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09/07/22
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05/07/22
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La serie TV che in Italia quasi nessuno ha visto e di cui nessuno parla, e che è una delle migliori di sempre - "Normal People" da Sally Rooney
Ma non solo la critica: Normal People ha messo d'accordo anche il pubblico, diventando la serie più vista in streaming dell'anno sulla BBC, con 62,7 milioni di visualizzazioni da aprile a novembre 2020.
12/02/22
Quando i Neonazi manifestavano liberi nel 1962 a Londra, a Trafalgar Square
Una bella miniserie prodotta da BBC, "Ridley Road", in 4 puntate di 1 ora ciascuna, ancora in attesa di trovare un distributore in Italia, ha riportato alla memoria l'incredibile vicenda di un gruppo neonazista che in Gran Bretagna, ispirandosi direttamente ad Adolf Hitler, nel dopoguerra, riuscì a manifestare liberamente per le strade di Londra, come conferma questa foto storica scattata a Trafalgar Square, nel 1962.
Il gruppo era capitanato dal politico Colin Jordan, e dalla moglie francese, Francoise Dior, che oltre ad essere la dama nera del movimento inglese, era anche la nipote (figlia del fratello) di Christian Dior.
Ero piuttosto curioso, dopo aver visto la serie, di scoprire quanto nella fiction ci fosse di vero. E sembra proprio che la ricostruzione sia molto fedele ai fatti.
Nell'Inghilterra del dopoguerra Colin Jordan, figlio di un impiegato postale scozzese, cavalcò la frustrazione di un popolo che molto aveva sofferto durante la Seconda Guerra Mondiale, con un inaudito numero di perdite umane; lanciando lo slogan che tutto questo era stato fatto "per salvare gli ebrei" e quindi, tutto sommato, per colpa loro.
Cominciò così una campagna dai toni sempre più aggressivi nei confronti degli ebrei inglesi, fino a quando Jordan non fu arrestato con l'accusa - e le prove - di aver organizzato una forza paramilitare sul modello delle SA naziste.
Ridley Road ripercorre con tocco lieve ma efficace, la storia di due infiltrati - ebrei - che riuscirono a sabotare l'organizzazione di Jordan, fornendo a Scotland Yard, le prove della loro attività criminale.
Come sempre, quando si tratta di serie inglesi, la ricostruzione è perfetta negli ambienti, nel clima, e nei personaggi.
Tra tutti i (bravi) attori, menzione particolare per Rory Kinnear, attore shakespeariano che incarna magistralmente il nevrotico represso Jordan.
Fabrizio Falconi - 2022
10/11/21
Chi ha scritto l'aforisma "C'è un campo oltre il giusto e lo sbagliato..." che perfino Brad Pitt porta tatuato sul braccio?
Quando sull'ultimo frame della serie tv The Victim - ottimo drama targato BBC in onda sulla piattaforma Sky - ho visto su schermo nero calare per l'ennesima volta il celebre aforisma sul Campo oltre il giusto e lo sbagliato ho sentito la necessità di andare un po' a indagare.
L'aforisma - o breve poesia - attribuito al poeta mistico persiano Gialal al-Din Rumi, chiamato più semplicemente in occidente Rumi, è infatti diventato così famoso da noi che perfino il divo Brad Pitt ha pensato di tatuarselo sul suo muscoloso bicipite (vedi foto qui sopra).
Ma questo aforisma è veramente di Rumi, il poeta mistico persiano vissuto nel 1200?
E cosa dice esattamente?
La traduzione con cui questi antichi versi sono giunti a noi, in Occidente, recita:
Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù.
Una frase molto suggestiva che fa pensare soprattutto al perdono e alla riconciliazione. E a questo uso viene sostanzialmente riferita.
Esistono diverse versioni occidentali di questo aforisma. Che in realtà farebbe parte di un testo più lungo che nella sua completezza reciterebbe così:
Al di là delle idee di cosa sbagliata e cosa giusta, c'è un campo.
Ci incontreremo li.
Quando l'anima si sdraia in quell'erba, il mondo è troppo pieno per parlarne.
Idee, linguaggio, anche la frase “reciprocamente” non ha alcun senso
La citazione esatta da cui questo aforisma è estrapolato è infatti uno dei quartetti - precisamente il n.157 - di quell'opera sterminata di Rumi, il suo Canzoniere, che si chiama Divan-i Shams-i Tabrīz ("Canzoniere di Shams-i Tabrīz").
Scopriamo così che il testo originale di Rumi, di quel Quartetto è, in lingua farsi:
La traduzione letterale, lascerebbe infatti intendere non il campo attraente dove lasciamo cadere tutte le nostre idee e disaccordi nell'erba in cui ci stendiamo e ritroviamo la nostra perduta unità, ma una terra desolata e desolata di disillusione.
Una occasione, forse, per tornare a rileggere i meravigliosi componimenti di Rumi.
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La Regina degli Scacchi, una bella serie tv. Ma il romanzo è un'altra cosa.
Beth inizia a giocare quasi per caso, quando scopre nello scantinato della scuola, il vecchio e burbero custode giocare da solo davanti alla scacchiera al lume di una fioca lampada.
Come avviene per i colpi di fulmine della psiche descritti da James Hillman ne Il codice dell'anima, Beth si sente risucchiata da quello strano oggetto - la scacchiera - e dalla dinamica misteriosa del gioco. Impara in breve tempo, in breve tempo il suo cervello comincia a concentrarsi unicamente su quello. Riesce a battere in poco tempo il suo maestro, poi vola rapidamente sempre più alto, imparando da un manuale trafugato i rudimenti del millenario gioco.
Una volta adottata dalla stramba signora Withley e dal suo pessimo marito, Beth comincia a giocare ad alto livello: torneo dopo torneo, anche i media cominciano ad accorgersi di lei e negli anni '60-'70 in cui il libro è ambientato, Beth finisce addirittura per diventare - a soli sedici anni - l'orgoglio della nazione americana che ha finalmente un grande maestro da opporre agli invincibili dominatori sovietici.
Il pregio di questo meraviglioso libro è soprattutto nello stile e nella narrazione trasparente, sospesa ed essenziale che ricorda un altro capolavoro coevo, Stoner di John Williams, da poco riscoperto e diventato un caso editoriale mondiale.
Non ha cadute, non ha pause, e tutto procede come un treno senza fermate fino alla fine. Beth è un commovente, vivo personaggio, che resta nel cuore di ogni lettore. Tevis riesce a mantenersi così neutro da evitare ogni smaccata empatia, ogni partecipazione eccessiva con il suo personaggio, che vive di vita propria e non ha bisogno di nessuna sovrastruttura, di nessuna costruzione narrativa.
Così anche il lettore è costretto ad osservarla, senza "tifare": per molte e molte pagine il lettore non sa anzi se sperare che Beth vinca o perda. E' chiaro che vincere per lei, e vincere fino alla fine, trionfando nella partita finale contro il campione del mondo russo Borgov sarebbe l'apoteosi di un riscatto esistenziale. Ma dietro questo successo si nascondono anche molte ombre e gli scacchi - come l'insegnamento universitario per Stoner - sono anche un modo per Beth per eludere la vita, per non affrontarla veramente, per attenuarne le feroci sofferenze.
Il fatto però che la ragazza sopravviva così strenuamente alla autodistruzione è plausibile e catartico. E' una lezione anzi, che oggi sembra più che mai importante.
Anche i personaggi di contorno sono fenomenali: l'amica di orfanotrofio Jolene, la madre adottiva, così fragile e vera, la signora Withley, il Signor Schaibel, il custode, e lo stesso Benny, ragazzo prodigio come Beth e come lui autisticamente isolato dal mondo.
Un romanzo veramente perfetto dunque, praticamente impossibile da trasporre nella fiction senza tradirne il nucleo originario:
05/03/20
Perché la serialità tv italiana è così sterile e asfittica?
24/03/19
Poesia della Domenica: "Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile" di Delmore Schwartz.
A parte le foto e i ricordi?
Questa è la scuola in cui impariamo,
quel tempo è il fuoco in cui bruciamo
Cosa sono ora che ero anche allora?
Per cosa dovrei soffrire e agire ancora?
[…]
Le urla dei bambini sono gioiose mentre corrono
Questa è la scuola in cui imparano
I ricordi si rinnovano ancora e ancora.
Il colore più leggero del giorno più breve:
Il tempo è la scuola in cui impariamo,
Il tempo è il fuoco in cui bruciamo.
(This is the school in which we learn …)
Besides the photo and the memory?
What am I now that I was then
Which I shall suffer and act again,
[…]
The children shouting are bright as they run
(This is the school in which they learn …)What am I now that I was then?
The smallest color of the smallest day:
Time is the school in which we learn,
Nota: questo brano tratto dal poema di Delmore Schwartz è inserito e recitato fuori campo in una scena dell'ultima puntata della 3a stagione della serie True Detective.