con la Ragione, oltre che con la Fede.

Per il secondo, la creazione del mondo (che è finito e mortale) è avvenuta fuori dal tempo.

La dimensione del tempo insomma, NON è sempre esistita, ma è stato creata. Solo l'anima del primo uomo è stata creata direttamente da Dio.

L'argomento teleologico fu ferocemente contestato, nel corso dei secoli, e venne 'smontato' razionalmente da Hume prima, e da Kant poi.

Ma l'obiezione razionalistica non è riuscita a prevalere del tutto. Per un semplice motivo: Al tempo di Agostino prima, e di Hume e Kant poi, era difficile anche lontanamente immaginare la reale complessità che all'esterno ci circonda e all'interno ci penetra.

Nessuno - neanche tra i più grandi visionari del passato (pensiamo a Giordano Bruno), poteva lontanamente immaginare quello che la Fisica oggi ci sta rivelando sull'Universo, sulla sua nascita, sulla sua consistenza (il 75% del quale è composto da materia oscura e da energia oscura della quale tutto ignoriamo), sul suo sviluppo, e sul fatto che l'Universo da noi abitato è soltanto uno dei molti, infiniti universi probabilmente interconnessi.

Né avrebbe potuto immaginare la complessità spaventosa della fisica sub-atomica, o della biologia molecolare.

Ecco dunque che le argomentazioni teleologiche trovano oggi una inaspettata revanche motivata dalla complessità di quanto scopriamo: sappiamo per certo, ad esempio, che la vita è un fenomeno che si è verificato sulla Terra, in tutta la storia della Terra (4,5 miliardi di anni) una sola volta. Tutta la vita che oggi esiste sul pianeta discende da quel misterioso fenomeno, del quale non sappiamo quasi nulla. 


Sappiamo soltanto che per nascere, la vita, la vita biologica, dovette superare un esame difficilissimo, anzi potremmo dire matematicamente ai limiti dell'impossibile: la probabilità che solo una molecola di proteine venga formata a caso (ci dice la scienza molecolare) è 1 verso 10 alla 243ma (cioè il numero dieci seguito da 243 zeri). E una cellula è costituita da milioni di molecole di proteine. Come la mettiamo ? Chi o cosa  - si chiedono i moderni teleologi -  ha permesso o causato questo evento così imponderabile ?


Fabrizio Falconi