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13/09/22

Cos'è la strana creatura scolpita da Bernini che appare nella Fontana dei Fiumi a Piazza Navona? Lo si scopre tra le pagine di "Porpora e Nero"

 



Che cos'è quella stranissima creatura che si erge dalle acque proprio al centro della meravigliosa Fontana dei Fiumi realizzata dal genio di Gian Lorenzo Bernini a Piazza Navona ? 

Le forme del tutto inconsuete hanno procurato molti grattacapi agli studiosi della storia dell'arte che soltanto in tempi recenti sono riusciti ad individuare l'animale misterioso al quale si ispirò Bernini, la cui vicende è strettamente legata al nome e al sapere sconfinato di un grande personaggio che visse a Roma negli stessi anni di Bernini (morirono anche a pochi giorni di distanza): il gesuita Athanasius Kircher, nato in Germania, vissuto a Roma, grande erudito, consigliere di principi e papi, collezionista compulsivo di rarità preziose proveniente da ogni angolo di mondo che allora veniva scoperto. 

Ne fu un esempio l’armadillo – il cui nome nella lingua degli indigeni Guaranì era Tatu un animale che nessun europeo aveva mai visto fino a quando un missionario gesuita al seguito dei conquistadores spagnoli pensò bene di spedirne un esemplare a Kircher. Il gesuita lo imbalsamò e lo appese al soffito, proprio all’entrata del suo Museo del Mondo: i visitatori ne restarono così impressionati, che perfino Gian Lorenzo Bernini prese ispirazione da quella strana creatura per immaginare e realizzare il drago che oggi si può ammirare tra le diverse sculture ornanti la Fontana dei Fiumi di Piazza Navona, e che per molto tempo fu scambiato per un coccodrillo.

L'armadillo-drago fa la sua comparsa ed è uno degli anelli-chiave per risolvere il mistero contenuto nel romanzo "Porpora e Nero" di Fabrizio Falconi, frutto di molti anni di appassionante ricerche. 

Per acquistare Porpora e Nero clicca qui. 

30/12/21

Torna in libreria, in una nuova edizione, "I Fantasmi di Roma" di Fabrizio Falconi

 



La storia della città eterna attraverso i suoi misteri, le sue inquietanti presenze, le sue figure spettrali

Lo spirito di Messalina, le ombre che frequentano le catacombe cristiane, i celebri spettri di Beatrice Cenci e Lucrezia Borgia; altri meno conosciuti come la bella Costanza De Cupis, il fantasma dalle mani mozze o l'infelice Emmeline che abitò la splendida Villa Stuart, e poi i fantasmi di Shelley e Keats fino alle ossessioni di Dario Argento: questo libro ripercorre la storia millenaria della città dei papi e degli imperatori da un punto di vista insolito, attraverso i racconti dei suoi fantasmi e delle sue presenze occulte. Ne emerge una Roma dai tratti magici, legata alle religioni e ai riti misterici del passato, alla tradizione etrusca, ai culti orientali, ai primi riti cristiani. Si parte dai fantasmi che si dice infestino i teatri della città antica e imperiale, per passare a quelli creati dai roghi e dai processi della Santa Inquisizione, e arrivare infine ad alcune presenze più vicine a noi: una finestra su una Roma esoterica misteriosa, inquietante e dal fascino sorprendente.

Tra i fantasmi di Roma:

Storia infelice di Berenice, l'amante dell'imperatore Tito, e del suo fantasma
Il Pantheon, monumento esoterico per eccellenza, e i suoi abitanti misteriosi
La notte delle streghe e il fantasma di Salomè al Laterano
Le geometrie di Athanasius Kircher e il suo spaventoso museo del Collegio Romano
Il fantasma di Donna Olimpia Maidalchini, la Pimpaccia, la donna più temuta di Roma
Piazza Vittorio e la porta magica degli alchimisti
Il terribile fantasma di Lorenza, moglie del Conte di Cagliostro
I fantasmi del Museo delle Anime del Purgatorio
Beatrice Cenci, il più famoso fantasma di Roma
I Borgia a Roma, una storia di fantasmi
Costanza de Cupis, la nobildonna dalle mani mozze
Il fantasma della chiesa dei Cappuccini e il racconto gotico di Hawthorne
Shelley e Keats, fantasmi a Roma
I fantasmi di Emmeline e di Lord Allen e Villa Stuart
Il Quartiere Coppedè, set per Dario Argento


Fabrizio Falconi

Nato a Roma, ha scritto i saggi Osama bin Laden. Il terrore dell'Occidente (con Antonello Sette), Dieci luoghi dell'animaIn Hoc vinces (con Bruno Carboniero) e i romanzi Il giorno più bello per incontrarti, Cieli come questoPer dirmi che sei fuoco, Porpora e Nero. Saggi e articoli di argomento storico e archeologico sono apparsi su varie riviste italiane. Con la Newton Compton ha pubblicato I fantasmi di RomaI monumenti esoterici d'ItaliaMisteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, Roma esoterica e misteriosa, 501 domande e risposte sulla storia di Roma.


Pre-ordina qui la tua copia 

23/02/21

Un brano di "Porpora e Nero" di Fabrizio Falconi - Il ritrovamento della quarta e ultima traccia



Da Porpora e Nero:

“Ho letto l’articolo di Heckscher che ha allegato alla traduzione, è molto affascinante. Se veramente Bernini per l’elefante ha preso ispirazione dall’Hypnerotomachia Pamphili di Francesco Colonna, vorrebbe dire che sia lui che Kircher si stavano occupando dei simboli dei Rosacroce”. 
Per l’occasione si era scomodato anche Meister. Laura lo aveva seduto di fianco, nel sedile posteriore dell’ammiraglia scura che li stava portando a destinazione.
“Sì è una ipotesi interessante”, rispose freddamente Laura senza staccare gli occhi dalla strada.
“È il testo che chiamano Poliphilo?”
“Proprio quello”.
“È molto famoso, ho consultato una copia tempo fa. È un testo pieno di suggestioni. Ma non avevo mai pensato all’episodio di Poliphilo che si addormenta in una valle e sogna un elefante con un obelisco sul dorso. È impressionante la somiglianza con quello di Bernini”.
“Sì, ma non sapremo mai come siano andate le cose”.
“Bonnard cosa dice?” chiese Meister toccando la spalla all’autista per fargli segno di accostare. Laura fissava le sue mani, che sembravano quelle di un adolescente, allungate e prive di peli.
“Non so, credo che propenda per l’ipotesi romana. L’ipotesi che Bernini sia stato influenzato dal vero elefante regalato dal re del Portogallo, inviato quasi un secolo prima in regalo a Leone X”.
“Sì, Annone, l’elefante bianco”.
Laura si sentiva inquieta per la presenza di Meister, e anche se egli continuava a mostrargli il suo lato erudito e socievole, sperava che la mattinata insieme finisse quanto prima.
“La sapienza dell’istinto e della natura che sorregge quella degli uomini”, continuò Meister con fervore. La macchina si era fermata davanti all’albergo Bologna, ed erano ormai a pochi passi dalla Minerva.
“Aspetti un secondo. I nostri uomini stanno bonificando la zona”.
Laura lo guardò interdetta:
“Bonificando?”.
“Sì, stavolta non ci faremo sorprendere. Abbiamo creato una specie di cordone, a protezione di eventuali intrusi. Non vogliamo tra i piedi nessuno”.
Dopo una breve attesa, comparve vicino al finestrino il faccione di Montenegro. Sollevò il pollice nell’aria e si allontanò a piedi in direzione della piazza. Meister fece cenno a Laura di scendere
e insieme si incamminarono verso l’obelisco della Minerva.
La piazza era semideserta, alle otto del mattino. Uno spazzatore automatico puliva la strada all’angolo di fronte al lussuoso albergo. La luce fredda dell’inverno conferiva un aspetto metafisico al piccolo obelisco eretto davanti alla immensa bianca facciata della Chiesa della Minerva.
Avvicinandosi, Laura notò un paio di persone vestite di scuro agli angoli opposti della piazza, che dovevano essere gli scagnozzi di Meister. Montenegro si era fermato sui gradini della chiesa, guardandosi intorno. 
“Facciamo presto”, intimò Meister nervoso. 
Lasciò che fosse Laura, per prima a salire sui tre gradini
del piedistallo. Sorreggendosi con una mano alla base, Laura scrutò al di sotto della gualdrappa che ricadeva di fianco all’elefante. 
Allungò una mano tra le zampe dell’animale scolpito, prima da una parte poi dall’altra mentre Meister la osservava in silenzio. Finalmente sentì tra le dita quello che cercava: un foglietto ripiegato in quattro. Laura fece un cenno a Meister, estrasse la mano e subito la infilò nella tasca del cappotto
come lui le aveva chiesto di fare. Partì un cenno a Montenegro. Il quale a sua volta lo ripeté ai due uomini di guardia agli estremi della piazza. Tutti rimasero al loro posto, mentre Laura e Meister tornarono verso la macchina. 
Quando l’autista mise in moto e guidò lungo via Santa Caterina da Siena e il Collegio Romano, Meister chiese a Laura di consegnargli il biglietto, e lo aprì ansiosamente sotto i suoi occhi: stavolta c’era una fotografia in bianco e nero: la riproduzione di un geroglifico egizio e al di sotto una piccola scritta, nella stessa calligrafia dei biglietti precedenti:



Prima monas
Considera la mano sinistra

Meister rimase ad osservare l'immagine a lungo, poi alzò lo sguardo trionfante su Laura: “Non abbiamo lavorato invano!”

16/09/18

Mercoledì 19 ad Arezzo conferenza sulla Leggenda di Sant'Eustachio, Costantino imperatore e la Mentorella di Kircher (di Fabrizio Falconi).


Appuntamento Mercoledì prossimo, 19 settembre, alle ore 17.30 all'Auditorium Comunale di Arezzo, con molte foto, per la conferenza sulla Leggenda di Sant'Eustachio, il primo Cristianesimo a Roma, la fondazione del Santuario della Mentorella, gli studi del geniale Athanasius Kircher, Costantino il Grande imperatore e la Leggenda della Vera Croce con il Sogno di Costantino di Piero della Francesca nel duomo di Arezzo. 


18/04/18

L’eremo della Mentorella sul Monte Guadagnolo e il genio di Athanasius Kircher (1602-1680)




 L’eremo della Mentorella sul Monte Guadagnolo e il genio di Athanasius Kircher (1602-1680) 
di Fabrizio Falconi


  
        La prima volta ci sono arrivato per caso molti anni fa.  Sulle tracce degli obelischi.
        Roma, per chi non lo sapesse, è la città al mondo che ne ospita di più. Gli obelischi egiziani -  la maggior parte dei quali molto più anziani di qualsiasi manufatto umano esistente nella ‘città eterna’ - sono ben tredici.   Alcuni assai famosi, come quello di Ramsete II, che svetta ancora in Piazza del Popolo, oppure quello scavato nelle cave di Assuan da Tutmosis III ben millecinquecento anni prima di Cristo. Altri ormai misconosciuti, come quello ‘capitolino’ lasciato ad ammuffire tra le erbacce di Villa Celimontana.
         E anche se oggi se ne parla solo quando si discute di ‘arredo urbano’ , c’è sempre qualcuno, per fortuna, che degli obelischi si interessa alla loro storia millenaria.
         Avevo letto in un libro di Cesare d’Onofrio, che al Collegio Romano esistevano ancora tracce di una antica e prestigiosa collezione di antichi modellini, in scala, degli obelischi egizi di Roma.
       Una mattina varcai la soglia del Liceo Visconti,  che oggi è ospitato nelle sale del Collegio Romano.  Erano appena finite le lezioni, pochi studenti bighellonavano nel cortile, all’ombra della grande torre. Chiesi indicazioni alla segreteria del liceo.   Una impiegata senza molta voglia di rispondere, mi rimandò all’ufficio del preside. Ma anche lui era assente. Una seconda segretaria, questa sua personale, mi chiese il motivo della visita.  Spiegai che stavo cercando la collezione dei modelli degli obelischi.
         La signorina, una donna corpulenta e bionda, dai tratti nordici, chiese di rimando:
         “ Quelli di Kircher ?”
         Non era la prima volta che sentivo quel nome, ovviamente.
         Ma quel giorno, si scatenò definitivamente la mia curiosità.  Anche perché la collezione risultò non visitabile.  I modelli degli obelischi – alcuni dei modelli, quelli superstiti -  mi spiegò la segretaria, effettivamente erano ancora lì, conservati sotto chiave, in alcune normalissime teche, nel sottotetto dell’edificio.  Ma per vederli bisognava disporre di una autorizzazione speciale, della sovrintendenza.
         “ Tra l’altro, “ aggiunse la segretaria, “ non glielo consiglio. Non è che siano tenuti molto bene, sa. Non capisco perché qualcuno non se ne occupi. Non li restauri, per esempio, e vengano esposti in un museo vero.  Qui combattiamo con gli studenti, non sa cosa sono capaci di fare quelli.”
         Ringraziai la ragazza, rimasi ancora un po’ a guardarmi intorno nel cortile dell’antico Collegio dei Gesuiti,  l’ombra dell’edificio l’aveva ormai occupato quasi interamente.
         Quello stesso giorno, anche se archiviata l’idea di vedere i modelli – troppo complicato -  riuscii ad ottenere la commissione di indagare – per conto di una rivista – su alcuni aspetti della vicenda terrena di Padre Athanasius Kircher.
         Sul conto del quale molto sapevo, ma altrettanto ignoravo.
       Illustre gesuita tedesco, massimo erudito, uomo per molti versi misterioso. Autore di bizzarre opere enciclopediche dai titoli solenni:  Ars Magna Lucis et Umbrae;  Itinerarium Exstaticum;  Phonurgia nova; Prodromus coptus sive aegyptiacus.   Avevo visto qualche giorno prima da vicino, nel Romani Collegii, uno dei pochi ritratti esistenti, il tondo con l’incisione del volto di Kircher: quella faccia incorniciata dalla barbetta bianca e dal tricorno nero, il naso imponente e dritto, gli occhi chiari e vispi, sullo sfondo consueto di quella che doveva essere la sua sterminata biblioteca.
        
      
 Uomo religioso, e allo stesso tempo grande scienziato, che  non esitava a farsi calare nella bocca del Vesuvio, per studiare da vicino la meccanica dei vulcani. Pio pastore, eppure anche intrepido esploratore dell’occulto, come di qualsiasi materia del conosciuto: dalla matematica alla geometria dei solidi, dallo studio delle lingue – copto, siriaco, egizio -  alla interpretazione dei simboli ermetici,  cultore di  numerologia, cartografia, ottica. Nel suo gabinetto delle scienze, al Collegio Romano – in quelle stesse  aule dove oggi stemperano le loro furie ormonali gli allievi del decaduto Liceo Visconti -  Athanasius Kircher realizzò tra le altre cose inventò il prototipo della lanterna magica;  una delle più antiche calcolatrici;  compilò la prima rappresentazione cartografica delle correnti marine; fu il primo ad osservare il sangue umano al microscopio; fu il primo a decifrare la grammatica copta, sperticandosi poi nella interpretazione dei geroglifici egiziani (trascrivendone i segni dagli obelischi romani ) e sbagliando quasi tutto, ma fornendo comunque intuizioni geniali senza le quali – probabilmente – non vi sarebbe stato nessuno Champollion.
    Alla ricerca di notizie e fonti, scoprii che la Vita Reverendi Patris Athanasi Kircheri, l’autobiografia scritta in latino da sé medesimo prima di morire,  avvincente come e più di un romanzo, è inedita in Italia. Ma  buone copie erano disponibili nelle biblioteche storiche dei gesuiti.
         Così, la prima volta che sfogliai le pagine della Vita, mi imbattei in quel formidabile incipit:
        Nacqui il 2 maggio 1602, giorno di Sant'Atanasio, alle tre della notte, nell'infelice città di Geisa, a tre ore di viaggio da Fulda. I miei genitori erano Johann Kircher e Anna Gansek, cattolici devoti, rinomati per le loro buone opere.
          Quell’incipit che pare  già tutta una promessa. E in quel nome – Athanasius, dall’aggettivo greco athànatos   l’evidenza di un destino. Athanasius, l’immortale ?  Ho cominciato a pensarlo, quando per l’articolo che dovevo scrivere ho cominciato a cercare la tomba di Kircher, a Roma. Si comincia sempre da lì, dalla tomba, in effetti, quando si vuol conoscere qualcosa di più dei segreti di un uomo.  E nel caso di Kircher, com’era consequenziale a tutta la sua vita, i segreti anziché dipanarsi, si sono moltiplicati.
           La tomba di Kircher, per quanti sforzi abbia fatto per cercarla, semplicemente non esiste più.
           Dovunque sia stato sepolto -  e io ho trovato numerosi documenti antichi che riportano tutti la stessa data e il luogo della sua morte,  Roma, 27 ottobre 1680 – nessuno sa più dire dove si trovino  i resti di quel corpo.   I documenti lo danno sepolto alla Chiesa del Gesù, come doveva essere ovvio per un personaggio di tal guisa, che all’epoca tutti conoscevano, che aveva lungamente collaborato con Gian Lorenzo Bernini alla realizzazione di alcune delle più grandi imprese del barocco romano – e che negli anni aveva allestito, proprio nelle sale del Collegio Romano uno straordinario museo di meraviglie, raccolte da confratelli gesuiti in ogni angolo del pianeta allora conosciuto, quel prodigioso Museo Kicheriano, purtroppo andato quasi del tutto perduto.
        Nessuno al mondo, in quel mondo vantava una collezione simile, con ogni sorta di reperti animali, esposti ed impagliati, con ogni specie di nuova invenzione ottica o matematica destinata a stupire i più blasonati visitatori delle corti di mezza Europa.

           
     Nessuno al mondo poteva conferire consulenze così preziose sulle opere da realizzare nella città museo del mondo, Roma. I mostri della Fontana dei Fiumi scolpiti da Bernini vengono lì, come viene da lì, naturalmente, tutto il complicato, esattissimo corredo simbolico del piccolo obelisco e dell’elefante, poco distante, il pulcino della Minerva commissionato da Alessandro VII, e scolpito da Ercole Ferrata. 
           Eppure, di un così tanto – e a giusta misura – celebrato personaggio, sorprendentemente, in nessuno dei registri anagrafici delle antiche chiese parrocchiali di Roma, conservati nella monumentale registeria storica del Vicariato di Roma,  esiste il certificato di morte e sepoltura di Athanasius Kircher. Sparito. O mai esistito.
           Perché ?
          Che fine aveva fatto quel certificato, che pure avrebbe dovuto risultare, se l’enciclopedico morì – come morì – a Roma ?  E soprattutto perché  nella Chiesa del Gesù, che conserva l’elenco minuzioso e completo di ogni sepoltura, non v’era traccia della tomba di Kircher ?
         Semplicemente, dopo qualche settimana di appassionante investigazione, e consultazione di ogni tipo di archivio, e di contatti fruttuosi con i maggiori studiosi di Kircher, in Italia e all’estero, dovetti rassegnarmi a concludere, che semplicemente la tomba illustre non si trovava, non c’era, non esisteva, e nessuno poteva dire  con sicurezza dove fosse stata una volta. 
            Quasi come se il corpo stesso dell’Athanasius,  si fosse volatilizzato, adattandosi al destino di quel nome.
            Ma le tracce di Kircher, in mancanza del corpo, non si rivelarono del tutto assenti.
            Almeno qualcosa restava.
            E qualcosa di non poco conto: il suo cuore.
            Come molti illustri contemporanei,  Kircher infatti, nelle ultime volontà, dispose per sé che, dopo la morte, il cuore fosse separato dal corpo, e deposto in un luogo a parte. 
            Quel luogo, lo aveva scelto con massima cura.
            Lessi  nella Necrologia alfabetica dei Padri Gesuiti, alla lettera K di Kircher:
            “ Il cuore è sepolto al Santuario della Mentorella, al Monte Guadagnolo.”
            Unica traccia riscontrabile. E, visto il precedente,  meglio verificare di persona.
             Così, un pomeriggio di agosto, ho preso con me una buona cartina stradale,  e in macchina mi sono diretto  fuori città, verso Sud, alla ricerca del Santuario, dove – come molti che abitano a Roma – non ero mai stato in vita mia.
           C’è anche una ragione.
          La Mentorella, pur essendo a un tiro di cannone dalla capitale, è  abbarbicata su un impervio sperone di roccia,  poco oltre Tivoli, sulla cresta del  Guadagnolo, nei monti Prenestini, che è alto milleduecento metri, eremo del tutto fuori dagli itinerari battuti dal turismo di massa.
           Si passa da Palestrina, città dalle nobili origini e dalla grande storia, poi la strada prende a salire su tornanti quasi del tutto spogli di vegetazione, da Capranica Prenestina fino alla cima del monte.  E arrivati al Passo della Fortuna, nome memorabile, laggiù in basso, a sinistra, ecco comparire il dorso di tetti rossi del Santuario.
        Varcato il cancello di ingresso, davanti all’ingresso della chiesetta, su un piccolo rialzo di roccia, una grande croce, moderna.   Di fronte, un altro ventaglio di rocce scoscese, dal profilo piuttosto familiare. 

        Parcheggiata la macchina di fronte al cancello di ingresso, e oltrepassatolo, si scopre subito un cartello verniciato, all’imbocco di un impervio sentiero che discende la montagna: Cammino Athanasius Kircher.
        Lo si capisce immediatamente: questo luogo deve molto a Kircher, ma la sua lunghissima storia non comincia certo con il padre gesuita, che in realtà si limitò a riscoprirlo, a restituirlo a nuova vita dopo secoli di totale abbandono.
        Ma la vicenda cristiana che si fonda sulla Mentorella  può vantare duemila anni di storia.   E comincia, mentre a Roma imperava Traiano,  con la prodigiosa visione dalla solida tradizione attribuita all’ufficiale pagano Placido, che in questa regione possedeva ville e terreni, nei quali esercitava la caccia, tra una campagna militare e l’altra.
        Un giorno fatale, a quell’ufficiale un po’ rozzo accade qualcosa di inspiegabile e anche di inconfessabile.  Tra le corna del grande cervo che sta per ammazzare, e che gli è apparso all’improvviso su una nuda roccia,  vede il volto di Gesù Cristo.  Una luce divina, così forte, una visione così ‘intollerabile’  che lo costringe a cambiare tutta la sua vita, da un momento all’altro.

La visione di Sant'Eustachio del Pisanello

        Torna a Roma, si fa battezzare come fanno i cristiani,  e cambia il nome in Eustachio.  Nella Roma efferata di quei tempi non rinuncia alla nuova fede, non  abiura.  Cosa che gli vale il martirio, prima risparmiato dalle belve feroci, poi insieme a mogli e figli, dentro un toro di bronzo arroventato.
         Sul posto dove apparve il cervo, sulla sommità della rupe, una semplice cappella. Pochi gradini per arrivarci, un piccolo campanile, con una corda che un bimbo si diverte a tirare, gli affreschi scrostati, e la massima visione sull’ampia valle del Giovenzano.
         E la storia prosegue.  Dopo Eustachio, il Santo, venne qui Costantino Imperatore. Impressionato dal sacrificio di Eustachio,  e a lui devoto, si dice, qui fece costruire un primo tempio. Del quale non restano che sparute colonne.

La visione di Sant'Eustachio del Durer
         
           In questo semplice, essenziale compendio di storia del cristianesimo – che è la Mentorella -  arriva poi il tempo del grande monachesimo d’occidente. Con il suo grande patriarca,  Benedetto da Norcia.  Fu abitata da lui, la piccola e bellissima grotta che si apre sotto la rupe di Eustachio ?   Le fonti dicono di sì.  E si fermò due anni interi, sembra, prima di andare a fondare il Sacro Speco.
          Due anni interi in questa grotta ?
          Per entrarci, oggi, ci si deve mettere di traverso, farsi accarezzare dalla roccia, in una fenditura strettissima, sorvegliata all’ingresso da ossa umane, in un tabernacolo incassato dentro la montagna.  Poi, all’interno, poche candele accese, un grande e spoglio crocefisso, un rosario, il silenzio che non smette di martellare le orecchie. 
          La memoria di San Benedetto non deve essere durata a lungo, nel lento oblìo medievale,  anche se si consolidò fino all’anno mille, e dopo, la decisione ripetuta e continua di assegnare il santuario alla pertinenza dei Benedettini di Roma. 


          Per la vera rinascita, però, bisognò aspettare altri secoli, fino all’anno del Signore  1661, quando il volenteroso gesuita di Fulda,  preso da una delle sue frenetiche ricerche storico-mistiche  – stavolta il trattatello si sarebbe chiamato Historia Eustachio-Mariana -  si avventurò da queste parti sulle tracce di Sant’Eustachio, e della miracolosa visione del cervo.
          Non è difficile indovinare il suo stupore, quando egli – con i mezzi dell’epoca, che possiamo immaginare – arrivando sulla cima del monte, in un posto dai molti crepacci come questo, scovò sommerse dagli arbusti le rovine di un antico e perduto tempio cristiano. Lo racconta lui stesso, nella Vita. La cosa che più lo sconvolse fu l’abbandono della veneranda statua della Madonna, che pure, come gli spiegò  la gente del luogo, si era resa protagonista, nel corso dei secoli, di ben evidenti prodigi.
           A Kircher non mancavano mezzi ed intelligenza. E conoscenze.   E in pochi anni rinnovò il luogo e il culto.  Istituendo anche una festa annuale, il 29 settembre, dedicata a San Michele Arcangelo, che cominciò a richiamare migliaia di fedeli ogni volta. Illustri protettori – grazie all’influenza del conosciutissimo e influente gesuita – presero a cuore le sorti del Santuario, da Maria Teresa d’Austria  al conte di Wallenstein, all’Imperatore Leopoldo I d’Austria, al Viceré di Napoli Pedro D’Aragona.
           Non solo. Kircher trasformò la Mentorella, nel suo eremo personale.
           Qui, soltanto qui, ritrovava la pace del cuore.  E il silenzio necessario ad approfondire i suoi studi, che intanto proseguivano fertili in tutte le direzioni. Un silenzio che al Collegio Romano era diventato merce rarissima.
           Così, ogni qualvolta c’era bisogno di lui, come quella volta che a Roma si ritrovarono finalmente giacenti sotto terra i pezzi del magnifico obelisco solare di Augusto, in Campo Marzio,  e solo a lui si poteva chiedere un parere,  bisognava mandare un messo fino alla Mentorella, e chiedergli di scendere in città.
          Sempre più recalcitrante, con l’avanzare della vecchiaia,  Kircher si disponeva a sopportare l’umida e stagnante aria di Roma, salvo tornarsene, il prima possibile,  nell’alto delle vette prenestine.
           Fino a quel 27 ottobre del 1680, quando la morte lo colse alla veneranda età di 78 anni. 
           Ed esattamente il giorno dopo, il 28 ottobre, per uno di quegli scherzi del caso che lascia allibititi, morì a Roma Gian Lorenzo Bernini. 
           Non è difficile supporre che i due eventi luttuosi, così ravvicinati, dovettero suscitare enorme eco a Roma. Kircher e Bernini, le due facce di una stessa trionfante, erudita, popolarità.
           Oggi, cosa resta di tutto questo ?  Alla Mentorella, forse è la suggestione ad indurre a pensarlo, resta molto. 
            Il Santuario, da un secolo e mezzo è custodito dai padri polacchi resurrezionisti. Da quando, nel 1857 i fondatori Semenenko e Kajsiewicz riuscirono ad ottenere da papa Pio IX la cura del Santuario, realizzando per prima cosa la strada di accesso, dal Passo della Fortuna al picco della Mentorella.
            Alcuni dei padri, giovani e silenziosi, li incontri oggi nel piazzale di ingresso. Ti salutano con un sorriso, e pregano soltanto di mantenere la quiete che il posto ha conservato miracolosamente nei secoli.  Ti raccontano sussurrando, che il loro Papa polacco, Giovanni Paolo II, pochi lo sanno, fece proprio qui la sua prima uscita, dopo l’inaspettata elezione al Soglio Pontificio. Era il 29 ottobre 1978, e ventimila persone – in maggioranza giovani – parteciparono insieme  a lui a quel memorabile pellegrinaggio. Questo luogo mi ha aiutato molto a pregare, disse una volta papa Wojtyla, e non è difficile crederlo, visto che qui tornò molte volte, anche fuori dell’ufficialità, durante il suo lungo pontificato.

Giovanni Paolo II alla Mentorella, 29 ottobre 1978

           Vi ritrovò forse quelle stesse caratteristiche ricercate a suo tempo da Kircher: pace, silenzio assoluto, raccoglimento, vicinanza al cielo e ai Misteri.
           Entrati nella Chiesa, un canto gregoriano appena udibile in sottofondo, accoglie insieme al senso di intimità e di purezza.
           Tre navate, la centrale più grande con capriate in legno. Preziosi reperti d’arte, ovunque.  Nella cappella di sinistra all’altare l’antichissima tavola di quercia, con la scena della consacrazione della Mentorella, che l’onnipresente Papa Silvestro I, secondo la tradizione, dovette dispensare.  E, sull’altare il ciborio del 1305,  con all’interno quella piccola statua in legno della Madonna, seduta con il Figlio in braccio,  che suscitò l’attenzione e la venerazione di Padre Kircher. 
           Ai suoi piedi, per esplicita volontà, egli volle che fosse deposto il suo cuore.
           Dunque basta spostare di poco lo sguardo, in terra, ed ecco, incastonata nel pavimento, la pietra che copre l’urna che cercavamo:
Leggo e rileggo l’iscrizione: ATHANASIUS KIRCHER SAC. SOC. IESU / TEMPLI HUIUS INSTAURATOR/ET SACRAE QUAE HEIC QUOTANNIS CELEBRATUR / EXPEDITIONIS AUCTOR / COR SUUM AD ARAE MARIAE D.N. PEDES / CONDI  VOLUIT  /  OBIIT. ROMAE A.MDCLXXX / AETATIS LXXX.


La lapide con l'iscrizione posta ai piedi dell'Altare della Mentorella che indica il luogo della sepoltura del cuore di Athanasius Kircher (foto dell'autore)

            Non solo il restauratore, quindi, ma anche l’ideatore e il promotore del nuovo rito di venerazione.  E poi: il cuore suo ai piedi dell’altare della Signora Nostra Maria.
            Un esempio destinato ad essere imitato, se è vero che spostandosi di poco all’interno della Chiesa, nel  pilastro di destra, si scopre un altro ‘cuore illustre’, quello di Papa Innocenzo XIII, che pur non essendo propriamente un amico dei gesuiti, destinò la parte più nobile di sé a fianco di quella di uno dei più celebri rappresentanti della Compagnia. 

L'urna murata con il cuore di Papa Innocenzo XIII alla Mentorella (foto dell'autore)


            Oggi, dissolta nell’aria la serenità immota di venti secoli, se non altro per la comodità dei collegamenti, arrivano quassù sparute comitive  di visitatori, gruppi parrocchiali in gite domenicali, e di scout attratti dal contorno naturalistico.  D’estate, il numero dei fedeli cresce,  diventa enorme la vigilia del giorno dell’Ascensione, il 14 agosto, quando una processione notturna di fiaccole illumina la cima del monte, portando in processione l’immagine del Salvatore. 
             I padri resurrezionisti ti confidano allora che il senso di quell’antico isolamento si ritrova solo in certi giorni d’inverno, quando i mezzi spazzaneve non hanno tempo di spingersi fino alla cima, e il Guadagnolo resta immerso nel silenzio del vento gelido che soffia senza ostacoli.
           In quei giorni, dicono, sporgendosi dalla Rupe di Sant’Eustachio, sulla sommità del Santuario, si apprezzano colori unici, e lo spettacolo pieno di stupore di un silenzio che sigilla le opere del creato con il loro Creatore.
             Athanasius Kircher, mistico e scienziato, scienziato e mistico, conosceva meglio di chiunque i segreti di quel silenzio.
             Nella seconda pagina della sua monumentale Ars Magna, scriveva:
             Le pianticelle che giacciono sepolte nel ventre dei loro semi, sotto lo sguardo del Sole, germogliano ebbre di gioia e presto sbocceranno in foglie, fiori, frutti.  Tutti gli animali, sospinti dalla gioia dei cieli, vale a dire dalla fertile radiazione di luce, sono stimolati, come da un sorriso, al piacere da movimenti fecondanti. Persino le rocce, remote come appaiono a ogni contatto con la luce, attratte da qualche forza di radiazione occulta, inturgidiscono, e nella loro tumescenza si abbracciano l’un l’altra, tutte unendosi alla danza delle sfere celesti.


Fabrizio Falconi 
Riproduzione riservata 2018 
testo estratto da: Fabrizio Falconi, Dieci Luoghi dell'Anima, Cantagalli, Siena, 2009

29/06/17

Tornano in Libreria i "Misteri dei Rioni e dei Quartieri di Roma" in edizione tascabile.




Torna in libreria, dalla seconda metà di luglio, Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, che ho scritto per l'editore Newton Compton nel 2013, e che era ormai esaurito. 

Si tratta di un volume (416 pagine) che racconta storie poco conosciute su molti luoghi di Roma, frutto del lavoro personale di ricerca degli ultimi anni (parte di questo materiale è il frutto degli articoli pubblicati nel tempo su questo e su altri blog). 

Qui sotto trovate l'indice completo dei luoghi che ho trattato nel libro, nella divisione per gli antichi ventidue rioni di Roma e dei quartieri periferici. 


I – Monti

1. Il sacello della Papessa Giovanna
2. L’antichissimo ritratto del Salvatore nel mosaico della Basilica di San Giovanni in Laterano.
3. Villa Aldobrandini, la Villa nascosta e il dipinto più bello del mondo
4. Il Quadrato Magico e il palindromo nei sotterranei di Santa Maria Maggiore.
5. L’immagine acheropita conservata nel Sancta Sanctorum della Scala Santa al Laterano e il Velo di Camulia.
6. La Torre delle Milizie, la più alta di Roma.
7. La Chiesa dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, e i Papi morti di morte violenta.

II- Trevi

1. La testa di San Giovanni Battista nella chiesa di San Silvestro in Capite in Piazza San Lorenzo.
2. La strana storia del Vicolo Scannabecchi
3. Il palazzo Mengarini al Quirinale e la leggenda dell’avvocato Agnelli
4. La  basilica dei Santi Apostoli, le reliquie di Filippo e Giacomo, le più sicure della cristianità.
5. L’Asso di coppe nella Fontana di Trevi.
6. Il palazzo Maccarani – Brazzà, dove nacque il più grande esploratore italiano.
7. Palazzo Barberini e il prodigio del sole nell’uovo.



III – Colonna

1. I resti della grandiosa Meridiana di Augusto nelle cantine dei palazzi di San Lorenzo in Lucina.
2. Il Vicolo della Spada d’Orlando.
3. Via Capo le Case e la dimora romana di Teresa di Lisieux.


IV – Campo Marzio

1. Via Margutta, Novella Parigini e il Segno del Comando.
2. La Cappella Chigi nella Basilica di Santa Maria del Popolo, Dan Brown e la setta degli Illuminati a Roma. 
3. Piazza di Spagna, il malocchio e il fischio del Mosè.

V- Ponte

1. Il trofeo del Teatro Apollo sul Lungotevere, oggi scomparso, il primo teatro pubblico di Roma e il genio stravagante di Cristina di Svezia.
2. La Casa di Fiammetta e le tombe delle prostitute.
3. Via Giulia, l’Arco dei Farnese e il prodigio della mula che partorì.
4. La Basilica di Sant’Apollinare e la misteriosa sepoltura di Renatino, il boss della Banda della Magliana.

VI – Parione

1. Il monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori.
2. La Tomba di Laudomia, figlia di Brancaleone, nella chiesa di San Pantaleo.
3. La  Piazza del Biscione, il Teatro di Pompeo e le mummie spaventose di Roma.

VII – Regola

1. La magica prospettiva di Borromini e il piano nobile di Palazzo Spada.
2. Il Ponte Garibaldi
3. Il Palazzo del Monte di Pietà e l’orologio dalle ore matte.


VIII – Sant’Eustachio

1.La chiesa di Sant’Eustachio e il patrizio romano che diede il nome ad un intero rione.
2. Il prodigio architettonico di Sant’Ivo alla Sapienza e il genio irrequieto di Borromini
3. La Buca dei Malati di Via delle Coppelle e la più antica iscrizione in lingua latina.

IX – Pigna

1. Le chiese del Gesù e di Sant’Ignazio e la tomba di Kircher sparita
2. Largo Argentina, la Curia di Pompeo, il luogo esatto dove fu assassinato Giulio Cesare.
3. Il pulcino della Minerva, un condensato di sapienza ed esoterismo.
4. La Chiesa di San Marco Evangelista al Campidoglio e il Vangelo scritto a Roma.

X-Campitelli

1. La chiesa di Santa Francesca Romana e l’impronta del ginocchio di San Pietro.
2. La casa di Michelangelo a Macel de’ Corvi (oggi Piazza Venezia)
3. Il simbolo di Roma: la Lupa dei Musei Capitolini, forse un falso medievale.
4. Il misterioso Lupercale, forse ritrovato.
5. La statua parlante di Madama Lucrezia in Piazza Venezia.
6. Il bambinello miracolo dell’Aracoeli, un furto senza colpevoli. 
7. L’orologio di Roma, sul campanile del Palazzo Senatorio al Campidoglio.

XI- Sant’Angelo
1. I misteri della Fontana delle tartarughe di Piazza Mattei.
2.La casa di Lorenzo Manilio
3. Il Portico d’Ottavia e il fantasma.

XII – Ripa

1.  Il roseto comunale e le migliaia di tombe nascoste del cimitero ebraico.
2.  La Bocca della Verità e la mirabile leggenda della scaltra donna.
3. Il più antico tempio in pietra di Roma nell’area sacra di Sant’Omobono.
4. La Cloaca Maxima, la fognatura più famosa della storia.

XIII – Trastevere

1. La statua di Cecilia e il corpo della Santa di Trastevere rimasto intatto.
2. Il carcere di Regina Coeli e i tre gradini.
3. La Quercia del Tasso al Gianicolo e la campana salvata da Garibaldi.
4. L’Orto Botanico del Gianicolo.
5. Villa Sciarra e la damnatio memoriae di Mussolini.

XIV- Borgo

1. La fontana scomparsa e Sant’Elena.
2. Castel Sant’Angelo e la spada delle esecuzioni.
3. Il Vicolo del Campanile e la Casa di Mastro Titta.  

XV- Esquilino

1. Il tempio di Minerva Medica
2. Il Titulus Crucis nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
3. La Stazione Termini e l’Obelisco spostato.

XVI – Ludovisi

1. Il demonio con la faccia di un Papa nella Chiesa dei Cappuccini a Via Veneto.
2. Villa Ludovisi e il Casino dell’Aurora.
3. Via Veneto e i numeri di Fra’ Pacifico.

XVII – Sallustiano.

1. Villa Paolina, in Via XX Settembre, e le sue magie.
2. La sede del Ministero delle Finanze in Via XX Settembre, il Palazzone delle disgrazie.
3. La Chiesa di Santa Maria della Vittoria e la meraviglia dello scandaloso Ermafrodito.

XVIII – Castro Pretorio.

1. Il trompe-l’oeil del monaco Fercoldo nel chiostro delle Terme di Diocleziano.
2. La meridiana di Santa Maria degli Angeli e il Mezzogiorno a Roma.
3. Le Naiadi di Piazza Esedra che scandalizzarono Roma.

XIX - Celio

1. La Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo a Caracalla e le fasce dell’apostolo Pietro.
2. San Giovanni in Oleo, la memoria dell’apostolo amato da Gesù
3. I grandiosi e nascosti resti del Tempio del Divo Claudio.
4. La Basilica dei Santi Quattro Coronati e le misteriose iscrizioni dei giochi nel Chiostro.
5. L’Arco di Costantino e la divinità senza nome.

XX- Testaccio

1. Il cimitero acattolico e i fantasmi di Keats e di Shelley.
2.  La Piramide Cestia e il sarcofago scomparso. 
3. Il Monte dei cocci, commercio, bagordi e movida.

XXI – San Saba

1. La Fonte di Mercurio e la Casina del Vignola a Piazza di Porta Capena.
2. I graffiti di Porta San Sebastiano, sulla Via Appia.
3. La casina del Cardinal Bessarione.


XXII – Prati

1. La Casa Balla  in Via Oslavia
2. Ponte Cavour e il mito di Mr. Ok
3. Il Palazzaccio di Piazza Cavour e l’incredibile storia di Crepereia e della sua bambola.




QUARTIERI

I. Flaminio
1. Ponte Milvio
2. L’Oratorio di Sant’Andrea a Ponte Milvio e la testa dell’Apostolo Andrea.
3. La casa – museo di Hendrik Christian Andersen e il fantasma di Henry James.


II. Parioli

1. Il Monte Antenne e il ratto delle sabine.
2. Villa Glori e l’Abisso Charlie.
3. La Chiesa dedicata a Roberto Bellarmino, un inquisitore divenuto santo.

III. Pinciano

1. La Madonna dei Palafrenieri, il dipinto maledetto di Caravaggio, nella Galleria Borghese.
2. Le catacombe di San Valentino e gli immensi tunnel sotto la collina dei Monti Parioli.
3. Il misterioso Muro Torto e le tombe dei carbonari.

IV. Salario

1. Villa Albani e la collezione invisibile iniziata dal Padre dell’archeologia.
2. La Casa delle Scuffie di Via Nomentana.
3. La Chiesa di Santa Maria della Mercede e di Sant’Adriano a Viale Regina Margherita.

V. Nomentano

1. Il bunker di Mussolini a Villa Torlonia
2. La scritta del rifugio bellico di Via dei Villini.
3. La Ficulea, l’antica Via Nomentana e la Villa Patrizi distrutta.

VI. Tiburtino

1. San Lorenzo fuori le mura e le spoglie di Santo Stefano il primo martire cristiano.
2. Torpignattara e le spoglie di Elena.
3. Il cimitero del Verano

VII. Prenestino-Labicano

1. Il Pigneto, da set di Pasolini a movida romana.
2.  La colossale Porta Maggiore, oggi sommersa dal traffico e il sepolcro del fornaio Eurisace.
3. La Villa dei Gordiani e la breve epopea dei tre imperatori.

VIII. Tuscolano

1. L’acquedotto Felice e l’oscura Via del Mandrione.
2. La magia di Cinecittà e lo champagne di Cleopatra.
3. La lapide di Via Nuoro e l’Obelisco dedicato da Adriano ad Antinoo.

IX. Appio Latino

1. Le misteriose iscrizioni sui muri delle Catacombe sulla Via Appia Antica.
2. La chiesetta del Domine Quo Vadis lungo la Via Appia e la misteriosa apparizione a Pietro.
3. L’Alberone che ha dato il nome ad un Quartiere. 

X. Ostiense

1. La Via Tecta di San Paolo e il misterioso cimitero delle scarpe
2. La Cappella della Separazione tra Pietro e Paolo sulla Via Ostiense.
3. La Basilica di San Paolo fuori le mura e i tondi con la profezia di Malachia.


XI. Portuense

1. La Villa dei Papi alla Magliana
2. La necropoli di Castel Malnome e il misterioso teschio dell’uomo senza bocca
3. L’Arsenale Pontificio, vicino al Porto di Ripa Grande.

XII. Gianicolense

1. Villa Doria Pamphilj il polmone verde della città.
2. La Basilica di San Pancrazio
3. La Casa di Riposo Vittoria, l’ultimo dei mendicicomi della Capitale.

XIII. Aurelio

1. Monte Ciocci e la Valle dell’Inferno, due toponimi e due storie
2. Porta Cavalleggeri e il tiro di schioppo di Cellini.
3. L’antica Via Aurelia e il fantasma della pimpaccia.

XIV.  Trionfale

1. Il manicomio di Santa Maria della Pietà e i graffiti di NOF4
2. La cappella della Visione a La Storta e l’estasi di Sant’Ignazio.
3. La Tomba di Nerone e il triste presagio sul destino di Napoleone.

XV. Della Vittoria

1. L’obelisco di Mussolini e il cartiglio sepolto nelle fondamenta
2. Monte Mario: una storia di nobili, stelle e ..Ufo.
3. Villa Stuart e il fantasma di Emmeline.

XVII. Trieste

1. I misteri del Quartiere Coppedè.
2. La sedia del diavolo, in piazza Elio Callistio.
3. Le catacombe di Santa Priscilla e il Lupo Mannaro della seconda guerra mondiale.


Ostia

1. Le meraviglie nascoste del Parco dei Ravennati.
2. Le Terme del Sileno, la Spa di Adriano.
3. Il porto antico di Roma, la nave di Augusto affondata e Gregoriopoli, la città fortificata.