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08/05/23

"Il Sol dell'Avvenire" - RECENSIONE - Moretti vive, Nanni non tanto


"Il sol dell'Avvenire" è un ritorno, o meglio un tentativo di ritorno - dopo film piuttosto convenzionali culminati nel brutto "Tre piani" - al Nanni delle origini e della prima maturità (per intenderci, fino ad Aprile compreso).

Moretti celebra il Nanni che fu, con tutti i suoi topos - la coperta patchwork, la fissa sulle scarpe, Battiato, il giro in monopattino (al posto dello scooter), i calci al pallone - ma sarebbe meglio dire che ne celebra le rovine. Perché - come avviene a tutti - anche Moretti è invecchiato, e quel Nanni che fu, non può più essere lui, ma solo una nostalgia di quello.
Detto questo, il film è efficace e ben scritto, ma è opera sostanzialmente di un lavoro a tavolino, con ben tre sceneggiatrici che si sono affiancate a Moretti per scrivere il copione, fin troppo didascalico, dialogato (con dialoghi che appunto sembrano scritti e letti, parola per parola, non naturali), soppesato.
Ciò che manca qui, come mancava molto più drasticamente nei precedenti film a questo - quelli del dopo "Aprile" - è la vera ispirazione, cioè la poesia.
Moretti la tenta, ma non c'è più lo scatto folgorante di Nanni, l'invenzione folle, c'è solo la ripetizione dei già conosciuti cliché, che vanno bene per il suo pubblico, che lo ama da sempre, e che se ne sente consolato e rassicurato (e in fondo anche lui).
Ci sono le strizzate ai francesi, che lo adorano - dal personaggio di Pierre, alla comparsa di Renzo Piano, che ai cugini d'oltralpe ha regalato il Beaubourg. C'è il pieno omaggio a Fellini (vero riferimento di Nanni dai tempi di Ecce Bombo), con un circo dove però nulla è realmente felliniano, ma solo imitazione del felliniano, e con la citazione esplicita del finale di La Dolce Vita e il meraviglioso primo piano finale di Valeria Ciangottini, che è uno dei momenti più felici del Sol dell'Avvenire.
C'è un film nel film - anzi tre - sui fatti d'Ungheria visti dall'Italia, ci sono i soliti Silvio Orlando e Margherita Buy, bravi ma convenzionali (la migliore è di gran lunga Barbora Bobulova). Ci sono i soliti "giovani" che vanno per conto loro, con la figlia improbabilissima innamorata del grande Jerzy Stuhr che fa la parte dell'ambasciatore polacco. Ci sono troppe canzoni che strizzano l'occhio allo spettatore. C'è la sequenza imbarazzante del cast e Moretti che cominciano a roteare per un'ora come i dervisci tourner. C'è l'immancabile crisi matrimoniale di Moretti, uno psicologo da barzelletta, un finale nostalgico girato ai Fori Imperiali (il film non deve essere costato poco) con elefanti veri e corteo dove ricompaiono molte delle figure di attori dei film del vecchio Nanni.
Tutto fatto bene, tutto che scorre (anche se a tratti devo dire purtroppo di essermi anche annoiato), ma senza mai spiccare veramente il volo.
Ci sono almeno un paio di scene molto belle dove per qualche secondo si scorge dietro questo bel vestito compunto, il vero vecchio Nanni: la prima, il piano sequenza al termine della bellissima tirata di Moretti contro la violenza gratuita nei film, ormai dilagante. La macchina da presa lascia sullo sfondo l'orrenda esecuzione con la pistola e Nanni si allontana lentamente sulla musica di Franco Piersanti; la seconda è il monologo "suggerito" da Nanni dal finestrino della macchina a una bravissima giovane attrice - Blu Yoshimi che ho scoperto essere figlia d'arte e sembra un reale talento - che sta lasciando il suo fidanzato.
Insomma, Moretti vive (Nanni no, o poco). Il voto è 6.5. E tutto il bene per Nanni-Moretti resta immutato.

Fabrizio Falconi

11/03/22

E' vero che Robert De Niro finì in carcere in Italia negli anni '80?

 


Alla domanda del titolo, dovremmo rispondere - per scrupolo dei particolari - che no, Robert de Niro non fu propriamente arrestato all'inizio degli anni '80, mentre si trovava a Roma. Però dovremmo aggiungere che in quella giornata il grande attore americano - in compagnia del collega Keith Carradine - si prese certamente uno spavento e che comunque finì recluso per qualche ora in una caserma dei carabinieri, col sospetto, grottesco di appartenere alle Brigate Rosse, in una vicenda che merita comunque di essere raccontata, e della quale restano le sorprendenti foto che vedete sopra e sotto il post. 

Chi li ha vissuti, ricorda quegli anni: giorni di paura e violenza, in tutto il Paese. Dopo il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro, le Brigate Rosse sono in difficoltà: arresti (anche se il super-latitante Mario Moretti è ancora libero) e dissociazioni ne hanno minato la forza militare, ma organizzazioni armate di estrema destra e di estrema sinistra sono ancora assai attive in diverse città italiane e a Roma, ovviamente. 

È in questa angosciosa atmosfera che De Niro, il quale aveva appena girato con Scorsere «Toro scatenato» atterra in Italia per presentare il suo nuovo film. 

Assieme a lui nella capitale c'è anche il collega e amico Keith Carradine. Ospiti in un albergo a Trinità dei Monti, gli attori americani non vogliono rinunciare ad un po' di svago nella «Roma by night», ignari degli insoliti risvolti che riserverà loro la serata. 

A bordo di un'Alfetta due «paparazzi» attendono i divi all'uscita dell'hotel, pronti a pedinarli. È proprio quel veicolo ad insospettire l'autista del taxi che porta De Niro e Carradine in giro per la città. «C'è un'Alfetta che mi segue, mi sembra sospetta» comunica il tassista ad una pattuglia di carabinieri in Piazza del Popolo. 

Quando il taxi riparte, l'auto dei fotografi viene immediatamente bloccata dai militari. «In quel taxi ci sono due terroristi, volevamo fotografarli!» afferma uno dei reporter. A quel punto i carabinieri ripartono a sirene spiegate verso il tassì. Una volta raggiunto il veicolo, De Niro e Carradine vengono prelevati con la forza e perquisiti spalle al muro. 

Nel frattempo sono giunti di corsa anche i fotografi per poter immortalare quella ghiotta situazione. I militari hanno intenzione di chiarire ogni dettaglio e conducono presso la caserma di via In Selci sia gli attori che i paparazzi. Il bizzarro equivoco avrà fine soltanto dopo un'ora di accertamenti. 

E non si sa bene come sia finita: se poi, gli spavaldi (e incoscienti) paparazzi abbiano pagato per lo scherzo procurato ai due divi o, com'è probabile, l'abbiano fatta franca. 




Fonte: Spazio '70

23/10/21

I VENTI Capolavori di Woody Allen - Una collezione da guardare e riguardare

E' davvero incredibile la quantità di film d'alto livello prodotta dal geniale Woody Allen nel corso della sua cinquantennale attività di regista. Qui ho stilato la lista dei 20 capolavori imperdibili, all'interno di una filmografia estremamente feconda.

20 film straordinaria da vedere e rivedere. 

1. BROADWAY DANNY ROSE, 1984


1. Broadway Danny Rose, realizzato nel 1984 in totale bianco e nero, scritto, diretto e interpretato da Woody Allen, con Mia Farrow e Nick Apollo Forte come co-protagonisti.
Una sceneggiatura meravigliosa, senza pause e in crescendo, un centinaio tra battute e gags travolgenti, la storia dell'agente teatrale ed ex comico Danny Rose, talmente fallito che i suoi unici clienti rimasti sono uno xilofonista cieco, un ballerino di tip tap con una gamba sola e un'anziana coppia di strozzapalloni.
La fotografia è del meraviglioso Gordon Willis.
E una fantastica Mia Farrow è Tina Vitale, l'amante dell'italoamericano Lou Canova, ex crooner di un certo successo.
Girato a New York in piena estate.
Rutilante e divertentissimo.

2. OMBRE E NEBBIA, 1991


2. Ombre e Nebbia. Nel 1991 Woody Allen realizza, sempre in un bianco e nero meraviglioso (la fotografia è dell'immenso Carlo di Palma), che sembra venir fuori dalle pellicole di Murnau, un film strano e pieno di genio che racconta di uno strangolatore folle che è in giro di notte in una imprecisata città mitteleuropea, col mite e insignificante impiegato Kleinman (in tedesco: piccolo uomo) che partecipa alla caccia per catturarlo.
Un film che pesca dalla cultura europea a piene mani, da Kafka a Brecht, da Murnau a Kurt Weill, che diverte e inquieta.
Un cast di attori strepitoso che va dalla Farrow a John Malkovich, da Donald Pleasence a Lily Tomlin, da Jodie Foster a Cathy Bates, da Joh Cusak (nella foto) fino addirittura a Madonna Ciccone.

3. AMORE E GUERRA, 1975




3. Amore e Guerra, uno dei film più divertenti in assoluto di Woody Allen: ci si diverte col massimo dell'intelligenza parodiando Guerra e Pace di Tolstoj e il mondo della grande letteratura. Allen e Diane Keaton, all'epoca insieme, sono in stato di grazia e la comicità è quella irresistibile di radici ebraiche, simile nel non-sense e nell'ironia a quella di Mel Brooks. Il film fu tutto girato in Francia e Ungheria ed era la prima volta che Allen usciva dagli USA - lo rifarà solo 21 anni dopo.
Siamo nel 1975.
Ci sono decine e decine di battute e gags fantastiche.
Ma Allen si prepara già a virare verso il suo personalissimo stile d'autore.


4. UN'ALTRA DONNA, 1988



4. Un'altra donna. Nel 1988 Woody Allen realizza un altro grande film su un drammatico script che vede protagonista Marion Post (interpretata dalla grande Gena Rowlands), scrittrice di mezza età che si ritira nel nuovo appartamento per scrivere senza essere disturbata, ma si ritrova però ad ascoltare senza volere attraverso la parete le conversazioni dei clienti dell'adiacente studio psicoterapico; parole che scatenano in Marion ricordi drammatici e un ripensamento generale della propria vita.
Malinconico e a tratti cupo - stavolta le influenze di stile sono tra Bergman e Cassavetes - il film vive delle atmosfere di una magnifica New York invernale fotografata nientemeno che Sven Nykvist.
Il solito supercast contiene oltre a Mia Farrow (realmente incinta del figlio di Allen e di lei, chiamato Satchel, che cambierà il suo nome da grande in Rowan) i giganti Ian Holm e Gene Hackman.

5. INTERIORS, 1975



5. Interiors.  Dopo un inizio di carriera da regista totalmente votata al comico, da Che fai rubi, 1966, a Amore e Guerra, 1975, e dopo il capolavoro di Io e Annie, conclusivo di quel decennio, e già virante verso la commedia sofisticata, Woody Allen stravolge le aspettative del suo pubblico e realizza un film "bergmaniano più di Bergman", prendendo a modello il suo grande mito e trasportandolo in una località della East Coast americana in pieno inverno.
Si toglie dai protagonisti, limitando a girare un film assai rigoroso, quasi teatrale e a tratti gelido, privo di colonna sonora.
La critica lo snobba giudicandolo quasi un plagiatore.
Il pubblico diserta le sale.
Ma i membri dell'Academy lo candidano a ben 5 statuette (non ne vincerà nessuna).
Il dramma è interamente famigliare e quasi claustrofobico con una famiglia che va in pezzi dopo che il padre decide di lasciare la madre e si sposa, davanti alle tre figlie con una donna più giovane e apparentemente assai più volgare.
Rivisto oggi, il film è un Bergman rivisitato con rispetto e personalità da Allen in un bellissimo copione. Splendida la fotografia di Gordon Willis e le scene di Mel Bourne.
Un cast prestigiosissimo con Geraldine Page, Maureen Stapleton, E.G. Marshall, e naturalmente la giovane Diane Keaton.

6. STARDUST MEMORIES, 1980



6. STARDUST MEMORIES, 1980. Il film più maltrattato di Allen e allo stesso tempo il più divisivo: quello cioè che ha spaccato totalmente il pubblico (e la critica) a metà: quelli che lo ritengono il suo peggiore e quelli che lo ritengono il suo capolavoro.
Appartengo da sempre alla seconda categoria.
Utilizzando il canovaccio di Otto e Mezzo e l'ispirazione di Fellini (come ha fatto anche Bob Fosse in All That Jazz, Nanni Moretti in Sogni d'Oro e tanti altri), Allen realizza un film del tutto geniale, dove tutto è vero e finto, sogno e illusione, pretesto e sostanza.
Raccontando di un regista comico di successo - Sandy Bates - in crisi esistenziale, Woody mette in scena la lavorazione di un falso film ermetico che i suoi produttori cercano in tutti i modi di rendere più commerciale.
In Stardust però c'è più di questo: c'è l'esistenzialismo di Allen, la sua attrazione per il paranormale e l'ossessione/rifiuto/attrazione per il sacro o l'oltremondano, il romanticismo, la nobile creatività che rende una vita degna di essere vissuta, il mistero del femminile, il senso irrimediabile del tempo che, passando, schianta e redime.
La fotografia in un meraviglioso bianco e nero è del solito Gordon Willis.
Gli esterni del film sono tutti girati a Coney Island e a Newport.
Charlotte Rampling è affascinante nel ruolo dell'inquieta Dorrie.
Jessica Harper e Marie-Christine Barrault sono le altre icone femminili di Woody/Bates.
Indimenticabile la scena delle mongolfiere e dell'apparizione degli alieni.

7. MANHATTAN, 1979



7. MANHATTAN, 1979. Uno dei capolavori di Woody Allen e il prototipo della commedia sentimentale sofisticata, che nessuno meglio di lui è riuscito a eternizzare.

Con la storia dell'autore televisivo quarantaduenne Isaac Davis e le sue ossessioni e nevrosi con le donne. Ha appena divorziato dalla sua seconda moglie, Jill, che l'ha lasciato per un'altra donna, Connie, e che sta scrivendo un libro su quel matrimonio fallimentare, pieno di riferimenti feroci nei confronti del suo ex marito. Isaac frequenta una ragazza di 17 anni, Tracy (la splendida Mariel Hemingway), mentre il suo migliore amico, Yale, pur essendo sposato con Emily, si è affezionato a un'altra donna, Mary (Diane Keaton), una giornalista divorziata. Isaac la incontra a una mostra fotografica e ne ricava una prima impressione di donna troppo sofisticata, saccente e pedante. Finirà poi per innamorarsene. Ma Mary lo lascerà per tornare da Yale e Isaac tornerà a consolarsi tra le braccia di Tracy nell'ultima memorabile scena del film con uno dei piani sequenza più famosi della storia del cinema.

La romantica fotografia di Gordon Willis, le meravigliose musiche di Gershwin, le battute e lo script di Allen per un film entrato nel cuore di tutti.

8. ZELIG, 1983




8. ZELIG, 1989. Scritto, diretto e interpretato da Allen, Zelig è forse il suo film più geniale in assoluto. Allen parodizza un documentario su un personaggio degli anni venti-trenta inesistente e inventato di sana pianta, ma che dà allo spettatore l'integrale illusione di essere ispirato a fatti realmente accaduti.
La vicenda è ambientata nel 1928 e l'uomo del momento è Leonard Zelig, vittima di una ignota malattia che si manifesta nella trasformazione psicosomatica dei tratti in conseguenza del contesto in cui l'individuo si trova.
Ricoverato in ospedale, Zelig, che in lingua yiddish significa "benedetto", viene seguito da Eudora Fletcher-Mia Farrow, una psichiatra che cerca di scoprire le radici dello strano fenomeno nell'inconscio del paziente.
Un film di virtuosismo inimmaginabile, con la fotografia di Gordon Willis, il montaggio di Susan Morse e gli strabilianti effetti speciali della Greenberg Associates Inc., Computer Opticals, Inc.
Un film talmente geniale nella sua intuizione psicologica e psichiatrica (e religiosa, nel radicamento delle radici ebraiche) che nella accezione di personalità adattivamente camaleontica, di trasformismo identitario dipendente dal contesto ambientale, è stata coniata in psichiatria la Sindrome di Zelig (Zelig Syndrome o Zelig-like Syndrome).


9. RADIO DAYS, 1987


9. RADIO DAYS, 1987 Il più grande atto d'amore che il cinema abbia mai tributato al mezzo della radio e alla sua epopea.
Voce narrante del film, Allen racconta qui le storie della sua gioventù (e della sua famiglia ricostruita come nella foto qui sotto), sebbene non compaia personalmente nella pellicola, ma sia impersonato dal giovane Seth Green, e con esse quello dei gloriosi anni della radio, in America.
È un film tecnicamente perfetto, l'unico fra l'altro che veda recitare insieme le due compagne storiche di Allen: Mia Farrow e Diane Keaton.
Il solito supercast di attori (che per anni erano disposti a autoridursi lo stipendio pur di apparire in un film di Allen) e caratteristi. Oltre a Farrow e Keaton, Danny Aiello, Jeff Daniels, Tony Roberts, Dianne Wiest.
Miracolosa fotografia che restituisce la luce di quegli anni del nostro Carlo Di Palma.
Colonna sonora da urlo.

10.   HARRY A PEZZI, 1997



10. HARRY A PEZZI, 1997 Deconstructing Harry è il ventottesimo film di Woody Allen, girato nel 1997 a New York.
Scritto, diretto e interpretato da Allen fu sacrosantemente candidato al premio Oscar 1998 per la migliore sceneggiatura originale
Racconta le vicende dello scrittore di successo Harry Block che si trova per la prima volta nella sua carriera ad affrontare il "blocco dello scrittore" ed è in piena crisi depressiva.
Allen sceglie genialmente di rappresentare questa condizione psicologica, di depressione e incapacità di autoriconoscimento, utilizzando la tecnica del "fuori fuoco" fotografico.
Criticato da tutti i suoi cari per l'uso spregiudicato che ha fatto nelle sue opere delle loro vite private, Block ha come compagni i personaggi dei suoi racconti, con la realtà che si mescola continuamente alla finzione, in un turbinio virtuosistico (anche nell'utilizzo degli attori) di ricordi e intimità inconfessabili che affiorano durante il viaggio in macchina verso l'università presso la quale Block deve ricevere un riconoscimento alla carriera.
Un film memorabile sui temi delle nevrosi della creazione artistica.
La fotografia è di Carlo di Palma, lo stuolo di attori è mostruoso è va da Billy Crystal a Judy Davis, da Elisabeth Shue a Demi Moore, da Robin Williams a Mariel Hemingway, da Amy Irving a Stanley Tucci a Paul Giamatti.

11. MATCH POINT, 2005


11. MATCH POINT, 2005.  L'ultimo capolavoro di Woody Allen, che risale ormai a 16 anni fa.
Girato a causa delle difficoltà economiche di quel periodo di Allen non a New York, come avrebbe voluto, ma a Londra e con cast interamente inglese (a parte Scarlet Johansson).
Un film tirato e crudele, che racconta la vicenda di Chris, giovane irlandese, bello e sicuro di sé, insegnante di tennis, che ha la possibilità di dare lezioni ai membri della famiglia Hewitt, nobili e ricchi, che sin da subito lo accolgono nel loro giro di amici.
Ne nascono intrighi e delitti che sottopongono allo spettatore questioni morali importanti.
Chris infatti riuscirà a restare impunito per i suoi misfatti grazie a un banale colpo di fortuna, come quello di una pallina da tennis lanciata sulla rete che può cadere da una parte all'altra del campo.
Sceneggiatura perfetta che mette in luce ancora una volta il pessimismo fondamentalista di Allen, che non recita ma resta dietro la macchina da presa.
Il botteghino arrise al film, che fu premiato da grandi incassi in tutto il mondo, fungendo da definitivo trampolino di lancio per la Johansson.
La splendida fotografia è di Remi Adefarasin, anche lui inglese di origini nigeriane.

12. LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO, 1985



12. LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO. Uno dei più geniali film di Allen, la cui sceneggiatura originale fu candidata all'Oscar e vinse il Golden Globe di quell'anno.
Negli anni della grande depressione, Allen immagina che Cecilia, una donna giovane che vive in una cittadina di provincia del New Jersey con un marito dispotico e fannullone, per evadere dalla sua vita monotona e dal deludente matrimonio, dopo aver assistito alla proiezione del film "La rosa purpurea del Cairo", ne rimane talmente affascinata da rivederlo più volte fino al punto che il suo personaggio preferito, Tom Baxter, accortosi dell'assiduità della spettatrice, esce materialmente dallo schermo prendendo vita autonoma nel mondo reale, e propone alla donna di fuggire.
La cosa più geniale del film e che gli attori del film in bianco e nero, si trovano costretti ad aspettare il ritorno del personaggio per poter proseguire con la trama della pellicola, e per passare il tempo con gli attoniti spettatori del cinema, conversano tra loro.
Il film ha pochissimi attori, e la coppia di protagonisti, Mia Farrow e Jeff Daniels è perfetta.
Gordon Willis firma la fotografia (dei due film, quello di Allen e quello "finto" del cinema degli anni '30, che si proietta sullo schermo).

13. HANNAH E LE SUE SORELLE, 1986


13. HANNAH E LE SUE SORELLE, 1986. Uno dei miei film preferiti in assoluto, di Allen. Come sempre, scritto, diretto e anche da lui interpretato.
Le vicende delle tre sorelle: Hannah (Mia Farrow), Lee (Barbara Hershey) e Holly (Diane Wiest) nella New York invernale degli anni 80.
Un film che sembra uscito dalla felice immaginazione di Cechov, shakerato in salsa americana. Leggerezza e malinconia, drammi psicologici e sentimento, ipocondrie e paure, gioie insensate, tradimenti istintivi, giri a vuoto, ritorni a casa.
Il film fu (giustamente) candidato a ben 7 statuette (ne vinse tre, una per Michael Caine, una per Dianne Wiest e una per la sceneggiatura originale di Woody).
Il film ha un cast eccezionale che comprende: Michael Caine, Carrie Fisher, Maureen O'Sullivan (vera madre di Mia Farrow), Lloyd Nolan, Max von Sydow, Julie Kavner, John Turturro, Tony Roberts e Sam Waterston, oltre allo stesso Allen.
La fotografia è del nostro grande Carlo di Palma.
Nel film si vedono anche molti bambini, tra di loro i figli adottivi di Mia Farrow e anche Soon-Yi destinata a diventare la futura moglie di Allen.
Colonna sonora indimenticabile, tra Bach e evergreen.

14. UNA COMMEDIA SEXY IN UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE, 1982



14. UNA COMMEDIA SEXY IN UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE, 1982. Il genio di Allen negli anni '80 era talmente esplosivo, che Woody riuscì perfino a girare contemporaneamente due film, di genere opposto, entrambi capolavori: Zelig e A midnight's summer sex comedy.
In questo caso Allen prese a prestito da Shakespeare il titolo di una sua opera per mettere in scena una commedia di chiaro stampo teatrale interamente ambientata in una villa della campagna inglese e che vede sei soli attori impegnati a scambiarsi donne e battute acide dal principio alla fine.
Ne risulta una divertente e squisita sarabanda, con equivoci, imprevisti e colpi di scena, incorniciata dagli splendidi paesaggi immersi nel verde. Con una sceneggiatura e dialoghi brillanti con tre coppie di diversa età che passano un fine settimana estivo in una casa di campagna del New Jersey, presumibilmente negli anni '20 del XX secolo.
Accanto a Allen, nel ruolo più divertente e Mia Farrow, José Ferrer, Julie Hagerty, Tony Roberts, Mary Steenburgen e Adam Redfield.
La splendida fotografia è di Gordon Willis
Mentre la colonna sonora è interamente affidata a musiche di Mendelssohn

15. PRENDI I SOLDI E SCAPPA, 1969


15. PRENDI I SOLDI E SCAPPA, 1969 - Il capolavoro comico di Woody Allen, che scrisse e diresse - ancora semisconosciuto - nel 1969, nel quale Allen imbastisce un falso documentario che racconta la vita di Virgil Starkwell, un inetto rapinatore di banche. Già qui emerge il genio del trentaquattrenne Allen, con le false interviste e testimonianze e immagini di repertorio che ricostruiscono la vicenda verosimile e comicissima del povero Virgil, cui non ne va bene una.
Il film è una esplosione di gags, trovate, battute fulminanti, divertente fino alle lacrime.
Qualche anno più tardi Allen dichiarò che l'idea di fare un documentario, perfezionata quando girò Zelig molti anni dopo, l'aveva sin dal primo giorno in cui aveva cominciato a fare film.
Si può considerare il primo film diretto da Allen, escludendo l'esperimento di "Che fai, rubi?" di 3 anni, del tutto sperimentale.
E' anche il primo film in cui Allen è doppiato in italiano da Oreste Lionello che sarà per oltre 40 anni la sua voce nel nostro paese.

16. IO E ANNIE, 1977


16. IO E ANNIE, 1977 - Un film diventato un mito per una intera generazione, che ancora si rivede con gran piacere. Fu la consacrazione definitiva di Allen tra i grandi registi e lanciò definitivamente Diane Keaton che vinse l'Oscar per la migliore attrice protagonista.
Altri 3 oscar andarono al miglior film, ad Allen come migliore regista e come autore della migliore sceneggiatura originale.
E' una commedia sofisticata di costume in cui si raccontano con leggerezza e ironia le vicende sentimentali del comico Alvy Singer che si è lasciato con Annie Hall dopo un anno circa di relazione e si ritrova ora a raccontare la storia del loro rapporto, cercando di capire quali suoi problemi sviluppati durante l'infanzia (depressione, nevrosi) possano essere stati complici della fine della storia.
Psicanalisi, sessualità, emotività, paura della morte, timori e gioie dei rapporti di genere: Allen riassunse in questo mirabile film molte delle questioni di quegli anni effervescenti.
Nel film compaiono oltre ai dure protagonisti, Tony Roberts, Carol Kane, il grande Paul Simon, una giovanissima Shelley Duvall e due attori destinati a diventare divi assoluti e all'epoca sconosciuti: Sigourney Weaver e Christopher Walken.

17. SETTEMBRE, 1987



17. SETTEMBRE, 1987- Un altro gioiello di Allen nel suo decennio più produttivo, che fu quello degli anni 80. Una vicenda dai toni fra Bergman e Cechov che si svolge in due giorni esatti con un gruppo di persone che hanno vissuto a lungo in una casa in Vermont, lontana dai rumori e dalla fretta newyorkese.
Gli ultimi due giorni dell'estate che svolgono completamente le vite dei protagonisti.
Un film virtuosistico e quasi teatrale, girato su un unico set, senza alcuna ripresa in esterno con la meravigliosa fotografia di Carlo Di Palma.
Un miracolo di scrittura, e attori straordinari, tra cui il grande Jack Warden e Dianne Wiest.


18. TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL SESSO* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), 1972



18. TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL SESSO* (*MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE), 1972
Pochi sanno che uno dei più noti capolavori comici di Allen è tratto da un vero libro scientifico/divulgativo del sessuologo David Rueben. Non si tratta cioè di finzione documentaristica come avviene in diversi film di Allen.
Nei sette episodi del film, all'epoca rivoluzionario, si ride a crepapelle, con intelligenza e si parla - si parlava per la prima volta, con disinibizione - del sesso, vero pallino di Woody Allen da sempre.
Gags irresistibili, trovate magnifiche, umorismo di matrice yiddish, autoironia formidabile. Lo si rivede sempre con grande
divertimento
, e non solo.
19. CRIMINI E MISFATTI, 1989


19. CRIMINI E MISFATTI, 1989
E' uno dei film più amati dai cinéphiles (e da me) in assoluto della filmografia e di Allen e sebbene non sia stata un successo al box office, è stata candidata a tre Premi Oscar 1990 (Miglior regia, Miglior sceneggiatura e Miglior attore non protagonista a Martin Landau) e al Golden Globe per il miglior film drammatico: ha vinto sette premi internazionali, tra cui il David di Donatello per la migliore sceneggiatura straniera.
Racconta, con piglio dostoevskijano, la vicenda di Judah, noto chirurgo oculista e filantropo, che tradisce da anni la moglie Miriam per l'ex hostess Dolores. Quest'ultima, innamorata del medico e sull'orlo d'una crisi di nervi, è ossessionata a tal punto da quella situazione senza sbocco, da volersi rivelare alla moglie tradita, arrivando a scriverle una lettera che Judah riesce casualmente a distruggere prima che giunga a destinazione. Dolores è però anche pronta a rivelare alcuni traffici finanziari non leciti di Judah e continua a incalzarlo. Così Judah, per non rovinare la sua ottima reputazione, e ormai stanco di tenere in piedi quella doppia vita, si vede costretto a rivolgersi a suo fratello Jack, criminale incallito e senza scrupoli, che la fa uccidere da un sicario. Judah entra così in una profonda crisi di coscienza da cui esce a fatica.
Una sceneggiatura fenomenale che spinge lo spettatore a porsi domande cruciali sul senso del male e del bene, sulla coscienza e i diritti, sulla ipocrisia del buon vivere e sull'autenticità dei sentimenti.
La fotografia è del grande Sven Nykvist.
Il cast è formidabile: Martin Landau è l'ambiguo Judah; vicino a lui Caroline Aaron, Alan Alda, lo stesso Woody Allen, Claire Bloom, Mia Farrow, Anjelica Huston, Sam Waterston


20. IL DITTATORE DELLO STATO LIBERO DI BANANAS, 1971


20. IL DITTATORE DELLO STATO LIBERO DI BANANAS, 1971 - Un altro dei capolavori comici di Woody Allen, che nella versione originale si intitola semplicemente "Bananas".
Fu il suo terzo film, sempre scritto con la complicità di Mickey Rose battutista sceneggiatore e amico d'infanzia di Woody.
E' una specie di geniale rivisitazione moderna del Grande Dittatore di Charlie Chaplin, con la storia di uno studente universitario che per far colpo su una ragazza finisce in un piccolo paese dell'America Latina deciso a sposare la causa dei ribelli capeggiati da Emilio Molina Vargas e rovesciare il dittatore Arroyo, dopo essere diventato l'involontario "eroe della rivoluzione".
E' il film più vicino alla comicità folle e demenziale dei fratelli Marx, da sempre ispiratori del genio alleniano. Racconta anche un'epoca, quella dei primissimi anni '70, piena di aspirazioni ideali e sociali.


Fabrizio Falconi - ottobre 2021

26/03/21

Anniversario di Dante: Come morì esattamente l'Alighieri e cosa successe ai suoi resti mortali ?



La morte di Dante di Eugenio Moretti Larese


Giunto a Ravenna nel 1318 quando aveva 53 anni, gli ultimi 3 anni di vita di Dante Alighieri trascorsero relativamente tranquilli. Il poeta creò un cenacolo letterario frequentato dai figli Pietro e Jacopo e da alcuni giovani letterati locali, tra i quali Pieraccio Tedaldi e Giovanni Quirini. 

Per conto del signore di Ravenna Guido Novello da Polenta, svolse occasionali ambascerie politiche, come quella che lo condusse a Venezia. 

All'epoca, la città lagunare era in attrito con Guido Novello a causa di attacchi continui alle sue navi da parte delle galee ravennate e il doge, infuriato, si alleò con Forlì per muovere guerra a Guido Novello; questi, ben sapendo di non disporre dei mezzi necessari per fronteggiare tale invasione, chiese a Dante di intercedere per lui davanti al Senato veneziano. 

L'ambasceria di Dante sortì un buon effetto per la sicurezza di Ravenna, ma fu fatale al poeta che, di ritorno dalla città lagunare, contrasse la malaria mentre passava dalle paludose Valli di Comacchio. 

Le febbri portarono velocemente il poeta cinquantaseienne alla morte, che avvenne a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. 

I funerali, in pompa magna, furono officiati nella chiesa di San Pier Maggiore (oggi San Francesco) a Ravenna, alla presenza delle massime autorità cittadine e dei figli. 

La morte improvvisa di Dante suscitò ampio rammarico nel mondo letterario. 

Dante trovò inizialmente sepoltura in un'urna di marmo posta nella chiesa ove si tennero i funerali. Quando la città di Ravenna passò poi sotto il controllo della Serenissima, il podestà Bernardo Bembo (padre del ben più celebre Pietro) ordinò all'architetto Pietro Lombardi, nel 1483, di realizzare un grande monumento che ornasse la tomba del poeta. 

Ritornata la città, al principio del XVI secolo, agli Stati della Chiesa, i legati pontifici trascurarono le sorti della tomba di Dante, la quale cadde presto in rovina. 

Fu il cardinale legato Luigi Valenti Gonzaga secoli dopo, a incaricare l'architetto Camillo Morigia, nel 1780, di progettare il tempietto neoclassico tuttora visibile. 

I resti mortali di Dante furono oggetto di diatribe tra i ravennati e i fiorentini già dopo qualche decennio la sua morte, quando l'autore della Commedia fu "riscoperto" dai suoi concittadini grazie alla propaganda operata da Boccaccio.  Se i fiorentini rivendicavano le spoglie in quanto concittadini dello scomparso (già nel 1429 il Comune richiese ai Da Polenta la restituzione dei resti), i ravennati volevano che rimanessero nel luogo dove il poeta morì, ritenendo che i fiorentini non si meritassero i resti di un uomo che avevano dispregiato in vita. 

Per sottrarre i resti del poeta a un possibile trafugamento da parte di Firenze (rischio divenuto concreto sotto i papi medicei Leone X e Clemente VII), i frati francescani tolsero le ossa dal sepolcro realizzato da Pietro Lombardi, nascondendole in un luogo segreto e rendendo poi, di fatto, il monumento del Morigia un cenotafio. 

Quando nel 1810 Napoleone ordinò la soppressione degli ordini religiosi, i frati, che di generazione in generazione si erano tramandati il luogo ove si trovavano i resti, decisero di nasconderle in una porta murata dell'attiguo oratorio del quadrarco di Braccioforte.

Le spoglie rimasero in quel luogo fino al 1865, allorché un muratore, intento a restaurare il convento in occasione del VI centenario della nascita del poeta, scoprì casualmente sotto una porta murata una piccola cassetta di legno, recante delle iscrizioni in latino a firma di un certo frate Antonio Santi (1677) le quali riportavano che nella scatola erano contenute le ossa di Dante. 

Effettivamente, all'interno della cassetta fu ritrovato uno scheletro pressoché integro; si provvide allora a riaprire l'urna nel tempietto del Morigia, che fu trovata vuota, fatte salve tre falangi, che risultarono combaciare con i resti rinvenuti sotto la porta murata, certificandone l'effettiva autenticità. 

La salma fu ricomposta, esposta per qualche mese in un'urna di cristallo e quindi ritumulata all'interno del tempietto del Morigia, in una cassa di noce protetta da un cofano di piombo. 

Nel sepolcro di Dante, sotto un piccolo altare si trova la celebre epigrafe in versi latini dettati da Bernardo da Canaccio per volere di Guido Novello, ma incisi soltanto nel 1357 che in italiano possono essere tradotti così: 

I diritti della monarchia, gli dei superni e la palude del Flegetonte visitando cantai finché volle il destino. Poiché però l'anima andò ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sta racchiuso Dante, esule dalla patria terra, che generò Firenze, madre di poco amore.


17/10/20

Nanni Moretti: Il ritorno di "Caro Diario" 27 anni dopo è già un grandissimo successo



Nanni Moretti concede il bis: A grande richiesta ci saranno repliche straordinarie dei diari di Caro Diario, il film miglior regia a Cannes nel '94, restaurato dalla Cineteca di Bologna recentemente e ridistribuito in sala. 

Dopo il tour in alcune citta' italiane e il tutto esaurito previsto a Roma il 18 e 19 ottobre, Nanni Moretti leggera' i diari di Caro Diario nel suo cinema Nuovo Sacher anche martedi' 20 e mercoledi' 21 ottobre alle ore 20.30.

Seguira' la proiezione del film restaurato. 

Caro Diario e' ormai un classico: diviso in tre capitoli autonomi e complementari (In vespa, Isole e Medici)

Per Moretti e' un punto di svolta: dopo la crisi ideologica di Palombella rossa, il "leone di Monteverde" abbandona il suo alter ego Michele Apicella e porta sullo schermo se stesso, senza filtri, dalle gite in vespa nella Roma agostana deserta fino alla sua, reale, malattia

Un'autobiografia profondamente collettiva, dove le ossessioni personali del regista - il passato, le case, il ballo, i (cattivi) critici - si fondono con quelle di un paese intero, incapace di ricordare, di comunicare, di ascoltare, di capire. 

Divertentissimo, colmo di indimenticabili tormentoni morettiani, ma capace anche di momenti di autentica commozione (la lunga scena del pellegrinaggio verso il luogo dove mori' Pasolini). 

11/11/19

Alla libreria Rinascita 2.0 Corso di scrittura creativa con Manuela Maddamma


Manuela Maddamma terrà un corso di scrittura creativa Libreria Rinascita 2.0 da febbraio a marzo 2020, che avrà per titolo:

“IL MESTIERE DI VIVERE, IL MESTIERE DI SCRIVERE”

Nella prima parte del corso ci si interrogherà innanzitutto sul senso della scrittura, nel tentativo di rispondere alle domanda: “Perché si scrive?”.
SI SCRIVE PER GUARIRE:
si prenderanno in esame il caso, riuscito, di Giuseppe Berto, Il male oscuro (con note anche stilistiche);
i casi, non riusciti, di Guido Morselli (Dissipatio H.G. e Un dramma borghese e Cesare Pavese, Il mestiere di vivere e Il carcere.
SI SCRIVE PER RIFLETTERE SULLA PROPRIA VITA (AUTOBIOGRAFISMO):
si prenderanno in esame i casi di Sibilla Aleramo, Una donna; accenno a Flaubert (Bovary) e a Kurt Cobain (autobiografismo più letterale).
Analisi del Salinger sui Pescibanana (con note stilistiche).
SI SCRIVE PER COMBATTERE SITUAZIONI FAMILIARI OSTILI: QUANDO LE PERSONE PIÙ CARE SONO LE PIU PERICOLOSE: Sylvia Plath (Campana di vetro, Tulipani, Inseguimento) e Amelia Rosselli (con voce).

ESERCIZI

Abbiamo parlato di Famiglia, dunque ragioneremo sui sentimenti:
COME DESCRIVERE I SENTIMENTI: ascolto di Nanni Moretti che legge 2 Sillabari di Parise (Famiglia, Mare).

ESERCIZIO

SPIEGARE COME ANCHE COME NEL BREVE SPAZIO DI UN RACCONTO IL PROTAGONISTA PUÒ E DEVE MUTARE: lettura di Carver Cattedrale e Granchi di Murakami Haruki

ESERCIZIO

TECNICHE DI SCRITTURA: COME SI SCRIVE UN ROMANZO: IMPIANTO, SCHEMA, SUGGERIMENTI, INCIPIT E CHIUSA, DESCRIZIONI (esempi), DIALOGHI

ESERCIZIO su La Voce Umana di Cocteau.

Nella seconda parte del corso si estenderà il campo e ci si interrogherà innanzitutto sul senso dell’opera d’arte, nel tentativo di rispondere alle domanda: “Può l’arte guarire dalla malattia mentale?”. Si esaminaranno e commenteranno i casi di Van Gogh, Edvard Munch, Bacon, Rothko, Louise Bourgeois.

IL CORSO VERRA' PRESENTATO DOMENICA 1 DICEMBRE ALLE ORE 17 SEMPRE PRESSO LA LIBRERIA RINASCITA 2.0

Manuela Maddamma ha studiato filosofia e storia delle dottrine esoteriche e mistiche nell'Europa moderna e contemporanea a Parigi. Ha curato un'edizione integrale del De umbris idearum (Mimesis 1999) e una traduzione in italiano contemporaneo del De l'infinito, universo e mondi di Giordano Bruno (Venexia 2013). Nel 2005 esce il romanzo Lascia che guardi per Fazi Editore. Ha scritto sul Foglio per diversi anni e nel 2009 ha pubblicato Anime estreme (Vallecchi editore). Vive e lavora a Roma come editor e traduttrice dal francese. Insegna "Scrittura creativa" presso l'Istituto Ricerche di Gruppo di Lugano.

Per info e prenotazioni:
💻 info@rinascita20.it
📲 324.9943634