Visualizzazione post con etichetta storia di roma. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta storia di roma. Mostra tutti i post

16/10/18

Vicino Terni affiora lo scheletro di una bambina con un sasso nella bocca: è la prova che fu la malaria a fermare Attila ?



Nuove conferme alla tesi degli archeologi della presenza della malaria che, nella meta' del V secolo d.C., infesto' l'area dove oggi sorge Lugnano in Teverina, fermando l'avanzata di Attila: dal sito archeologico di Poggio Gramignano e' emersa infatti una tomba con i resti di una bambina di dieci anni, con la bocca aperta e una pietra collocata all'interno della cavita' orale, pietra che ricondurrebbe ad un rito legato presumibilmente all'epidemia della malattia. 

Il rinvenimento e' avvenuto durante la campagna di scavi nello scorso luglio ad opera di un'equipe di archeologi statunitensi guidata da David Soren, dell'universita' dell'Arizona, che per primo scopri' la necropoli dei bambini. 

Le operazioni sono state condotte da ricercatori della Yale e della Stanford University, in collaborazione con la Soprintendenza archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria e il Comune di Lugnano in Teverina. 

La scoperta si riallaccia alla tesi secondo la quale Attila, durante la sua campagna di conquista verso Roma, desistette nell'avanzare dopo essersi imbattuto proprio nella presenza della malaria. 

"Questa scoperta - afferma una nota del Comune - sta suscitando molto interesse a livello internazionale sia dal punto di vista scientifico che da quello mediatico. Non possiamo quindi che ritenerci soddisfatti per i risultati ottenuti e che daranno sicuramente piu' visibilita' al nostro sito archeologico proprio mentre ci apprestiamo a portare a termine il progetto di copertura dell'area di Poggio Gramignano che, grazie ai finanziamenti delle Aree Interne, verra' reso fruibile ai turisti". 

A Poggio Gramignano gli archeologi scavano da tre anni sui resti di un'antica villa di epoca romana, riportata alla luce proprio dall'universita' dell'Arizona dal 1988 al 1993. 

Alcuni ambienti furono riutilizzati alla meta' del V secolo d.C. come cimitero di bambini

11/05/18

Una Mostra al Museo della Memoria di Roma per ricordare il Bombardamento di San Lorenzo del 1943.



Il museo della Memoria e della Storia di Roma ricorda in una mostra il bombardamento del 19 luglio 1943. 

Cinquecentonovantuno bombardieri sganciarono mille tonnellate di esplosivo ad alto potenziale sul quartiere di San Lorenzo, sul Prenestino, sull'area del cimitero del Verano, sulla Citta' Universitaria e zone limitrofe. 

Il 13 Agosto un secondo bombardamento continuo' l'opera di devastazione

I morti furono circa 3000, moltissimi i feriti.

Oggi San Lorenzo e' uno dei quartieri piu' vivaci della movida animata dai giovani. A 75 anni di distanza le conseguenze dei bombardamenti, ancora in parte visibili, sono segni evidenti per chi conosce o ha vissuto quei tragici accadimenti, ma illeggibili per chi frequenti le sue strade e i suoi locali senza conoscerne la storia.

'1943 - 2018 Memoria e spazio pubblico. 12 progetti per ricordare il bombardamento di San Lorenzo', visibile dall'11 al 16 maggio 2018 alla Casa della Memoria e della Storia, ha come obiettivo tenere vivo il ricordo di questi tragici avvenimenti, grazie alla sperimentazione di nuove modalita' di comunicazione.

La mostra raccoglie il lavoro di ricerca e progettazione realizzato dagli studenti dell'atelier di Exhibit Design, tenuto dai professori Cecilia Cecchini e Maurizio Di Puolo nell'ambito della laurea magistrale in Design, Comunicazione Visiva e Multimediale della facolta' di Architettura della Sapienza universita' di Roma.

Gli studenti hanno progettato - con un approccio interdisciplinare che coinvolge comunicazione multimediale, architettura e grafica - un memoriale diffuso per San Lorenzo, in grado di superare la retorica dei tanti monumenti ai caduti.

Nei progetti presentati, i molti palazzi dall'inspiegabile profilo mutilato, sedi oggi di affollati ristoranti e pub, acquistano un nuovo senso; la realizzazione di piccole architetture del ricordo, la mappatura interattiva degli edifici distrutti accessibile con up dedicate, l'inserimento di postazioni multimediali che forniscono informazioni mirate, le testimonianze dei sopravvissuti raccolte in appositi siti web, danno nel loro insieme una modalita' nuova di lettura di quei luoghi restituendone la Storia.

 La scritta 'Eredita' del Fascismo', che comparve su un muro del quartiere San Lorenzo in quei giorni, e' ormai scomparsa, ma affinche' l'oggi non sia incosciente di quel che e' stato ieri sono necessari nuovi, puntuali e potentiprogetti di comunicazione. 

 I progetti in mostra realizzati dagli studenti e i filmati che li accompagnano forniscono una chiave di lettura coinvolgente delle tracce di quegli accadimenti facendone l'occasione per raccontare la Storia e propongonouna modalita' di fruizione dello spazio pubblico all'insegna della conoscenza, della condivisione e della valorizzazione dei luoghi.Un evento collaterale alla mostra e' la presentazione, martedi' 15 Maggio alle 17, di Caratteri clandestini.

 La tipografia nella resistenza italiana, il volume di Andrea Vendetti in uscita per ETS Edizioni, che nasce dallo sviluppo della tesi di laurea in Disegno Industriale, relatore Cecilia Cecchini. Il testo approfondisce lo studio delle tipografie attive in Italia durante la Resistenza e della grafica della stampa clandestina. La mostra e' a cura di Cecilia Cecchini e Maurizio Di Puolo per il Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell'Architettura della Facolta' di Architettura - Sapienza Universita' di Roma, promossa da Roma Capitale - assessorato alla Crescita culturale - Dipartimento Attivita' Culturali in collaborazione con Ze'tema Progetto Cultura.

Fonte Lapresse

09/05/18

"Rome by night": tre bellissime conversazioni/evento da non perdere.



Il Michelangelo e il suo Mosè, Trinità dei Monti e la sua scalinata, La Fontana di Trevi e il suo convento: tre bellissime conversazioni per chi ama Roma e la sua storia unica. Riporto qui la locandina con il calendario degli eventi.



27/02/18

La Fontana del Babuino - Uno dei "must" di Roma.



E' stata per diversi secoli una delle sei statue parlanti di Roma e per molto tempo le "babuinate" hanno fatto concorrenza alle "pasquinate" nella tradizione della vita cittadina. 

La celebre fontana romana risale al 1576, quando Papa Gregorio XIII la fece erigere davanti palazzo Cerasi (al civico 51 di Via del Babuino), come semplice mostra dell'Acqua Vergine, collocandovi come ornamento un antico reperto romano, di origine ignota, che subito la vox populi romana ribattezzò - per la sua bruttezza e per la posa semisdraiata - "Babuino".

Il soprannome ebbe così fortuna che addirittura valse il nuovo nome alla Via dove era stata posta, uno dei tre assi che partivano dalla Piazza del Popolo e dalla Porta Flaminia, esistente già in età romana, e che era stata chiamata prima Via Clementina (in onore di papa Clemente VII che l'aveva fatta sterrare e riordinare per l'anno giubilare del 1525) e poi Via Paolina Trifaria (in onore del Papa Paolo III) che dopo il Sacco di Roma, l'aveva fatta restaurare. 

Indagini sulla statua hanno permesso di stabilire che si tratta di due pezzi distinti: il corpo, in tufo, di provenienza ignota, e la testa di sileno, che è invece in travertino. I due pezzi insieme rappresentano forse l'immagine di un Ercole sdraiato a banchetto, anche se per molto tempo fu creduta una riproduzione di San Gerolamo, sofferente per la vecchiaia. 

La collocazione attuale, accanto alla chiesa di Sant'Atanasio dei Greci, è piuttosto recente: risale infatti al 1957, quando fu trasportata dal cortile di Palazzo Boncompagni dove era finita nel 1877 durante i lavori di risistemazione dei marciapiedi e della sede stradale della Via del Babuino. In quella occasione statua e vasca della fontana erano state separate: la vasca era infatti finita ad adornare la facciata del Palazzo Borromeo sulla Via Flaminia. 

Da più di cinquant'anni però, la fontana ha ritrovato il suo aspetto originario. Suscitando la curiosità dei turisti anche per la colorazione bizzarra che spesso assume il corpo del Babuino a causa della formazione di piccole alghe in alcuni periodi sul tufo con cui è modellato. 

Fabrizio Falconi
riproduzione riservata - 2018.


06/02/18

Quando il Colosseo era un Chiesa. Una straordinaria foto dell'Ottocento.




In rarissime foto d'epoca, il Colosseo, il monumento di Roma più  celebrato, appare davvero in una veste insolita. 

Si tratta di scatti compiuti prima del 1874, quando il comune di Roma dispose la rimozione della Croce al centro dell'arena (ricoperta di terra chiara) e delle dodici edicole marmoree della Via Crucis disposte in tondo.

L'arena dei Gladiatori era dunque divenuta anch'essa un tempio cristiano, una chiesa ? Sì, e lo era da più di un secolo. 

Era stato infatti Papa Benedetto XIV, nel 1749, a disporre la Croce e le edicole, in memoria dei martiri cristiani trucidati nell'Arena eretta dall'imperatore Flavio Vespasiano. 

Bisogna ricordare che all'epoca l'enorme monumento non era protetto da alcuna cancellata e i viaggiatori del Grand Tour, ma anche i romani potevano accedervi sia di giorno che di notte. 

Perlopiù, intorno al Colosseo c'erano campi aperti, colmi di rovine, che ospitavano greggi e bestiame di passaggio. 

Questa foto fu realizzata nell'arena deserta, in pieno giorno, presumibilmente nel 1871, quando i giardinieri del comune avevano ripulito il Colosseo dalle erbacce, dai cespugli e dagli arbusti cresciuti selvaggiamente tra le antiche mura. 

Tre anni dopo, la croce e le edicole sarebbero state per sempre rimosse. E sarebbe finito il periodo della trasformazione dell'Arena in tempio cristiano: una delle tante fasi vissute da questo nobile monumento che ha attraversato i secoli come un'Arca del Tempo. 

Fabrizio Falconi
2018 - riproduzione riservata

12/10/17

"Di qui passò..." La storia di Roma attraverso le sue preziose epigrafi.



Esce per i tipi di Iacobelli Editore, un volume molto interessante per gli appassionati di Roma e della storia della città. 

«Al piano terra di questo edificio il 18 gennaio 1945 Roberto Rossellini cominciava le riprese di Roma città aperta il film che segnò l’inizio del neorealismo», «In questo palazzo Renato Guttuso visse e dipinse», sono queste soltanto due delle tante epigrafi che riempiono i muri di Roma; 

centinaia di storie che raccontano la città attraverso il passaggio di scrittori, filosofi, scultori, architetti, pittori, incisori, orafi, scienziati, teologi, attori, registi, musicisti, poeti, politici, religiosi, santi, eroi delle più svariate nazionalità insieme a quelle di sconosciuti cittadini che per un attimo hanno scritto la Storia. 

In questo volume, un modo singolare di raccontare lo splendore di una città attraverso oltre 300 epigrafi.

Fabrizio de Prophetis nato a Marino nel 1938, vive a Roma dal 1943. Tra le sue pubblicazioni: Il tram in Italia in Europa e nel mondo, Officina edizioni; Di testa mia, Ed.Tip. Detti;
La storia attraverso strade, trasporti (municipio XVII), Ed. Tip. Detti; Parliamone (epigrafi di Castelli Teramo), Ed. L’Eco di San Gabriele.

Fabrizio de Prophetis Di qui passò…

Itinerari attraverso le epigrafi di Roma

Collana Guide, pagine 320, euro 16,00

Iacobelli Editore, Roma 2017




25/07/17

Raffaello esoterico. La tomba provvisoriamente scomparsa e poi ritrovata al Pantheon.



L’ordine iniziatico dei Fedeli d’Amore anche se ufficialmente scomparso, è secondo alcuni ancora vivo, in Occidente anche ai nostri giorni. Quel che è certo è che esso ha origini antichissime. Uno dei suoi presunti padri è il notaio e poeta Francesco da Barberino, nato nel 1264 nella omonima località in Val d’Elsa, autore di un’opera capitale della primissima letteratura italiana, I documenti d’amore, composti tra il 1309 e il 1313.

L’Ordine si ispirava ad una disciplina dell’Arcano e composto da sette diversi gradi iniziatici: le donne cantate dagli adepti di questo ordine segreto traevano origine da un unico modello di donna simbolica, una donna trascendente, una Madonna intelligente nella quale si ritrovavano anche diversi elementi della simbologia orientale.

Questo Ordine così come altri simili, intendeva il Cristianesimo come una via iniziatica (accessibile a pochi), in grado di compiere trasmutazioni personali evolutive delle basi di conoscenze individuali.

Dell’Ordine si riteneva – e si ritiene anche oggi, non senza polemiche – facessero parte molti dei più grandi intellettuali dell’epoca, come Cecco d’Ascoli, poeta e scienziato, condannato al rogo, Guido Cavalcanti, Raffaello Sanzio e perfino Dante Alighieri, oltre a Boccaccio e Petrarca.

Raffaello è stato secondo alcuni, colui che meglio di altri, incarnò con la sua arte l’ideale supremo di bellezza e armonia (estetica ed interiore) che nel Rinascimento trovò sua piena compiutezza e che i Fedeli d’Amore inseguivano come scopo realizzativo.

Una lunga tradizione legava la radice esoterica di questo Ordine all’esoterismo esseno di matrice gnostica, che a sua volta si riteneva proveniente dalla più solida tradizione egizia.

Del fatto che Raffaello fosse un iniziato, ci si ricordò nella prima metà dell’Ottocento, quando si decise di rintracciare la tomba del grande pittore che la tradizione voleva sepolto nel Pantheon.


In effetti dopo la morte avvenuta nel giorno di Venerdì Santo (circostanza quanto mai profetica), il 6 aprile del 1520, a soli trentasette anni di età, che aveva profondamente rattristato l’intera corte papale (il pontefice era Leone X), Raffaello era stato sepolto, secondo le sue espresse volontà, nel Pantheon, il monumento esoterico romano per eccellenza, ponte di collegamento tra la terra e il cielo, gigantesco astrolabio in pietra, di perfezione sublime, massima espressione dell’armonia umana e divina.

L’umanista Pietro Bembo, amico personale di Raffaello, aveva composto il celebre epitaffio: Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci/ rerum magna parens et moriente mori, anch’esso di sapore esplicitamente esoterico: qui giace quel Raffaello, dal quale, lui vivo, la gran madre di tutte le cose, ovvero la Natura temette di essere vinta e quando morì, temette di morire con lui.

All’inizio dell’Ottocento, autorevoli studiosi misero in dubbio che le cose fossero andate veramente così e che la tomba di Raffaello si trovasse davvero al Pantheon. 

Si avanzò cioè il sospetto che si trattasse di una leggenda originata dagli stessi confratelli del divino urbinate, i quali desideravano legare per sempre il suo nome a quello del Pantheon, e che invece le sue spoglie si trovassero conservate nella poco distante Basilica di Santa Maria Sopra Minerva.

Si decise dunque di effettuare degli scavi per ritrovare il prezioso sarcofago, ma i primi saggi di ricerca, compiuti il 9 di settembre del 1833, sotto il pontificato di Gregorio XVI non diedero risultati, rafforzando l’ipotesi del complotto.


Ma quando le pale furono spostate in un’altra direzione, quasi subito si imbatterono nella cassa d’abete dove, senza alcun dubbio, era stato deposto il corpo di Raffaello.

Si procedette allora al recupero delle ossa e ad una nuova inumazione in un’urna di marmo, la quale fu collocate dietro l’altare della Madonna del Sasso, nello stesso luogo dove i resti erano stati ritrovati per tre secoli.


E ancora oggi il sepolcro di Raffaello costituisce un’altra delle attrattive della visita al Pantheon, con il sarcofago conservato dietro una teca di vetro, con il distico di Bembo iscritto sul bordo superiore,  e due colombe in bronzo che sembrano baciarsi in volo, a suggello della perfezione quasi divina che il pittore seppe rappresentare con la sua opera.



29/06/17

Tornano in Libreria i "Misteri dei Rioni e dei Quartieri di Roma" in edizione tascabile.




Torna in libreria, dalla seconda metà di luglio, Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, che ho scritto per l'editore Newton Compton nel 2013, e che era ormai esaurito. 

Si tratta di un volume (416 pagine) che racconta storie poco conosciute su molti luoghi di Roma, frutto del lavoro personale di ricerca degli ultimi anni (parte di questo materiale è il frutto degli articoli pubblicati nel tempo su questo e su altri blog). 

Qui sotto trovate l'indice completo dei luoghi che ho trattato nel libro, nella divisione per gli antichi ventidue rioni di Roma e dei quartieri periferici. 


I – Monti

1. Il sacello della Papessa Giovanna
2. L’antichissimo ritratto del Salvatore nel mosaico della Basilica di San Giovanni in Laterano.
3. Villa Aldobrandini, la Villa nascosta e il dipinto più bello del mondo
4. Il Quadrato Magico e il palindromo nei sotterranei di Santa Maria Maggiore.
5. L’immagine acheropita conservata nel Sancta Sanctorum della Scala Santa al Laterano e il Velo di Camulia.
6. La Torre delle Milizie, la più alta di Roma.
7. La Chiesa dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, e i Papi morti di morte violenta.

II- Trevi

1. La testa di San Giovanni Battista nella chiesa di San Silvestro in Capite in Piazza San Lorenzo.
2. La strana storia del Vicolo Scannabecchi
3. Il palazzo Mengarini al Quirinale e la leggenda dell’avvocato Agnelli
4. La  basilica dei Santi Apostoli, le reliquie di Filippo e Giacomo, le più sicure della cristianità.
5. L’Asso di coppe nella Fontana di Trevi.
6. Il palazzo Maccarani – Brazzà, dove nacque il più grande esploratore italiano.
7. Palazzo Barberini e il prodigio del sole nell’uovo.



III – Colonna

1. I resti della grandiosa Meridiana di Augusto nelle cantine dei palazzi di San Lorenzo in Lucina.
2. Il Vicolo della Spada d’Orlando.
3. Via Capo le Case e la dimora romana di Teresa di Lisieux.


IV – Campo Marzio

1. Via Margutta, Novella Parigini e il Segno del Comando.
2. La Cappella Chigi nella Basilica di Santa Maria del Popolo, Dan Brown e la setta degli Illuminati a Roma. 
3. Piazza di Spagna, il malocchio e il fischio del Mosè.

V- Ponte

1. Il trofeo del Teatro Apollo sul Lungotevere, oggi scomparso, il primo teatro pubblico di Roma e il genio stravagante di Cristina di Svezia.
2. La Casa di Fiammetta e le tombe delle prostitute.
3. Via Giulia, l’Arco dei Farnese e il prodigio della mula che partorì.
4. La Basilica di Sant’Apollinare e la misteriosa sepoltura di Renatino, il boss della Banda della Magliana.

VI – Parione

1. Il monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori.
2. La Tomba di Laudomia, figlia di Brancaleone, nella chiesa di San Pantaleo.
3. La  Piazza del Biscione, il Teatro di Pompeo e le mummie spaventose di Roma.

VII – Regola

1. La magica prospettiva di Borromini e il piano nobile di Palazzo Spada.
2. Il Ponte Garibaldi
3. Il Palazzo del Monte di Pietà e l’orologio dalle ore matte.


VIII – Sant’Eustachio

1.La chiesa di Sant’Eustachio e il patrizio romano che diede il nome ad un intero rione.
2. Il prodigio architettonico di Sant’Ivo alla Sapienza e il genio irrequieto di Borromini
3. La Buca dei Malati di Via delle Coppelle e la più antica iscrizione in lingua latina.

IX – Pigna

1. Le chiese del Gesù e di Sant’Ignazio e la tomba di Kircher sparita
2. Largo Argentina, la Curia di Pompeo, il luogo esatto dove fu assassinato Giulio Cesare.
3. Il pulcino della Minerva, un condensato di sapienza ed esoterismo.
4. La Chiesa di San Marco Evangelista al Campidoglio e il Vangelo scritto a Roma.

X-Campitelli

1. La chiesa di Santa Francesca Romana e l’impronta del ginocchio di San Pietro.
2. La casa di Michelangelo a Macel de’ Corvi (oggi Piazza Venezia)
3. Il simbolo di Roma: la Lupa dei Musei Capitolini, forse un falso medievale.
4. Il misterioso Lupercale, forse ritrovato.
5. La statua parlante di Madama Lucrezia in Piazza Venezia.
6. Il bambinello miracolo dell’Aracoeli, un furto senza colpevoli. 
7. L’orologio di Roma, sul campanile del Palazzo Senatorio al Campidoglio.

XI- Sant’Angelo
1. I misteri della Fontana delle tartarughe di Piazza Mattei.
2.La casa di Lorenzo Manilio
3. Il Portico d’Ottavia e il fantasma.

XII – Ripa

1.  Il roseto comunale e le migliaia di tombe nascoste del cimitero ebraico.
2.  La Bocca della Verità e la mirabile leggenda della scaltra donna.
3. Il più antico tempio in pietra di Roma nell’area sacra di Sant’Omobono.
4. La Cloaca Maxima, la fognatura più famosa della storia.

XIII – Trastevere

1. La statua di Cecilia e il corpo della Santa di Trastevere rimasto intatto.
2. Il carcere di Regina Coeli e i tre gradini.
3. La Quercia del Tasso al Gianicolo e la campana salvata da Garibaldi.
4. L’Orto Botanico del Gianicolo.
5. Villa Sciarra e la damnatio memoriae di Mussolini.

XIV- Borgo

1. La fontana scomparsa e Sant’Elena.
2. Castel Sant’Angelo e la spada delle esecuzioni.
3. Il Vicolo del Campanile e la Casa di Mastro Titta.  

XV- Esquilino

1. Il tempio di Minerva Medica
2. Il Titulus Crucis nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
3. La Stazione Termini e l’Obelisco spostato.

XVI – Ludovisi

1. Il demonio con la faccia di un Papa nella Chiesa dei Cappuccini a Via Veneto.
2. Villa Ludovisi e il Casino dell’Aurora.
3. Via Veneto e i numeri di Fra’ Pacifico.

XVII – Sallustiano.

1. Villa Paolina, in Via XX Settembre, e le sue magie.
2. La sede del Ministero delle Finanze in Via XX Settembre, il Palazzone delle disgrazie.
3. La Chiesa di Santa Maria della Vittoria e la meraviglia dello scandaloso Ermafrodito.

XVIII – Castro Pretorio.

1. Il trompe-l’oeil del monaco Fercoldo nel chiostro delle Terme di Diocleziano.
2. La meridiana di Santa Maria degli Angeli e il Mezzogiorno a Roma.
3. Le Naiadi di Piazza Esedra che scandalizzarono Roma.

XIX - Celio

1. La Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo a Caracalla e le fasce dell’apostolo Pietro.
2. San Giovanni in Oleo, la memoria dell’apostolo amato da Gesù
3. I grandiosi e nascosti resti del Tempio del Divo Claudio.
4. La Basilica dei Santi Quattro Coronati e le misteriose iscrizioni dei giochi nel Chiostro.
5. L’Arco di Costantino e la divinità senza nome.

XX- Testaccio

1. Il cimitero acattolico e i fantasmi di Keats e di Shelley.
2.  La Piramide Cestia e il sarcofago scomparso. 
3. Il Monte dei cocci, commercio, bagordi e movida.

XXI – San Saba

1. La Fonte di Mercurio e la Casina del Vignola a Piazza di Porta Capena.
2. I graffiti di Porta San Sebastiano, sulla Via Appia.
3. La casina del Cardinal Bessarione.


XXII – Prati

1. La Casa Balla  in Via Oslavia
2. Ponte Cavour e il mito di Mr. Ok
3. Il Palazzaccio di Piazza Cavour e l’incredibile storia di Crepereia e della sua bambola.




QUARTIERI

I. Flaminio
1. Ponte Milvio
2. L’Oratorio di Sant’Andrea a Ponte Milvio e la testa dell’Apostolo Andrea.
3. La casa – museo di Hendrik Christian Andersen e il fantasma di Henry James.


II. Parioli

1. Il Monte Antenne e il ratto delle sabine.
2. Villa Glori e l’Abisso Charlie.
3. La Chiesa dedicata a Roberto Bellarmino, un inquisitore divenuto santo.

III. Pinciano

1. La Madonna dei Palafrenieri, il dipinto maledetto di Caravaggio, nella Galleria Borghese.
2. Le catacombe di San Valentino e gli immensi tunnel sotto la collina dei Monti Parioli.
3. Il misterioso Muro Torto e le tombe dei carbonari.

IV. Salario

1. Villa Albani e la collezione invisibile iniziata dal Padre dell’archeologia.
2. La Casa delle Scuffie di Via Nomentana.
3. La Chiesa di Santa Maria della Mercede e di Sant’Adriano a Viale Regina Margherita.

V. Nomentano

1. Il bunker di Mussolini a Villa Torlonia
2. La scritta del rifugio bellico di Via dei Villini.
3. La Ficulea, l’antica Via Nomentana e la Villa Patrizi distrutta.

VI. Tiburtino

1. San Lorenzo fuori le mura e le spoglie di Santo Stefano il primo martire cristiano.
2. Torpignattara e le spoglie di Elena.
3. Il cimitero del Verano

VII. Prenestino-Labicano

1. Il Pigneto, da set di Pasolini a movida romana.
2.  La colossale Porta Maggiore, oggi sommersa dal traffico e il sepolcro del fornaio Eurisace.
3. La Villa dei Gordiani e la breve epopea dei tre imperatori.

VIII. Tuscolano

1. L’acquedotto Felice e l’oscura Via del Mandrione.
2. La magia di Cinecittà e lo champagne di Cleopatra.
3. La lapide di Via Nuoro e l’Obelisco dedicato da Adriano ad Antinoo.

IX. Appio Latino

1. Le misteriose iscrizioni sui muri delle Catacombe sulla Via Appia Antica.
2. La chiesetta del Domine Quo Vadis lungo la Via Appia e la misteriosa apparizione a Pietro.
3. L’Alberone che ha dato il nome ad un Quartiere. 

X. Ostiense

1. La Via Tecta di San Paolo e il misterioso cimitero delle scarpe
2. La Cappella della Separazione tra Pietro e Paolo sulla Via Ostiense.
3. La Basilica di San Paolo fuori le mura e i tondi con la profezia di Malachia.


XI. Portuense

1. La Villa dei Papi alla Magliana
2. La necropoli di Castel Malnome e il misterioso teschio dell’uomo senza bocca
3. L’Arsenale Pontificio, vicino al Porto di Ripa Grande.

XII. Gianicolense

1. Villa Doria Pamphilj il polmone verde della città.
2. La Basilica di San Pancrazio
3. La Casa di Riposo Vittoria, l’ultimo dei mendicicomi della Capitale.

XIII. Aurelio

1. Monte Ciocci e la Valle dell’Inferno, due toponimi e due storie
2. Porta Cavalleggeri e il tiro di schioppo di Cellini.
3. L’antica Via Aurelia e il fantasma della pimpaccia.

XIV.  Trionfale

1. Il manicomio di Santa Maria della Pietà e i graffiti di NOF4
2. La cappella della Visione a La Storta e l’estasi di Sant’Ignazio.
3. La Tomba di Nerone e il triste presagio sul destino di Napoleone.

XV. Della Vittoria

1. L’obelisco di Mussolini e il cartiglio sepolto nelle fondamenta
2. Monte Mario: una storia di nobili, stelle e ..Ufo.
3. Villa Stuart e il fantasma di Emmeline.

XVII. Trieste

1. I misteri del Quartiere Coppedè.
2. La sedia del diavolo, in piazza Elio Callistio.
3. Le catacombe di Santa Priscilla e il Lupo Mannaro della seconda guerra mondiale.


Ostia

1. Le meraviglie nascoste del Parco dei Ravennati.
2. Le Terme del Sileno, la Spa di Adriano.
3. Il porto antico di Roma, la nave di Augusto affondata e Gregoriopoli, la città fortificata.

13/06/17

La Chiesa di Sant'Eustachio e il Patrizio Romano che diede il suo nome ad un intero rione di Roma.

La chiesa di Sant’Eustachio e il patrizio romano che diede il nome ad un intero rione.


L’ottavo rione di Roma, uno dei più piccoli e dei più centrali, porta il nome di Sant’Eustachio e sul suo stemma sono rappresentati (in oro su sfondo rosso) una testa di cervo e il busto di Gesù.

Una chiara allusione alla vicenda del santo, Eustachio, al quale è dedicata la Chiesa nella piazza omonima (frequentatissima dai romani anche per la presenza di due celebri caffè) e che ha finito per dare il nome all’intero quartiere. 

Lo stesso simbolo – la testa poderosa di un cervo, con il suo nobile palco di corna – si scorge proprio sulla sommità della chiesa di Sant'Eustachio. La cui vicenda non ha ispirato soltanto il genio di Athanasius Kircher, ma anche schiere di artisti. 


Raccogliendo più informazioni sulla vicenda di Eustachio (che fondamentalmente trova le sue fonti nel racconto di Iacopo da Varagine), si scopre che era un patrizio romano, di animo generoso, il suo nome era Placido. 

Nacque (a Roma ?) intorno all'anno 80. Sotto l'imperatore Traiano si distinse in battaglia in Asia Minore L'episodio della Visione avvenne durante una battuta di caccia nei boschi vicino a Tivoli, quando vide all'improvviso il magnifico cervo

Cercò di inseguirlo per catturalo, ma l'animale con agilità si arrampicò su di una ripida roccia e riapparve con una luminosissima croce fra le corna, e si udì una voce: "Perché mi perseguiti? Io sono Gesù,che tu senza conoscere, onori"

Davanti a questa immagine, il suo cavallo s'imbizzarrì e Placido fu rovesciato a terra (come San Paolo sulla via di Damasco) ma continuando ad ascoltare quella voce misteriosa. E allora pronunciò la sua fede: "Credo!". Sconvolto dalla apparizione, Placido tornò a casa dalla sua famiglia e raccontò l'episodio. Si convertì nelle mani del vescovo cristiano per farsi battezzare insieme ai suoi familiari, cambiando il suo nome di Eustachio, da eystachios e significa "che produce molte buone spighe". .

Eustachio fu perseguitato e perse tutti i suoi beni, fuggì in Egitto con la moglie Teopista (etimologia: fedele a Dio), ed i due figli Teopisto e Agapito (etimologia: diletto del Signore)

In Egitto gli furono rapiti la moglie ed i figli, che per anni Eustachio cercò invano nel deserto. 

Intanto, l'imperatore Traiano era impegnato a fronteggiare nuovamente i popoli dell'Asia minore che si ribellavano a Roma e pensò di rintracciarlo per dargli il comando delle milizie romane in quelle terre. Così fu, ed Eustachio vinse anche quest'altra dura impresa militare, entrando trionfante a Roma, dove ritrovò finalmente la sua famiglia.

Ma a causa delle accuse dirette ad Eustachio per la sua fede cristiana, l'imperatore Adriano, succeduto a Traiano, gli ordinò di onorare le divinità dei romani. Al suo netto rifiuto, (era l'anno 140) fu condannato, insieme alla moglie ed ai figli, a morire nell'arena tra i leoni, ma le fiere, racconta la leggenda, non li toccarono nemmeno. I romani allora li sottoposero ad una morte atroce: furono rinchiusi in un contenitore di bronzo (o rame) a forma di toro, sotto il quale fu dato fuoco per ben tre giorni. Il quarto giorno, davanti all'imperatore, i corpi dei martiri furono mostrati ai presenti, ed erano immobili, così come erano stati deposti, a significare la calma e la pazienza dei martiri cristiani, sorretti dalla forza della fede, anche nel momento del supplizio. 


Nell'anno 325, l'imperatore Costantino innalzò un oratorio sulla sua casa, proprio dove furono martirizzati e sepolti. Oggi, le loro spoglie sono conservate a Roma, sotto l'altare maggiore della Basilica di Sant'Eustachio in Campo Marzio eretta nello stesso luogo dell'oratorio, e sono custodite in un sarcofago di porfido. 

Nella chiesa gotica di Sant'Eustache a Parigi invece, sono conservate alcune importanti reliquie, oggetti ed indumenti appartenuti ai quattro santi martiri. 

Sant'Eustachio è uno dei quattordici santi ausiliatori, cioè coloro che vengono invocati in situazioni di grave necessità e durante le epidemie. Ecco perché a causa della peste, nel medioevo la devozione al santo si diffuse velocemente in tutta Europa. Abbiamo dunque il grano, il cervo(simbolo di purezza e carità), il deserto, la peste, il toro arroventato, la croce.

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata. Tratto da Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton Editore

29/05/17

Lo straordinario Quartiere Coppedè, da progetto sperimentale a set per Dario Argento.




     C’è un luogo, in città, dove i romani vanno nelle sere grigie d’autunno, quando il vento raschia le foglie dall’asfalto, e le luci dei lampioni ondeggiano prima della tempesta,  quando vogliono assaporare il brivido insolito di un panorama urbano che sembra proprio non appartenere in nulla a quello consolidato e rassicurante di Roma,  ma che sembra piuttosto uscito dalla fantasia allucinata di un maestro dell’horror.

    Questo luogo è il quartiere Coppedè, che sorge quasi del tutto isolato in un piccolo quadrilatero di vie, nel più grande rione chiamato Trieste, non lontano dalla Via Nomentana.   Si tratta di una porzione di architetture omogenee, per l’esattezza ventisei palazzine e diciassette villini, ideati, progettati e realizzati tra il 1913 e il 1927 da un geniale architetto fiorentino, Gino Coppedè.

     Il suo cognome è rimasto talmente legato a questo luogo, che oggi si fa fatica perfino a trovare traccia fotografica del grande architetto,  nato il 26 settembre del 1866.   Le poche foto lo ritraggono con una folta barba e baffi dannunziani,  vestito sempre elegantemente, con sgargianti mocassini chiari, come lo sparato sopra  il papillon nero, il fisico prestante, lo sguardo fiero e penetrante.
     
       Coppedè, proveniente da una famiglia di architetti e di intagliatori,  mostrò da subito una spiccata propensione per il disegno eccentrico, sviluppando una personale interpretazione eclettica dello stile Liberty, che ebbe modo di esprimersi in diverse opere – come il castello Mackenzie a Genova, commissionato da Evan Mackenzie, fiduciario del Lloyds nel capoluogo ligure  e facoltoso collezionista d’arte -  ma soprattutto nel quartiere che prese il suo nome, a Roma e che gli fu invece commissionato dai finanzieri Cerruti, della Società Anonima Edilizia Moderna.  Qui, Coppedè pensò bene di provare a fondere in modo armonico elementi architettonici provenienti dal Barocco, dal medievale,  dal classicismo al più sfrenato manierismo. 

     Una impressione immediata di questo stile allucinato e straniante si ha appena varcato l’ingresso del quartiere di Via Tagliamento, passando sotto il possente arco che funge da ponte sospeso a tre piani  tra due palazzi chiamati degli Ambasciatori, dalla volta del quale pende un monumentale lampadario in ferro battuto, e oltrepassato il quale si giunge nella Piazza Mincio, ornata dalla celebre Fontana delle rane, doppio livello marmoreo dal quale si affacciano dodici rane che spruzzano acqua.  Voltando lo sguardo a 360 gradi, dal centro della piazza, si ha davvero la sensazione di essere inavvertitamente scivolati fuori dal tempo.  Sensazione che si rafforza non appena si iniziano a percorrere le vie del quartiere, che si dipanano a raggiera dalla piazza stessa e  sulle quali affacciano bizzarre costruzioni, come lo splendido Villino delle Fate, che sembra davvero uscito dalla fantasia di Lewis Carroll, con tutte le sue asimmetrie, le porte e le finestre, le scale,  i muri e i portici oscuri, tutti diversi uno dall’altro,  o come la Palazzina del Ragno che richiama le antiche costruzioni egizie.  
      Più che un quartiere, una scenografia. 

  Dichiaratamente a tal punto che lo stesso Coppedè stesso volle lasciare la sua ‘firma’ cinematografica proprio nell’ultimo palazzo del quale riuscì a seguire personalmente la realizzazione, e cioè quello che affaccia su Piazza Mincio, al civico numero 2 lasciando fra l’altro il suo blasone sul portone al fianco:  Artis praecepta recentis/ maiorum exempla ostendo.  Il portone di questo elegante villino – dallo strano effetto telescopico -  è infatti fotocopiato, per volere dell’architetto,  da una delle celebri scenografie del primo grande kolossal del cinema Italiano, Cabiria, realizzato da Giovanni Pastrone, nel 1914.
      
      Era perciò un destino che il quartiere Coppedè diventasse naturalmente, con gli anni, a sua volta, un ideale set cinematografico. Ed è anche comprensibile che lo diventasse -  a causa di questo suo fascino estroso, fantastico, gotico - di film terribilmente visionari come quelli girati dal regista Dario Argento, che scelse in diverse occasioni, proprio queste locations, per l’ambientazione dei suoi film.     
      Prima di lui, però, era stato Mario Bava, a intuire le potenzialità evocative di questo luogo come set cinematografico, nel film La ragazza che sapeva troppo, del 1962.  Mario Bava era considerato un maestro da Dario Argento, all’epoca in cui era ancora giornalista e critico cinematografico.
      Così,  per la sua  prima volta dietro la cinepresa, nel suo film d’esordio, L’uccello dalle piume di cristallo, girato nel 1969 e uscito nelle sale nel 1970, il regista romano scelse proprio il quartiere come ambientazione di alcune scene e implicito omaggio al suo maestro.   È la storia di uno scrittore americano, Sam Dalmas, interpretato da Tony Musante,  che di passaggio a Roma, assiste casualmente ad un tentativo di omicidio attraverso la vetrata di una galleria d'arte: un uomo sta accoltellando una donna.  La presenza e l'intervento di Sam mettono in fuga il colpevole, ma da quel momento in poi, una serie di omicidi sconvolgono la città e Sam si trova ad essere sospettato dalla polizia.  In una delle strade del Coppedè è ambientata la famosa scena in cui Sam/Tony Musante riesce miracolosamente a schivare la coltellata dell’assassino.

     Al quartiere poi, Dario Argento ritornerà con un altro film, dieci anni più tardi, Inferno, del 1980,  incentrato sulla storia di una giovane poetessa americana, Rose, che dopo aver acquistato un antico libro di alchimia, intitolato Le tre madri,  comincia a investigare sulle tre case costruite a Friburgo, Roma e New York,  dalle tre entità in questione, ovvero : Mater Suspiriorum, la Madre dei Sospiri, Mater Lacrimarum, la Madre delle Lacrime e Mater Tenebrarum, la Madre delle Tenebre. È ovvio a questo punto che per la casa romana, Dario Argento immaginò proprio una delle case del Coppedè.
     Non solo,  nel quartiere sembra proprio che Dario Argento abbia finito per trovarsi così bene da sceglierlo come abitazione .

     Ed ecco così la strana conseguenza per la quale anche lo stesso Argento ha finito per diventare il fantasma  - non è facile incontrarlo – di un quartiere che molti, soprattutto per effetto dei suoi film, hanno creduto e credono popolato di strane presenze.